lunedì 23 dicembre 2013

DOPO LE PRIMARIE

Come Prodi, diversi miei conoscenti che avevano preannunciato di non partecipare a queste primarie (per esempio, "se non ci dicono chi erano i 101"), hanno poi invece votato per Cuperlo o Civati, qualcuno addirittura scheda bianca (continuando  non sapere chi erano i 101).
Io, come altra parte dei miei interlocutori, invece no.
E non me ne rammarico.
Anche se ho sbagliato previsione (pensavo ad una vittoria netta di Renzi, ma con votanti in calo).
La grande affluenza è stata anche una adeguata risposta, nelle difficili contingenze, a Berlusconi, Grillo e Forconi vari.

Ma non la sento come la mia risposta: con Veltroni e con Bersani, pur poco convinto, mi ero detto "proviamo"; adesso mi sento di dire "provino" (oppure "provate").

Forte del consenso delle primarie, Renzi ha un poco anche stupito dicendo alcune cose di sinistra, come  sulla bossi Fini e sullo ius soli, le coppie di fatto; sul lavoro non si è capito ancora bene cosa vuol fare, anche se la chiamata in Segreteria di Madia e Taddei pare meglio che – ad esempio, Davide Serra o Pietro Ichino.

Il consenso accumulato (e coerentemente tradotto in posti in direzione per i Renziani, senza molte chances di influenza dai vari Franceschini “saliti sul carro”), unito alla conclamata vaghezza della sua piattaforma politica, potrà consentire a Renzi anche di dire e fare, se ne coglierà l’opportunistica opportunità (leggi: sondaggi), anche “cose di destra”: una modalità mediatica della democrazia che merita di essere studiata, ma non mi persuade; personalmente preferirei una leadership con un progetto definito da mettere alla prova; personalmente preferirei un progetto che partisse dalla Terra (il pianeta da salvare) e gli Ultimi ed i Penultimi della Terra (poveri e sfruttati di tutto il mondo e anche di casa nostra).

Quello che mi è sembrato meno valido di Renzi è stata la sfida a Grillo, sia per il modo (non è chiaro se è una sfida propagandistica od un vero invito a trattare, con un interlocutore che si conferma inaffidabile), sia per i contenuti: continuo a credere che la casta non sia il nemico principale (guardare un po’ di più a piazza Affari e a Wall Street)  e che la pur necessaria riduzione dei costi della politica non sia la priorità per uscire dalla crisi (esempi alternativi: patrimoniale, abbattimento elusione ed evasione fiscale, riduzione degli orari di lavoro); ma se si ritine giusto restituire i contributi elettorali al PD (e magari anche auto-ridurre gli stipendi dei parlamentari alla media degli stipendi italiani e non “europei”), lo si faccia, subito, senza ma e soprattutto senza se , “se Grillo firma le nostre riforme): Grillo non le firma, e intanto restituisce gli stipendi dei suoi (non gli stipendi suoi) e continua ad incassare il vantaggio  propagandistico.

Nel frattempo i “Forconi”, malgrado il flop della “marcia-su-Roma”, e per fortuna finora molto minoritari nelle categorie di partenza, come i camionisti (una cui im-mobilitazione di massa avrebbe effetti devastanti), sono stati tuttavia mediaticamente egemoni per alcuni giorni, non solo come espressione attiva di una destra sociale che ha scoperto che “i ristoranti sono vuoti” (e non si cura molto delle persecuzioni subite da Silvio e Dudù), ma anche come potenziali catalizzatori di un disagio sociale interclassista, ridotto alla pura esibizione dei bisogni “contro tutti” (ma soprattutto contro la casta politica) ed esteso ai disoccupati, ai precari ed – ahimé – anche a parte degli studenti.

Il rischio è che la destra passi da una effimera egemonia mediatica alla conquista di una effettiva, ancorché parziale egemonia politica, nella sostanziale assenza di un credibile alternativa della sinistra, finora in piazza, nella crisi, solo con gli ordinati gazebo del PD oppure con parole d’ordine difensive – sindacati, manifestazioni pro Costituzione - oppure ancora –sul versante antagonista – con altrettanto pura e simmetrica esibizione dei nudi bisogni.   
Non è che manchino proposte serie (ad esempio da parte della CGIL, su tasse, lavoro ed Europa; ed in prte anche nei documenti congressuali di Civati, Cuperlo, Vendola): ma si fa fatica a credere che recitando tali proposte si possano veramente “cambiare le cose”.

