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venerdì 15 marzo 2013

PROPOSTE DI LEGISLAZIONE A SOSTEGNO DELLA SOSTENIBILITA’ URBANA: PREMESSA

Con riferimento alle letture critiche di cui alle PAGINE, PARTI 1^-2^-3^ di questo blog, vorrei permettermi alcune conclusioni, anche propositive, aggiornandole al marzo 2013 (la versione 2012 viene riprodotta in appendice).
 Non mi sento assolutamente in grado di formulare proposte al livello globale e macroeconomico del ‘come uscire dalla crisi’ e del ‘come sconfiggere il neo-liberismo’ (o “fuori-uscire dal capitalismo”, come proponeva un tempo il gruppo del Manifesto: per ora nessuno ci lascia uscir fuori, e tanto meno gratis e in modo indolore, mentre i ‘comunisti’ cinesi e molti altri governi progressisti del terzo mondo continuano ad affollarsi per entrarci); su questo fronte, per il quale mi sfuggono le competenze tecniche e che mi sembra così immenso che ‘il cor [mi] si spaura’, mi accontento, come molti altri, di rivolgere benevoli auspici per una soluzione progressista praticabile, che – con TobinTax, EuroBond, controllo sui paradisi fiscali ed altri rimedi agli eccessi del “finanz-capitalismo – ci consenta a breve-medio termine di tenere in piedi Euro ed Europa, per cercare nel frattempo di avviare dal basso una effettiva umanizzazione della stessa Europa (le cui istituzioni, ad esempio dovrebbero far generalizzare, e non combattere, istituti di civiltà come l’art. 18 del nostro Statuto dei lavoratori, che vieta i licenziamenti discriminatori), e poi del mondo; nella consapevolezza che sono invece possibili esiti opposti, catastrofici oppure molto conflittuali, e che nella attuale gestione della crisi è ben lungi dall’essere assorbita la ‘grande bolla speculativa’, né è esclusa la formazione di ulteriori ‘bolle’ (vedi anche Post su Larroutouru).

Soluzione progressista che può essere inficiata, oppure sospinta, dallo scrollone elettorale italiano in favore del Movimento 5 Stelle, me che trova comunque la sua debolezza nella frammentazione e indecisione della sinistra moderata europea (labilità del programma di Hollande e timidità della socialdemocrazia tedesca), nella inconsistenza di una sinistra radicale europea, a fronte dell’incalzare di movimenti nazionalisti e populisti di vario segno.
 
E nemmeno intendo propormi di trarre conclusioni o di formulare proposte al livello teorico-operativo della pianificazione territoriale e della progettazione urbana, su cui auspicherei però nuovamente un maggior confronto dialettico tra le diverse scuole, e particolarmente tra gli autori esaminati nella precedente Parte Terza, perché secondo me tutte le posizioni trattate costituiscono significative interpretazioni della attuale situazione del territorio italiano (ed europeo) ed offrono ognuna elementi positivi, ma parziali, dei problemi individuati, e potrebbero giovarsi di una maggiore integrazione, facendo francamente i conti con gli elementi di conflitto concettuale che tale confronto comporta.

Mi sento invece di avanzare alcune proposte ad un livello intermedio, che è quello delle politiche nazionali (e forse però anche europee, ed anche regionali) che – non solo a mio avviso - sono necessarie a sostegno delle politiche locali di sostenibilità urbana, nonché per dare contenuti articolati e concreti al più complessivo sforzo di umanizzazione dell’economia capitalista; su questo terreno occorre costruire un programma sia di pratiche locali che di rivendicazioni specifiche di riforme legislative settoriali, come, ciascuno per proprio conto, propongono ad esempio:
-          l’INU, con le proposte dei congressi di Ancona (2008) e Livorno (2011), riguardo alla normativa sul governo del territorio, ma anche sul regime ed il consumo dei suoli, sull’energia,  sulla fiscalità locale, sulla metropolizzazione ed il trasporto pubblico di massa
-          il nuovo movimento “Salviamo il paesaggio” - a cui aderiscono tra gli altri SlowFood e tutte le principali associazioni ambientaliste nazionali (FAI, WWF, LegaAmbiente, Italia Nostra) -  riguardo al risparmio del consumo di suolo
-          i movimenti localisti, come interpretati da Guido Viale (vedi in PAGINA PARTE 2^ di questo blog), ancora in merito al consumo di suolo, a trasporti ed energia, nonché al “patto di stabilità” ed alla finanza locale,
e come per alcuni aspetti suggerisce anche Giancarlo Consonni (vedi in PAGINA PARTE 3^ di questo blog).

