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venerdì 12 giugno 2015

COALIZIONE SOCIALE: SPERANZE E PROBLEMI

Ho letto e apprezzato il documento di convocazione dell’assemblea nazionale  di www.coalizione-sociale.it, e ritengo che quello proposto da Landini, Rodotà&C., cercare di far crescere iniziative su temi concreti, sia il metodo più serio per promuovere una eventuale ed auspicabile alternativa di sinistra, per dare risposta a chi si trova socialmente spiazzato dallo sviluppo e dalla crisi del neo-liberismo.
Cercando di uscire dalle consunte retoriche post-comuniste e senza fregole elettorali a breve termine: si sfugge così per ora anche al dilemma se si intenda innanzitutto “far perdere il PD” (in considerazione del rilevante peso che oggi hanno altre alternative, ben dentro il consenso popolare, a destra verso Salvini e “né a destra né a sinistra” con il M5S).

Belli anche molti temi, sul lavoro, i beni comuni, gli spazi pubblici, la casa, la città e l’ambiente  come diritti. 
 
Ci vedo anche molti PERO’, problematiche insite in una galassia movimentista, per ora senza altre regole che non il confronto democratico-assembleare (e con l’ombra di una leadership incarnata dal dirigente ufficiale di un sindacato di categoria, la FIOM, dove non tutti gli iscritti forse si sentono rappresentati in queste scelte di campo).

Espongo pertanto alcuni di questi dubbi (anche sulla scorta di una personale riflessione sui movimenti degli anni 60-70 del secolo scorso):

1 - Oltre ai richiami alla Costituzione, esiste un ragionamento sugli strumenti di lotta, sulla non-violenza, sulla legalità oppure sulla eventuale e consapevole effrazione della legalità? Non mi preoccupano le curiose presenze tra il pubblico di Scalzone e Piperno, quanto la popolarità in parte dei movimenti antagonisti di posizioni come quella di Erri De Luca sulle azioni di sabotaggio  in area NoTAV, che scontano l’assenza di una maturazione sul concetto di disobbedienza civile: a mio avviso l’esperienza dei movimenti non-violenti (Gandhi, Mandela, M.L. King) deve portare chi lotta, anche violando a viso scoperto la legalità, alla accettazione delle conseguenti sanzioni, in attesa ed in mancanza di una diversa legittimazione (che può venire solo dall’effettivo consenso di massa e non dalla autoreferenzialità delle avanguardie, ovvero dall’antagonismo con il casco ed il passamontagna).     
2 – C’è una analisi condivisa sulla gerarchia delle contraddizioni, su chi è il “nemico principale”?  Se il nemico da battere è il “finanz-capitalismo”, bisogna stare attenti a non confondersi con altri suoi nemici a parole, come il nazionalismo sciovinistico (da LePen a Salvini-Meloni); a mio avviso ad esempio non si può arrivare a concludere che comunque Renzi è peggio di tutto, Berlusconi&C. compresi. 

3 – Tutto ciò che si agita è buono? Non ne sono convinto: ad esempio nelle proteste dei professori ci vedo molto corporativismo (come ho già illustrato in altro testo) e non li vedo lottare, in sostanza, né per l’estensione dell’obbligo scolastico, né per l’ampiamento del diritto allo studio.

4 – L’insieme delle potenziali lotte per i diritti è coerente, al suo interno?   Oppure anche i diritti talora confliggono tra loro (non solo contro il neo-liberismo) – ad esempio tra lavoro, ambiente, casa, mobilità – e quindi vanno fin dall’inizio studiate regole per governare tali conflitti “in seno al popolo”?


5 – La sommatoria delle lotte risulta congruente, all’esterno, con un potenziale consenso maggioritario, necessario per una trasformazione non-violenta del sistema neo-liberista? Oppure, avallando i movimenti, si rischia talora di acuire contraddizioni con esiti controproducenti (ad esempio, che effetti avrebbe un referendum sul Job Act nell’ipotesi non remota di una sconfitta, come già accadde sul tentativo di estensione dell’art. 18 alle piccole aziende)?

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