Con Renzi si sta (solo? almeno?) provando a cambiare le persone e lo stile di comunicazione.

 

domenica 15 dicembre 2013

QUALCOSA DI DESTRA

Da quel che ho letto stamane su l’Unità, l’emendamento spiagge alla legge di stabilità sembra proprio una gran schifezza: cessione delle aree edificate e condono dei canoni non pagati.
Fabbricati e manufatti sono sorti (supponiamo legittimamente) in regime di concessione e cioè con la consapevolezza da parte dei titolari di doverle rimuovere o cedere gratuitamente al demanio: la facoltà di poter conservare i fabbricati e manufatti e di acquistare la proprietà delle aree di sedime è certamente un gran regalo.
L’effetto, su gran parte dei litorali italiani, dove gli stabilimenti balneari sono quasi continui e sorti senza alcun piano di tutela dell’ambiente e del paesaggio, sarà quello di precludere definitivamente l’accesso alle residue spiagge ed al mare, che così cesseranno di essere un “bene comune” (come invece è su gran parte dei litorali francesi e spagnoli, ad esempio).
Con il rinnovo delle concessioni temporanee, e gare aperte, si potrebbe al contrario coltivare la speranza di un futuro migliore per gli interessi pubblici
Il condono è un ulteriore regalo, gravissimo perché non è uno sconto su sanzioni o interessi, ma – pare - direttamente sull’importo dovuto.

domenica 8 dicembre 2013

DIVERSAMENTE PORCELLI

Secondo Brunetta e secondo Grillo, dopo la Sentenza della Corte Costituzionale sono molto illegittimi i parlamentari eletti con il premio di maggioranza alla Camera.

 Non quelli eletti con il premio Porcellum al Senato.

E soprattutto non tutti gli altri, comunque eletti senza espressione di preferenze, e nominati dai vertici dei partiti e dei movimenti (o da ristrette cerchie di iscritti).

GRAEBER E LA VIOLENZA DI PIAZZA


Di David Graeber, antropologo americano del dissenso e teorico movimento “Occupy Wall Street”,  ho dedicato impegno a leggere e recensire “Critica della democrazia occidentale” e “Debito – i primi 5.000 anni”, che ho ritenuto molto stimolanti (a fronte della dominante rimozione dei conflitti sociali oppure di una stanca riproposizione del marxismo classico ed economicista, ed anche per curiosità verso “Occupy Wall Street”), pur non condividendo diverse valutazioni e conclusioni.
Tantomeno ho apprezzato la prefazione di Stefano Boni a “Critica della democrazia occidentale“, cui ho attribuito una interpretazione forzata di Graeber come maestro dello scontro “antagonista” al centro della scena mediatica,  lontana da quelle che mi erano sembrate le proposte, velleitarie, ma “decentrate”, dello stesso Graeber nelle parti in qualche modo propositive dei 2 testi: una democrazia diretta in comunità locali “zapatiste” nel primo ed una rivoluzione diffusa dei debitori “a partire dall’Irak” nel secondo.

