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domenica 8 ottobre 2023

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2023: LUCA RICOLFI E LA MUTAZIONE DELLA SINISTRA

 Una serie di ragionamenti poco condivisibili, ma stimolanti, sulla crisi di consenso della sinistra tra i ceti subalterni.

 

Sommario:

-       premessa

-       rappresentare i deboli

-       cancel culture e libertà di espressione

-       scuola, istruzione e cultura

-       conclusione sul progressismo (e l’ecologia)

 

 

PREMESSA

 

Ho letto “La mutazione - come le idee di sinistra sono migrate a destra” 1 con molti dubbi sulla collocazione politica dell’Autore (mi sembrava2 un esponente della destra che pretende di insegnare alla sinistra il suo mestiere): i dubbi mi sono rimasti, ma ritengo il testo, in alcune sue parti, una utile provocazione per riflettere su crisi e destini della sinistra.

 

Premetto inoltre che – essendo stato concluso a ridosso della sconfitta elettorale del settembre 2022 – il saggio si riferisce all’insieme della linea del Partito Democratico PRIMA del Congresso e delle Primarie (che hanno portato Elly Schlein alla guida del partito in una direzione più radicale, ma anche l’antagonista Bonaccini elaborare contenuti autocritici sulla precedente gestione).

E quindi in qualche misura le critiche di Ricolfi possono sembrare più fondate e meritate, guardando alla sinistra in Italia: mi pare però che a scala europea Ricolfi sia fermo ad una sinistra della Blairiana “terza via”, che è da tempo smentita sia dalle esperienza dei governi a guida socialista (ma unitari a sinistra) di Spagna e Portogallo, sia dai travagli della sinistra in Francia sotto la nuova egemonia di Melenchon, sia ancora dai ravvedimenti progressisti (in dialogo con i Verdi) dei partiti socialisti del centro e nord Europa, tanto che la ‘linea mediana’ del Gruppo S&D all’Europarlamento ha emanato documenti programmatici ben diversi dalla tradizione Blair-Schroeder 3.

La tesi di fondo di Ricolfi è che la sinistra politica abbia abbandonato radici e contenuti, lasciando ampi spazi alla acquisizione di valori e consensi alle forze di destra, ed articola tale tesi su tre capitoli ed una conclusione.

 

 

RAPPRESENTARE I DEBOLI

 

Per dimostrare non solo che la sinistra attuale sta con i privilegiati e la destra con i più deboli, ma anche che tali tendenze sono ben motivate e storicamente necessarie, Ricolfi costruisce uno schema complesso (ed in parte contraddittorio).

 

Dapprima presenta una narrazione della divisione tra la “due sinistre” che contrappone al filone riformista PDS/Ulivo/PD non la realtà dei vari frammenti da Rifondazione Comunista ai nostri giorni (obiettivamente in prevalenza libertari, basta pensare a Nichi Vendola oppure ad un ispiratore come Rodotà), bensì un pugno di pensatori pseudo-marxisti, da Fusaro a Zizek fino a Costanzo Preve, avversi alle tematiche liberal dei diritti individuali (del tipo identità di genere), in quanto meri diversivi capitalisti.

Tra i gruppi politici così schierati Ricolfi segnala solo il partitino comunista di Marco Rizzo (il cui seguito mi pare francamente esiguo) mentre il pugno di pensatori – riferisce l’Autore – non esita ad esaltare la famiglia tradizionale e ad apprezzare Marine Le Pen.

Ne deriva una rappresentazione caricaturale di una sinistra riformista persa dietro i diritti civili e di un popolo di sinistra tradizionalista incarnato da quattro intellettuali (più Marco Rizzo), per cui però tale popolo non vota (perché invece si astiene, oppure preferisce direttamente la destra: e lo fa da tempo, almeno dal 1994 4, prima ancora che la sinistra riformista compisse la sua parabola fino ai vertici Renziani di stare con Marchionne anziché con gli operai).

 

Ricolfi prosegue proponendo una analisi dei “gruppi sociali” (essendo dissolte le vecchie “classi”) in cui è determinante la categoria del RISCHIO, collocando:

-       al di sopra, in quanto garantiti, tutti i percettori di reddito fisso, dipendenti dalla piccola amministrazione e dalle aziende superiori a 15 addetti, perciò protetti dai licenziamenti individuali,

-       in mezzo tutti i percettori di reddito variabile ed i dipendenti dalle piccole aziende, ed in genere le vittime – vere o presunte – della globalizzazione (e dei suoi frutti velenosi: delocalizzazione industriale e soprattutto immigrazione),

-       sotto i precari, esclusi da contratti di lavoro stabili e a tempo pieno,

cui corrisponderebbero grosso modo le tendenze ad essere rappresentati, nell’ordine, dalla sinistra riformista, dalla destra e dal Movimento 5Stelle.

Su scala europea invece l’Autore utilizza i dati ’eurobarometro’ per rilevare una prevalente corrispondenza tra voti per la sinistra riformista e alti livelli di istruzione, e viceversa: il che non collima con i “gruppi di rischio”, come sopra descritti, perché nel gruppo dei garantiti parrebbero inclusi molti lavoratori stabili ma non troppo istruiti

 

Tale analisi ha il pregio di avere dei concreti riferimenti sociali, che spesso mancano nelle file delle sinistre, ma è a mio avviso profondamente errata, perché sopravvaluta il rischio formale e sottovaluta il potere sostanziale. Nel concreto:

-       i dipendenti delle aziende medio-grandi non hanno più molte certezze (ed il rischio occupazionale lambisce anche il pubblico impiego) ed inoltre tutti i ceti con stipendi medio-bassi oggi rischiano assai in campo sanitario e – se inquilini – sul fronte abitativo;

-       tra i lavoratori autonomi e gli imprenditori, il rischio è diffuso, ma spesso temperato da solide situazioni patrimoniali e/o da posizioni di rendita nel mercato (assicuratori, taxisti, balneari, ecc.). Inoltre gli imprenditori possono scaricare i rischi in primis sui loro dipendenti (e non viceversa);

inoltre una approfondita analisi sociologica sul consenso verso i 5Stelle mi sembra tuttora carente, ma non escluderei che abbia coinvolto larghe sacche di pubblico impiego.

