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giovedì 19 gennaio 2017

UTOPIA 21 - GENNAIO 2017: IL DIFFICILE PERCORSO VERSO LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE DEI FABBRICATI


IL DIFFICILE PERCORSO VERSO LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE DEI FABBRICATI.

di Aldo Vecchi



Il tema della sostenibilità ambientale in edilizia sta maturando con difficoltà, a partire dalle più consoliate certificazioni energetiche. Stanti i limiti delle normative vigenti, il settore è stimolato da protocolli volontari di qualificazione energetica, di iniziativa pubblica e privata, la cui applicazione però presenta lacune e contraddizioni.



Riassunto:

sostenibilità dei fabbricati (nuovi e vecchi), energetica ed ambientale;

limiti della normativa e dei piani urbanistici e territoriali;

i protocolli volontari e le certificazioni di qualità ambientale;

pregi e limiti di LEED e di ITACA;

CASA-CLIMA-NATURE.



SOSTENIBILITA’ DEI FABBRICATI (NUOVI E VECCHI), ENERGETICA ED AMBIENTALE; LIMITI DELLA NORMATIVA E DEI PIANI URBANISTICI E TERRITORIALI

Il tema della sostenibilità ambientale dei fabbricati è abbastanza conosciuto riguardo all’aspetto energetico, perché la normativa vigente in Italia (ed in Europa) pone precisi obblighi, operativi per le nuove costruzioni (e per le ristrutturazioni “pesanti”) e conoscitivi anche per parte dei fabbricati esistenti, attraverso la prescrizione della certificazione energetica (A.P.E. ovvero Attestato di Prestazione Energetica) per i passaggi di proprietà e per i contratti di affitto.

Sul mercato delle nuove costruzioni (per quanto in questi anni di crisi piuttosto depresso) la classificazione energetica inizia a contare: si vedono infatti molte pubblicità di interventi immobiliari che vantano “la classe A”.

Invece, per quanto riguarda il patrimonio edilizio consolidato, tale diffusione informativa, benché affiancata da incentivi fiscali in favore della riqualificazione energetica dei fabbricati esistenti, non ha finora prodotto una effettiva crescita comportamentale nella grande massa dei proprietari dei fabbricati stessi, i cui consumi di gasolio, metano ed elettricità continuano a pesare notevolmente sulle emissioni di anidride carbonica del nostro paese; ciò malgrado il relativo successo di alcuni interventi parziali, quali l’inserimento di pannelli solari e fotovoltaici.

Ancora minore è l’incidenza sull’insieme della popolazione degli altri aspetti della sostenibilità ambientale del settore edilizio, che è solo in parte normata da leggi statali e regionali, relative a singoli settori, con cui si vietano scelte nocive (ad esempio in materia di scarichi di acque piovane e fognarie, ecc.) oppure si impongono o incentivano alcune scelte virtuose (ad esempio in materia di acustica, di illuminazione, ecc.); la sensibilità popolare contro gli agenti inquinanti appare invece assai più consistente nei confronti dei fattori esterni alle abitazioni, quali industrie e mezzi di trasporto.

E’ a mio avviso improbabile quindi che a breve termine si verifichi una maturazione culturale tale da rendere necessaria una svolta legislativa (nazionale, ma anche europea) verso un assetto complessivamente sostenibile delle nuove costruzioni (e a maggior ragione per il patrimonio edilizio consolidato), anche se tali tematiche sono largamente presenti nella redazione dei piani urbanistici comunali in questo inizio di secolo, in applicazione della Direttiva Europea sull’obbligo di Valutazione Ambientale Strategica di tali piani (da effettuare con procedure di partecipazione delle popolazioni interessate): valutazioni che purtroppo si svolgono senza linee-guida tecniche unificanti, almeno a scala regionale, tali da consentire serietà di confronti e verifiche; mentre è possibile che gli stessi piani territoriali e comunali includano (come raramente avviene) standard minimi ed incentivazioni organicamente finalizzate ad una maggiore sostenibilità del costruito e del costruendo.