Il brano da un nuovo saggio di Graeber, pubblicato su “l’Unità” del 27 novembre scorso, mi fa invece ricredere in favore di Stefano Boni (come giusto interprete) e contro Boni (per la mia distanza dai contenuti proposti), perché Graeber si diletta ad approfondire la dialettica dello scontro di piazza tra il monopolio statale della violenza (polizia) e la fantasia creatrice della ribellione anarchica, il cui punto di forza è essenzialmente la de-mistificazione dell’ideologia repressiva del potere (il re è nudo).
Anche se la narrazione di Graeber è brillante, non mi pare che aggiunga (almeno in quel brano, che però non mi attira a leggere il testo intero) un gran ché a quello che già abbiamo imparato su potere e contro-potere, monumenti e pupazzi, uomini e caporali,  e sui valori teatrali ed evocativi delle manifestazioni e degli scontri di piazza (da Marx a Manzoni, da Brecht a Canetti, da Totò a Dario Fo, da Foucault a Debord, ecc. ecc., fino ad Adriano Sofri ed al Movimento Studentesco di Capanna e Toscano).
In questi giorni stiamo vedendo in diretta  nuovi esempi di lotta fisica per il potere tramite accerchiamento e invasione dei palazzi di regime, in Ucraina ed in Thailandia (emblematica la foto di elmi e scudi abbandonati dai poliziotti), e pochi anni orsono così è crollato Milosevic a Belgrado (diversi i movimenti di piazza delle “primavere arabe” e della caduta del blocco sovietico culminata nel 1989): in tali contesti le riflessioni di Greaber possono venire utili, e l’aspetto militare del potere e del contro-potere è una imprescindibile chiave di lettura della storia, e purtroppo può tornare in auge anche in un nostro futuro, se la crisi socio-economica continua a procedere indisturbata.
Tuttavia non capisco quanto sia produttivo, a fronte della complessità delle società occidentali (complessità economica e sociale, politica ed antropologica), focalizzare l’attenzione sullo scontro di piazza: si pensa di acquisire l’egemonia sulle masse attraverso la teatralità (e la ricaduta mediatica) degli scontri delle avanguardie? Oppure ancora più banalmente di conquistare il potere con la canna del fucile (come se il potere stesse lì buono buono – od anche cattivo - ad abitare nei palazzi, di inverno o meno, e non fosse invece maledettamente articolato e diffuso, anche “in seno al popolo”)?
Se Occupy Wall Street intende rappresentare il 99% della popolazione, ma riesce a raccogliere nelle aiuole delle metropoli meno dello 0,1%, non è il caso di pensare ad altre forme, più decentrate ed efficaci, di accumulazione di “contro-potere”  (disdegnando o meno i vecchi corpi intermedi, tipo sindacati e partiti), valorizzando la presenza potenzialmente  capillare delle avanguardie nella rete informativa, tra i cittadini, tra i consumatori, tra i produttori? 

Una credibile opposizione, radicale e di massa, e tranquillamente non-violenta, potrebbe fare molta più paura a Wall Street, a mio avviso,  orientando comportamenti alternativi nell’uso della ”rete”, negli acquisti, nei depositi bancari, nei contratti per luce/gas/telefonia, in nuove forme di sciopero in difesa – ovunque possibile –della dignità dei lavoratori.
Una anarchia (ed una antropologia…) che mirano ad “abbattere lo stato” attraverso la “propaganda armata” delle avanguardie, piuttosto che a diffondere nuove forme di lotta e di consapevolezza alla base della società, assumono di fatto toni tardo-leninisti (vicini anche al filone Potere Operaio/Brigate Rosse).
Mi sembra più utile rileggere Gramsci, meglio se con l’ausilio di Luciano Gallino e di Manuel Castells, e di altri studiosi del capitalismo post-moderno e della “società in rete”; e anche di antropologia, a partire da Zygmunt  Bauman.

domenica 1 dicembre 2013

NON ANCORA CIVATIANO, NEL CREPUSCOLO CUPERLIANO, NELLA NUTTATA DI RENZI

Cara B. e caro V.,

Vi ringrazio per  la cortese attenzione e le Vs. garbate  repliche, in un tempo in cui vanno per la maggiore il non-ascolto oppure l’insulto.
Prima di risponderVi ho atteso:
- la pubblicazione sull’Unità delle 3 mozioni in formato sintetico (pessima quella di Renzi 2.0, iin cui prevale soprattutto il “PUNTO.ZERO” e cioè la vaghezza degli orientamenti politici e socio-economici ed il disordine concettuale dell’esposizione, che spazia a caso tra Partito e Paese, imprecisati Noi contro imprecisati lor-signori: per votarlo è necessario – e immagino diffuso - quanto meno non leggere quel testo); utile la sintesi per Civati, dopo la sbrodolata di 70 pagg. del testo ufficiale; confermata la qualità letteraria di Cuperlo (però vorrei chiedergli: se sei contrario l cumulo di cariche, perché tra i Segretari provinciali che Ti sostengono ci sono Sindaci di Comuni di 10.000 abitanti?);
- il simpatico ma superficiale confronto televisivo su Sky: la partita finale del consenso tra la grande massa dei votanti alle primarie probabilmente si è giocata lì, e si vede in questo tutta la povertà del modello per l’appunto “telecratico” delle primarie a livello nazionale: se si presenta Crozza, che è assai più intelligente di Grillo (malgrado il pessimo Napolitano/Sovrano settecentesco, dacchè ho cessato di guardarlo), vince lui di sicuro.

