Pagine

mercoledì 14 gennaio 2015

SCOMMESSE EUROPEE: RENZI E TSIPRAS

La scommessa di Renzi e Padoan per uscire dalla crisi (in continuità sostanziale con la linea economica in precedenza seguita da Prodi, con Ciampi e con Padoa Schioppa) è di tipo “morbido”: sia pure con qualche accelerata (80 €, IRAP), si tratta di agire sul “cuneo fiscale” del costo del lavoro  come stimolo a domanda ed offerta, rispettare i limiti europei del deficit, cercando qualche abbuono (per investimenti e rientro dal debito), e pagare gli interessi sul debito (di fatto moderatamente in crescita), confidando che decrescano gli interessi ed aumentino gli investimenti privati “per buona condotta” verso “i mercati” (ivi inclusa la riduzione delle garanzie ai lavoratori dipendenti).
Anche se in molti campi si può fare di meglio (ad esempio per distribuire diversamente il lavoro, coinvolgere i giovani in un servizio civile ecc.), francamente non vedo per l’Italia molte alternative strategiche “di sinistra”, fin tanto che non si abbia il coraggio ed il consenso per aggredire le grandi fortune accumulate con una seria patrimoniale e di ridiscutere gli assetti dei consumi iper-tassando il lusso.
Non credo invece che sia “di sinistra”, né praticabile, una politica di stimolo e rilancio attraverso un maggior deficit, e quindi un aumento del debito e degli interessi da pagare annualmente, salvo enunciare che i debiti non li si vuol pagare più, perdendo quindi ogni credito con interessi alle stelle: una sorta di economia di guerra (come sarebbe comunque anche uscire dall’Euro), che si dovrà forse un giorno subire, ma che credo non si possa auspicare.

Diverso è il caso della Grecia, che all’economia di guerra già è stata  costretta dal suo maggior debito pregresso e dalle condizioni capestro di tipo liberista imposte dalla Troika (Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e BCE: quindi anche a nome nostro), invero con scarsi risultati non solo di equità, ma anche di efficienza: con il che i nodi politici vengono al pettine elettorale, dove pare che il consenso lascerà il centro-destra filo-Troika in favore della sinistra di Siryza.
Mi sono pertanto un po’ addentrato nel programma di Siryza, la cui scommessa non può che essere di tipo pesante, e cioè puntare su una diversa contrattazione del debito (che per la Grecia è teoricamente possibile, perché il peso assoluto del suo debito e del suo PIL sul totale europeo è marginale, come non è per l’Italia, tuttora la terza economia dell’area Euro), ponendo come alternativa la totale insolvenza e la fuga dall’Euro (avendo una base elettorale che può pensare ormai di non poter stare peggio di così, vero o falso che sia).

Del programma di Siryza, in italiano, ho trovato due versioni:
- una in 40 punti (fonti: Gad Lerner e – quasi uguale – Rifondazione Comunista), un po’ tipo “lista della spesa”, con molti buoni propositi di sinistra, assai piacevoli da leggersi e forse più difficili da attuare, direi “formato propaganda per elettori”;
- l’altra, su Repubblica, più articolata per capitoli di “entrata ed uscita”, volta meritoriamente  a dimostrare (potenzialmente “ai mercati”: “formato esportazione”) la sostenibilità economica delle diverse misure, sempre sul presupposto che riesca la scommessa primaria della ri-contrattazione del debito verso le banche europee ed il FMI.
Spigolando nel merito del programma, oltra ad alcune pregiudiziali sacro-sante, come il ripristino del salario minimo e della contrattazione collettiva (che mi vergogno siano stati soppressi, anche in mio nome, per ordine della troika) ho trovato anche alcune sviolinate demagogiche che non mi convincono affatto:
-          Corrente elettrica gratis alle famiglie indigenti, fino ad un plafond di 300 Kwh al mese: poiché in famiglia consumiamo solo 200 Kwh al mese, mi chiedo se invece di un plafond universale (che potrebbe indurre allo spreco) non sia meglio un prezzo politico, fino ad un plafond pro-capite, in modo tale da confermare comunque l’obiettivo ecologico del risparmio di energia
-          Esclusione dall’imposta sugli immobili per tutte le prime case (di qualunque valore e dimensione), escluse solo quelle di lusso (sul tema mi sono già a lungo espresso, criticando duramente la politica di Berlusconi su ICI ed IMU; confermo il mio pensiero anche sul conto di Alexis Tsipras).

A proposito di “conto”, se ci sarà una ristrutturazione del debito greco, il conto risultante lo dovremo pagare pro quota tutti noi cittadini europei, e  mi pronuncio fin d’ora in favore di un equo abbuono (anche se la Troika non chiederà il mio parere, come non l’ha chiesto in passato per imporre “lacrime e sangue”); però mi spiacerebbe pagare più tasse perché i poveri greci sprechino energia elettrica, i greci meno poveri non paghino la loro brava IMI-ICI-TASI (sopra una adeguata soglia di esenzione), e con il dubbio che i greci ricchi e falso-poveri continuino a non pagare le loro tasse (come i furbi colleghi italici).  

EUROPA, CI SEI?

Qualche volta gli eventi mi sembrano troppo grandi per un mio commento, o comunque già troppo commentati per aggiungere ulteriori commenti.
Così è per gli attacchi terroristici jihadisti di Parigi e per la massiccia risposta dei cittadini francesi (ed europei e dintorni) a fianco delle loro istituzioni repubblicane.

Mi pare però che sia stata poco approfondita la contraddizione tra la forte presenza nei media (ed anche probabilmente in non poca parte del sentire comune) della linea forcaiola di LePen e Salvini (contro tutti gli islamici e gli immigrati, con inni alla guerra e alla pena di morte) ed la assai debole presenza di tali proposte nelle piazze di Francia ed Italia:
-          Il Front National ridotto a manifestare a Beaucaire (un po’ come manifestare a Vercelli, con rispetto parlando di tale benemerita cittadina, a fronte di eventi di luogo e portata capitale)
-          Salvini auto-esiliato a volantinare contro il progetto di una moschea al Palasharp di Milano (tra l’altro un vero e proprio non-luogo, tra parchi, svincoli, bus-terminal  e parcheggi di interscambio, in cui gli islamici non potranno comunque disturbare alcun vicinato).

Non so se i leader della destra xenofoba hanno scelto di defilarsi per la fisica codardia (dei leaders o del loro seguito) per nuovi attentati jihadisti o per la consapevolezza di non essere all’altezza di confrontarsi con la mobilitazione democratica, laica ed interreligiosa ormai lanciata con tempistica iniziativa al centro della Francia e di cento città  (anche se in Italia con deboli proporzioni numeriche).


Per certo questo confronto peserà, e resterà come importante punto a favore dell’Europa civile e comunitaria, proprio addentro al “comune sentire”: c’è un’alternativa morale al populismo becero.

Altra cosa sarà misurare gli effetti in termini di consenso elettorale, perché – come hanno rilevato alcuni protagonisti e molti commentatori, tra cui ad esempio Prodi e Ben Jelloun – c’è ancora troppo da fare per tradurre la novità di questi buoni sentimenti in serie politiche: in materia di immigrazione ed integrazione, di ordine democratico e soprattutto di nuovo ordine economico (a partire dalle scelte che stanno sul tavolo europeo in queste settimane, dalle caute aperture di Juncker sull’austerità alle caute manovre monetarie di Draghi, fino al duro scontro tra l’incauta linea della Troika in Grecia e la giustamente incauta potenziale risposta di Siryza e dei suoi elettori), nonché in materia di politica estera (e  militare?).