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sabato 28 maggio 2022

UTOPIA21 - MAGGIO 2022: AUMENTARE LE SPESE MILITARI?

 


Qualche approfondimento e qualche domanda, tra il realismo e le  utopie, del disarmo e dell’Europa

 

 

Sommario:

-       la svolta verso la maggior spesa militare

-       com’erano le previsioni di spesa prima della guerra

-       uno sguardo comparativo internazionale

-       alcune considerazioni e domande

 

 

LA SVOLTA VERSO LA MAGGIOR SPESA MILITARE

 

Nel dibattito improvvisato sull’aumento delle spese militari sono emerse valutazioni e posizioni che meritano qualche approfondimento.

Andando a ruota del governo tedesco (la cui decisione fa più notizia, sia per le dimensioni economiche del bilancio tedesco, sia per la peculiare ‘storia militare’ della Germania) il Governo Draghi ha enunciato la volontà di procedere, a partire dalla Legge Finanziaria per il 2023, ad elevare la spesa militare al 2% del Prodotto Interno Lordo nazionale, a fronte di un incidenza attuale assai inferiore (attorno all’1,4%).

Collegata emotivamente e propagandisticamente alla guerra di invasione della Federazione Russa in Ucraina, la tendenza alla maggior spesa – prontamente avallata da un voto parlamentare –  risponde anche a ripetute sollecitazioni da parte degli USA (in particolare già sotto la presidenza Trump) ad ottemperare ad un indirizzo assunto collegialmente dai paesi aderenti alla NATO nel 2014 (dopo l’annessione russa della Crimea), e successivamente ribadito nei successivi vertici NATO, con orizzonte al 2024.

 

Poiché l’impegno corrisponde a circa 10 miliardi di € annui in più (da 25 a 35), da reperire o tagliando altre spese (sociali?) o introducendo nuove tasse oppure ampliando ancora il debito nazionale, è evidente la preoccupazione, che ha colto anche qualche forza politica, all’indomani dell’ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati quasi all’unanimità. Anche se nei giorni successivi si è parlato di diluire l’incremento fino al 2028 (pertanto con un aumento medio di 1,5 miliardi ogni anno per 6 anni, anziché di 5 miliardi in ciascuno dei prossimi 2 anni), l’incidenza della nuova spesa resta rilevante, come si verificherà nei prossimi mesi, redigendo la legge Finanziaria per il 2023.

Infatti il Documento di Economia e Finanza (DEF) per il 2023, appena varato dal Consiglio dei Ministri 1 (documento cui non compete di disaggregare già la spesa pubblica complessiva), non prevede sfondamenti né verso le tasse né verso il debito; e se la risoluzione con cui il Parlamento ha approvato il DEF tra il 19 e il 20 aprile apre la strada ad un ulteriore “scostamento di bilancio”, non accenna però a finalizzarla alle suddette spese militari, bensì a tutt’altro, dai pressanti impegni contro il caro-energia a generici indirizzi a favore di ricerca, imprese, lavoro, istruzione e sanità (nonché con specifici dettagli per una estensione del bonus 110% per le case unifamiliari) 2 .

 

 

COM’ERANO LE PREVISIONI DI SPESA PRIMA DELLA GUERRA

 

A fronte di molti disinvolti sostenitori del necessario adeguamento delle spese militari alla soglia del 2% di PIL che hanno cercato di minimizzare l’importanza della decisione con l’argomento “si tratta solo di rispettare impegni già assunti” [1], mi preme evidenziare che invece sono stati lo stesso Governo e lo stesso Parlamento, nella  recente approvazione della legge Finanziaria per il 2022, a trascurare platealmente tale impegno, confermando pressoché invariato l’importo delle spese per la “Difesa e sicurezza del territorio”, come si può leggere nel seguente estratto dalla Gazzetta Ufficiale 3 (cui vanno aggiunti altri 700-800 milioni dalla voce 32 “servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche”, ma anche qui senza significativi aumenti nell’ambito del triennio 2022-2024). 

 

 

 

 

UNO SGUARDO COMPARATIVO INTERNAZIONALE

 

Sgomberato il campo dagli automatismi e dai “meri adempimenti di impegni pregressi”, si tratta di valutare l’opportunità e l’efficacia di questa decisione innovativa (che – come dicevo – appare quindi come una risposta alla crisi ucraina), in relazione ai propri criteri di giudizio, ma guardando anche al contesto internazionale delle spese militari.

A tal fine, attingendovi tramite Wikipedia 4, riproduco per estratto una tabella (con link all’intero), purtroppo aggiornata solo al 2009/2014, redatta dall’organismo indipendente svedese SIPRI [2], sulla spesa militare assoluta e sull’incidenza rispetto ai PIL dei singoli stati (sono comunque assai interessanti i rapporti annuali SIPRI 5,6):

 

 

 

Sempre da fonte SIPRI, rielaborata da ”Il Sole-24 ore” 7, riporto le seguenti stime, aggiornate al 2020 per i primi 10 Stati in ordine di spesa assoluta (in miliardi di dollari):

 

USA

766

 

ARABIA SAUDITA

55

CINA

245

 

FRANCIA

52

INDIA

73

 

GERMANIA

52

RUSSIA

66

 

GIAPPONE

48

REGNO UNITO

58

 

COREA DEL SUD

46

 

Rispetto al decennio precedente spiccano gli incrementi di Cina e India (nonché il valore assoluto degli USA).

