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mercoledì 18 marzo 2015

COALIZIONE SOCIALE

La pretesa di Landini di “non fare un partito”, nel suo tentativo di aggregare i soggetti “sociali” già correttamente individuati in una intervista di Rodotà (FIOM, Libera, Emergency, ecc.), si può leggere a 3 livelli:
-          come una pura “foglia di fico” rispetto alle regole statutarie ed alle “buone maniere” in materia di incompatibilità con il ruolo di sindacalista;
-          come una rincorsa propagandistica (vedi il “non-partito” di Grillo) ai furori anti-partito che percorrono l’opinione pubblica, e che – con qualche fondamento – accomunano anche i partitini della estrema sinistra nell’immagine della “casta”;
-          come un serio proposito di anteporre nuove pratiche sociali - adeguate alla realtà della crisi e della “società liquida” – ad ogni forma di organizzazione politico-elettorale, e pertanto privilegiare i movimenti concreti sui contenuti (vedi referendum sull’acqua, e ora ad esempio suolo, paesaggio, cibo) e verificare se una nuova sinistra sa tornare in mezzo a chi ha bisogno (e dove finora spesso ci sono solo la Caritas e gli oratori).

Gli osservatori superficiali (ad es. Gramellini) si sono soffermati sul primo, quelli più profondi sul secondo e sul terzo: ad esempio Diamanti, che evidenzia la possibilità di una “politica extraparlamentare”, feconda sui tempi lunghi (ed a mio avviso anche potenzialmente vincente su singoli temi) a fronte di evidenti difficoltà elettorali per una alternativa da sinistra a Renzi sui tempi brevi.

Il terzo livello mi sembra un percorso da studiare con attenzione ed a cui partecipare con cautela nei fatti, se crescono iniziative credibili.

Non mi pare che aiuti molto l’ennesima manifestazione nazionale: in ogni caso sconsiglio di convocarla quando Marchionne ordina gli straordinari, perché gli operai difficilmente possono sottrarsi.

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