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domenica 11 agosto 2019

IDEE PER LA COSTITUENTE DEL P.D.


PREMESSA ALLA PREMESSA: MENTRE MI ACCINGEVO A LIMARE LE PAROLE DI QUESTI MIEI CONTRIBUTI, LA CRISI POLITICA PARE PRECIPITARE IN ELEZIONI ANTICIPATE, IL CHE PROBABILMENTE RENDE INAGIBILE LA “COSTITUENTE DELLE IDEE”. TUTTAVIA MAGARI QUALCHE SUGGERIMENTO PUO’ SERVIRE, PER MIGLIORARE LA CAMPAGNA DI OPPOSIZIONE DEL P.D. CHE FINORA (PER QUANTO RIESCE AD EMERGERE NEI TELEGIORNALI) ARTICOLA IN MODO GENERICO E NON INCISIVO TITOLI PUR VALIDI COME “SCUOLA” “LAVORO” “FISCO” (OLTRE ALLA LITANIA ”IL GOVERNO GIALLOVERDE LITIGA SU TUTTO MA SI ACCORDA SULLE POLTRONE”, CHE ERA TAUTOLOGICA, MA NON DEL TUTTO PRECISA).

Breve premessa politica alla compilazione del questionario “costituente delle idee” da parte di un elettore critico, non iscritto al PD e talvolta pesantemente dissenziente.
Come ho partecipato più volte alle primarie per la scelta del leader del PD (o in precedenza della coalizione dell’Ulivo), ritengo opportuno, e forse doveroso, contribuire a questa consultazione (di cui per altro non si conoscono le “regole”, né ritengo sarebbe facile enunciarle: le idee si contano? Si pesano? Ci si ragiona sopra, con il buon senso? Come si riconducono ad un quadro coerente? Si raccolgono in “mozioni” differenziate?  E poi come si sintetizzano in parole d’ordine brevi ma non banali? – il tutto evitando i semplicismi con cui ad esempio è stato assemblato e poi plebiscitato il programma elettorale del MoVimento5Stelle attraverso la piattaforma Rousseau).
Ritengo che il PD – benché storicamente compromesso con il neo-liberismo - rimanga in Italia l’unica forza politica consistente nel campo del centro-sinistra e dell’europeismo ed in questa difficile fase sia l’unica speranza di alternativa all’incombente ed imperante sovranismo xenofobo imperniato sulla Lega di Salvini (evocato ed avvallato dallo scellerato avventurismo del MoVimento5Stelle).

1
Lavoro e Diritti.
Preliminarmente penso sia ineludibile per il PD riconoscere come errore la cancellazione dell’art. 18 (da ultimo nella formulazione dell’emendamento “Damiano”, approvato dal Parlamento ma disatteso dal governo Renzi) ed anzi assumere nuovamente la tutela dei singoli lavoratori dai licenziamenti arbitrari (tutela anche giurisdizionale, almeno in estrema istanza) come orizzonte di civiltà, a scala europea, ma comunque anche ripartendo dall’ambito nazionale, e tenendo conto dei corretti indirizzi della Corte Costituzionale contro gli automatismi per anzianità nel calcolo di eventuali indennizzi alternativi al reintegro nel posto di lavoro.
Tale enunciazione, necessaria, non risolve il problema del precariato, né quello della creazione di buona occupazione, che richiedono altre politiche: tra queste rientra la detassazione dei salari, contemplata dalla Vs. griglia (come anche dal confronto in corso sul “salario minimo”), che però, per essere credibile, dovrebbe essere correlata ad un ragionamento macro-economico complessivo su fisco, contrasto all’evasione, finanza pubblica e contenimento del debito pubblico.
Il gruppo dirigente del PD ha accumulato esperienze di affidabilità riguardo alla tenuta dei conti pubblici, ma in un quadro di austerità penalizzante per i ceti subalterni (interventi del governo Monti su età pensionabile e limiti agli ammortizzatori sociali, corretti poi solo marginalmente da Letta-Renzi-Gentiloni); mi pare che fatichi ad enunciare una svolta in stile “iberico” (Portogallo e Spagna contengono il debito ma ridanno fiato ai bisogni popolari) e soprattutto a renderla comunicabile.
Per parte mia avanzo in altra sezione del questionario alcune proposte su fisco, ambiente e scuola, mentre sul lavoro vorrei aggiungere che va combattuto frontalmente lo scandalo del lavoro semi-schiavile nella raccolta degli orto-frutticoli, appena scalfito dalla legge contro il caporalato: si potrebbe pensare ad una trasparenza di filiera sui prodotti, che responsabilizzi gli stessi consumatori e ancor prima i gestori della Grande Distribuzione, tra i cui 10 maggiori almeno due oltretutto sono Cooperative?

