Pagine

lunedì 30 settembre 2019

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2019: COMMENTO AL DOCUMENTO PROGRAMMATICO LAUDATO SI’




Sulla scia dell’Enciclica “Laudato sì” di Papa Bergoglio, un vasto raggruppamento di operatori sociali e di intellettuali presenta un ampio catalogo programmatico, a scala nazionale/europea/mondiale, di obiettivi per la battaglia politico-culturale dei movimenti ambientalisti/sociali/pacifisti, ed in parte anche per la transizione dall’economia estrattiva ad una coesistenza tra uomo/donna e natura: “Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”.
Che solleva però qualche dubbio ed interrogativo.

Sommario:
l’ampio elenco dei promotori e l’ampio indice degli argomenti
laicità ed enciclica: rischio di confusione dei ruoli (e frattanto i cattolici?)
onnicomprensività ed ambiguità del documento: scala e tipo di obiettivi
frammistione tra principi etico-filosofici e rivendicazioni dettagliate
oscillazioni tra estremismo e riformismo


L’AMPIO ELENCO DEI PROMOTORI E L’AMPIO INDICE DEGLI ARGOMENTI

“Hanno contribuito alla stesura, all’integrazione e alla revisione” del documento, anche attraverso momenti assembleari (seminari e Forum del giugno 2018, gennaio 2019, luglio 2019) circa 200 persone (come singoli o come rappresentanti di associazioni), per lo più appartenenti alla sinistra cattolica, alla sinistra sindacale oppure alla sinistra radicale e/o ambientalista e/o femminista, tra cui – per dare un’idea dell’insieme -  i nomi a me più noti vanno dalla A di Vittorio Agnoletto e Mario Agostinelli alla V e Z di Guido Viale e Luca Zevi,  passando tra gli altri da Aldo Bonomi, Paolo Cacciari, Franco Calamida, don Virginio Colmegna, il gruppetto in qualche misura varesino di Rocco Cordì, Massimo Crugnola, Valerio Crugnola, Lelio Demichelis, e ancora Luigi Ferrajoli, Grazia Francescato, Alfiero Grandi, Raniero La Valle, Flavio Lotti, Gianni Mattioli, Giorgio Nebbia, Antonio Pizzinato, Basilio Rizzo, Massimo Scalia.

Il documento1 è piuttosto ampio (oltre 60 pagine), ma ancor più ampia è la gamma degli argomenti trattati, come risulta dall’indice che di seguito riproduco (per risparmiarmi un mio riassunto):
1.    Clima
2.    Depredazione ambientale
3.    Migranti e profughi
4.    Cittadinanza, accoglienza e politiche per il ritorno volontario
5.    Povertà ed economia dello scarto
6.    Conversione ecologica, debito, finanza
7.    Lavoro
8.    Vivente
9.    Stili di vita e beni comuni
10. Ecofemminismo
11. Diritto di pace e bando della minaccia nucleare
12. Umano, virtuale e artificiale: coniugare solidarietà e innovazione
13. Educazione, comunicazione, resistenza, antifascismo.

Si tratta, come si può ben vedere, di argomenti affrontati – con diversi punti di vista - anche sul sito di Utopia21, e qui raggruppati con un taglio in parte analitico (forse non sempre adeguatamente approfondito), ma per lo più programmatico, come orizzonte per l’attività dei movimenti.
Pensando che la lettura integrale del testo sia la scelta prevalente dei nostri lettori abituali, concentro il mio commento sulle criticità che personalmente ho riscontrato.
  

LAICITÀ ED ENCICLICA: RISCHIO DI CONFUSIONE DEI RUOLI (E FRATTANTO I CATTOLICI?)

Nella mia lettura laica2 dell’enciclica “Laudato si”3 mi ero permesso un solo appunto sull’impianto (necessariamente) religioso del testo, che - pur risultando aperto alla collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà – riserva in qualche misura il ‘monopolio della spiritualità’ alla fede in un “Dio onnipotente e creatore” (altrimenti, ammonisce l’Enciclica, “finiremmo per adorare altre potenze del mondo o ci collocheremmo al posto del Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà da Lui creata, senza conoscere limite”).

Ora mi sembra che appoggiarsi sui contenuti laicamente descrittivi ed operativi del testo bergogliano, trascurandone l’ispirazione religiosa (fondata sulle Sacre Scritture, sul pensiero di San Francesco di Assisi ed altri Santi e sulle encicliche dei precedenti Papi, nonché sulle pronunce di diverse Conferenze Episcopali), risulti da un lato poco rispettoso della stessa specificità culturale e teologica dell’Enciclica e dall’altro lato potenzialmente ambiguo verso gli ‘ecologisti laici e/o non credenti’, che (come me) potrebbero ritenere importante una linea di demarcazione rispetto a quella pretesa monopolistica sulla spiritualità, e preferire una collaborazione con i credenti anche molto intensa, ma fondata sulla chiarezza e non sulla confusione.