 

I dati in esame richiedono alcune considerazioni generali (in parte rilevate dallo stesso SIPRI), del tipo:

-       probabilmente non tutti gli Stati mostrano uguale trasparenza nella classificazione delle proprie spese (e addirittura già nel calcolo del PIL),

-       mentre i prezzi degli armamenti moderni sono tendenzialmente omogenei nel quadro internazionale, così non è per il “soldo”, cioè per gli stipendi dei soldati, e pure per le spese generiche di vettovagliamento e approvvigionamento,

-       a parità di potenziale propensione pacifica di un singolo stato, le oggettive e soggettive esigenze di difesa variano a seconda del vicinato che si ritrova, ma anche della propria estensione e conformazione (l’Australia sembra messa meglio della Corea del Sud, ad esempio, come vicinato, e peggio come estensione),

-       anche se appare utile per svolgere confronti, la logica intrinseca della tabella (così come della direttiva NATO della spesa militare al 2% del PIL) è che più uno stato è ricco di PIL più può spendere per il suo esercito: logica obiettivamente alquanto “plutocratica”…

 

 

ALCUNE CONSIDERAZIONI E DOMANDE

 

Considerato quanto sopra, appare comunque abbastanza chiaro che – circoscrivendo il confronto a U.S.A., Federazione Russa e Stati Europei (quindi con prezzi abbastanza omogenei, da ‘nord del mondo’, anche se gli stipendi russi sono probabilmente assai più bassi, e quindi consentono più numerose truppe)  le singole nazioni europee, attorno al 2%, risultano come gusci di noce in mezzo a due ganasce di ferro (attorno al 4%): diversa sarebbe la valutazione sulle spese assolute (con l’intera Unione Europea oltre i 300 milioni, vicina agli USA e molto più alta della Russia), ma al momento l’Europa non ha (ancora) un esercito ed una politica militare comune (se non come NATO, e quindi subalterna alla oggettiva prevalenza americana).

 

Per questa volta pertanto non mi sono pertanto allineato con Papa Francesco, che ha prontamente stigmatizzato gli intendimenti di maggior spesa militare di Germania e Italia, ma senza rapportarli alla ‘concorrenza’ di amici e nemici (che già spendono più del doppio), mentre ho condiviso la successiva ‘rettifica’ (se si può ipotizzare che un papa si rettifichi…) di parziale comprensione del Papa verso gli Stati che si riarmano, e però si dimostrano prigionieri di una “logica caina”: cainismo da cui invece, dice il Papa (ed anch’io nel mio piccolo concordo) si deve uscire, riprendendo la difficile strada del disarmo.

 

Francamente in questo momento però non so da dove potrà riprendere la strada verso il disarmo, multilaterale e bilanciato [3]: mi piacerebbe che la pace - che ad un certo punto, prima o poi, subentrerà alla guerra in atto - possa costituire una fase di ripensamento complessivo dei rapporti internazionali (includendo una riforma democratica dell’ONU, senza diritti di veto per le antiche potenze); pace, disarmo e “governance globale democratica” che sono inoltre indispensabili per riprendere il cammino verso una equa transizione ecologica (e contrastare il disastro climatico/ambientale) 8,9,10,11,12; ma al momento, come mia personale speranza, mi accontenterei anche di quelle mezze paci (armistizi, tregue, cessate il fuoco) che salvano molte vite e rimandano le soluzioni a tempi migliori (possibilmente senza nel contempo umiliare ed opprimere la popolazione del paese aggredito, che è l’Ucraina).

 

Non credo nemmeno che per sperare nel disarmo futuro occorra passare da un immediato riarmo italo-tedesco.

Mi pare invece che la questione nazionale delle spese militari vada subordinata alla più complessa questione della Difesa Europea, che a sua volta richiede forse preliminarmente una svolta federale dell’Unione Europea, o almeno del suo nocciolo centrale, superando i diritti di veto dei singoli stati (a maggior ragione se nel frattempo l’Unione si allargasse ad Est, verso Ucraina, Moldavia e Georgia, e nei Balcani).

 

E che quindi come cittadini europei ci si debba chiedere (come già hanno fatto altri commentatori ed anche qualche politico [4] e come accennavo in precedenti articoli 13,14):

-       siamo disposti a cedere sovranità nazionale in materia militare?

-       cosa significa riorganizzare la politica di difesa in termini federali? (a spanne mi sembra spendendo di meno e non spendendo di più) [5]

-       una Difesa Comune Europea, ma per quali politiche?

-       l’Europa “ripudia la guerra”?

-       come si ripudia la guerra con vicini aggressivi (Russia) ed amici ingombranti (USA)?

-       e con partner/rivali quanto meno ‘enigmatici’ (Cina)?