Utilizzo invece questa prima sezione (non saprei sennò dove farlo) per elencare ed illustrare brevemente alcune tematiche importantissime che vedo ignorate dal questionario:
A – Migrazioni: è opportuno cercare di dettare una propria agenda di priorità, ma non ci si può nascondere di fronte all’offensiva altrui (il che vale anche per “Quota 100”  e  “Reddito di cittadinanza”). Mi pare quindi inopportuno che il questionario taccia su tale argomento, che ha visto il PD oscillare – schematizzando - tra il “buonismo” del governo Letta ed il “cattivismo” di Minniti.
Non ho contributi specifici da offrire, ma poiché ritengo che occorra mettersi dal punto di vista dell’intera umanità (e dell’intera biosfera da salvare) e non dei soli “italiani”, penso che – fatti salvi i necessari riequilibri a scala europea, superando gli egoismi di Dublino e sfidando i dinieghi di Visegrad – la strada sia quella di allargare le maglie delle quote per i “migranti economici”,  e rendere organici i “corridoi umanitari” per i “richiedenti asilo”, legalizzandone la presenza anziché “clandestinizzarli”, ed anzi coinvolgendoli obbligatoriamente in percorsi di formazione e di lavori socialmente utili: premesse necessarie sia per gestire legittimamente i necessari rimpatri (per chi non sceglie i canali legali, potendolo fare), sia per controllare la possibile concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro (che è maggiore quanto più la “irregolarità” induce a praticare il lavoro in nero). (Vedi sopra anche la mia nota sulla raccolta di pomodori ed altro)
Una impostazione oggi impopolare, ma che in realtà a mio avviso fa bene anche ai famosi “italiani”, sia perché questo non è un mondo dove ci si salva da soli (clima, pace, dazi, ecc.), sia perché a forza di chiudere le frontiere ad un certo punto gli italiani scompariranno per crisi demografica (vedi punto B).
B - Denatalità: assunto il coraggio di affermare che i flussi migratori sono a breve termine il miglior modo di correggere il calo demografico (sia per la presenza diretta dei migranti tra le forze di lavoro, sia per la maggior natalità dei nuclei familiari immigrati o misti), resta da affrontare seriamente il tema del sostegno alla maternità (e paternità) ed all’infanzia, superando le contrapposizioni ideologiche sulla “famiglia”, e cogliendo il meglio dalle esperienze di Francia e Scandinavia; ad esempio – anche se assai costoso - attraverso una diffusione e  tendenziale gratuità degli asili-nido (essi stessi occasioni per una maggior occupazione femminile). E poi con normativa di tutela delle donne sul posto di lavoro. Con il fisco. Con una politica per la casa per le giovani coppie (vedi punto C).
C – Casa: anche se (ancora?) non esplicitato dalla Costituzione tra i diritti fondamentali, la disponibilità di un alloggio adeguato è elemento primario per una vita dignitosa, oggi mancante per frange consistenti della popolazione, quelle più colpite dalla crisi (e pazienza se tra i senza-casa ritroviamo anche migranti e rifugiati). Mi sembra assurdo regalare il tema al MoVimento5Stelle, che – pur dimenticandosene nel “Contratto-Di-Governo” – stanno ora lanciando un progetto di legge “CasaMia”, fondato in parte sul riciclo di fondi già disponibili e dall’altro sulla riesumazione del “Contributi Gescal” (dilatando così il ”cuneo fiscale”). Penso invece che la questione delle abitazioni debba essere un asse portante di una politica di rigenerazione urbana, con consumo di suolo tendenzialmente a zero e riutilizzo dei fabbricati inutilizzati, risanamento delle periferie, recupero delle “aree interne” e contestuale riqualificazione energetica, ecologica ed anti-sismica del patrimonio edilizio esistente (ben oltre i pur positivi assaggi metodologici di “Casa-Italia” e la pioggerellina dei bonus fiscali ai pochi volonterosi), nonché messa in sicurezza idro-geologica del territorio. Un necessario programma pluriennale per consistenti investimenti, da finanziare in parte attraverso una coraggiosa riforma fiscale (vedi anche mie proposte alla voce Fisco del questionario) ed in parte attraverso l’attivazione del risparmio privato (a partire dai proprietari degli immobili da coinvolgere). Ed anche un asse portante per una politica industriale compatibile con l’ambiente ed orientata al mercato interno (su cui far convergere anche le risorse dei consistenti settori di imprese ancora controllate dalla mano pubblica).
D – Disarmo: la competizione tra USA, Cina e Russia per il dominio sul mondo rischia di alimentare una corsa al riarmo, in cui l’Europa figura da spettatore passivo, anzi subordinato agli USA. A mio avviso occorre rilanciare una battaglia culturale per la pace, il disarmo e la non-violenza e ricostruire un ruolo diplomatico dell’Europa negli organismi internazionali (fondamentali gli ulteriori accordi necessari sul fronte climatico ed ambientale) e nelle crisi locali; in questo quadro progettare la “Difesa Comune Europea” come deterrente minimo contro le ingerenze esterne (tra le quali classificherei l’espansionismo pan-russo, il militarismo cinese, il terrorismo jihadista, ma anche le residue basi USA in Italia ed Europa), nonché come occasione di risparmio di risorse, da convertire ad usi pacifici, e di europeizzazione e democratizzazione delle Forze Armate (tornando anche a brevi periodi di servizio militare di leva, in stile svizzero?).