Inoltre riprendere il nome stesso dell’Enciclica per battezzare questo documento (laico) che estende l’attenzione su numerosi temi attigui al testo originale bergogliano, in assenza di un (improbabile) ‘imprimatur’ vaticano, rischia di coinvolgere impropriamente l’autorevolezza papale sulle libere elaborazioni dei promotori, e di non esplicitare invece gli sviluppi dialettici tra i due testi.
Ciò mi sembra particolarmente rilevante perché si può constatare che – al di là delle buone pratiche della Caritas e di altri benemerite espressioni operative del mondo cattolico in campo sociale e solidaristico – l’Enciclica sia caduta abbastanza nel vuoto tra i credenti, sia in termini di elaborazioni teoriche (o teologiche) ulteriori, sia soprattutto in termini di comportamenti quotidiani di massa.4

Quindi ben venga un rilancio delle tematiche ambientali richiamando l’Enciclica (e rammentandola ai credenti distratti), ma meglio se nella chiarezza, dando a Francesco (tutto e solo) ciò che è di Francesco.


ONNICOMPRENSIVITÀ ED AMBIGUITÀ DEL DOCUMENTO: SCALA E TIPO DI OBIETTIVI

Anche l’Enciclica di Papa Francesco, dopo un impegnativo percorso teorico e l’individuazione di obiettivi generali, si conclude anche – in appendice, a fianco ad una inedita preghiera formulata da Bergoglio - con un semplice decalogo di azioni concrete che ciascuno può compiere per contribuire alla salvezza della biosfera.
Nel Documento in esame questo tipo di raccomandazioni viene ripreso ed ampliato (confermando anche gli indirizzi del movimento Fridays For Future), e personalmente, ad esempio, apprezzo molto il paragrafo “Badare a se stessi” (ed evitare quindi di fruire del lavoro domestico servile), che però sta dentro al capitolo sul Lavoro.
Mentre – sempre ad esempio – nel pregevole capitolo su pace e disarmo (ma anche in quello sull’educazione anti-fascista) non vi è cenno all’importanza della pratica soggettiva della Nonviolenza, che figura solo come una delle fattispecie della “differenza femminile da valorizzare”.
Ho l’impressione infatti che manchi nel testo in esame una chiara distinzione tra i vari livelli degli obiettivi che i movimenti devono porsi, da quelli di comportamento soggettivo (paragrafo 9.2 sugli “stili di vita” e altro sparso come sopra accennato) a quelli di efficacia comunicativa (capitolo 13), dalle rivendicazioni istituzionali di breve periodo (esempio: la destinazione sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata)  alle soluzioni transitorie di medio termine (le varie declinazioni della riconversione ecologica della produzione).
E parimenti mi pare che si intreccino in modo un po’ confuso gli obiettivi di scala locale, quelli di scala nazionale (rivolti in particolare al caso italiano, come per esempio lo “ius soli”) e quelli di scala internazionale o globale.
Vi sono evidentemente dei nessi trasversali, anche complessi, tra tutti questi livelli e queste scale: ma forse dipanarli meglio consentirebbe di comprendere più a fondo sia i singoli elementi, sia le correlazioni. Così com’è il testo – suddiviso solo per “argomenti” - dà un po’ l’immagine di “affastellamento” (forse dovuta alla sua elaborazione collettiva).


FRAMMISTIONE TRA PRINCIPI ETICO-FILOSOFICI E RIVENDICAZIONI DETTAGLIATE

Lungo il percorso del testo, infatti, si affiancano dissertazioni sui principi etico-filosofici, talora ineccepibili (come al paragrafo 7.4 “le tre dimensioni del lavoro degno: soddisfare chi lo compie, mettere in relazione le persone, creare beni e servizi utili”), talaltra alquanto fumose, anche se suggestive, come il paragrafo 12.10 “Valorizzare il ‘luogo’, ponte tra locale e globale, tra campagna, città e periferia”, che verso la conclusione propone anche “Bisogna liberarli [i luoghi] dal vincolo della città come conservazione: il futuro delle periferie si scontra infatti con i ‘guardiani del centro’” (i quali spero non vadano identificati con Italia Nostra e gli altri benemeriti paladini della tutela dei caratteri storici della città).
Con una certa predilezione per concetti astratti come “il vivente” (dove io direi “la biosfera”), “il terrestre” “il locale”: ci viene però risparmiato “il comune”, ed anzi il paragrafo 9.11 sui “beni comuni” si configura con una impostazione concreta ed equilibrata, a fronte di altre diffuse retoriche in argomento.
Mi pare però che su tale livello teorico manchi una sintesi coerente e complessiva, se non in quanto affidata al magistero teologico di Papa Francesco, mentre il documento in esame alterna le affermazioni di principio con una gamma di rivendicazioni dettagliate, più o meno urgenti e/o fattibili, come la Tobin Tax, il superamento del PIL (ma non ci dice se va bene il BES – l’indice di Benessere Equo e Solidale, elaborato dall’ISTAT e già formalmente inserito nella Contabilità Nazionale, anche se in pratica nessuno se ne accorge), l’opposizione al Fiscal Compact ed ai grandi accordi commerciali inter-continentali.