Malgrado i Vs.motivati appelli ed i  chiarimenti offerti dalle suddette tornate mediatiche (manca tuttora del buon giornalismo di ocnfronto serrato sui contenuti; anche l’Unità fa prevalere colore e battute), non mi sono convinto a votare  questa toranata di primarie.
Pazienza se gli avversari esterni (tipo Berlusconi, Alfano, Grillo&Casaleggio) gioiranno del possibile calo di affluenza (per loro riservo la mia faticosa fedeltà al centro-sinistra per le elezioni vere: lo scollamento tra PD ed elettorato è un dato oggettivo, cui l’attuale offerta di mozioni e candidati non offre sufficiente rimedio.
Premesso che la finale a 3 è una ulteriore perversione statutaria del PD che non comprendo (potrebbe vincere un candidato con il 34% contro 2 con il 33%), mi sembra che votare per Cuperlo o per Civati sia in sostanza “fare il pollo di Renzi”, polli che litigano tra loro, ma vanno a cumulare nel bottino del vincitore stra-annunciato, che si farà comunque bello, se sarà elevato, del numero complessivo elevato dei votanti..

Diverso sarebbe stato se – comprendendo la debolezza di ciascuno e, in quanto  sinistra - il grave rischio “tardo-blairiano” che Renzi rappresenta per gli interessi profondi delle classi subalterne – Cuperlo e Civati si fossero entrambi ritirati per tempo, ad esempio in favore di Cincinnato/Barca (seppur neo-iscritto, ma alameno non il giorno stesso delle votazioni); oppure se ancora adesso, l’uno si ritirasse in favore dell’altro (o viceversa), e si potesse delineare quindi una chiara sfida programmatica contro il Sindaco di Firenze.
Così no: votare per Civati è un po’ come votare per Sel (prima della pubblicazione delle telefonate Vandola/Archinà): un voto di testimonianza, con grande simpatia per molti contenuti e nessuna fiducia nelle strategie per cnseguirle; votare per Cuperlo è un po’ un nostalgico volgersi verso il tramonto (che lui, visti isimili colori, crede essere l’alba: ma per una vera sinistra ormai mi sembra necessario pensare e lavorare per l’alba del giorno dopo, prima purtroppo ha da passà un’altra nuttata).

MINORI PERVERSE INIQUITA'


Sulle iniquità ed opacità della legge di stabilità e dei tragi-comici decreti per l’abolizione temporanea dell’IMU hanno già detto molto i vari commentatori, e trovo purtroppo conferma alle mie peggiori previsioni.

Richiamo invece l’attenzione su una iniquità minore, ma incomprensibile, o – forse - sintomatica, relativa alla soppressione degli interessi sugli importi dovuti ad Equitalia.

Nel tentativo di rabbonire le varie ed ampie frazioni di opinione pubblica (non solo a destra, ma anche, ad esempio, nel M5S ed in diverse voci del giornalismo scritto e televisivo) ostili all’agenzia di riscossione dei crediti fiscali degli enti pubblici, invece di agire frontalmente, abbassando ad esempio l’importo delle sanzioni (a vantaggio di tutti i contribuenti che si trovino in debito), si è preferito intervenire sugli interessi, premiando così chi – per caso o per furbizia – si trova a pagare dopo (potendo al limite lucrare sulle somme dovute, ove ne disponga), e viceversa penalizzando chi si trova  a pagare prima (dovendo, in alcuni casi, indebitarsi con banche o altri, cui dovrà sì versare interessi).

Effetto non secondario di tale scelta assai opinabile è quello di incoraggiare ulteriormente i comportamenti dilatori dei contribuenti in debito.

Mentre il settore pubblico, noto come pessimo pagatore, tuttavia continua a riconoscere gli interessi di mora in favore dei creditori.