2
Ambiente.
Ho l’impressione  che il PD fatichi ad acquisire credibilità sul fronte ambientale, non tanto per la bontà o meno delle proposte che di volta in volta colleziona nelle mozioni e nei programmi, quanto piuttosto per il retaggio di pesanti scelte industrialiste (vedi di recente il decreto “sblocca-Italia” ed il conseguente miope irrigidimento sul referendum “trivelle”) e per la prevalente cultura (e spesso carenza culturale) dei suoi quadri (tanto da ispirare in questi giorni all’ex-segretario Walter Veltroni l’ipotesi di una rinuncia/delega in favore di un ipotetico alleato “verde”).
La stessa separazione di questo punto del questionario da quello della “politica industriale” (formazione, credito, ricerca, fisco) è forse un sintomo di questa limitata attitudine culturale….
Personalmente non avanzo qui proposte specifiche (oltre quanto suggerito per casa e territorio, vedi alla voce Lavoro), perché già ha fatto di meglio a livello semi-istituzionale l’ASVIS di Giovannini (che ha collaborato anche, con Fabrizio Barca, al programma europeo dei gruppi socialisti alle recenti elezioni) ; mi permetto inoltre di rimandare all’inquadramento approfondito su tutto l’arco delle tematiche ambientali, a livello internazionale, sviluppato da Fulvio Fagiani sul sito “Utopia21” (con cui collaboro).
Osservo inoltre in generale che – nel taglio introduttivo del questionario su questo punto, come nei precedenti programmi del PD - prevale un certo ottimismo tecnologico/macroeconomico, come se la proclamazione di un ‘Green New Deal’ e i miglioramenti di istruzione e ricerca comportassero automaticamente sia un incremento del PIL e della occupazione, sia il conseguimento dei difficili obiettivi climatici ed energetici.
Mi sembra cioè che manchi la consapevolezza (oppure il coraggio di comunicare agli elettori) che gli scenari macro-economici non sono univoci, che il contrasto ai cambiamenti climatici non è una passeggiata in discesa e potrà comportare disagi, sacrifici e qualche austerità nei consumi, che in attesa di una piena (e difficile) ‘economia circolare’ occorre affrontare i rischi della scarsità tendenziale di alcune risorse naturali (ed i costi economici ed ambientati per reperirle), che una vera riconversione ecologica di agricoltura ed industria comporta profondi mutamenti nell’occupazione e nell’alimentazione, che i massicci investimenti necessari per una seria politica di bonifiche ambientali, di prevenzione anti-sismica ed idrogeologica (anche se foriere di benefiche ricadute occupazionali) richiedono forse contestuali rinunce ad altre priorità ed abitudini.

