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domenica 23 giugno 2013

P.D.: LA NAVIGAZIONE DI BARCA NEL DOVER ESSERE

Ho letto con diligenza, malgrado lo scoglio del “catoblepismo”, il lungo documento di Fabrizio Barca – aprile 2013 “UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO”, che ritengo sia un valido stimolo alla riflessione, soprattutto per chi è dentro alla vita del partito e si trova  doversi confrontare con un punto di vista un po’ esterno.

Questo punto di vista, però, pur assumendo come sfondo la crisi economica, sociale  e culturale, sembra di fatto spaziare solo tra i diversi modelli di gestione dello Stato (socialdemocratico, arcaico-clientelare e minimo-liberista), individuando da qui la necessità di nuovi partiti e soprattutto, a sinistra, di un “partito nuovo”, non abbarbicato alla gestione dello Stato ed alle relative carriere, e invece capace di sviluppare democraticamente lo “sperimentalismo cognitivo” necessario per una effettiva governabilità “dal basso”, in un epoca in cui non possono esistere modelli universali.

Le riforme postulate da Barca per una evoluzione positiva della forma-partito sono in generale molto condivisibili: astinenza da incarichi pubblici, finanziamento diretto volontario, partecipazione politica disinteressata, ruolo dei giovani e degli operai, dialogo con interlocutori e associazioni indipendenti, rispettandone l’autonomia, ecc.

Quello che non convince  di tutto il discorso non è se un siffatto partito sia necessario, bensì se sia possibile, alla luce della natura sociale della crisi (società liquida, atomizzazione individuale dai contratti di lavoro alle esperienze di vita e cultura, ecc., ben oltre la specifica questione dello “Stato” ) e delle ragioni storiche della attuale “degenerazione” degli stessi partiti.

Anche perché Barca cita ampiamente “Finale di partito” di Marco Revelli nelle note bibliografiche, ma in realtà non fa i conti con le “scientifiche” dimostrazioni di Revelli sulla sostanziale impossibilità di ricostruire in questa società  i partiti di massa.

Non so se Revelli ha ragione (a giorni pubblicherò sul Blog la mia recensione sul suo brillante saggio), ma certo Barca non si scomoda  a smentirlo, e si impegna invece a descrivere come dovrà essere il “partito nuovo”, senza spiegare come sarà possibile costruirlo in tal modo (con quali soggetti, quali strategie, quali alleanze, oltre alla sua buona volontà di girare per i vari circoli del PD).

L’affermazione di ciò che “deve essere” non è sufficiente a dimostrare che “potrà essere”.

Inoltre Barca pare manifestare una identità esplicitamente di sinistra solo con “l’addendum” finale, ancorato alla Costituzione, ma ristretto ad una visione euro-centrica e “sviluppista”, perché privo a mio avviso di una sensibilità planetaria dei problemi, sotto i seguenti profili strategici:
-          la dimensione extra-nazionale del “finanz-capitalismo”
-          i bisogni di tutti gli umani (e anche degli altri esseri viventi)  
-          la limitatezza delle risorse naturali.

Concordo con la necessità di costruire il nuovo sapere dialogando senza modelli pre-costituiti, ma occorre a mio avviso porre nel dialogo tutte le domande importanti, sennò rimarranno obbligatoriamente senza risposta.

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