 

Ricolfi conclude il capitolo assumendo come proprio un pensiero di Marcello Veneziani (che almeno è intellettuale di destra senza spacciarsi per altra cosa) e cioè che la contraddizione principale non è più tra destra e sinistra, ma tra liberal (individualisti, cosmopoliti, ecc.) e comunitari, che salvano i valori “tradizionali” e diffidano degli immigrati.

Nella mia limitata esperienza, nel poco che vedo di comunitario nella pratica sociale effettiva, dai comitati di genitori alle feste di quartiere, dalle associazioni sportive fino al volontariato organizzato (per lo più cattolico) non riscontro discriminanti anti-immigrati (semmai il contrario, per il volontariato cattolico).

Non ritengo particolarmente “comunitario” chi nell’isolamento della sua tastiera esprime (spesso con violenza) consenso a valori reazionari e discriminatori.

Non accetto comunque l’idea che per essere “popolare” la sinistra debba far propri valori di destra (come le barriere anti-immigrati), anche se la diffusione di tale ostilità negli strati popolari è un problema che la sinistra deve affrontare, nella consapevolezza degli errori compiuti sottovalutando l’impatto dei flussi immigratori nei tessuti sociali più deboli.

 

 

CANCEL CULTURE E LIBERTA’ DI ESPRESSIONE

 

Dopo una breve e divertente rievocazione storica sulla censura e sulla satira in Italia dal dopoguerra al Berlusconismo, in cui evidenzia la sostanziale coincidenza tra sinistre e battaglie per la libertà di espressione, Ricolfi tesse un quadro delle attuali tendenze, soprattutto in ambito anglo-americano, verso il “politicamente corretto” e le strategie di inclusione delle minoranze etniche, sociali e di genere.

L’Autore tende ad esaltare i singoli esiti, talora paradossali, di queste tendenze che rischiano di sconfinare (particolarmente in U.S.A.) nella “cancel culture“ (censura accademica, riscrittura forzata della storia, rimozione di simboli e monumenti) per attribuire nell’insieme alla sinistra italiana una patente di repressore della libertà di espressione, nonché di arroganza buonista: la consapevolezza di sostenere buone cause in favore degli esclusi porterebbe ad uno snobismo culturale dei confronti degli avversari politici, a tali cause meno sensibili.

Ricolfi porta anche qualche buon argomento, ad esempio citando Natalia Ginsburg ed Italo Calvino, sulla artificiosità della lingua ufficiale che si dipana dagli eufemismi consolatori tipo “non-udente”, fin a cristallizzare una “anti-lingua” che non comunica più con il linguaggio corrente; segnala che in tale modo si rischia di assegnare significati spregiativi a termini che in origine erano neutri, come cieco, sordo, ecc.

 

Ricolfi però si rifiuta di cogliere la questione principale che sta a monte delle politiche inclusive, cioè l’accumulazione secolare delle discriminazioni di nativi americani e schiavi neri, immigrati latinos, donne e omosessuali, ecc., come ha ben capito invece la maggioranza trumpiana della Corte Suprema U.S.A., cercando di capovolgere tali politiche con una recente sentenza che abolisce le quote protettive per l’iscrizione degli afro-americani alle Università.

 

Dopo di che, solo accettando il principio dei necessari risarcimenti sociali, può anche essere opportuno discutere di eccessi, misure e contraccolpi (e fare utili riflessioni su lingua viva e lingua morta e sull’arroganza dei buonisti).

Inoltre mi sembra inaccettabile la comparazione tra la censura esercitata dai poteri di uno stato autoritario (qual era in buona misura anche il regime democristiano degli anni ’50, in quanto aveva ereditato la struttura statuale del fascismo) ed il conformismo culturale del “politicamente corretto”, che non sequestra libri e non impedisce spettacoli, tutt’al più condiziona qualche carriera accademica.

Posso apprezzare anche le rivendicazioni di Ricolfi contro tale conformismo (e le sue possibili degenerazioni), ma non ritengo che la libertà di espressione per cui battersi sia quella di andare in giro a chiamare “negri” gli africani, “musi gialli” gli asiatici oppure “froci” gli omosessuali.

“Libertà” che è stata più banalmente ma notoriamente rivendicata nella recente vicenda del generale Vannacci.

 

 

SCUOLA, ISTRUZIONE E CULTURA

 

Ricolfi ritiene la sinistra italiana responsabile della situazione di degrado della pubblica istruzione, degrado che identifica con la “scuola facile” e apparentemente non selettiva e che comporta fenomeni, su cui non si può convenire, come il basso livello medio di preparazione nelle scuole dell’obbligo e superiori e la svalutazione di fatto di molti titoli di studio, con lo spostamento della effettiva qualificazione – per chi può permetterselo – ad ulteriori tappe formative, quali, dottorato, master ed altre soluzioni, spesso private, ricostruendo così di fatto una sostanziale selezione di classe.

L’Autore segnala che su questo fronte (diversamente dai due temi precedenti) la destra non tende a subentrare alla sinistra, imitandone invece gli errori e trovando confacente tale privatizzazione delle carriere.

Ricolfi denuncia (fin dalla terminologia [1]) l’equivoco della “meritocrazia”, esaltata da Tony Blair e da tutta la “terza via”, quando non è accompagnata da robusti sostegni economici per il diritto allo studio dei meno abbienti, come di fatto in Italia dagli anni ’70 in poi [2].

Però attribuisce la crisi dell’istruzione a tre nodi ideologici (su cui assolutamente non lo seguo):

-       la marginalizzazione del latino, a partire dalla scuola media dell’obbligo [3];

-       il relativismo derivante dalla equiparazione delle culture a seguito degli studi antropologici di Levi-Strauss e altri, che Ricolfi commenta così: “al relativismo dell’antropologia, a quanto pare, riesce più facile instillare sensi di colpa nell’uomo bianco, che convincere i popoli un tempo assoggettati della desiderabilità della cultura in cui sono ancora intrappolati”;

-       la critica di classe alle strutture del sapere, ascrivibile a Bourdieu e Passeron (e al ’68 in genere) secondo i quali “la scuola non trasmette la cultura, ma una cultura arbitraria e funzionale alla classe dominante”.