E’ in questo quadro che mi permetto di avanzare una serie di proposte pratiche, in particolare sulle politiche fiscali-tariffarie e sugli incentivi finanziari pubblici, relativi al governo del territorio, considerando che in Italia ed Europa i conti pubblici coprono comunque una quota prossima alla metà del PIL, e che a parità di pressione fiscale sarebbe opportuno qualificare la spesa pubblica in senso ecologico ed egualitario, anziché al contrario.

Si tratta di proposte non contrastanti con l’insieme delle soluzioni avanzate dall’INU e da Salviamo il Paesaggio (ed anche da Viale e da Consonni), e con le istanze  nella prospettiva di un ‘riformismo radicale’ che a mio avviso è possibile ed auspicabile in Europa, se si riesce ad andare verso una soluzione politica e progressista della crisi dell’Euro.

Quanto un simile ‘riformismo radicale’ risulti politicamente possibile e come si intrecci con il ‘ritorno alla crescita’ oppure con l’inizio di una ‘decrescita virtuosa’ (vedi in PAGINA PARTE 2^ di questo blog), francamente non lo so; però mi sembra doveroso che il sapere tecnico fornisca proposte per una crescita culturale alternativa, sia a livello locale e ‘molecolare’ sia ad un livello più complessivo, per offrire ai movimenti locali un orizzonte rivendicativo e per immaginare una possibile politica statuale di segno positivo, nel tentativo di ricomporre fronti sociali più ampi della singola ‘tribù’ (vedi Maffesoli, in PAGINA PARTE 1^ di questo blog).

E per affiancare (o contrapporre?) alle ‘liberalizzazioni’ in atto adeguate ipotesi (non stataliste) di ‘socializzazioni’ e “ambientalizzazioni’; la triade rigore-equità-sviluppo va a mio avviso sottoposta a critica da un punto di vista ecologico e laborista:

-          il rigore, almeno in Italia, resterà necessario per un bel po’ di anni, anche in presenza di auspicabili politiche keinesiane dell’insieme euiropeo, per scontare il debito pregresso; potrebbe però essere un utile allenamento verso una volontaria austerità, o sobrietà, che prima o poi i consumatori occidentali dovranno affrontare, se si intende fare i conti con la scarsità delle risorse e con l’equità a scala mondiale (vedi Sachs, n PAGINA PARTE 2^ di questo blog)
-           l’equità va bene, ma deve essere intesa – sia su scala nazionale che globale – innanzitutto come riduzione delle diseguaglianze tra sfruttati e sfruttati, tra veramente ricchi (il famoso 1%, ed anche il contiguo 9% con cui  in Italia detengono il 50% della ricchezza) e veramente poveri, e non per spalmare al ribasso la povertà tra i poveri (come in parte ha comportato l’ultima riforma delle pensioni e connessa manovra fiscale)
-          sullo sviluppo è il momento di cominciare a chiedersi ‘quale sviluppo’, e di utilizzare la crisi come criterio di verifica, per non affannarsi a rilanciare un modello sviluppista che non funziona più.
 
Quanto sopra richiede uno sforzo di elaborazione politica e programmatica di vasto respiro, trasversale a tutti i settori (a partire da economia, finanza, lavoro), e capace di tradursi in crescita collettiva di soggetti sociali, attraverso attente considerazioni antropologiche e sociologiche, e non solo mediatiche, sui linguaggi idonei a tale maturazione.
 
Nel mio piccolo non ho evidentemente tali ambizioni, ma solo quella di esplicitare un mio specifico contributo di idee su singoli temi, di cui ho qualche conoscenza ed esperienza; nell’Appendice II, tuttavia, mi spingo ad ipotizzare anche una proposta di taglio più generale, ma di respiro più contingente, sotto forma di “appello verso un IVA ecologica”.
 
Parte delle proposte dei POST seguenti sono incluse o compatibili con i programmi elettorali di PD, SEL e ultra-sinistra, Movimento5Stelle, e di quelli post-elettorali (8punti del PD); mi permetto di rivendicare la necessità di una maggior organicità, sia all’interno di ogni settore, sia con l’insieme delle politiche sociali ed ambientali.

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