3
Scuola.
Mentre la propaganda sintetica recente del PD evidenzia la proposta della gratuità dell’istruzione, la griglia del questionario suggerisce altri 3 aspetti: l’abbandono scolastico, i costi dell’istruzione, la sicurezza delle scuole e ruolo/stipendi degli insegnanti.
A mio avviso la “scuola per tutti” è veramente centrale in un programma di riequilibrio sociale e di rinascita dell’intero Paese: in questa direzione la gratuità è necessaria ma insufficiente ed il grande tema dell’abbandono scolastico va allargato da un lato al contrasto alla inefficienza dell’insegnamento per vaste fasce di allievi, anche se ”assolvono all’obbligo” (vedi recenti test INVALSI), dall’altro all’obiettivo dimenticato di estendere l’obbligo scolastico fino ai 18 anni, veramente per tutti, ripensando adeguatamente all’assetto dei cicli scolastici ed agli indirizzi delle scuole superiori, agli orari di apertura delle scuole (e di palestre e laboratori), cogliendo il meglio dalle esperienze dell’alternanza scuola-lavoro, ma anche dei “maestri di strada” e del servizio civile (da rendere obbligatorio?).
Debellare il fenomeno dei giovani-che-non-studiano-e-non-lavorano dovrebbe essere una priorità nazionale, per esempio attraverso un pre-salario-di-cittadinanza che coinvolga tutti i giovani (a partire dai minorenni ed in relazione al reddito famigliare), in percorsi adeguati di formazione e di responsabilizzazione con prestazioni di lavoro socialmente utile.
La mozione Renzi del congresso 2013 prometteva una consultazione sulla scuola svolta dal PD, che invece poi fu sostituita dalla consultazione formale/informatica condotta (male?) dal Ministero sul progetto della Buona-Scuola: ora la presente consultazione individua come tema (ed interlocutore?) “la centralità del corpo docente”, e probabilmente è un passaggio necessario, per proporre una riforma condivisa dagli operatori.
Ma non si può viceversa fare una riforma solo su misura degli insegnanti.
Ad esempio ritengo che un aumento degli stipendi degli insegnanti abbia validità solo a precise condizioni:
-          di conformarlo comunque agli stipendi di analoghe qualifiche degli altri rami del pubblico impiego, funzionari diplomati e laureati che assumono spesso compiti delicati e grosse responsabilità, con un orario di 36 ore a settimana, un solo mese di ferie e nessun avanzamento automatico per anzianità (privilegio che gli insegnanti di ruolo condividono con magistrati e militari),
-          di subordinarlo alla disponibilità a lavorare a tempo pieno negli istituti scolastici (non necessariamente in cattedra per più di 18 ore) per favorirne l’apertura con orari prolungati e attività differenziate, ed accettando periodi di “comando” nelle scuole difficili di periferia, dove è prioritario abbassare il numero di allievi per classe e dove è assurdo che siano invece paracadutati gli ultimi precari privi di esperienza.
Per finire, “sicurezza delle scuole” mi sembra un’espressione riduttiva, anche se purtroppo riguarda ancora una quota consistente del patrimonio edilizio scolastico; l’obiettivo dovrebbe essere una più ampia qualità di tutte le scuole pubbliche, anche in funzione del ruolo di riscatto sociale che potrebbero assumere in molte realtà territoriali.