Per cui in sostanza per l’Autore la cura del sistema scolastico consisterebbe nel tornare al latino, e ricostruire una gerarchia indiscutibile di valori culturali “occidentali”; mentre si fa beffe di una pedagogia alternativa che afferma: “buona parte degli errori di lettura e di ortografia dipendono da scarsa maturazione della capacità di coordinamento spaziale, essi dunque vanno curati, dopo attenta diagnosi, non insegnando norme ortografiche direttamente, ma insegnando a ballare, ad apparecchiare ordinatamente la tavola, ad allacciarsi le scarpe”.

 

Divergo radicalmente dalla prognosi di Ricolfi, che – guarda caso – si è dimenticato dell’alto livello di abbandono scolastico.

Ritengo comunque che per la sinistra sia decisivo farsi carico della questione scolastica, non tanto per alcune colpe da espiare, ma per la mancanza oggi di un progetto organico che miri alla qualità di una formazione di massa dei giovani (e non solo) in quanto cittadini, in un mondo complesso e multiculturale.

Nella qualità ci sta indubbiamente il saper leggere e scrivere (e far di conto), ma non credo debba necessariamente fondarsi sul latino (anche perché in realtà le abilità linguistiche si apprendono nei primi anni di scuola e addirittura di vita, dove anche storicamente il latino non è mai stato presente).

 

 

CONCLUSIONI SUL PROGRESSISMO (E L’ECOLOGIA)

 

Nel capitolo conclusivo, forse di maggior pregio, l’Autore, richiamando Freud (secondo cui la civilizzazione ha fatto perdere quote di libertà) e Marcuse (secondo cui tal libertà andava recuperata fuori del capitalismo), attribuisce alla sinistra una acquiescenza verso il capitalismo attuale che permetterebbe nelle sue innovazioni alte quote di libertà individuale e di auto-realizzazione, ma – sottolinea Ricolfi - solo per gli ‘inclusi’.

“Insomma, per la cultura di sinistra la freccia del tempo storico punta sempre nella direzione giusta: ieri perché il capitalismo era una tappa necessaria sul cammino che avrebbe portato al socialismo, oggi perché l’evoluzione culturale e l’evoluzione del diritto possono incanalare il capitalismo sui giusti binari. Specie se a guidare la corsa sono i progressisti. Che sono tali non perché aspirano al progresso, ma perché tendono a interpretare come progresso ogni cambiamento, anche i più controversi e controvertibili…”.

Invece “… il neotradizionalismo di una parte della destra, con la sua preoccupazione per i mali della globalizzazione e gli eccessi delle libertà individuali, riluce in tutta la sua enigmatica capacità di porre domande. Che non provengono solo da destra… Il lato oscuro del progresso non è invenzione della destra, ma è radicato nelle preoccupazioni dei pensatori di sinistra più sensibili e profondi…”.

 

Ne consegue, per Ricolfi, una naturale sintonia della sinistra con le élites “post-materialiste” e della destra con “la pietrosa realtà di chi ancor oggi … è impegnato a soddisfare i bisogni di base: casa, alimentazione, sicurezza economica…”.

In questo schema generalizzante colgo anch’io qualche parziale verità (che starà alla sinistra smentire nei fatti, dimostrando di essere definitivamente – per semplificare - post-Renziana); verità viziate però dalle incongruenze e dagli inaccettabili assiomi Ricolfiani di cui sopra.

Mi permetto infine di rilevare che la parola “ecologia” compare nel testo di Ricolfi solo all’ultima pagina, tra “i temi che appassionano il mondo di sopra”, come “transizione digitale, diritti di accoglienza, eutanasia e liberalizzazione delle droghe, ristoranti e vacanze, gioco e intrattenimento, sessualità e social media”, mentre in tutto il volume la tematica ambientale e climatica è rigorosamente assente: forse un po’ poco per valutare destra e sinistra nel XXI secolo, dove la destra europea (e mondiale) tende sempre più a caratterizzarsi proprio contro l’ambientalismo e frenando la transizione energetica.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1. Luca Ricolfi – LA MUTAZIONE. COME LE IDEE DI SINISTRA SONO MIGRATE A DESTRA – Rizzoli, Milano 2022

2 – Aldo Vecchi  – ALCUNE OSSERVAZIONI SUL TESTO DAD DI ANTONIO BALISTRERI – su Utopia21, novembre 2021

https://drive.google.com/file/d/1uqmteC5y73aYMW1q4_7ZHVYAJvPekpv4/view?usp=sharing

3 – Aldo Vecchi – LA GRANDE SVOLTA (QUASI) ANNUNCIATA DAI SOCIALISTI E DEMOCRATICI EUROPEI – su Utopia21, gennaio 2022 https://drive.google.com/file/d/1yBkWm43n1rFMF92-Gp8D3-xiSGUzha7z/view?usp=sharing

4 - Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi – DOPO LE ELEZIONI POLITICHE: DOPO 30 ANNI DI FRATTURE SOCIALI E POLITICHE, A SINISTRA; CHE FARE? - su Utopia21, novembre 2022 https://drive.google.com/file/d/1kSi_8BDxQNIq44U4yzMb1MJc1Tcx2CID/view?usp=share_link

5 - Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi - FACOLTÀ DI ARCHITETTURA, MILANO, 1968-1971: LE 2 UTOPIE CHE ABBIAMO ATTRAVERSATO - su Utopia21, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1y-1G9dVnwBCyJJ3HVBYm8aU_mNSrmAzz/view?usp=sharing



[1] Secondo Ricolfi la parola meritocrazia risale ad un romanzo sociologico di M. D. Young, del 1958, che la descrive come un meccanismo distopico, ed è stata impropriamente traslata dagli intellettuali filo-Blair come Antony Giddens

[2] Avendola misurata di persona, come riferito su Utopia21 5, rammento che dal 1971 – proprio mentre si affacciava all’università la scolarizzazione di massa –fu sancito il divorzio tra quantità del bisogno (domanda di pre-salari) e quantità delle risorse (definite a priori e limitate) per tale specifico elemento del welfare (in controtendenza con le altre riforme ottenute negli anni ’70).

[3] L’Autore rimpiange l’influenza sul Partito Comunista Italiano degli anni ’50 di Concetto Marchesi, fiero sostenitore della permanenza del Latino, in una scuola classicheggiante, in cui i figli degli operai dovevano aspirare ad entrare; poi invece il PCI si accodò alla riforma del centro-sinistra, quasi priva del latino; il che fa pensare che Ricolfi forse rimpianga anche la vecchia Scuola di Avviamento Professionale

UTOPIA21: RAPPORTO ISTAT 2023

Una rassegna di estratti dal “Rapporto”, mirato alle trasformazioni sociali in atto.