OSCILLAZIONI TRA ESTREMISMO E RIFORMISMO

Sul terreno delle rivendicazioni istituzionali e delle ipotesi di transizione ad una diversa società, infine, mi pare di riscontrare una variabile oscillazione tra posizioni più concretamente riformiste ed altre esplicitamente estremiste.
Ad esempio si ipotizza il passaggio ad una siderurgia totalmente elettrica, ma senza accettare l’utilizzo del gas come fase intermedia verso le de-carbonizzazione (perché sarebbe veicolo strumentale della centralizzazione, contro l’autonomia decentrata caratteristica delle energie rinnovabili).
Si demonizza l’agricoltura 4.0 (“aziende agricole computerizzate, fornite di droni, GPS, tecnologie satellitari e digitali che impongono un’accelerazione impensabile allo smantellamento delle comunità rurali”), ma si auspica un (diverso?) trasferimento di tecnologie avanzate in favore delle piccole imprese agricole africane.
Si postula la cessazione del consumo di suolo (cui non posso che aderire), ma senza valutare se sia possibile estendere a breve termine tale obiettivo ai paesi che sono ancora in forte incremento demografico.
Si auspica una ridiscussione dei vincoli derivanti dal debito pubblico storicamente accumulato, ma si rifiuta per il futuro una politica di pareggio del bilancio (come se il rigore fosse possibile solo a carico dei ceti meno abbienti, e non rovesciabile sui più abbienti e finora evasori/elusori fiscali).
Nell’insieme, quindi, più che di un organico testo programmatico, mi sembra che si tratti, sotto questo aspetto, di una ricca traccia per una organica discussione, ancora da farsi, in vista della effettiva costruzione di un programma, sia come percorso di lotta, sia come orizzonte di transizione.

Fonti:
2.    POST  IN QUESTO BLOG: lenciclica-laudato-si-di-papa-bergoglio.html
4.    Fulvio Fagiani - A TRE ANNI DALL'ENCICLICA "LAUDATO, SI'" – su UTOPIA21 del maggio 2018 https://drive.google.com/file/d/11T3Ge_Vw6OTmj3_2qd60yxFUOMJOr_6d/view



UTOPIA21 - SETTEMBRE 2019: L’AGGIORNAMENTO 2019 DELLA RICERCA “TRA-I-LAGHI”: DEMOGRAFIA, SUOLO, SISTEMI DEL LAVORO di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi




Gli scriventi hanno condotto nel 2015 una ricerca estesa ad un territorio (che include i 16 comuni allora aderenti ad “Agenda21Laghi”) compreso tra Verbano e lago di Varese, da Vergiate a Laveno, lavorando principalmente sui dati dei censimenti ISTAT 2010-2011 e del rapporto ISPRA 2015 sul consumo di suolo.
La ricerca denominata “tra-i-laghi” – integralmente consultabile all’indirizzo http://www.agenda21laghi.it/vivere_tra_laghi.asp - si compone di tabelle, grafici, cartine tematiche e commenti ed elabora i principali dati statistici successivi al 2000 per tale territorio in raffronto a Provincia di Varese, Lombardia ed Italia, riguardo a demografia, lavoro, pendolarità, istruzione, abitazioni, suolo.
Le tendenze identificate non sono omogenee all’interno dell’area e lo studio delle differenze consente di ipotizzare letture sulle aggregazioni territoriali dei fenomeni di maggior o minor benessere sociale e sui rapporti con l’area metropolitana milanese/lombarda.
Nel 2016, 2017 e nel 2018 gli Autori hanno prodotto tre aggiornamenti annuali sui soli dati demografici, riferiti al 2015-2016-2017 (sempre consultabile sul suddetto sito), ed ora propongono un ulteriore aggiornamento sui dati fino al 2018, con specifici raffronti rispetto al censimento del 2011 e con approfondimento sui dati relativi agli stranieri residenti.
Inoltre in questo aggiornamento si introduce il confronto diacronico sul consumo di suolo, sulla base dei dati ISPRA 2012 e 2016, che indica una tendenza piuttosto allarmante, nonché una lettura critica sulla proposta di lettura dei “Sistemi Locali del Lavoro” anche come nuove “Realtà urbane” da parte dell’ISTAT.



Sommario:
-       commento sintetico all’aggiornamento 2018
o   A – dati demografici
o   B – consumo di suolo
o   C – la nuova geografia dei Sistemi Locali secondo l’ISTAT
-       allegati:
tabella 1 – popolazione 2017-2018
tavoletta A - popolazione 2017-2018
tabella 2 – movimenti demografici 2018
tabella 3 – popolazione 2011-2018
tavoletta B - popolazione 2011-2018
tabella 4 – incidenza stranieri 2018
tavoletta C - incidenza stranieri 2018
tabella 5 – variazione stranieri 2011-2018

tavoletta D - variazione stranieri 2011-2018
tabella 6 - suolo consumato su totale suolo - 2016
tavoletta E - suolo consumato su totale suolo - 2016
tabella 7 - variazione % suolo consumato su totale suolo: 2012-2016
tavoletta F - variazione % suolo consumato su totale suolo: 2012-2016

PER LE IMMAGINI CONSULTARE IL MEDESIMO TESTO SU "UTOPIA21", SETTEMBRE 2019, OPPURE SUL SITO DI AGENDA21LAGHI



COMMENTO SINTETICO ALL’AGGIORNAMENTO 2018
 A – DATI DEMOGRAFICI

Con riferimento alla ricerca “tra-i-laghi”1, come già nel 2016, 2017  e 2018, abbiamo ritenuto di sviluppare un nuovo aggiornamento sui dati demografici, comprendente il confronto tra la popolazione residente a fine 2018 (01 gennaio 2019) e quella di fine 2017, nonché quella del censimento 2011, i movimenti demografici (nati/morti, immigrati/emigrati) relativi al 2018, nonché un approfondimento sul numero degli stranieri residenti a fine 2018 ed in raffronto al censimento 2011; il tutto applicato ai Comuni che nel 2015 erano in Agenda21Laghi ed ai territori già assunti come riferimento, confermando tutti i criteri metodologici della più ampia ricerca pubblicata nel 2015.