I PROTOCOLLI VOLONTARI E LE CERTIFICAZIONI DI QUALITA’ AMBIENTALE

In questa situazione largamente indefinita e sperimentale, si collocano alcune iniziative volontaristiche, di origine pubblica e privata, ed in parte internazionale, per promuovere standard qualitativi avanzati, tramite la redazione di protocolli procedurali e la formulazione di tabelle di indicatori quantificati, nonché la certificazione dei risultati conseguiti dai singoli progetti.

E’ interessante considerare che l’attuale normativa nazionale sulla Attestazione delle Prestazioni Energetiche era stata anticipata localmente dall’esperienza di Casa-Clima nella Provincia Autonoma di Bolzano (collegata a più evolute realtà internazionali); e non a caso in tale ambito viene ora proposto la procedura più complessiva Casa-Clima-Nature, che rientra tra quelli esaminati in questo articolo.

Le iniziative di certificazione ambientale volontaria prevalenti ad oggi in Italia (trascurando il meno diffuso BREEAM, di origine inglese, ed oltre a Casa-Clima-Nature, che tratto a fine articolo), sono:

-          LEED, (acronimo di The Leadership in Energy and Environmental Design) proposto dall’associazione G.B.C. (Green Building Council), filiazione dell’omonima organizzazione statunitense, U.S.G.B.C., operante dal 1993 e successivamente divenuta  internazionale, e che presenta un modello funzionale simile in qualche misura alle “agenzie di rating” del mercato finanziario;

-          ITACA, realizzato dall’intesa tra le Regioni italiane e confluito, sotto l’egida del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nella “Prassi Di Riferimento” (PDR) UNI n° 13/2015, e quindi seguendo il modello pubblicistico delle norme UNI, ISO, ecc., declinato per la residenza e per le diverse destinazioni d’uso non residenziali (contempla inoltre specifiche edizioni regionali).

Tali due iniziative stanno in alterni rapporti di competizione/collaborazione, e sono attorniate da Istituti di Certificazione e da un mondo di professionisti ed aziende che intendono in tal modo valorizzarsi nel mercato. 

Per la descrizione dettagliata di tali procedure valutative, rimando alle fonti primarie e secondarie elencate in appendice; di seguito i titoli dei “capitoli” in cui si inquadrano i singoli indicatori, per le costruzioni residenziali (ambedue i protocolli sono articolati anche per le varie destinazioni non residenziali):

LEED:

Siti sostenibili (22 criteri)

Gestione delle acque (4 criteri)

Energia e atmosfera (9 criteri)

Materiali e risorse (9 criteri)

Innovazione nella progettazione (2 criteri)

Priorità regionale (1 criterio, variabile localmente),

per un totale quindi di 47 indicatori.



ITACA/UNI:

Qualità del sito (6 schede)

Consumo di risorse (16 schede)

Carichi ambientali (6 schede)

Qualità ambientale indoor (6 schede)

Qualità del servizio (2 schede),

per un totale quindi di 36 indicatori.





PREGI E LIMITI DI LEED E DI ITACA

Pur accettando che la scomposizione di un progetto in una molteplicità di aspetti analitici e la ricomposizione del giudizio di sostenibilità attraverso un dosaggio di “punteggi” comporti necessariamente approssimazioni ed una inevitabile distorsione soggettiva, l’orizzonte culturale di tali protocolli ed indicatori, a mio avviso, dovrebbe essere quello di considerare:

-          che la sostenibilità riguarda in un insieme “olistico” e non settoriale gli aspetti economici, sociali ed ambientali;

-          che la città è un organismo complesso e non la semplice sommatoria di singoli edifici ecologici;

-          che la valutazione deve contemplare nel tempo tutto il ciclo di vita del fabbricato e delle sue componenti, nonché gli aspetti specifici dello svolgimento delle attività di cantiere.

