Pagine

domenica 2 luglio 2017

“LE CITTA’ FALLITE” DI PAOLO BERDINI COME STIMOLO AD UNA VERIFICA FATTUALE

PAOLO BERDINI, URBANISTA ROMANO, PASSATO ALLA NOTORIETÀ SOPRATTUTTO PER LA BREVE ESPERIENZA COME ASSESSORE DELLA GIUNTA RAGGI, È ANCHE L’AUTORE DI “LE CITTÀ FALLITE. I GRANDI COMUNI ITALIANI E LA CRISI DEL WELFARE URBANO” (DONZELLI, ROMA 2014).
LA TESI DI BERDINI MI APPARE ASSAI SEMPLICISTA E FORSE NON RICHIEDEREBBE UNA RECENSIONE ANALITICA, ANCHE PERCHE’ LA PARABOLA ASSESSORILE DI BERDINI A ROMA SI E’ CHIUSA REPENTINAMENTE ED IN  MODALITA’ NON  PARTICOLARMENTE QUALIFICANTI, CHE NON LO RENDONO CERTO UN “PUNTO DI RIFERIMENTO”.
MA LEGGENDO IL PAMPHLET HO COLTO UN MIO DISAGIO NELLA PERCEZIONE DEI CONCETTI (UNA SORTA DI ALTERAZIONE SENSORIALE: ERO NELLASTESSA SALA CINEMATOGRAFICA, MA HO  VISTO UN ALTRO FILM?) ED HO RITENUTO OPPORTUNO APPROFONDIRLO PER MEGLIO CAPIRE, FINO A SUPPORRE CHE SI TRATTI PROBABILMENTE DI UN ESEMPIO SIGNIFICATIVO DI DISINFORMAZIONE (FAKE NEWS) APPLICATA ALLA SAGGISTICA E CHE PROPRIO PER QUESTO MERITI DI ESSERE STUDIATO E DE-COSTRUITO.

A – RECENSIONE (in corsivo i miei commenti più personali)
L’obiettivo del testo è di denunciare il malessere delle città italiane, ed in particolare dei bilanci comunali, come effetto delle politiche neo-liberiste varate negli anni ’90 dai governi Berlusconi e perpetuate dai governi di centro-sinistra.
Sullo sfondo è tratteggiato in termini più vaghi il rapporto tra queste politiche e la esorbitante finanziarizzazione su scala globale (ma senza approfondire, ad esempio, le differenze tra la crisi dei mutui americani “sub-prime” e le diverse forme dei risvolti immobiliari della crisi post 2007 nei diversi paesi europei, ed in particolare in Italia, dove comunque non è praticato l’indebitamento delle famiglie con mutui ipotecari finalizzati al consumo o ad altre spese, come l’istruzione o la sanità, tipiche del carente welfare statunitense).
Molto sullo sfondo stanno anche le condizioni precedenti del caso italiano; Berdini sembra evocare talora una specie di “età aurea” della città liberale, dotata di servizi e di decoro urbano, che si viene a perdere con lo scellerato neo-liberismo, e richiama solo come incidenti di percorso il rigetto della riforma Sullo per le aree fabbricabili, nei primi anni ’60, il primo condono edilizio di paternità Craxiana (1985) e l’emergere di Tangentopoli: ma non spiega le ragioni profonde della diffusa proprietà della casa, delle periferie degradate e speculative e della corruzione nelle pubbliche amministrazioni e nei pubblici appalti in quella lunga storia, fatta più di continuità che di discontinuità, che ha connotato il nostro Paese (ed i nostri paesaggi) dal regime fascista (e anche dallo stato liberale e giolittiano) al “regime democristiano”, per arrivare “ben preparati” al controverso periodo della cosiddetta “seconda repubblica”.
Lo schema (assai schematico) di Berdini vede solo negli ultimi decenni la crescita esagerata di periferie prive di servizi, anche grazie al dirottamento degli oneri di urbanizzazione verso la spesa corrente dei Comuni, colpiti nel frattempo dai tagli alla spesa pubblica ed al welfare, ed il conseguente fallimento dei bilanci comunali, nel rincorrere invano i fabbisogni di tali periferie disperse, in un quadro di abbattimento delle regole, spreco di risorse concentrate sulle inutili “grandi opere”  e però anche di coinvolgimento della massa dei piccoli proprietari in un consenso fondato sulla crescita speculativa dei valori immobiliari (fino alla svolta della crisi) e sui vari condoni e “piani-casa”.
In particolare, nella vicenda della “seconda repubblica”, i governi di centro-sinistra risultano di fatto assimilati da Berdini a quelli di centro-destra, in “una notte in cui tutte le vacche sono nere”, e le contraddizioni che pure affiorano (ad esempio la legge “Merloni” sugli appalti, che nella sua origine sarebbe stata buona, ed i successivi peggioramenti), non sono affatto spiegate, perché non traspare alcun interesse a capire le diverse basi sociali e coalizioni di interessi, non solo tra centro-destra e centro-sinistra, ma anche all’interno del centro-sinistra; il che sarebbe invece necessario per capirne le oscillazioni tra subalternità e divergenze dal mantra neo-liberista, nell’ipotesi – che Berdini comunque esclude – di un qualche utile coinvolgimento di quest’area politica in un futuro risanamento del Paese.
Infatti invece l’approdo politico che indica Berdini, dando per scontata la perdita della sinistra storica ed a fronte di un avvio incerto e confuso del MoVimento5Stelle (ai cui esponenti Berdini attribuisce comunque una generica patente di sensibilità ambientale), è tutto nella effervescenza molecolare dei Comitati, che qua e là per l’Italia a tutto si oppongono, ed a cui mancherebbe (solo) una teoria unificante, di cui Berdini intravede le premesse nei recenti saggi di Salvatore Settis su paesaggio e costituzione e di Paolo Maddalena sul territorio come bene comune.