Il calo della popolazione a livello nazionale, in atto dal 2015, è determinato dalla diminuzione del numero dei residenti di nazionalità italiana, non più compensato a sufficienza dall’afflusso di cittadini stranieri, in un quadro complessivo di consistenti migrazioni (sia di italiani che di stranieri) e dai connessi fenomeni di calo delle nascite ed invecchiamento della popolazione.

Per la nostra area-studio di 23 Comuni – ora ridotti a 22 per la fusione tra Cadrezzate ed Osmate - (e di cui 16 allora inclusi in Agenda21Laghi) il 2018, come il 2017, segna però un freno alla tendenza alla diminuzione della popolazione rispetto al biennio 2015-2016: dopo il decennio 2001-2011 di generalizzato e vivace aumento (in media dell’1% annuo) ed un periodo di transizione (2012-2014) con dati alterni nei singoli comuni, ma comunque con esito finale positivo per l’area in esame (+ 0,8%), il 2018 vede ancora una perdita limitata allo 0,2%, e soprattutto concentrata in meno della metà dei comuni considerati (10 su 22: i comuni in calo erano 15 nel corso del 2017).
(Le variazioni differenziate alla scala dei singoli Comuni – come già rilevato negli anni precedenti – possono dipendere in parte anche dal successo oppure dall’esaurimento di specifiche iniziative immobiliari, in un quadro di insieme del mercato edilizio piuttosto stagnante.)

La diminuzione complessiva per l’area, nell’ultimo anno è di circa 160 persone, ma di oltre 1.000 negli ultimi 4 anni, su un totale di 86.000 residenti, calo superiore all’1% (mentre la diminuzione media nazionale,  è circa dello 0,7%, ed a fronte di una situazione ancora positiva per l’intera Lombardia e soprattutto per il Comune di Milano, e quasi stazionaria invece per la Provincia di Varese; tra i Comuni esterni considerati, solo Somma Lombardo mantiene ancora un saldo positivo costante (vedi tabelle 1 e 3, tavolette A e B, nonché gli aggiornamenti per il 2015-2016-2017).
I 160 abitanti perduti nel 2018 (vedi tabella 2), infatti, risultano come differenza tra gli oltre 350 persi per il saldo naturale negativo (numero dei morti superiore ai nati; il saldo negativo era però di oltre 400 nel 2017) e l’afflusso di circa 190 dal saldo migratorio (numero degli immigrati superiore al numero degli emigrati, che risulta sempre positivo, tranne che nel 2015, ma è diminuito dal 2017 da 250 a 190 persone).
Si conferma pertanto l’allarme per la salute demografica (e socioeconomica?) dell’area, tornata sotto la popolazione totale del 2012.

Confrontando l’andamento demografico complessivo dal censimento del 2011 a fine 2018 nei singoli Comuni dell’area, si rileva una situazione frastagliata, con tendenze positive nella fascia centrale tra Ispra e Bardello/Varano B., nonché a Sesto Calende ed a Leggiuno e Monvalle, ed alcuni casi di maggior calo, come Vergiate, Taino, Angera, Laveno-Mombello e Sangiano, tutti diminuiti di oltre il 2%, come meglio specificato nella tabella 3 e nella connessa tavoletta B.

L’approfondimento sulla incidenza della popolazione straniera (tabb. 4 e 5, tavv. C e D) evidenzia presenze  superiori al 9% a Besozzo ed in tutta l’area a Sud-Ovest, tra il lago di Monate e Sesto Calende, con vertici ad Ispra e Ranco e alcuni comuni limitrofi, dove prevalgono le origini comunitarie dei dipendenti del Centro Comunitario di Ricerca (e famiglie); così pure superano il 10% i maggiori Comuni esterni prossimi di riferimento (Arona, Castelletto, Somma Lombardo) e Varese (Milano invece si staglia quasi al 20%, su uno sfondo regionale dell’11,7% e nazionale – ed anche provinciale - dell’8,7%).
Poiché solo Ispra concentra un incremento percentuale significativo tra il 2011 ed il 2018 (più 3 punti, dal 12 al 15%) ed invece la media complessiva dell’area studio supera di poco il 9%, con un incremento di pochi decimali, si può constatare una tendenza alla diminuzione della presenza di stranieri, riscontrabile in 10 Comuni (per lo più medio-piccoli) sul totale di 22; consultando le tabelle delle nazionalità più rappresentate (dati di dettaglio da noi però non riprodotti)  si può osservare che i Comuni con stranieri in diminuzione hanno maggioranze di marocchini o albanesi (la cui diminuzione si può probabilmente collegare alla crisi del settore edilizio), mentre non diminuiscono i Comuni con maggioranze di ucraine (in prevalenza collaboratrici familiari), oltre alla suddetta enclave comunitaria connessa al CCR di Ispra.


