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venerdì 29 giugno 2018

ANCORA SUL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO


Anche se l’evidenza delle cose, dette, fatte e non-fatte, dal solo Ministro degli Interni, in queste prime settimane, qualifica a sufficienza il “Governo del Cambiamento”, ho ritenuto doveroso completare una mia valutazione sulla ‘sostenibilità ambientale’ del Contratto di Governo (come ho preannunciato nel mio primo commento del 2 giugno) attraverso la lettura del testo ufficiale siglato dalle due forze politiche e fatto proprio dal Presidente del Consiglio, e quindi dal Parlamento.



La discriminante dell’UMANITÀ emerge a chiare lettere anche dal testo, e non solo dalla priorità mostrata dal Governo nel respingere profughi e migranti e nel criminalizzare le Organizzazioni Non Governative impegnate nei salvataggi dei naufraghi nel Mar Libico: “UMANITÀ” che non compare mai quale soggetto unitario, titolare dei problemi globali del pianeta Terra (ci sono solo “gli italiani”, oppure “i cittadini”), ed “UMANITÀ” che si esclude di provare come sentimento portante ed empatia nei confronti degli ultimi della Terra, né per accoglierli quando bussano alle nostre porte (i richiedenti asilo visti come dovere mal sopportato, da ripartire con gli altri paesi europei, migranti visti come “la minaccia dal fronte meridionale alla sicurezza della nazione”), né per “aiutarli a casa loro”, perchè dei programmi di cooperazione internazionale non vi è traccia nel contratto, troppo impegnato sul benessere “dei cittadini”.

A mio avvio senza compartecipazione con l’intera umanità non esiste una vera sostenibilità ambientale, e non solo per motivi di equità, ma anche perché l’aggravamento degli squilibri internazionali alla lunga non giova né alla stabilità politica (e quindi alla sicurezza militare) né alla implementazione delle politiche ecologiche.



Altra questione fondamentale è quella delle DISUGUAGLIANZE SOCIALI, che nel Contratto sono esaminate solo verso il basso, prospettando ai disoccupati (italiani) il reddito di cittadinanza ed il sostegno nella ricerca del lavoro, il salario minimo e la riaffermazione dei diritti sociali fondamentali (istruzione e sanità; acqua pubblica; NOTA: non invece la casa, l’informazione, l’energia), ma volutamente ignorate verso l’alto, con 3 sole eccezioni:

-          la ricerca di una tassazione dei colossi multinazionali del web, ma isolata da una visione complessiva sia del ruolo monopolistico e manipolatorio (sui nostri dati) da parte di tali imprese, sia del controllo fiscale su tutte le multinazionali e sul connesso problema dei ‘paradisi fiscali’;

-          i privilegi della ‘casta dei politici in pensione’ (vitalizi) e dell’attigua ‘casta dei pensionati d’oro’ (la cui auspicabile eliminazione produrrà pochi quattrini, mentre il denunciarli ha fruttato milioni di voti…).

La contestuale promessa della “flat tax”, cioè dell’abbattimento delle aliquote progressive nelle imposte sui redditi,  equivale alla proclamazione della SANTITÀ DI TUTTI GLI ALTRI PRIVILEGI SOCIALI, derivanti da rendita o da profitto, dagli altissimi  stipendi dei manager e dai proventi delle speculazioni finanziarie, perché, apparentemente, non sono soldi ‘tolti ai cittadini’ (salvo promettere a parte di questi privilegiati anche convenienti forme di condono fiscale, queste sì a spese degli altri cittadini, che spero in tal caso scendano in piazza gridando “Onestà, Onestà”).

E senza lotta alle disuguaglianze, sempre a mio avviso, non c’è sostenibilità ambientale, non solo per motivi etici, ma perché il pianeta Terra non potrà sopportare a lungo l’espansione di consumi opulenti, né il sistema finanziario sopportare l’accumulo senza fine di ricchezze finanziarie ‘vaganti’ (soprattutto se vagano ‘off shore’).



