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venerdì 8 agosto 2014

LE ALBERE DI RENZO PIANO ED I NUOVI MUSEI DI TRENTO E ROVERETO

Qualche mese addietro, recensendo il volume “CITTA’ SOSTENIBILI”, a cura di Domenico Cecchini  e Giordana Castelli (Gangemi editore 2013), lamentavo la mancanza di “più ampie esplorazioni su realizzazioni e progetti in Italia: mi incuriosirebbe capire quale sia il risultato complessivo del quartiere Albere (ex-Michelin) progettato a Trento da Renzo Piano (dove pare che classe A sia indicativo anche di una selezione sociale verso l’alto, determinata dai prezzi elevati)”.
In questa piovosa estate, avendo avuto occasione di visitare come turista il MUSE (Museo delle Scienze di Trento), opera di Renzo Piano inclusa nel suddetto quartiere, ho dato un’occhiata all’intero insediamento e ne ho tratto qualche considerazione, senza pretesa di scientificità.
Premetto e do per scontati i valori positivi dell’operazione, come risulta dai dati ufficiali, riguardo:
-          al recupero di un’area industriale dismessa (Michelin), che apportava posti di lavoro al territorio, ma lo ingombrava  (e inquinava?) in una fascia delicata, presso l’argine sinistro dell’Adige, soffocando la residenza principesca cinquecentesca delle Albere,
-          alla densità relativamente elevata dell’intervento (quasi 1 mq/mq come densità territoriale, più del doppio come densità fondiaria, data la presenza di un parco di 50.000 m2 oltre al Museo ed altri spazi pubblici), che contribuisce quindi  potenzialmente al risparmio nel consumo di suolo, pur conferendo elevati standard di verde e di attrezzature pubbliche,
-          alla integrazione (potenziale) tra destinazioni d’uso compatibili, residenza, uffici e negozi, un albergo ed attrezzature pubbliche di rilievo: oltre al MUSE un centro congressi, che - ancora in costruzione - viene trasformato in biblioteca universitaria (pur lontana dalle facoltà),
-          alla virtuosità tecnologica ed energetica degli edifici (livello B di Casaclima, con fotovoltaico, geotermico, trigenerazione ed ovviamente cospicue coibentazioni).

I NUMERI DELL’INSEDIAMENTO:
SUPERFICIE TERRITORIALE M2 97.640 DI CUI SPAZI PUBBLICI 70% (PARCO 51.000 M2)
SUPERFICIE LORDA DI PAVIMENTO: TOTALE 97.640 M2, DI CUI:
-           RESIDENZA 43.900 M2
-           DIREZIONALE 23.940 M2
-           COMMERCIO 10.500 M2
-           ALBERGO 4.700 M2
-           MUSE 11.700 M2
-           CENTRO CONGRESSI/BIBLIOTECA 2.900 M2

Confermo inoltre quanto è abbastanza noto riguardo al MUSE, e cioè l’assoluto successo di pubblico nel suo primo anno di apertura, superato da poche settimane, successo da me constatato sia in termini quantitativi, per la lunga coda all’ingresso in un pomeriggio feriale, sia in termini qualitativi, per l’evidente entusiasmo soprattutto da parte di bambini e genitori a fronte delle istallazioni interattive e delle sezioni più spettacolari del percorso espositivo.
Personalmente ho qualche dubbio sulla effettiva efficacia comunicativa e didattica dell’insieme, per visitatori non accompagnati da insegnanti ed esperti, perché c’è forse troppo e di tutto un po’, ed alquanto compresso negli spazi: però ben venga (finalmente anche in Italia) la capacità di suscitare entusiasmo anziché noia in un museo; ed anche attraverso un grande impiago di calchi, copie e immagini, abbandonando il culto ossessivo del reperto originale.
(Il video che più mi è piaciuto è stata una ricostruzione in vista aerea delle trasformazioni del territorio trentino, dalle ere geologiche a quelle urbanistiche, con interpolate anche le foto delle incursioni e distruzioni belliche e delle alluvioni del ‘900).
Come architettura il MUSE mi è sembrato affascinante e funzionale da dentro (con qualche dubbio su raffrescamento e aerazione nei piani alti quando splende il sole e c’è molta affluenza; l’ho provato con cielo coperto in giorno feriale, e il comfort non mi sembrava il massimo, anche se è certificato LEED GOLD) e simpatico ma poco unitario visto da fuori (e forse ingenuo se nelle forme triangolari volesse veramente alludere alle montagne).
Il prato a nord, poco definito e forse non finito (così come l’attiguo sottopasso pedonale sotto la ferrovia), restituisce comunque visibilità e respiro al palazzo delle Albere (bisognoso di restauri e di ritorno alle funzioni museali del MART, ora trasferite altrove): non so se si prevede di completarlo con un richiamo allo storico viale che dava il nome al luogo, e che proseguiva ben oltre la ferrovia.