B – CONSUMO DI SUOLO

Riguardo al consumo di suolo, la ricerca da noi condotta nel 2015 poteva basarsi solo sul rilevamento effettuato dall’I.S.P.R.A. nel 2012, senza possibilità di raffronti diacronici, perché i valori relativi ai periodi precedenti, ricostruiti sommariamente dall’I.S.P.R.A. su materiali cartografici eterogenei, non consentivano il dettaglio alla scala dei singoli comuni.
Il rapporto annuale I.S.P.R.A. del 20172 contiene invece un nuovo rilevamento dettagliato, riferito all’anno 2016 (diversamente dal Rapporto 2018 3, che riporta solo i dati aggregati per provincia e per regione).

Prima di commentare i nuovi dati ed i conseguenti raffronti, riproduciamo in riquadro alcuni passi della nostra relazione del 2015, che illustrano i criteri metodologici in materia di consumo di suolo.

Per suolo consumato si intende quello coperto artificialmente e/o impermeabilizzato, scorticato, compattato, includendo, come elenca il rapporto ISPRA: “aree coperte da edifici, capannoni, strade asfaltate o sterrate, aree estrattive, discariche, cantieri, cortili, piazzali e altre aree pavimentate o in terra battuta, serre e altre coperture permanenti, aeroporti e porti, aree e campi sportivi impermeabili, ferrovie ed altre infrastrutture, pannelli fotovoltaici e tutte le altre aree impermeabilizzate, non necessariamente urbane”.
(La differenziazione tra suolo consumato e non consumato diviene difficile per le aree verdi pertinenziali ai fabbricati, i giardini privati e quelli pubblici, dove il suolo spesso è impermeabilizzato ed artificializzato in parte, senza considerare la problematica della continuità ecologica, interrotta da recinzioni e manufatti).
… il metodo di rilevamento si basa principalmente sulla interpretazione di foto-rilevamenti, aerei e satellitari,
Per ogni altro approfondimento concettuale e per la conoscenza del processo a scala nazionale, si rimanda al testo del “Rapporto sul consumo di suolo” n° 218/2015 di I.S.P.R.A. www.ispra.it

Rammentando che nella misura dei territori comunali sono incluse le acque interne, e quindi fiumi, paludi e porzioni di laghi (a tutto “vantaggio statistico” di molti comuni dell’area-studio), l’area studio presenta al 2016 una percentuale di suolo consumato del 16,8%, notevolmente inferiore alla media provinciale del 22,1%, ma ben superiore alla media regionale del 13% ed a quella nazionale del 7,6%; la città di Milano supera il 57% di suolo consumato, mentre i comuni dell’area si collocano tra il minimo di Ranco con il 8,7% ed il massimo di Ternate con il 36,3%, con un forte addensamento sui valori medio-alti (tra il 13 ed il 20%) nella parte sud dell’area (ma anche a Laveno e Monvalle) e sui valori alti per il gruppo Besozzo-Brebbia-Bardello-Bregano-Sangiano – così anche Caravate e Gavirate), nonché Ternate e Varano Borghi.

Molto grave risulta – a nostro giudizio, anche considerando che nel secondo decennio del secolo quasi tutti i comuni lombardi sono dotati di efficaci “Piani di Governo del Teritorio2 (e connesse Valutazioni Ambientali Strategiche) in attuazione della Legge regionale n° 12 del2005 – la pesantezza dei dati relativi all’incremento del consumo di suolo nei soli quattro anni tra il 2012 ed il 2016, in tutti i seguenti ambiti (e pur ipotizzando, soprattutto a livello locale, possibili errori interpretativi dovuti agli automatismi del processo di lettura dei dati):


% consumo suolo 2012
%consumo suolo 2016
Incremento 2012-2016
Regione Lombardia
10,3
13,0
2,7 %
Provincia di Varese
18,0 %
22,1%
4,1 %
Area studio tra-i-laghi
12,9 %
16,8 %
3,9 %
(mentre a livello nazionale l’incremento è “solo” dal 5,8% al 7,6%, pari comunque ad oltre 500.000 ettari in più).

All’interno dell’area-studio i valori degli incrementi sono in prevalenza raggruppati in una gamma mediana, tra 3 e 5 punti, con l’eccezione virtuosa di Ranco, Biandronno e Leggiuno al di sotto, e quella meno virtuosa di Sangiano, Bregano e Travedona-Monate al di sopra.
Tra i comuni assunti come riferimento, in generale superiori a 4 punti % di incremento nel suolo consumato, ad esclusione di Cittiglio con il 2,6%, spicca il dato di Arona, che risulta addirittura in decremento, con 280 ettari di suolo consumato al 2016, contro 282 nel 2012 (con riserva di ulteriore verifica in loco, ipotizziamo che si tratti di un saldo tra i recenti nuovi insediamenti, consentiti da un P.R.G. conservativo ma non rigorista, ed una diversa classificazione della Cava Fogliotti [1], da tempo dismessa ed in gran parte ora “rinaturalizzata” da una copertura vegetale spontanea).