 

Sommario:

 

-       premessa

-       estratti dal “rapporto ISTAT 2023” 1

o   l’introduzione dei 4 capitoli

o   approfondimenti su:

§  calo demografico

§  istruzione e occupazione, occupazione femminile

§  abbandono scolastico

§  livelli di apprendimento

 

PREMESSA

 

Richiamando i precedenti articoli sul “Rapporto ISTAT 2022” 2 e sui rapporti annuali dello stesso ISTAT (ma anche dell’ASviS) sul B.E.S. ,“Benessere Equo e Solidale” 3, presento di seguito alcuni estratti dal “Rapporto ISTAT 2023” 1, scegliendo argomenti attigui ma non coincidenti a quelli in precedenze da me evidenziati, e finalizzati anche ad offrire un utile sfondo ad altri interventi su questo numero di ”Utopia21” (aggiornamento della ricerca “tra-i-laghi” e recensione su Luca Ricolfi).

 

Prima di passare alla rassegna degli estratti, confermo brevemente due considerazioni generali che avevo formulato a proposito del Rapporto 2022 2, e cioè

-       la “… emancipazione della statistica … dallo stereotipo del ‘Mezzo Pollo di Trilussa’ (ovvero i dati medi che nascondono le disuguaglianze), perché le indagini mirate ai fronti specifici del disagio sociale … si affiancano alla sofistica articolazione dei dati in classi dimensionali, sottogruppi, ‘cluster’ ”, con “una elevata attenzione a differenze, disuguaglianze e divari (cioè alla sostanza dei conflitti che pervadono il tessuto sociale) e non solo ai dati complessivi del ‘PIL’ e dell’andamento dell’economia nazionale”

-       l’ideologia sottesa … mi sembra che assomigli a quella che … ho chiamato ‘ideologia Ursula’ (cioè, europeista, inclusiva, ambientalista, ecc.), cioè ben lontana sia dal neo-liberismo selvaggio, sia dalle forme di sovranismo xenofobo che vanno per la maggiore nei favori degli elettori … .

 

 

ESTRATTI DAL “RAPPORTO ISTAT 2023”

 

INTRODUZIONI DEI 4 CAPITOLI

 

CAPITOLO 1 L’ITALIA TRA EREDITÀ DEL PASSATO E INVESTIMENTI PER IL FUTURO

CAPITOLO 2 CAMBIAMENTI NEL MERCATO DEL LAVORO E INVESTIMENTI IN CAPITALE UMANO

CAPITOLO 3 CRITICITÀ AMBIENTALI E TRANSIZIONE ECOLOGICA

CAPITOLO 4 IL SISTEMA PRODUTTIVO TRA RESILIENZA E INNOVAZIONE

 

CAPITOLO 1 L’ITALIA TRA EREDITÀ DEL PASSATO E INVESTIMENTI PER IL FUTURO

Terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro. Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno, il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, dove all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. Nel primo trimestre 2023, si registra una dinamica congiunturale positiva per il Pil, superiore a quella delle maggiori economie dell’Unione europea, trainata soprattutto dal settore dei servizi. La manifattura mostra invece segnali di rallentamento. Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022, rispetto al 2019, è dovuto per l’80 per cento alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20 per cento al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite. Investendo sulle nuove generazioni, si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere e le competenze dei giovani nelle diverse fasi dei loro percorsi, intervenendo fin dai primi anni di vita.

 

CAPITOLO 2 CAMBIAMENTI NEL MERCATO DEL LAVORO E INVESTIMENTI IN CAPITALE UMANO

Gli scenari demografici più recenti mettono in luce come entro i prossimi venti anni in Italia vi sarà una riduzione consistente della popolazione in età di studio e di lavoro. Tuttavia, la contrazione della platea di studenti può essere mitigata dalla diminuzione degli abbandoni nelle scuole secondarie superiori e da un aumento dei tassi di partecipazione all’istruzione universitaria. In entrambi i casi si sono registrati progressi significativi già nell’ultimo decennio, ma la distanza dai paesi più virtuosi dell’Unione europea è ancora ampia, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, le maggiori criticità di queste ultime riguardano anche le competenze dei diplomati, che risultano in media più basse rispetto a quelle misurate al Centro-Nord. Quasi un quinto dei giovani tra 15 e 29 anni in Italia non lavora e non studia (il dato più elevato tra i paesi Ue dopo la Romania), e fino a un terzo in Sicilia. Favorirne l’ingresso nel sistema formativo e nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a ridurre la dissipazione del capitale umano dei giovani, risorsa sempre più scarsa nel prossimo futuro. Gli effetti del calo della popolazione in età da lavoro e dell’invecchiamento sono apprezzabili già oggi. Nonostante il recente andamento favorevole dell’occupazione, l’Italia si colloca ancora all’ultimo posto in ambito europeo e, al tempo stesso, detiene il primato (dopo la Bulgaria) per l’elevata età media degli occupati. L’aumento dei tassi di occupazione, in particolare per i giovani e le donne, potrebbe compensare la perdita prevista nel numero di occupati per effetto della dinamica demografica. Gli effetti delle tendenze demografiche sul mercato del lavoro non vanno intese dunque come un destino ineluttabile. Il nostro Paese può conseguire ampi margini di contenimento degli effetti sfavorevoli della dinamica demografica agendo sul recupero dei ritardi strutturali. In questa prospettiva, per competere nella società della conoscenza, è fondamentale l’investimento in capitale umano e l’impiego di professionalità qualificate, unitamente alla modernizzazione del sistema produttivo.