B – IL MIO DIVERSO FILM
Nella  narrazione di Berdini ci sono anche alcuni elementi veritieri, però, forse perché lontano dalla specifica ottica romana, la lettura mi ha dato l’impressione di aver vissuto gli ultimi decenni in un'altra realtà, indubbiamente ricca di ombre, ma non così nera: ad esempio, guardando alle periferie delle città settentrionali, ho la sensazione che i quartieri più problematici e peggio serviti non siano i più recenti, ma quelli del primo dopo-guerra colpiti dalla de-industrializzazione, e da peculiari concentrazioni di disoccupati e/o di immigrati; e che la mappa dei comuni falliti non coincida con la massima estensione delle periferie, bensì  con specifiche vicende amministrative e scelte di spesa (ad esempio Alessandria, le cui periferie non sono né peggio né meglio di quelle di altre città analoghe); e, ancora, che in molti casi l’offerta di servizi nei territori sia aumentata, anche qualitativamente, e  non diminuita, dalle piste ciclabili alle aree verdi, dalle piazze ed aree pedonali, ai recuperi di edifici storici per usi universitari (esempi a me prossimi: Università del Piemonte Orientale e Università dell’Insubria) e cultural-museali.
Mi pare anche, sulla scorta della mia esperienza di semplice “fruitore del territorio”, che il peggio nello spreco di suolo e nello spregio del paesaggio non stia tanto nelle criticabili espansioni “urbane”, ma soprattutto nella galassia “extra-urbana” degli outlet e dei centri commerciali, della logistica e dei concessionari d’auto, delle tangenziali e degli svincoli, che in barba alla pianificazione e spesso in applicazione di pessimi piani, sono disseminati “oltre” le periferie, lungo gli assi stradali, ad esempio nelle radiali fuori Milano e nell’arco pedemontano, nei fondovalle ed a corona attorno a poli urbani come Novara, Aosta, Vercelli, Parma, e financo Reggio Emilia.

