domenica 23 aprile 2017

3 PENSIERINI


Mentre siamo in ansia per le elezioni presidenziali francesi, comincio a preoccuparmi anche per quelle italiane...

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In vena di perder tempo, mi sono riletto i miei commenti sulla fase congresso-primarie 2013 del PD, quando avevo finito per non partecipare alle primarie, pensando che la dispersione tra le deboli alternative di Cuperlo e di Civati portasse alla fin fine a far interpretare un forte afflusso ai gazebo (che ci fu, molto superiore alle mie previsioni) come sostanziale consenso a Renzi.

L’attuale dispersione tra le deboli alternative di Orlando e di Emiliano potrebbe portare al medesimo ragionamento (visti anche gli esiti numerici del congresso), ma – in un contesto internazionale ancora più inferocito (anche se il 2013 era già da brividi, tra crisi greca e Stato Islamico crescente) – mi pare vadano considerate le seguenti peculiarità:

-          Il drastico indebolimento di Renzi dopo la sconfitta referendaria, che lo renderà più condizionabile, anche se vincesse le primarie (come direbbero i sondaggi), sia dentro il suo correntone che nel restante partito

-          L’incongrua fuori-uscita dei d’alemian-bersaniani, che ha indebolito l’ipotesi di alternative interne al PD e di ricostruzione di un qualche centro-sinistra, ma al tempo stesso ha in parte emendato Orlando dall’impronta deteriore di “conservatore del vecchio apparato PCI” (che purtroppo connotava Cuperlo, al di là delle sue intenzioni)  

-          L’insopportabile prosopopea dell’establishment del M5Stelle che ormai si propone come l’imminente governo di questo controverso Paese.

Ferme restando le mie ampie divergenze programmatiche, e pur nel dubbio che un eventuale Orlando Segretario faccia perdere al PD più voti di quanti Renzi ne ha già persi (recuperando forse, ma con molti forse, potenziali alleati a sinistra), penso pertanto che andrò alle primarie per votare Orlando, almeno come testimonianza che – prima del primo governo Di Maio (oppure Renzi-Brunetta o, non sia mai, Salvini-Meloni) – era ancora possibile in Italia una speranza nella ragionevolezza della politica.

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Dopo il recente sconcertante flirt tra Grillo e il Direttore de “L’Avvenire”, che ha scoperto una elevata assonanza programmatica tra Chiesa e M5Stelle - mi ha fatto piacere che la cauta presa di distanze da parte del Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Galantino abbia battuto non sui tasti bio-etici e “parrocchiali” (unioni civili, fine-vita, ecc.), ma su quello sociale dei profughi e migranti, su cui il M5Stelle è da sempre quanto meno ambiguo.

Tuttavia il nodo su cui mi pare più indigesto il M5Stelle, come rilevato da autorevoli commentatori, ma pare purtroppo non dalla C.E.I. (né da milioni di elettori, in parte evasi dalla sinistra), è la concezione dei rapporti tra cittadini/movimento/Stato (e strettamente connessa la distribuzione del potere interno al non-partito), sotto la propaganda della “democrazia diretta”, ma con sostanziale  confisca di un vero controllo democratico sui vertici del M5S (e un domani potenzialmente sui vertici dello Stato).

Né è tragica prova – a mio avviso – il modo stesso con cui il M5S sta costruendo “in pillole” il suo nuovo programma elettorale nazionale, con una consultazione aperta a circa 130.000 attivisti autorizzati ad accedere alla piattaforma “Rousseau” (pare su una più ampia platea di catecumeni in attesa di benedizione, attorno a 500.000 account), tra cui però partecipano di fatto solo 20-25.000 cliccatori, in rappresentanza di oltre 10milioni di elettori potenziali (senza che nessuno apra un dibattito su tali divari quantitativi); le preferenze dei cliccatori sui singoli temi (nel cui mucchio eclettico compaiono anche alcune istanze apprezzabili, tipo ridiscutere le basi americane oppure la diminuzione degli orari di lavoro)   si combinano in un mosaico apparentemente casuale (ma forse da qualcuno ben pilotato), senza che vi sia alcun verifica di coerenza interna tra le scelte preferite dalla base, né di compatibilità dei risultati con il mondo circostante (tipo bilancio dello stato e suo debito accumulato).

Insomma non “volete burro o cannoni?” (come chiedeva il Duce), ma “burro E cannoni”, perché così “vuole la base”.

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Non credo che il metodo delle “mozioni” (che pochi leggono) e del cammellaggio dei clienti delle diverse cordate ai congressi (meno asfittico alle primarie, se circola molto popolo) sia il non-plus-ultra della democrazia, e ritengo che il PD e le formazioni alla sua sinistra abbiano molto da imparare (o re-imparare: esistevano anche i congressi “a tesi”) riguardo alla democrazia interna effettiva ed alle consultazioni tematiche di iscritti e simpatizzanti, anche tramite Internet.

Ma il metodo delle mozioni alternative, come confronto di idee e programmi complessivi (potenzialmente coerenti), e come selezione su queste idee e programmi dei gruppi dirigenti, resta a mio avviso comunque ad oggi incomparabilmente preferibile alla marmellata falsamente unanimistica del M5Stelle, dove non ci sono deleghe, non sono autorizzate le ”correnti”, “uno vale uno”, ma chi decide sono comunque Grillo e Casaleggio.

E mi preoccupa molto se tra qualche mese quel ristretto e opaco gruppo di potere deciderà non solo per il loro non-partito, ma anche per me.