 

CAPITOLO 3 CRITICITÀ AMBIENTALI E TRANSIZIONE ECOLOGICA

Vivere senza depauperare i sistemi naturali da cui traiamo risorse e senza oltrepassare le loro capacità di rigenerazione sono i presupposti per la sostenibilità dello sviluppo. Sempre maggiore attenzione e consapevolezza dei problemi ambientali è espressa dalla popolazione del nostro Paese che nel 2022 per oltre il 70 per cento considera il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie. L’attenzione per i bisogni presenti e per quelli delle future generazioni dovrebbe permeare l’azione degli operatori economici e la progettazione delle politiche pubbliche a livello nazionale e locale, anche in considerazione dei cambiamenti normativi e delle opportunità già disponibili (Green Deal, Recovery Fund, RePower Eu). Tra le maggiori criticità dell’ambiente italiano, il capitolo dedica attenzione alla scarsità delle risorse naturali, con particolare riguardo all’acqua. Nel 2022 la riduzione delle precipitazioni contestualmente all’aumento delle temperature ha fatto registrare una riduzione della disponibilità idrica nazionale che ha raggiunto il suo minimo storico, quasi il 50 per cento in meno rispetto all’ultimo trentennio 1991-2020. Alcune delle azioni messe in campo per attenuare l’impatto dell’uomo sull’ambiente hanno avuto esiti positivi. In particolare il calo delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento dell'aria e l’espansione dei boschi e delle aree protette, sia terrestri sia marine. Altre, come lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e la gestione dei rifiuti urbani, nonostante i progressi fatti, richiedono di intensificare gli sforzi per accelerare la transizione verso un’economia circolare. Il capitolo analizza gli effetti prodotti sulla capacità di spesa delle famiglie dalla forte crescita dei prezzi dei prodotti energetici per poi ampliare lo sguardo sul tema più generale della povertà energetica in un contesto di transizione ecologica giusta e sostenibile (Just Transition).

 

CAPITOLO 4 IL SISTEMA PRODUTTIVO TRA RESILIENZA E INNOVAZIONE

Nei primi mesi del 2022, all’uscita dall’emergenza sanitaria, il sistema produttivo italiano ha dovuto fare fronte, senza soluzione di continuità, all’emergere di nuovi fattori di crisi di natura politica, economica e ambientale. Il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici: ha trasferito sui prezzi di vendita l’aumento dei prezzi degli input produttivi, ma al contempo ha avviato anche strategie più complesse per rafforzare la competitività e incrementare l’efficienza energetica. Nel corso del 2022 si è registrato un ampio recupero delle esportazioni, fortemente penalizzate durante la fase più acuta della pandemia. La partecipazione alle catene globali del valore si accompagna a una maggiore competitività sui mercati internazionali, ove quest’ultima è strettamente legata anche alla capacità di innovare e di investire in conoscenza. Le imprese innovative godono di significativi vantaggi nelle performance economiche e nella propensione all’export, anche a parità di dimensione media di impresa. Gli incentivi pubblici alla R&S, con il meccanismo del credito di imposta, sono uno stimolo efficace, ma selettivo, alla crescita della produttività totale dei fattori, in particolare per le imprese esportatrici manifatturiere e multinazionali. Alcuni segnali di evoluzione digitale si rilevano per le istituzioni non profit, un settore che negli anni della crisi economica e dell’emergenza sanitaria ha avuto un ruolo centrale nel cogliere le esigenze dei territori e nel rispondere tempestivamente ai bisogni sociali, anche adottando modalità innovative. Nei primi mesi del 2023, e quindi appena fuori dalla fase più acuta della crisi energetica, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha dichiarato di aver intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. Ulteriori evidenze descrivono comportamenti virtuosi nel campo dell’innovazione eco-sostenibile. Tuttavia, sul sistema produttivo italiano pesano, oltre agli scenari economici globali incerti e instabili, la sua elevata frammentazione e la sua scarsa propensione a investire, soprattutto da parte delle imprese piccole e micro.

PER GLI APPROFONDIMENTI SI RIMANDA AL SITO universauser 

UTOPIA21 - SETTEMBRE 2023: L’AGGIORNAMENTO 2023 DELLA RICERCA “TRA-I-LAGHI” di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi

 L’AGGIORNAMENTO 2023 DELLA RICERCA “TRA-I-LAGHI”

 di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi

L’AGGIORNAMENTO 2023 DELLA RICERCA “TRA-I-LAGHI”

                        di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi    

 

Gli scriventi hanno condotto nel 2015 una ricerca estesa ad un territorio (che include i 16 comuni allora aderenti ad “Agenda21Laghi”) compreso tra Verbano e lago di Varese, da Vergiate a Laveno, lavorando principalmente sui dati dei censimenti ISTAT 2010-2011 e del rapporto ISPRA 2015 sul consumo di suolo.

La ricerca denominata “tra-i-laghi” 1 si compone di tabelle, grafici, cartine tematiche e commenti ed elabora i principali dati statistici successivi al 2000 per tale territorio in raffronto a Provincia di Varese, Lombardia ed Italia, riguardo a demografia, lavoro, pendolarità, istruzione, abitazioni, suolo.

Dal 2016 gli Autori hanno prodotto aggiornamenti annuali parziali.

L’aggiornamento 2023, oltre alle variazioni dei dati demografici nell’ultimo anno, riguarda il raffronto decennale tra il censimento 2011 e la parte dei dati 2021 già disponibili nei nuovi “Censimenti permanenti” dell’ISTAT, e le nuove elaborazioni relative alla griglia chilometrica della densità abitativa.

 


come si vive tra-i-laghi di Varese e Maggiore

ricerca statistica 2000/15 per agenda21laghi

AGGIORNAMENTO 2023

 

Sommario:

- commento sintetico

- tabella 0 – popolazione 1861-2021

- tavoletta 0 – popolazione 1861-2021

- tabella 1 – popolazione 2021-2022

- tavoletta A – popolazione 2021-2022

- tabella 2 – popolazione 2022: incidenza stranieri

- tabella 3 – dinamica stranieri su residenti 2021-2022

- tabella 4 – popolazione 2011-2021

- tavoletta B – popolazione 2011-2021

- tabella 5 – dinamica stranieri su residenti 2011-2021

- tabella 6 – persone per famiglia 2011-2021

- tavoletta C – persone per famiglia 2021

- tabella 7 - % anziani su residenti 2021

- tabella 8 – dinamica anziani 2013-2021

- tabella 9 – abitazioni in proprietà 2021

- tabella 10 – abitazioni in proprietà 2011-2021

- tabella 11 – livelli di istruzione 2021

- tavoletta D – livelli di istruzione 2021

- tabella 12 – livelli di istruzione – dinamica 2011-2021

- tabella 13 – popolazione attiva, occupata e non, 2021

- tabella 14 – dinamica attivi 2011-2021

- tabella 15 – dinamica occupati 2011-2021

- tabella 16 – residenti pendolari giornalieri fuori comune 2021

- tabella 17 – dinamica pendolari giornalieri fuori comune 2011-2021

- griglia densità popolazione 2021 per Km2: area studio

- griglia densità popolazione 2021 per Km2: area metropolitana milanese

Allegati dalla ricerca 2015:

-       tavoletta A3 “densità popolazione ab/km2”

-       Figura 3 “Insediamenti, conurbazioni, verde”


 

COMMENTO SINTETICO ALL’AGGIORNAMENTO 2023

 

Indice:

-       premessa

-       dati decennali 2011-2021

o   popolazione residente

o   stranieri

o   persone per famiglia

o   anziani

o   abitazioni in proprietà

o   istruzione

o   attivi e occupati

o   pendolarità

-       dati annuali 2021-2022

o   residenti

o   stranieri

-       confronto dal 1861 al 2021

-       griglia di densità abitativa per chilometro quadrato

 

 

PREMESSA

 

L’aggiornamento “2023” della nostra ricerca “tra-i-laghi”, oltre ai dati disponibili relativi al 2022 (residenti e stranieri), può avvalersi della complessa transizione dei censimenti Istat dal consueto intervallo decennale (per l’appunto ricadente al 2021) alla nuova formula dei “censimenti permanenti”, che offrono già un buon pacchetto di dati disaggregati a livello comunale, per popolazione/famiglie/abitazioni, nonché per età, istruzione, occupazione e pendolarità.

Ciò consente un’ampia ri-edizione di buona parte della nostra ricerca (che si fondava sulla dinamica 2001-2011), impostata ora sul confronto decennale 2011-2021 (già anticipato nel 2022 per i dati più elementari quali la popolazione residente e la sua componente ‘straniera’), mentre il completamento ad altri fattori (quali lavoro e imprese, agricoltura, terzo settore) deve essere rimandato a quando l’ISTAT ne pubblicherà i dati.

Confermiamo inoltre il rinvio del monitoraggio sul consumo di suolo (dati I.S.P.R.A.), perché poco significativo, nella nostra area, se eseguito con cadenza annuale; e del rilevamento dei redditi dichiarati, perché falsati dall’assenza degli stipendi erogati dal C.C.R. di Ispra.

In correlazione ai risultati censuari ISTAT 2021 sviluppiamo inoltre due nuovi approfondimenti:

-       il raffronto della popolazione residente nelle attuali circoscrizioni comunali dall’Unità d’Italia (1861) all’ultimo censimento (2021),

-       l’utilizzo della nuova griglia sulla densità di popolazione formulato dall’ISTAT in una maglia regolare di lato un chilometro.

Il tutto applicato ai Comuni che nel 2015 erano in Agenda21Laghi ed ai territori già assunti come riferimento, confermando tutti i criteri metodologici della più ampia ricerca pubblicata nel 2015.

 

 

DATI DECENNALI 2011-2021

 

-       popolazione residente (tabb. 4 e 5 – tav. C)

 

Riprendiamo dal commento 2022: “Considerando l’intervallo decennale 2011-2021…, il calo complessivo della popolazione nell’Area Studio è circa di un migliaio di persone, pari all’1,3%, in controtendenza con Provincia e Regione, che presentano saldi positivi pari rispettivamente allo 1% e al 3% (mentre a livello nazionale il calo è dello 0,8%).

Nel decennio il divario tra i singoli comuni è molto più accentuato, dal calo oltre il 6% di Laveno Mombello, Sangiano, Brebbia, Malgesso e Ranco, all’incremento superiore all’1% di Leggiuno, Bardello, Ispra, Cadrezzate/Osmate, Comabbio, Varano Borghi e Sesto Calende: la rappresentazione geografia sulla tavoletta B, pur evidenziando alcune affinità di comportamento tra comuni contermini, non ci pare si presti ad una lettura di sintesi.

… le tendenze negative sono da attribuire in prevalenza allo sbilancio del saldo naturale nati-morti, affiancato da un indebolimento dei flussi di immigrazione, sia di origine straniera che nazionale.

-       stranieri

Guardando” infatti … “il raffronto decennale 2011-2021, l’incidenza media degli stranieri sui residenti nell’intera Area Studio permane circa costante (cala solo da 8,8% a 8,7%) con una polarizzazione tra l’incremento massimo di Ispra (3,4%) e lo speculare decremento del confinante comune di Ranco (-3,3%): divario locale che ci riesce difficile interpretare, forse legato alle dinamiche dei valori immobiliari.

Anche l’insieme della tavoletta non sembra suggerire un’immagine geografica significativa.

Nel contempo l’incidenza degli stranieri sui residenti è invece cresciuta a livello provinciale (0,9, avvicinandosi con 8,5 al valore dell’Area Studio), regionale (2,2%) e nazionale (2%); Milano registra un incremento del 6,2%.”

 

“…in proposito precisiamo, come ricorda frequentemente lo stesso Istat nei suoi commenti, che non è qui quantificato il fenomeno della acquisizione della cittadinanza italiana da parte di una quota di immigrati (acquisizione di cittadinanza probabilmente non ambita e non richiesta dai numerosi immigrati comunitari che gravitano attorno al Centro Comunitario di Ricerca di Ispra, così come dalla comunità romena).”

 

-       persone per famiglia (tab. 6)

 

Nel calo generale del numero di persone per famiglia, già misurato nel precedente decennio

(da 2,45 a 2,3 nell’area studio), il valore scende ulteriormente a 2,15, con un calo di 0,15 punti che risulta mediano rispetto alla gamma di Provincia, Regione e Italia (tra 0,11 e 0,20), i cui valori di arrivo restano comunque superiori a 2,2 persone per famiglia, mentre tra le entità più urbane da noi considerate sia Milano che Arona sono scese sotto il valore 2 (Milano già dal 2011, anzi risale leggermente).

All’interno dell’area vi sono rilevanti differenze, dal minimo di 2,06 a Laveno Mombello al massimo di 2,42 per Bardello.