Tralascerei, benchè decisiva, la questione della COMPATIBILITÀ ECONOMICA delle promesse di governo rispetto alle risorse disponibili, perché argomento già dissezionato da molti autorevoli commentatori (forse tra questi va contemplato anche il ministro dell’Economia Tria, i cui  pacati ragionamenti sembrano estranei agli slanci della compagine del suo stesso governo: vedremo a settembre  chi scriverà la ‘Finanziaria’ e cosa ci scriverà dentro): ma il conflitto tra le facili promesse e la dura realtà economica non mina la sostenibilità ambientale solo sul fronte della stabilità dei prezzi e dei risparmi (a mio avviso non c’è sostenibilità ambientale senza sostenibilità socio-economica, e non possono esserci priorità ecologiche di spesa se franano le finanze pubbliche), ma anche nella prospettiva (per altro, credo, fallace) di un rilancio della crescita del PIL oltre il 3% annuo, in un paese già sviluppato, misura che renderebbe forse credibili le ipotesi di diminuzione del debito pur attraverso un temporaneo maggior ‘deficit spending’ (un keynesismo assai fuori contesto), ma minaccerebbe in sostanza la stessa compatibilità ambientale in quanto fondato su un eccesso di ‘consumi opulenti’.



E qui vengo al punto specifico del paragrafo ambientale del Patto di Governo, che risulta decorosamente scritto (con positivi accenni allo stop al consumo di suolo, ai trasporti pubblici, alla prevenzione idro-geologica – ma non a quella anti-sismica -), però imperniandosi su un concetto di ‘ECONOMIA CIRCOLARE’ che prevede, per le risorse non rinnovabili, un obbligo di investimenti compensativi per la ricerca di risorse alternative (e rinnovabili), ma non mette in discussione il tabù della CRESCITA INFINITA (il tema della ’decrescita felice’, echeggiato dal M5Stelle dei primordi, si è estinto lungo il percorso di avvicinamento alla governabilità, ben prima di associarsi alle armate leghiste): così ai trasporti pubblici sembra affiancarsi una allegra simpatia verso i veicoli privati, purché elettrici, e gli allarmi per le problematiche di manutenzione del territorio (fragilità idro-geologica e sismica) non si coniugano con la necessità di ingenti e prioritari investimenti pubblici (od agevolati), investimenti non quantificati dal Patto, ed a mio avviso non compatibili con le promesse di tassazione non progressiva e di sostegno ai consumi privati (anche attraverso il reddito di cittadinanza).



Per finire questa carrellata sui punti nodali del Patto e della sua sostenibilità (mi riservo di commentare successivamente altri temi presenti nel Patto, ma che non a caso sono stati ignorati in Parlamento e rimangono marginali nel confronto mediatico, come democrazia diretta, scuola, università) mi sembra che la carenza più vistosa sia quella sulla VISIONE INTERNAZIONALE: nel documento l’Italia appare vessata dall’Europa (e si elencano puntigliosamente le possibili rivendicazioni, in parte anche condivisibili) e minacciata a Sud dai gommoni dei migranti; in questa chiave la Russia è solo un cliente commerciale per il ns. Export agroalimentare, da liberare dalle sanzioni, ed un possibile alleato ‘contro il terrorismo’ (tranne evidentemente quello dei suoi amici governativi siriani, ceceni o egiziani).

Non si coglie nulla di quanto tragicamente sta avvenendo nel mondo, riguardo al ritorno ai nazionalismi, dalle guerre commerciali/daziarie alla nuova corsa agli armamenti, riguardo al rafforzarsi dell’autoritarismo in regimi formalmente democratici, come la Turchia e la suddetta Russia, oppure formalmente ‘comunisti’, come la grande potenza cinese, riguardo all’incancrenirsi delle tensioni in Medio Oriente (malgrado la sconfitta dell’ISIS), riguardo all’affanno delle democrazie in America Latina, per non parlare dell’Africa, e nemmeno sulla pericolosità della presidenza Trump, con particolare attenzione all’abbandono delle opzioni ambientaliste sul cambio climatico, ed anche – a mio modesto avviso -  alla permanenza di basi americane (non basi “NATO”) in Italia, al comando di un megalomane imprevedibile e fuori dalla sovranità italiana (dove va a finire il sovranismo?); nonché allo strapotere dei nuovi monopoli del web, delle imprese multinazionali e della grande finanza.

