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sabato 23 febbraio 2013

IL PROGRAMMA MOVIMENTISTA DI GUIDO VIALE

Guido Viale, con diversi interventi sul quotidiano Il Manifesto, ripresi anche dal sito Eddyburg, Viale 2011 parte da una analisi radicale, e radicata nella questione ambientale, della crisi finanziaria indotta dal neo-liberismo, giudicando negativamente gli sforzi di rincorsa al pagamento del debito, sviluppati dall’attuale governo Monti.

Viale non si allinea, in modo esplicito con le ricette di abbandono dell’Euro di  Loretta Napoleoni – vedi PAGINA PARTE 1^) - (anche se in passato, in Lotta Continua, Guido Viale sostenne l’insolvibilità deliberata dell’Italia come strumento di gestione politica di una  auspicata rottura semi-rivoluzionaria), afferma tuttavia che “la strada della bancarotta della finanza statale, a meno di una revisione radicale del patto di stabilità, sembra essere una tappa obbligata. Si tratta solo di vedere chi e come la gestirà”.

Contrapponendosi su “Il Manifesto” a Paolo Cacciari Cacciari 2011, si distingue anche dalla parola d’ordine della “decrescita felice” (VEDI POST) e dichiara: “Non sono un fautore della decrescita. Trovo questo concetto povero di contenuti; inutilizzabile, se non impresentabile, nelle situazioni di crisi (quando a essere messi in forse sono redditi e posti di lavoro); ambiguo (in quanto speculare, anche se opposto, a quanto ci viene proposto dagli economisti mainstream). Non credo che le otto "R" di Latouche (rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare) apportino al dibattito politico molto più di un chiarimento concettuale. Però, quando si scende - se mai si scende - sulle cose da fare o proporre è molto più facile ritrovarsi d'accordo al di là delle formulazioni dottrinarie. Ma questa diffidenza non significa certo accettazione del diktat della crescita.”

Nel frattempo, in qualche modo “a prescindere” da una soluzione generale, quasi che a quel livello oggi si possa dire, come Montale sotto il fascismo, solo “ciò che noi non siamo e ciò che non vogliano” Montale 1925, Viale cerca di offrire un orizzonte complessivo ai “movimenti” (dal referendum sull’acqua ai difensori di altri “beni comuni”, come “Salviamo il Paesaggio” (vedi PAGINA "Parte Quarta"), dove si propugna una battaglia contro il consumo di suolo, dai Gruppi di Acquisto Solidali agli agricoltori “a Km zero), con una interpretazione più conflittuale delle ‘reti della nuova internazionale’ di Sachs&Co (vedi POST) e del “localismo cosmopolita proposto da Magnaghi (vedi PAGINA "PARTE 3^"): infatti ritiene che “mano a a mano che i processi molecolari si concretizzano, unificano e rafforzano, i movimenti vengono a confronto ed entrano in conflitto con il potere della finanza internazionale e dei governi che ne sono mandatari a livello statuale”.

Ed individua, in tale prospettiva, i seguenti 6 “pilastri”:

1.       “La conversione ecologica” come “processo di riterritorializzazione, cioè di riavvicinamento fisico ("km0") e organizzativo (riduzione dell'intermediazione affidata solo al mercato) tra produzione e consumo: processo graduale, a macchia di leopardo e, ovviamente, mai integrale. Per questo un ruolo centrale lo giocano l'impegno, i saperi e soprattutto i rapporti diretti della cittadinanza attiva, le sue associazioni, le imprese e l'imprenditoria locale effettiva o potenziale e, come punto di agglutinazione, i governi del territorio: cioè i municipi e le loro reti, riqualificati da nuove forme di democrazia partecipativa.” Con “il passaggio, ----- dal gigantismo delle strutture proprie dell'economia fondata sui combustibili fossili alle dimensioni ridotte, alla diffusione, alla differenziazione e all'interconnessione degli impianti, delle imprese e degli agglomerati urbani rese possibili dal ricorso alle fonti rinnovabili, all'efficienza energetica, a un'agricoltura e a una gestione delle risorse (e dei rifiuti), dei suoli, del territorio e della mobilità condivise e sostenibili.”

2.       “Per operare in questa direzione è essenziale che i governi del territorio possano disporre di "bracci operativi" : ovvero “i servizi pubblici locali, “restituiti, come disposto dal referendum del 12 giugno, a un controllo congiunto degli enti locali e della cittadinanza, cioè sottratti al diktat della privatizzazione.”, nonché al patto di stabilità, rinegoziando i debiti ai danni della “bolla finanziaria”

3.        “l'arresto del consumo di suolo” Se le strutture e i suoli inutilizzati “non vengono resi disponibili dal vincolo che lega il bene al suo proprietario occorre procede con una politica di espropri e rivendicare una legislazione che la renda praticabile.”

4.       “Il suolo urbano libero da costruzioni e quello periurbano possono essere valorizzati da un grande progetto di integrazione tra città e campagna, tra agricoltura e agglomerati residenziali. Un'integrazione che è stata il pilastro delle civiltà di tutto il mondo prima dell'avvento della globalizzazione”: “orti urbani, disseminazione dei Gas, farmer's markets, mense scolastiche e aziendali, marchi di qualità ecologica per la distribuzione, gestione dei mercati ortofrutticoli: quanto basterebbe per cambiare l'assetto dell'agricoltura periurbana e per ri-orientare l'alimentazione della cittadinanza con filiere corte”.

5.       La mobilità sostenibile (attraverso l'integrazione intermodale tra trasporto di linea e mobilità flessibile: car-pooling, car-sharing, trasporto a domanda e city-logistic per le merci) e la riconversione energetica (attraverso la diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e la promozione dell'efficienza nelle abitazioni, nelle imprese e nei servizi) costituiscono gli ambiti fondamentali per sostenere le imprese e l'occupazione in molte delle fabbriche oggi condannate alla chiusura.”

6.       La conversione ecologica è innanzitutto una rivoluzione culturale che ha bisogno di processi di elaborazione pubblici e condivisi e di sedi dove svilupparli. ---- nelle scuole e nell'università, nell'educazione permanente, nelle istituzioni della ricerca, nel tessuto urbano, nei mezzi di informazione, sulla rete.”


Mi sembra molto interessante, pur nella indefinitezza della prospettiva politica conflittuale, la articolazione concreta delle proposte (largamente condivisibili) ed anche l’integrazione tra i comportamenti direttamente praticabili ‘dai movimenti’ e dai soggetti economici locali, il ruolo assegnato agli enti locali, e la rivendicazione di alcune leggi progressive a livello di autorità superiori (regionali-nazionali-europee? – vedi PAGINA "Parte Quarta").

Mi pare inoltre apprezzabile lo sforzo di raffrontarsi dialetticamente con altre posizioni, come quella della “decrescita felice”.

PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE  2^" E "BIBLIOGRAFIA"

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