 

 

 

 

-       anziani (tabb. 7 e 8)

 

L’incidenza degli anziani oltre 65 anni sul totale dei residenti (malgrado la maggior mortalità dovuta alla pandemia Covid-19) cresce dal 2013 nell’area studio dal 22,6 al 25,9% (+3,3%), con valori molto più alti di Provincia, Regione e Italia, che si attestano sul 23-24%, con incrementi più contenuti (da 2,0 a 2,7%).  L’incidenza al 2021 per l’area studio è vicina al valore del comune di Varese, mentre per Milano è in calo dal 25 al 22%.

Anche per questo dato è ampio il divario all’interno dell’area studio, tra il 21% di Comabbio ed il 31% di Laveno Mombello.

Rammentiamo che su taluni comuni pesa anche l’essere sede di Residenze per Anziani RSA (il che incide anche sul precedente dato del numero di persone per famiglia, ed influisce su altri indicatori): spicca quindi anche il dato di Angera, con il 30%, senza essere sede di RSA.

 

-       abitazioni in proprietà (tabb. 9 e 10)

 

L’incidenza delle famiglie che risiedono in alloggi di proprietà (sul totale delle famiglie residenti) è ulteriormente aumentata per l’area studio di 2,5 punti percentuali dal 74,4% al 77,2% (al 2001 era pari a 71,7%). L’attuale valore è quasi identico a quello provinciale e leggermente superiore alla media regionale ed a quella nazionale, che presenta però un incremento maggiore nel decennio (+4,6%). Il panorama interno all’area studio vede un minimo in Ispra (65,5%) ed un massimo in Bregano (91%).

-       istruzione (tabb. 11 e 12 e tavoletta D)

 

Considerando la somma di laureati e diplomati rispetto al totale dei residenti, la percentuale aumenta di oltre 9 punti, da 38,8 a 48,2%, e questo andamento coincide quasi con quello della media provinciale e di quella nazionale, mentre i valori medi regionali sono leggermente più alti, da 40 a 49,7%.

Il raffronto con le città segnala Varese al 55% e Milano al 60% circa.

All’interno dell’area si rileva un divario tra il 41,6% di Sangiano ed il 57,2% di Ranco.

La tavoletta D mostra omogeneità di comportamenti tra comuni contermini, con valori più alti lungo il lago Maggiore, attorno al lago di Monate e nell’area a sud-ovest, e valori più bassi lungo la direttrice ‘manifatturiera’ sul lato est, da Vergiate a Bardello e più a nord attorno a Besozzo, confermando alcune valutazioni della nostra ricerca 2015 – seguito di confronti multi-fattoriali – circa i gradienti di ‘benessere sociale’ tra sud-ovest e nord-est dell’area studio (vedi figura 4  e pagg. 7-8 del commento di sintesi 2015).

 

-       attivi e occupati (tabb. 13,14,15)

 

L’incidenza percentuale della popolazione attiva (esclusi quindi fanciulli, studenti, casalinghe e pensionati) sul totale dei residenti, che era di 51,5% al 2011, è ritornata su tale valore (51,6) dopo aver raggiunto il 53,2% nel 2011. La media provinciale, superiore di circa un punto percentuale, presenta un andamento simile, mentre la media regionale, su valori leggermente superiori, ha continuato ad aumentare di poco, e quella nazionale, su valori inferiori, è diminuita di poco nell’ultimo decennio.

Nell’area il dato 2021 oscilla tra il 45% di Laveno ed il 57% di Comabbio (la stessa polarità rilevata sul dato della incidenza degli anziani).

 

Riguardo agli occupati, occorre preliminarmente osservare che il dato del 2021, condizionato negativamente dalla pandemia, poco si presta ad un confronto decennale, tenendo conto che l’andamento dei dati annuali ed infrannuali – disponibile a livello nazionale e per grandi circoscrizioni, ma non a livello comunale – indica una tendenza alla crescita fino al 2019 e poi un brusco calo nei due anni successivi, con netta ripresa nel 2022 e nei primi mesi del 2023.

Il dato medio dell’incidenza degli occupati sugli attivi nell’area studio risulta costante tra 2011 e 2021 al 93% circa (era 95,4% al 2001), ed anche Provincia e Regione mostrano lievi ritocchi attorno a valori simili, mentre a livello nazionale si ha un recupero oltre il 2%, ma partendo da valori più bassi (da 88,6 a 90,8%).

All’interno dell’area i dati al 2021 sono abbastanza omogenei, tra il minimo di 92,1% a Cadrezzate con Osmate ed il massimo di 94,8 a Bregano.

 

-       pendolarità (tabb. 16 e 17)

 

Benché anche in questo caso il dato del 2021 possa essere condizionato negativamente dalla pandemia, l’incidenza % dei pendolari (per studio e per lavoro, fuori dai confini del proprio comune) sul totale dei residenti aumenta dal 34,6 al 38,7% (era 31,7 al 2001), con aumento maggiore di Provincia, Lombardia e Italia, ed anche con percentuale di arrivo superiore alla media provinciale e regionale, e largamente superiore a quella nazionale, che è solo del 21,8%.

Il ventaglio interno all’area resta ampio e corre tra il 30% di Sesto Calende (che è sede di scuole superiori) ed il 55% di Bregano.

 

 

DATI ANNUALI 2021-2022

 

-       residenti (tab. 1)

 

Nel corso del 2022, arrestando il declino del precedente decennio, e soprattutto dell’ultimo biennio ‘pandemico’, la popolazione residente nell’area studio ha registrato un modesto aumento, + 0,1%, a fronte di ulteriori cali demografici a scala nazionale (-0,2%)  e regionale (-0,1%), mentre la provincia di Varese risulta stazionaria. Tali esiti per la Provincia e per l’area studio, tenendo conto della permanenza generalizzata del peggioramento del saldo naturale tra nati (in diminuzione) e morti (ritornati alla ‘normalità’), sono da ascrivere ad una ripresa dei saldi migratori positivi, in prevalenza per arrivi da altre aree italiane, perché il contestuale monitoraggio sulla presenza di cittadini stranieri (vedi sotto) non indica peculiari pressioni.

Nell’ambito dell’area studio il risultato poco superiore allo zero del saldo demografico complessivo nasconde dinamiche assai diverse, dal + 2% di Ispra al -2% di Comabbio, variazioni non usuali nel corso di una sola annata, in periodi ‘normali’ (come da inizio secolo al 2018).