C – LA NUOVA GEOGRAFIA DEI SISTEMI LOCALI SECONDO L’ISTAT
Al termine della relazione di sintesi della ricerca del 2015, avanzavamo alcune ipotesi interpretative sulle correlazioni tra l’area-studio ed il contesto, tendenzialmente metropolitano nell’arco sud-est/sud-ovest, e prevalentemente montano/periferico sul fonte settentrionale, sia verso Nord-Est (Valcuvia e Luinese) sia verso Nord-Ovest, al di là del Lago Maggiore (Verbano-Cusio-Ossola).
Ci sembra pertanto opportuno dare conto di ulteriori contributi emersi in materia, tra cui lo studio compiuto dall’ISTAT, ancora sui dati del censimento 2011, e pubblicato a fine 2015 “La nuova geografia dei sistemi locali” 4, fondato soprattutto sulla lettura dei flussi di pendolarità lavorativa, individua, a prescindere dai confini provinciali (ma purtroppo non da quelli comunali, talora sovradimensionati rispetto alle esigenze di analisi, come ad.es. per Roma), una ripartizione del territorio nazionale in circa 600 “sistemi locali del lavoro”, all’interno di ciascuno dei quali si esplica parte cospicua (circa 2/3) dei movimenti pendolari giornalieri per lavoro, in ambito (comunale o) intercomunale.

I “Sistemi Locali del Lavoro” (talora coincidenti con i “distretti industriali” a caratterizzazione tematica e ad elevata integrazione produttiva) erano già stati individuati dall’ISTAT nei precedenti decenni, con esiti geografici differenziati.
In particolare nell’ultimo decennio intercensuario 2001-2011, malgrado l’affermarsi in tutti i campi delle comunicazioni informatiche, si è registrato comunque un notevole incremento dei movimenti pendolari lavorativi, sia come numero di persone coinvolte, sia come aumento delle distanze mediamente percorse e dei tempi di viaggio; di conseguenza si sono allargati i bacini di pendolarità, ed i Sistemi Locali del Lavoro sono diminuiti di numero (di circa il 10%) ed aumentati di estensione.

Tale fenomeno ha riguardato in particolare il territorio da noi esaminato, perché
-          al 2001 l’ISTAT riscontrava un Sistema (multipolare) denominato “Sesto Calende”, che includeva l’intera nostra “Area-Studio”, interclusa tra i laghi Maggiore e di Varese, nonché 2 propaggini, l’una a Sud-Ovest, nel medio novarese presso il Ticino (da Varallo Pombia, Pombia e Divignano a Borgo Ticino e Castelletto), e l’altra a Nord-Est, dal Gaviratese all’intera Valcuvia, includendo Cittiglio, Gemonio e Cocquio Trevisago;
-          al 2011 invece l’ISTAT ha ripartito tale territorio tra i limitrofi Sistemi di Borgomanero (per l’area ad ovest del Ticino), di Busto Arsizio (che a suo tempo aveva già incorporato il Sistema di Gallarate) per Sesto Calende e Vergiate, di Luino per la Valcuvia, e di Varese per il Gaviratese e la restante “Area- Studio”.



     











Figura 1 – Il Sistema Locale del Lavoro “Busto Arsizio” al 2011, con annessa legenda della gerarchia dei poli lavorativi (nota interpretativa della cartografia: Sesto Calende, in alto a sinistra è “bianco”, con Golasecca; a lato Vergiate è “Micro-Polo”; seguono a Sud come “Piccoli Poli”, in fucsia, Somma Lombardo e Lonate Pozzolo; al centro come “Poli Secondari”, in giallo, Gallarate, Busto Arsizio e Legnano; nel Sistema non figurano “Poli Primari”)


















Con la pubblicazione del 2015, l’ISTAT ha arricchito la ricerca sui Sistemi Locali del Lavoro intrecciandola con la aggregazione su tale reticolo territoriale di altri dati di origine censuaria e non (ad esempio anche le variazioni demografiche ed occupazionali 2011-2014, al fondo della recente crisi), ricavandone una sorta di “aggettivazione” dei Sistemi Locali, più in stile CENSIS che non nella tradizione “asettica” dell’ISTAT, di cui diamo conto brevemente con le seguenti Figure (con alcune nostre annotazioni).

    

Figura 2 – caratterizzazione socio-demografica
(nota: qui Varese e Busto Arsizio – con la nostra Area-Studio – ed i Sistemi di Novara, Vigevano, Pavia risultano “città” assieme a Milano, i Sistemi di Borgomanero “cuore verde” come il Verbano-Cusio-Ossola e l’arco pedemontano BorgoSesia-Biella-Ivrea, Luino “città diffusa” come Como-Lecco-Bergamo-Brescia e ampi dintorni: francamente ci sembrano valutazioni un po’ troppo a “grandi sciabolate”)


Figura 3 – specializzazione produttiva – 1^

(Nota: Busto Arsizio sta nel tessile-abbigliamento con Como, mentre Varese, Luino e Borgomanero sono classificati “altri del made in Italy”; Milano è “urbano”, come anche Verbania-Cannobio - ? -, Novara come il Cusio e l’Ossola “manifatture pesante”: ma è ancora vero?)