L’architettura del quartiere residenziale e terziario, a sud del MUSE, costituita da isolati a corte allungati, con altezze di 5-6 piani e allineamenti non esclusivamente ortogonali e rettilinei, a me sembra nell’insieme semplice e brillante, come immagine anche più riuscita del MUSE, sia da lontano (dalla viabilità veloce oltre Adige) sia percorrendo i portici dei viali alberati interni, con lunghe vasche d’acqua (e temporanee sculture) od i larghi marciapiedi dei viali carrabili al margine dell’insediamento.
Nell’insieme l’impressione di un’area urbana ed umana (qualora fosse abitata…) e di un disegno di qualità, senza esagerazioni autoriali  e con una equilibrata dose di “variazioni sul tema” (né monotonia né ecclettismo): di architettura contemporanea che vada oltre la dimensione del singolo edificio in Italia non se ne vede molta, e raramente risulta così gradevole: ad esempio il quartiere Bicocca di Gregotti a Milano è molto più freddo e “gigantista”, e meno pedonale. 
Qualche riserva, di gusto personale, la riserverei al colore verde, troppo chiaro ed evidente di tende a rullo e serramenti, ed all’invecchiamento, precoce ma non omogeneo, delle strutture esterne in legno, che invece ben si associano con il metallo, i paramenti opachi grigi e con le copertura fotovoltaiche a “falde indipendenti” (I colori e materiali del MUSE sono invece, con logica complementare, tende arancioni, vetro, metallo e paramenti bianchi).

Il quartiere, però sembra per ora, in termini di vitalità, un’appendice del MUSE, perché appare ancora poco abitato e soprattutto ai piani terra, che dovrebbero contenere negozi e affini, sembrano operativi soprattutto alcuni bar-ristoranti, che si affiancano alle funzioni della caffetteria del Museo e sfamano il personale degli uffici già insediati nei blocchi posti ad Est (la sussidiarietà al MUSE si riscontra anche per parte dei parcheggi interrati, che però mostrano carenze di segnaletica per un uso promiscuo tra abbonati ed utenti occasionali).
Non ho avuto la faccia tosta di entrare nell’ufficio vendite spacciandomi per un potenziale acquirente, ma ho l’impressione che buona parte dei fabbricati – soprattutto residenze e negozi - siano ancora invenduti, e non solo per la crisi sopravvenuta ed i prezzi elevati, ma anche per la oggettiva difficoltà di vendere gli alloggi  in considerazione:
-          dei limiti della localizzazione, con belle viste sui fianchi montuosi della vallata e prossima sul lato Ovest all’Adige (con argine ciclabile per decine di chilometri, però oltre una strada di scorrimento urbano, coperta solo in parte dalla piastra verde del parco “Michelin”), e sul lato Est (edifici solo direzionali) adiacente alla ferrovia del Brennero, priva al momento di barriere acustiche  (tutt’altra cosa sarebbe la presenza di una fermata ferroviaria, che non c’è, mentre l’interramento della linea ipotizzato dal PRG di Joan Busquets si esaurirebbe più a Nord); inoltre, pur non essendo lontano dal Centro urbano e dall’Università, l’area né è separata da alcuni impianti mono-funzionali piuttosto pesanti, coma lo Stadio (che forse in futuro sarà trasferito), la Fiera ed il Cimitero
-          da scelte che possono apparire virtuose ai critici ed ai visitatori, come le facciate interamente vetrate (e schermate dalle suddette tende), la permeabilità pedonale pubblica di gran parte dei cortili verdi che si alternano ai viali pedonali interni e quindi la pressoché totale assenza di recinzioni che privatizzino il suolo (ad esclusione degli isolati totalmente residenziali sul fronte del Parco), e – mi è sembrato – la carenza di balconi e logge (se non per gli attici): elementi che contrastano con le abituali aspirazioni dei potenziali clienti di target elevato (che hanno quindi in città e dintorni molte possibili alternative).
E qui si torna all’interrogativo iniziale ovvero se possa essere sostenibile socialmente ed economicamente un quartiere sì ecologico, ma decisamente “d’alto bordo” (prezzi oltre i 4.500 €/m2, non a caso pubblicizzati anche sul portale LUX-gallery). Domanda cui non poteva dare risposta la mia gita occasionale, mentre pare ampio sui giornali e blog il dibattito locale in materia, e dove per altro si legge di tutto, dal giudizio architettonico “stie per polli” all’allarme botanico per l’impianto arboreo troppo denso nel Parco, nonché pesanti accuse di eccessivo sostegno economico da parte  di Comune Provincia Università e Curia per il difficoltoso successo dell’iniziativa immobiliare, ed in particolare nonché censure circa l’abbandono del progetto di Botta per una nuova biblioteca universitaria meglio collocata.