4
Fisco.
Ben vengano proposte di revisione di aliquote e scaglioni a favore dei redditi bassi (cioè l’opposto della flat tax) e la promessa di ridistribuire, quando conseguiti, i proventi del contrasto all’evasione, come accenna la griglia del questionario (sbagliato invece venderne in anticipo i mirabolanti risultati, perché a priori non ci crede più nessuno).
Mi sembra però che – assumendo come asse politico-culturale la riduzione delle crescenti disuguaglianze (vedi Piketty, Barca, ecc.) - ci sia da lavorare in altre 3 direzioni (oltre che verso una opportuna patrimoniale, che però pare un tabù non pronunciabile in area PD), anche perché molte ricchezze esulano comunque dal concetto di “reddito”:
-          il contrasto internazionale ai paradisi fiscali (compresi quelli interni all’Unione Europea, che inducono uan corsa al ribasso nella tassazione dei profitti), la cosiddetta “web-tax” e la dimenticata “Tobin-tax” (contro le speculazioni finanziarie a breve termine): tutti temi ampliamente studiati e dibattuti, su cui ci vorrebbe però un bel po’ di energia in più, soprattutto in Europa (in parallelo con l’opposizione allo strapotere monopolistico dei giganti del web e connessa battaglia per la privacy contro l’abuso della profilazione dei dati personali);

-          la riforma della tassazione dell’intero settore immobiliare, in funzione del “diritto alla casa”, mediante:
o   riforma del catasto, come già pronta da approvare ed abbandonata dal governo Renzi, per adeguare le tassazioni ai valori effettivi;
o   ritorno della tassazione sulla prima casa, al di sopra di uno standard di “minimo vitale” (la legislazione italiana contempla i Livelli Essenziali di Assistenza in campo sanitario: ben può definire i Livelli Essenziali Abitativi);
o   detrazione dal reddito delle spese per l’affitto (fino al suddetto “minimo vitale”), con effetto anche di contrasto all’evasione fiscale sui canoni d’affitto percepiti dai proprietari;
o   sostegno al reddito per il pagamento degli affitti, per chi ne ha bisogno;
o   tassazione progressiva nel tempo per tutti i fabbricati non utilizzati (ad esclusione delle cosiddette “aree interne” in via di spopolamento) per spingerne alla locazione o vendita;
o   soppressione o quasi della tassa di registro, che penalizza le compravendite in quanto tali, e tassazione invece delle plusvalenze immobiliari, sia sui fabbricati che sui terreni;
o   aumento notevole degli “oneri di urbanizzazione” per i suoli agricoli trasformati (in attesa di arrivare al “consumo di suolo zero”), da conferire non ai comuni bensì alle ex-provincie (per consentire ragionevoli scelte di localizzazione in “area vasta” e scoraggiare la concorrenza al ribasso tra i singoli comuni), e forte riduzione dei suddetti oneri per gli interventi di trasformazione delle aree già edificate;
o   monetizzazione dei diritti di proprietà, in tutti i casi in cui frammentazioni, contrapposizioni, liti, fallimenti impediscano un rapido reimpiego dei fabbricati per varie ragioni inutilizzati (con un fondo di rotazione per acquisizioni temporanee alla mano pubblica, e successive cessioni sul mercato stesso).

-          la riforma dell’IVA  in senso ecologico (come accennato anche nella mozione Zingaretti al recente congresso PD), per riqualificare produzione e consumi, generalizzando una logica da “carbon tax”.
Si tratterebbe ad esempio di introdurre una quarta aliquota, nettamente superiore, verso il 30% o 33% (e rivedendo nel contempo con i medesimi criteri la ripartizione degli altri prodotti nelle 3 aliquote inferiori, magari riportando al 20% l’aliquota ordinaria) per i prodotti di lusso e/o particolarmente superflui (od inutilmente esotici), e per tutti quelli che presentino negativi risvolti ambientali, sia nelle fasi di produzione e commercializzazione, sia nelle fasi di utilizzo e smaltimento finale, riguardo a:
o   consumo di suolo agricolo (fabbricati, impianti produttivi ed energetici)
o   consumo di energia (veicoli ed elettrodomestici, ed anche fabbricati, con consumi elevati; merci con eccessivi consumi energetici per i trasporti)
o   emissioni di inquinanti (liquidi, aeriformi, acustici, luminosi)
o   produzione di imballaggi e di rifiuti residuali.