C – VERIFICA FATTUALE
Per capire questo mio straniamento come lettore e cittadino, ho proceduto ad una ri-lettura più sistematica del libro di Berdini, e mi sono convinto che non dimostra quasi mai ciò che si limita a mostrare, attraverso una serie di passaggi di varia inattendibilità, di cui propongo un breve florilegio:
INESATTEZZE PESANTI (in parte mutuate dalla propaganda berlusconiana):
-          Mario Monti nominato Senatore per “obbedire” all’Europa, “per oscuri motivi” e senza meriti specifici – PAG. 120 – (ma era stato rettore della Bocconi e commissario alla concorrenza dell’Unione Europea);
-          tassazione IMU sulla prima casa da parte del governo Monti senza alcuna detrazione – PAG. 120 –  (mentre permaneva la detrazione di 200 € + 50 per ogni figlio a carico);
-          cessazione degli investimenti per i trasporti urbani (e le linee metropolitane 5 e 4 di Milano? E a Brescia, Genova, Torino?)
-          quarto condono edilizio a firma PD nel 2013 – PAG. 129-130 - (in realtà proposta da una singola senatrice e mai approvato)
SCIATTERIE:
-          il decreto legislativo n° 380 del 2001 definito A PAG. 63 come “codice degli appalti” mentre si tratta del testo unico per l’edilizia;
-          un paragrafo quasi identico per 2 volte A PAGG. 48-49 E 133-134 a proposito del disegno di legge Lupi per l’edilizia, promettendo in ambedue i casi, ma senza spiegarlo a fondo, come la promessa alluvione di diritti edificatori avrebbe attaccato il valore delle abitazioni esistenti e masso “a rischio le case delle famiglie degli italiani“, capovolgendo il coinvolgimento delle masse dei proprietari nella valorizzazione speculativa, in precedenza perseguito dal neo-liberismo nostrano (valorizzazione avvenuta certamente NON in regime di scarsità dei diritti edificatori);
-          milioni di famiglie in stato di disagio abitativo in Italia, che alla fine della stessa frase divengono, più credibilmente, centinaia di migliaia A PAG. 154;
DISTORSIONI:
-          Berdini attribuisce al solo ministro Bassanini (governo Amato) ed al suddetto decreto 380 del 2001 (ultimi giorno del governo Amato) che in effetti e scorrettamente non riportava nel nuovo testo unico l’art. 12 della legge Bucalossi riguardo al conto corrente dedicato per l’introito e l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione (non rispettando la legge delega mirante al mero riordino della legislazione pre-vigente) la sostanza della scelta di consentire l’uso di tali oneri per la spesa corrente; scelta che invece, per divenire operativa in forza di legge, ha avuto bisogno della esplicita formulazione nella finanziaria per il 2002 (governo Berlusconi), variamente confermata nei successivi anni;
-          le “new towns” per l’alloggio temporaneo dei terremotati dell’Aquila (ed il crollo repentino di un balcone in uno di questi moduli) come paradigma generale per la descrizione delle periferie disgregate (e del malaffare negli appalti);
-          IMU sulla seconda casa, sempre introdotta da Monti, che porta a svenderle per eccessivo peso fiscale (ma l’IMU o ICI sulle seconde case c’è dal 1992, non l’ha mai tolta neanche Berlusconi, e le svendite recenti sono a mio avviso prodotto della crisi e non della modesta tassazione ICI/IMU);
-          il suddetto disegno di legge Lupi, accusato di aumentare a dismisura l’offerta di aree edificabili porta al titolo “MAURIZIO LUPI VUOLE TOGLIERE LA CASA AGLI ITALIANI” - A PAG. 133 -
FRIVOLEZZE E PARZIALITA’: pur richiamando (senza riassumerne però i contenuti) una ricca inchiesta de “il Manifesto” tra gennaio e luglio del 2014 sul degrado delle città, a firma di autorevoli commentatori, Berdini perviene a globali giudizi catastrofici menzionando alla rinfusa alcuni episodi (che francamente mi sembrano eterogenei e marginali), quali ad esempio:
-          Renzi che come Sindaco di Firenze mal sopporta la Soprintendenza quando si oppone ad un uso di spazi storici vincolati come show-room di auto Ferrari;
-          un cornicione caduto nella galleria Umberto 1° di Napoli;
-          il Sindaco Doria che accondiscende alla privatizzazione  di parte della municipalizzata per i trasporti;
-          l’ennesima esondazione del Seveso a Milano, malgrado il Sindaco sia Pisapia (il quale, a quanto mi risulta, si è però impegnato per sbloccare il progetto idraulico regionale da tempo incagliato).
SOPRAVVALUTAZIONE di tendenze concrete e pesanti, che però a mio avviso non hanno prevalso né hanno connotato l’insieme del territorio nazionale, e cioè:
-          dei processi derogatori, come i condoni, i piani-casa, i “programmi integrati di intervento” (concordati tra pubblico e privato);
-          dei tentativi e parziali esempi di vendite e svendite del patrimonio pubblico;
-          dei financing project per opere pubbliche fallimentari, scaricati sulle casse dello Stato (esempio autostrada BeBreMI)

SOTTOVALUTAZIONE della continuità del diritto e della prassi urbanistica in migliaia di comuni, anche non particolarmente virtuosi, ma ordinariamente ordinati, con non-devastante impiego anche di strumenti più “moderni” e flessibili, quali i Programmi Integrati di Intervento (e simili) oppure la Finanza-di-Progetto, che non sempre né automaticamente costituiscono fattispecie delittuose. 



Nessun commento:

Posta un commento