P.S. Nel corso della vacanza sono stato anche al MART di Rovereto, grandioso e classicheggiante progetto di Mario Botta e Giulio Andreolli (con la segnaletica dei parcheggi ben fatta, tranne che per segnalare l’uscita auto…), di notevoli ambizioni urbane, a partire dalla grande cupola trasparente e semi-aperta di raccordo ai preesistenti fabbricati pubblici di cortina sulla strada; ho dovuto però constatare che in un giorno feriale di luglio, pur con mostre di buon livello ed ottima istallazione in spazi di ampio respiro (Alvaro Siza; “Perduti nel paesaggio” con opere tra gli altri di Gabriele Basilico e Marina Abramovic) il MART si mostrava assai poco frequentato, sia dai turisti che dagli utenti locali, e quindi molto “cattedrale nel deserto” (anche se, egoisticamente, molto favorevole alla nostra privata fruizione delle mostre); non so se la situazione  sia diversa con mostre di maggior richiamo, oppure se è un destino segnato per l’arte contemporanea in cittadine di provincia (vedi per mia esperienza la Villa Panza di Biumo in Varese ed il MAGA di Gallarate, che però almeno si è buttato sulla didattica, e quindi manifesta di frequente più vita).

SEGUONO IMMAGINI: 

MUSE E PALAZZO ALBERE




QUARTIERE ALBERE





MART ROVERETO



1 commento:

  1. PERVENUTO VIA E-MAIL - GENNAIO 2016
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    MUSE: anch'io ci sono passato e ho immediatamente comunicato una quasi ironica mail ad una collega ed amica, invitandola a passare dal Muse ma prestando attenzione a non sbattere il capo contro una falda del tetto proprio sul marciapiede.Come ho fatto io. ( ma Lia dice che solo io sbatto il capo sulle falde e sulle facciate come alla fondazione Paul Klee di berna, fortunatamente ondulate anzichè spigolose) Il Grande architetto, che ebbi modo di conoscere tempo addietro, ha avvisato i fruitori che i tetti dell'intervento, sia il Muse che le residenze, richiamano le vette delle alpi; a ben vedere lì attorno mi sono apprse comunque morbide. Sempre nella leggera mail, avvisai la collega che il muse mi è apparso molto finto, certamente molto virtuale e quindi contemporaneo, forse un poco macchinoso da manutenere(magari con trefoli e volatili veri, ma oggi si usa , vedi il bosco verticale..), quindi accattivante per le folle di studenti, che amano ormai digitare anche per strada e, diversamente da me, non sbattono contro la gronda:forse. Il "sistema residenziale", scrissi, non mi ha fatto impazzire dalla meraviglia, addensato come è, con l'acqua che perde le sue prerogative microclimatiche, le strutture che non sono ma appaiono essendo, quelle vere tutte in CA, ed i sistemi energetici fotovoltaici di-sorientati, ma comunque messi per esprimere al massimo la loro convenienza; ed aggiunsi anche che mi parvero simpatiche le piantine arrampicanti, nei vassoi metallici, alimentate alla bisogna da contatori e contatti.Del resto, casa mia tali piantine le ha naturalmente, e crescono naturalmente, raffrescano naturalmente e così via, su tutta l'abitazione.. Ho concluso dicendo di non preoccuparsi; i 70 milioni di euri sono stati spesi bene, e lo sarebbero ancor di più se i sistemi scolastici li avessero utilizzati diversamente, magari. Ma si sa, che le regioni autonome sono autonome con i soldi anche miei. E questo mi soddisfa e nel complesso mi sono trovato soddisfatto; tutto rientra nelle procedure della comunicazione, della commericalizzaione dei prodotti su vasta scala, dei colpi di scena etc.etc. E mi sono anche detto che le mie osservazioni non devono venire sospinte dall'invidia; perchè dovrei? ho la casa, famiglia, cani, orto,riscaldamento a bassa temperatura, fotovoltaico,solare termico, recupero dell'acqua piovana ed altre amenità; solo che son lì da 35 anni. E di questi grandi interventi che vengono macinati dalla comunicazione ve ne sono un poco qui ed un poco là nel mondo; mi capita di vederli, nelle immagini, e tentare di capirli; innanzitutto dove si trovano, perchè sono sotanzialmente tutti uguali, tuti oggetti che gli architetti hanno nominato con prestito formale: "abbiamo voluto ispirarci ad un seme", " è un liuto appoggiato al terreno", "si richiama ad una nuvola", è un bosco verticale, e via narrando. Che cosa debbo guardare, dunque? Anche Botta, con il suo Mart di rovereto, bella la piazza, ingresso alla piazza discutibile per le luci inquinanti, passaggio per andicappato da lasciar perdere e all'apparenza non finito, ingresso ampio ma poi che si riduce ad una scala "vulgaris", dopo aver "sdrenato" una intera collina, mi dicono, a vigneto. Certo, quel che si vede è quel che nasconde. Ma Botta è per me comunque un eccezionale geometra svizzero; lo fossero in italia tutti, così! (anche se vorrei che Daverio non considerasse il casino di campione un capolavoro! sinceramente, lo abbatterei a cannonate).
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    M.F.

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