Inoltre il “paniere” degli aspetti ambientali e socio-economici da esaminare dovrebbe essere il più possibile esaustivo (diversamente, per capirsi, dal “paniere Istat” per il rilevamento dei prezzi, che può a buona ragione essere campionario e limitarsi alle voci più significative).

Tali concetti sono in buona parte presenti nelle premesse teoriche delle iniziative in esame.

Però, pur esprimendo un doveroso apprezzamento verso gli sforzi comunque compiuti in direzione di un incremento della sensibilità ambientale di committenti, progettisti ed aziende (ed in parte quindi anche verso gli utenti finali), mi sembra doveroso rilevare che nello sviluppo concreto dei protocolli e degli indicatori si riscontrano per ora rilevanti carenze.

In merito all’ampiezza del “paniere”, dal confronto reciproco tra LEED/Italia e l’ultima versione di ITACA (PdR 13/2015, aggiornato nel giugno 2016) emerge ad esempio che il primo trascura fattori quali il benessere acustico e l’inquinamento elettromagnetico, mentre il secondo non contempla la verifica di emissività dei materiali, l’impatto luminoso verso l’esterno e sorvola sull’inquinamento da attività di cantiere.

Ambedue inoltre non si fanno carico in modo esplicito della correttezza dei rapporti di lavoro (rispetto dei contratti, anche nei sub-appalti) né nell’esercizio dei cantieri, né tanto meno nella produzione dei materiali e dei semilavorati.

Analogamente molto limitata è l’attenzione al possibile fine-vita della costruzione, presente in ITACA solo come “materiali riciclabili o smontabili” e non come verifica preventiva dei costi economici e ambientali della complessiva rimozione del manufatto e ripristino del sito.

Totalmente ignorato è il tema sociale ed economico dei costi e dei prezzi rispetto alla accessibilità dei fabbricati in progetto per i ceti meno abbienti: tra le righe si intuisce che al momento le case ecologiche sono un lusso che comunque riguarda solo una committenza agiata che se lo può permettere; ed anche che la gara alla certificazione ambientale si connota spesso più come (costosa) operazione di marketing per prodotti edilizi di alta gamma che non come effettivo sostegno alla ricerca del bene-abitare per tutti.

Come già sopra enunciato, è oggettivamente difficile un raccordo organico e tipizzabile con la strumentazione urbanistica comunale (e tanto meno territoriale), tuttavia i capitoli “Siti sostenibili” di LEED e “Selezione del sito” di ITACA mi sembrano quanto mai astratti dalle effettive problematiche locali e slegati dal quadro normativo che le regola (ciò stupisce soprattutto per ITACA, che promana dalle autorità regionali, le quali detengono ampi poteri proprio in materia di gestione del territorio e di valutazioni ambientali); LEED sembra ignorare il rapporto con le reti di urbanizzazione preesistenti e/o necessarie, mentre ITACA non contempla il tema della densità edilizia ed abitativa.

L’indicatore “adiacenza a infrastrutture”, scheda/criterio “A.10” di ITACA, di cui riproduco il frontespizio e la tabella/punti nella figura 1, mostra infine quello che secondo me è il principale difetto di questi sistemi di valutazione, e cioè la minima incidenza assegnata agli eventuali fattori negativi: nell’esempio della scheda A/10, le situazioni “virtuose” di limitata distanza dalle reti infrastrutturali preesistenti possono fruttare punteggi positivi da 3 a 6, qualora tale distanza risulti inferiore a 100 metri, mentre una distanza maggiore di 100 metri comporterebbe sempre e solo una penalizzazione limitata a “-1”, non proporzionale alla distanza stessa, che per assurdo potrebbe allungarsi nell’ordine dei chilometri.