E’ rispetto a questa realtà che andrebbe definito il ruolo dell’Italia in Europa, ed il ruolo dell’Europa nel mondo (e non solo per le grandi questioni della pace, del clima, dell’energia, ma anche di conseguenza per gli indirizzi di politica industriale e di politica della ricerca), mentre mi pare abbastanza trascurabile il possibile ruolo autonomo della sola Italia in questo tipo di mondo: a che vale strappare dai partners europei uno 0,5% di deficit in deroga oppure il trasferimento di una quota di richiedenti asilo, se non si contrasta (o forse lo si auspica?) il possibile tracollo del disegno complessivo dell’Europa e del suo insostituibile posto nel mondo come faro dei diritti/del diritto e della coesistenza pacifica, dell’ambientalismo  e dell’inclusione sociale (meglio se un po’ di più di quella sopravvissuta alla crisi)?

Quale sarà la “sostenibilità ambientale” di un mondo senza una seria unità europea? Assai precaria ed improbabile, a mio avviso.


3 commenti:

  1. PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
    Sempre approfondite e interessanti le tue osservazioni in un mondo social che si accontenta delle frasi fatte da altri, al massimo di quattro righe!
    A.P.

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  2. PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
    Un'attenta analisi sui contenuti assai incoerenti del famigerato contratto. Riflessioni con le quali concordo appieno.
    M.C.

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  3. PERVENUTO TRAMITE E-MAIL
    Carissimo, evito sempre di più l'uso del termine "sostenibilità ambientale", come credo di averTi segnalato con un mio pensiero "debole" (come lo sono io, ovviamente) datato novembre 2017. Non per essere certamente anticipatore di chissà che cosa, ma semplicemente per significare la lontananza che tengo e voglio tenere dall'uso di determinati termini; se è vero che i difetti quando vengon di moda sono virtù.
    Tutto sostanzialmente il Tuo pensiero analitico mi aggrada anche, come sempre atomizzante ed atomizzato come la nebulosa che si crea per irrorare alcune vegetazioni. Per dirne una, la Nestlè sta acquisento pozzi ed acque dai piccoli comuni in brasile che oltretutto, paese ricco di acqua soffre della medesima crisi. Ben vengano le acquisizioni! cinismo consolidato, evitano le guerre e poi restituiscono ai diseredati imbarcati o semplicemente appiedati, ultimi o penultimi del mondo e sotto la piramide sociale, ovviamente, la loro acqua in bottigliette con grande soddisfazione. Tutto questo è dentro, appartiene, si manifesta, prende forma, nel capitalismo schizzofrenico che forse non morirà, se agonizza, si riprende perchè le sue leggi appaiono come divine. E fra le divinità "laiche" quella tecnologica è la migliore scoperta. Da alimentare in tanti modi. Si dirà che però contribuisce a creare un mondo migliore et bla.bla bla.
    Ma ti pare che questi neofiti (neanche tutti) riescano a governare tutti questi belli processi? Che tolgano i privilegi, fermino alcuni lavori inutili, diano qualche illusione materiale ai giovani, potrebbe essere!
    Piccoli passi per grandi cambiamenti.
    Al proposito: a che punto è il boicottaggio dei prodotti USA post elezione di Trump? ( non è che con la mia vecchia e di seconda mano BMW R75/5 possa sventolare chi sa quale bandiera, ma non è la Harley)
    (OMISSIS)
    M.F.

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