Figura 4 – specializzazione produttiva – 2^
(Nota: nel dettaglio, Varese e Borgomanero sono accomunati da una un po’ generica “fabbricazione di macchine”, mentre Luino sta nell’agro-alimentare)


Figura 5 – Risposta alla crisi occupazionale 2008-2014
(Nota: Varese e Busto Arsizio, come anche Luino e Novra risultano “perdenti ma in ripresa”; Milano “vincente” e Borgomanero “perdente”).


  

Figura 6 – vocazione culturale
(Nota:  a Varese e Busto Arsizio, come anche a Luino e Novara, è riconosciuta “imprenditorialità culturale”, mentre Milano consegue la “Grande Bellezza”, e Borgomanero – grazia ad Orta e ad Arona - è associato con il Cusio e l’Ossola al “Volano del Turismo”).
  

Ma soprattutto l’ISTAT ha inteso desumere da tale lettura delle valutazioni sintetiche più complessive ed ambiziose, con la promozione dei 21 sistemi più rilevanti, per dimensioni demografiche ed occupazionali, quali “Aree urbane” ovvero “Principali realtà urbane”, come evidenziato dalle seguenti Figure 7 e 8, avanzando ipotesi su conseguenti nuove definizioni “di fatto” dei fenomeni urbani italiani/europei nel 21^ secolo.


Figura 7 – addensamento insediativo – 1^
(Nota: Varese e Busto Arsizio, come anche Borgomanero e Como sono classificate con Milano come “Massima pressione” insediativa, mentre Luino e Novara, Cusio e Verbano figurano caratterizzate da “edificato compatto”; lo “sprawl urbano” è identificato altrove rispetto all’arco pedemontano – compaiono le 21 aree urbane, che commentiamo più avanti)

Figura 8 – addensamento insediativo – 2^
(Nota: Varese e Busto Arsizio, come anche Borgomanero, il Verbano e Como presentano con Milano e vaste aree della Lombardia Orientale mediana “località abitate estese e densamente distribuite”, mente Luino, il Cusio e vaste aree pedemontane e padane le hanno “piccole e densamente distribuite”, diversamente dalla pianura risicola Novara-Vercelli-Vigevano-Pavia, che è una enclave con località abitate “estese e a bassa densità” – compaiono le 21 aree urbane, che commentiamo più avanti)



Ciò interessa i nostri territori soprattutto perché, a fianco di 20 “aree urbane” imperniate sulle 10 “Aree Metropolitane” ufficialmente riconosciute e su altri 10 capoluoghi di provincia (tra cui NON figurano né Varese né Novara e neppure Brescia, mentre rientrano Como, Bergamo, Verona, Padova ecc.), la 21^ risulta essere l’area multi-polare di Busto Arsizio (terza per densità abitativa, con 1100 abitanti/Km2, dopo Napoli con 3mila e Milano – inclusa Monza&Brianza - con 2mila).

Inoltre l’ISTAT rileva la peculiarità di Busto Arsizio, Como e Bergamo, quali “aree urbane” sì in qualche misura autonome, ma nel contempo satelliti dell’area milanese, cui sono legate da flussi pendolari “tra bacini” con una grandezza pari a circa il 15% delle rispettive forze lavoro.


Figura 9 – densità abitativa nei Sistemi di Milano, Busto Arsizio, Como e Bergamo




La pubblicazione dell’ISTAT da conto – ma solo per cenni - anche di altri possibili criteri per l’individuazione dell’area metropolitana milanese, tra questi il criterio “Functional Urban Region”, che mischia alla pendolarità per lavoro la considerazioni quantitative sul consumo di suolo, e che darebbero il seguente risultato, con l’esclusione di Sesto Calende e Vergiate, che ai nostri occhi appare più consono alla realtà complessiva delle relazioni territoriali.


Figura 10 - L’Area Metropolitana Milanese secondo il criterio Functional Urban Region

Infatti ci vorremmo permettere di criticare un assioma di fondo della ricerca dell’ISTAT, che assume gli spostamenti per lavoro come rappresentativi dell’insieme dei movimenti giornalieri della popolazione, mentre a nostro avviso – soprattutto nei territori multi-polari come è gran parte dell’arco pedemontano pre-alpino – le gravitazioni per studio, servizi (es. sanitari), consumi superiori, consumi culturali sono molto più flessibili e complesse: una famiglia di Sesto Calende (ma anche di Gallarate) con capofamiglia che lavora nel Sistema-Locale di Busto Arsizio, ad esempio, ha ampie possibilità di fruire di scuole superiori ed università e parimenti di cliniche ed ospedali, di negozi specializzati, di cinema e teatri, di mostre e musei, non solo verso l’interno del Sistema “Busto” e verso Milano, ma anche verso Novara o Varese oppure Verbania, Vercelli, Como, Lugano…

Si tratta di un policentrismo complesso, che lo stesso ISTAT nel suo testo indica come caratteristico del Centro-Nord, in questi decenni di inizio secolo, mentre al Sud dell’Italia continuano a prevalere le categorie più consolidate dei rapporti gerarchici tra centro e periferie, tra città e campagne.