Nonché: cosa c’entrano con la nostra sovranità (nazionale od europea) le basi “americane” (non della Nato, ma degli USA) tuttora presenti in Italia e Germania, potenze sconfitte nella lontana seconda guerra mondiale?

 

Senza rispondere a simili domande, mi pare che aumentare le spese militari dal 2023 (in ambito NATO) sia più che altro una scelta politico-simbolica di “fedeltà atlantica”: non so quanto deterrente verso l’aggressività russa, ma certamente assai proficua per il complesso industrial-militare, nazionale ed estero (e per noi varesotti, anche “locale”, vista la rilevante presenza in questo territorio di Leonardo/Agusta/Aermacchi).[6]

                                                                                                     

aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

1.       https://temi.camera.it/leg18/provvedimento/il-documento-di-economia-e-finanza-def-2022.html

2.       https://ageei.eu/ecco-cosa-dice-la-risoluzione-di-maggioranza-al-def-approvata-alla-camera/

3.       https://www.mef.gov.it/focus/Legge-di-Bilancio-2022/

4.       https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_spesa_militare

5.       https://www.sipri.org/sites/default/files/2021-10/yb21_summary_ita.pdf

6.       https://www.sipri.org/sites/default/files/2020-09/yb20_summary_ita.pdf

7.       https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/02/27/le-spese-militari-aumentate-del-93-nellultimo-decennio-paesi-piu-armati/

8.       Fulvio Fagiani - GOVERNARE IL SISTEMA TERRA – su Utopia21, maggio 2019  https://drive.google.com/file/d/1fQtaIqS6XXpc0yaH9HCXkk279X2IJVBV/view?usp=sharing

9.       Fulvio Fagiani – POLITICHE E GOVERNANCE PER LA SOSTENIBILITÀ - su Utopia21, maggio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1v9fTpUR9vwy7BJKBPJUtfnZS6F7YCHMd/view?usp=sharing

10.    Fulvio Fagiani – LA DEMOCRAZIA E LA SOSTENIBILITÀ, COMPATIBILITÀ,     CONTRADDIZIONI -  su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/14xa6xJXO8n37ld1NKlA36HldkX2fyBN8/view?usp=sharing

11.    Fulvio Fagiani – LA COSTITUZIONE DELLA TERRA DI LUIGI FERRAJOLI - su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/11-wTOnt0VmFCwHVC52w7sna8ehCvj0Xc/view?usp=sharing

12.    Fulvio Fagiani – DISCUSSIONE (riferita ai 2 precedenti articoli) - su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/1vAtOCUJizZRpOWrr0IoML8MYaieUk8a6/view?usp=sharing

13.    Aldo Vecchi  - LA CONSULTAZIONE SUL FUTURO DELL’EUROPA – su Utopia21, luglio 2021 https://drive.google.com/file/d/1Ctey-OLABoVDjzUKxt-gzSV1WOi2F9ze/view?usp=sharing

14.    Aldo Vecchi - GUERRA, PACE, AMBIENTE E NONVIOLENZA – su Utopia21, marzo 2022 - https://drive.google.com/file/d/1rniZaTobeyHCWvx-fQ5wx-HctLBKqs1W/view?usp=sharing

 



[1] Tra questi sostenitori mi ha colpito la presenza dell’on. Piero Fassino, che abitualmente mi pare più aderente alla realtà dei fatti.

[2] L'Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (IIRPS, in inglese Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI)

[3] Vedi anche l’appello internazionale degli scienziati, promosso da Carlo Rovelli, per una riduzione multilaterale e progressiva delle spese militari (2% annuo), sfortunatamente lanciato appena prima dell’inizio delle “operazioni militari speciali” putiniane.

[4]  Romano Prodi, ad esempio, ha dichiarato: “Questi aumenti di spesa si fanno solo quando si è fatta una politica estera e di difesa comune. E sono molto preoccupato del fatto che la Germania abbia enormemente aumentato il suo bilancio. Fare prima questo e poi vedere chissà quando una politica europea comune è pericoloso. Ci allontaniamo dalla politica europea condivisa”.

[5] D’altronde in questa direzione si è pronunciato lo stesso Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso della conferenza-stampa a Washington l’11 maggio, recependo – seppur ancora senza alcun atto formale – un orientamento trasversale maturato tra i partiti della maggioranza, dopo gli entusiasmi iniziali verso l’aumento delle spese comunque al 2% del PIL. Questo articolo è stato chiuso prima del dibattito parlamentare previsto per il  giorno 19 maggio 2022.

[6] A proposito di risvolti economici, tra i fautori della maggior spesa militare si sono distinti alcuni commentatori (non ricordo più chi su “La Repubblica”) che ne hanno esaltato le potenziali ricadute positive sia dirette (domanda interna) sia indirette (ricerca): ho in questo caso apprezzato, sempre su “La Repubblica” del 15 aprile, l’articolo di Tito Boeri e Roberto Perotti, che semplicemente contrappone l’ipotesi che ricadute assai maggiori s conseguano investendo direttamente in ricerca civile ed in spesa pubblica sociale.

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