FIGURA 1 – ESTRATTO DALLA “PRASSI DI RIFERIMENTO” UNI 13.1/2015 PER NUOVE COSTRUZIONI RESIDENZIALI



Tale irrilevanza dei fattori detrattivi si riproduce sistematicamente in tutte le tabelle della “prassi” ITACA/UNI, mentre in LEED esistono solo punteggi positivi: ciò può portare al paradosso che elevate prestazioni in taluni aspetti settoriali della progettazione nascondano di fatto pesanti carenze ambientali.

Sempre in materia di distanze, può essere significativo il fatto che LEED indica come “materiali regionali”, di cui ai “crediti M5.1 e M5.2”, l’impiego di materiali prodotti e lavorati ad una distanza inferiore a 350 km (erano circa 800 nel modello americano): quindi non esattamente “a chilometro zero”; inoltre per acquisire i suddetti crediti è sufficiente utilizzare tali materiali “locali” per una percentuale rispettivamente del 10% (M5.1) o del 20% (M5.2) sul totale del valore degli approvvigionamenti.

Tali peculiarità dei criteri premiali possono portare a sostanziali distorsioni nella procedura di progettazione, impiegando energie organizzative per conseguire i punteggi ITACA o LEED (ove i livelli più alti si chiamano LEED GOLD e LEED PLATINUM...), anziché perseguire più sostanziali livelli di sostenibilità ambientale su altri fronti della costruzione.





CASA-CLIMA-NATURE

Casa-Clima-Nature, ha invece uno schema molto più semplice, in qualche misura privo di alcune aberrazioni sopra descritte, perché fondato su soli 8 parametri (contro i circa 40 degli altri due metodi di valutazione sopra esaminati), per ciascuno dei quali fissa una soglia minima piuttosto elevata, senza ulteriori premialità (o si consegue la certificazione, oppure no): evidentemente però lascia scoperte numerose tematiche ambientali e tutte quelle socio-economiche.

I parametri di Casa-Clima-Nature:


Indice di efficienza dell'involucro

Indice di emissione di CO2

Impatto ambientale dei materiali da costruzione

Indice di impatto idrico WKW

Qualità dell'aria interna

Illuminazione naturale

Comfort acustico

Protezione dal gas radon.



Fonti:

1.    Maurizio Cudicio e Gianpaolo Forese – su EXPOCLIMA settembre 2015: “LA CERTIFICAZIONE DI SOSTENIBILITÀ DEGLI EDIFICI: CONFRONTO TRA I DIVERSI PROTOCOLLI” -  www.expoclima.net

2.    Lisa Bortolotto – su ARCHITETTURA SOSTENIBILE, luglio 2012: “LEED E ITACA: FIRMATO ACCORDO PER CERTIFICAZIONE UNICA” www.architetturaecosostenibile.it

3.    Filippo Simoncelli (JTS engineering) “IL SISTEMA DI CERTIFICAZIONE LEED® - LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE NON PIÙ COME ONERE MA COME INVESTIMENTO” in www.albertoapostoli.com

4.    Alberto Lodi, Enrica Roncalli e Ilaria Minora – su ICMQ/I QUADERNI DI EDILIO, novembre 2011 “CREDITI LEED E MATERIALI DA COSTRUZIONE” in www.icmq.it

5.    PRASSI DI RIFERIMENTO UNI 13.1.2015 e UNI 13.1.2016: “Sostenibilità ambientale nelle costruzioni - Strumenti operativi per la valutazione della sostenibilità Inquadramento generale e principi metodologici” in www.itaca.org e www.proitaca.org

6.    PROTOCOLLI ITACA NAZIONALI 2011 e 2015: RESIDENZIALE, NON RESIDENZIALE, COMMERCIO, UFFICI, INDUSTRIA, SCUOLE in www.itaca.org

7.    Direttiva tecnica “CASA CLIMA NATURE” 2013 in www.agenziacasaclima.it

8.    Marino Ferrari e altri: “LA CARTA AMBIENTALE”-  Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2015

9.    Alberto Steidl: “LA CASA CINQUESTELLE – RECENS21 EFFICIENZA ENERGETICA E NON SOLO” – Graffiti, Varese 2011










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