Rammentiamo infatti, come da noi recepito a pag. 19 del fascicolo 4 della ricerca “tra-i-laghi” [2] e come riportato dallo stesso volume dell’Istat in esame a pag. 84 [3] , che la mobilità generata dai lavoratori rappresenta” solo “il 31,7 per cento del totale degli spostamenti”.

Pertanto, in attesa che l’ISTAT come promesso, riesca ad attingere ad altri dati (in parte reperibili negli stessi censimenti) ed ai mitici “big-data”, ci sembra opportuno ponderare - già in fase di delimitazione delle aree di gravitazione intercomunale - il dato della pendolarità lavorativa con altri elementi, tra cui ad esempio la configurazione materiale degli insediamenti, come suggerito dal criterio “Functional Urban Region”, nonché l’insieme dei movimenti giornalieri “occasionali”, invece di considerare fattori quali la densità abitativa e insediativa (vedi figure 7-8-9) come mera “aggettivazione” di aree predeterminate con la sola pendolarità da lavoro.

Proponiamo in proposito un esempio concreto: gli insediamenti diffusi (sprawl) lungo e attorno all’asse della Strada Regionale n° 142 da Arona a Biella (e traverse), attraverso Borgomanero-Romagnano-Gattinara-Cossato, che sono un fenomeno cospicuamente rilevabile a vista d’occhio, e che però nei cartogrammi dell’ISTAT non compare, perché tali insediamenti sono per lo più diluiti statisticamente nei “bacini di pendolarità” che si estendono su verticali nord-sud, attraversando l’asse più congestionato e associandogli per ogni singolo tratto altri territori meno densi; l’operazione statistica condotta dall’ISTAT è indubbiamente corretta in sé, ma risponde solo alla domanda “qual è la densità media degli insediamenti nei bacini di pendolarità?” e non può rispondere alla domanda “come si configurano gli insediamenti?”; ci sembra pertanto errato dedurre valutazioni complessive sui fenomeni urbani partendo da una griglia territoriale fondata su di un solo parametro, quello della pendolarità lavorativa, pur in sé rilevante.

ALLEGATI:
-           tabella 1 – popolazione 2017-2018
-           tavoletta A - popolazione 2017-2018
-           tabella 2 – movimenti demografici 2018
-           tabella 3 – popolazione 2011-2018
-           tavoletta B - popolazione 2011-2018
-           tabella 4 – incidenza stranieri 2018
-           tavoletta C - incidenza stranieri 2018
-           tabella 5 – variazione stranieri 2011-2018
-           tavoletta D - variazione stranieri 2011-2018
-           tabella 6 - suolo consumato su totale suolo - 2016
-           tavoletta E - suolo consumato su totale suolo - 2016
-           tabella 7 - variazione % suolo consumato su totale suolo: 2012-2016
-           tavoletta F - variazione % suolo consumato su totale suolo: 2012-2016


Fonti:
1.    Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi – TRA-I-LAGHI – 2015 e aggiornamenti 2016, 2017, 2018 - http://www.agenda21laghi.it/vivere_tra_laghi.asp



2.    I.S.P.R.A. - CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE 2017 - http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici
3.    I.S.P.R.A. - CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE 2018[av1]  - http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici.-edizione-2018
4.    ISTAT - LA NUOVA GEOGRAFIA DEI SISTEMI LOCALI – 2015 https://www.istat.it/it/files/2015/10/La-nuova-geografia-dei-sistemi-locali.pdf.



[1] Per i lombardi e per i turisti, si segnala che la Cava Fogliotti è quella voragine, chiaramente visibile dal Lago e dalla sponda lombarda, che da circa un secolo separa l’emergenza della Rocca di Arona dalla successiva collina verso Nord, con il Colosso di San Carlo
[2] (dal fascicolo 4 “dati di sintesi per sezioni” – paragrafo K “Pendolarità” – della nostra ricerca “tra-i-laghi” , 2015 1 “Per un inquadramento più ampio del tema della mobilità, con riserva di attingere in seguito a dati locali specifici, può essere utile rammentare che secondo il rapporto AUDIMOD redatto dall’ISFORT (istituto di ricerca della Banca delle Comunicazioni e di Ferrovie dello Stato) gli spostamenti per studio e lavoro rappresentano mediamente (a livello nazionale, in questo inizio di secolo) circa il 40% sul numero complessivo degli spostamenti giornalieri (ed il 50% in termini di tempo impiegato), rispetto ad un totale che include tutti gli altri spostamenti per accesso a servizi e per il tempo libero, e che l’uso dell’auto privata incide ancora di più su tali spostamenti meno abituali.
[3] (dal testo ISTAT “La nuova geografia dei sistemi locali” – 20154 “L’importanza dei movimenti altri rispetto a quelli pendolari è stata evidenziata dall’Osservatorio Audimob dell’Isfort. Essa mostra come, nel 2014, la mobilità generata dai lavoratori rappresenti il 31,7 per cento del totale degli spostamenti, in decrescita rispetto al 2010 (-0,9 punti percentuali). Ad essa si accompagnano la mobilità generata dalle attività legate al tempo libero (31,5 per cento), quella relativa alla gestione degli affari personali e familiari (31,1 per cento) e quella relativa a motivi di studio (5,6 per cento).”