 

-       stranieri (tabb. 2 e 3)

 

Nel 2022 l’incidenza dei cittadini stranieri sul totale dei residenti nell’area studio si mantiene costante all’8,7%, dato simile alla media provinciale (anch’essa stabile) ed a quella nazionale, mentre a livello regionale la presenza è maggiore (11,7%); nel corso dell’anno l’incidenza è diminuita di circa lo 0,2/0,3% per Italia e Regione. Occorre però rammentare che anche l’acquisizione della cittadinanza italiana concorre a far diminuire il dato statistico sull’incidenza degli stranieri (nonché il limite del rilevamento, che comunque include solo i cittadini stranieri muniti di permesso di soggiorno e non i neo-arrivati, richiedenti asilo, ecc.).

Tra i comuni dell’area la gamma delle incidenze varia dal 4% di Biandronno e Bregano al 14,6% di Ranco e 14% di Ispra (si rammenta la rilevanza del CCR di Ispra), e la variazione annuale si apre tra il -2% di Bregano e Sangiano, e della stessa Ispra, e gli incrementi di 1,5% a Bardello e 1% a Taino.  

 

 

CONFRONTO DAL 1861 AL 2021 (tab.0 e tav.0)

 

Il confronto riguarda la popolazione residente rilevata al primo e all’ultimo censimento nazionale, nell’ambito degli attuali confini dei Comuni, gran parte dei quali è costituito dalla aggregazione (soprattutto nel 1929) di più piccole circoscrizioni comunali.

Sorvolando su alcune differenze metodologiche intercorse in questi 160 anni, che rendono impreciso il confronto, si rileva che la popolazione dell’area studio è aumentata meno di 3 volte (+175%), a differenza della Provincia di Varese (+277%) e della Lombardia (+215%), mentre il confronto con l’intero dato nazionale è improponibile, data la successiva estensione dell’Italia al Triveneto ed Lazio pontificio.

All’interno dell’area gli andamenti risultano molto differenziati, dal semplice raddoppio per il territorio di Angera (+99%) e Comabbio, alla quasi quintuplicazione di Varano Borghi (+390%), che è paragonabile ai risultati di Varese (+350%) e Milano (+400%).

Guardando la tavoletta 0, si può constatare che i casi estremi non ‘contagiano’ i comuni vicini.

Comportamenti simili all’area studio mostrano anche i territori degli attuali comuni da noi esaminati all’esterno dell’area, compresi tra gli estremi di Gavirate, che passa da 2.700 a 9.000 abitanti (+237%) e di Golasecca da 1.800 a 2.600 (+47%).

 

I territori che presentano gli incrementi minori sono per lo più caratterizzati da un forte calo (migratorio) negli anni 20 e 30 del ‘900 (calo che non si registra a scala provinciale e regionale), mentre i territori con incrementi maggiori hanno andamenti differenziati ma in prevalenza con segno positivo costante.

Per dare conto degli andamenti nei decenni, a titolo di esempio riproduciamo il grafico relativo all’attuale Provincia di Varese:

 

 

 

Considerando le gerarchie tra ‘classi demografiche’, appaiono confermate le posizioni apicali dei territori che nel 1861 avevano più di 3.000 abitanti, o quasi, e che oggi ne contano oltre 8.000: Sesto Calende, Besozzo, Vergiate e Laveno Mombello (scavalcato in graduatoria da Vergiate), mentre più fluida risulta la dinamica nelle classi inferiori: Angera passa da 2.700 a 5.400 abitanti, mentre Ispra balza da 1.900 a 5.200.

 

 

GRIGLIA DI DENSITÀ ABITATIVA PER CHILOMETRO QUADRATO

 

Questa nuova elaborazione dell’ISTAT (alla cui Nota metodologica rimandiamo), coordinata a livello europeo anche per quanto riguarda il posizionamento della ‘quadrettatura’ di lato un chilometro, consente una lettura più realistica della densità abitativa, rispetto a quella riferita ai confini delle circoscrizioni comunali (vedi in allegato la tavoletta A.3 riferita ai dati del 2011), perché legge il territorio come un ‘continuo’, seppure ‘discreto’.

Naturalmente a scala dettagliata il dato perde significato, per la casualità con cui cadono i confini dei riquadri di 1 Km2 (ad esempio includendo un pezzo di abitato costiero ed un pezzo del lago antistante), per cui ne proponiamo solo due visioni di insieme, l’una che include l’area studio con gli altri comuni esterni e l’altra estesa all’area metropolitana milanese:

-       non sono presenti nell’area studio le densità massime superiori a 5.000 abitanti per chilometro quadrato (colore blu), che invece si addensano in Milano e cintura, e compaiono isolatamente in Varese, in Gallarate nonché più aggregate a Busto Arsizio e Legnano;

-       la densità medio-alta, tra 1.500 e 5.000 abitanti per km2 (colore marrone scuro), che caratterizza varie propaggini dell’area metropolitana ed in particolare in continuità l’asse del Sempione, su di esso si esaurisce a Somma Lombardo (seppure con cunei più tenui ad ovest – valle del Ticino – e ad est) e riprende solo per punti nell’area studio (e verso Arona): Vergiate, Sesto Calende con Castelletto Ticino, Taino, Ispra, Besozzo e Laveno Mombello; è presente inoltre a Gavirate e per punti da lì verso la Valcuvia, e poi con continuità verso Varese;

-       l’insieme dell’area studio (la cui densità media si aggira attorno a 400 abitanti/km2, vedi tavoletta A.3), in questa lettura per riquadri oscilla tra il valore medio-basso (beige, ovvero tra 300 e 1500 ab/km2) e quello basso (tra ZERO e 300 abitanti/km2), con qualche sprazzo di bianco (zero abitanti) in corrispondenza delle aree centrali dai laghi ed anche di qualche estensione boschiva;

-       tale oscillazione tra densità bassa e medio-bassa, con pochi punti di densità medio-alta su una superficie attorno ai 200 km2, senza che si tratti dell’area adiacente ad un polo attrattivo ad alta densità, è una situazione poco frequente nel panorama nazionale (e ci pare confermi le ipotesi di lettura dell’area studio come “territorio semi-urbano policentrico”, di cui alle conclusioni del nostro testo del 2015).

 

Rammentando che il dato in questione è la sola densità abitativa, senza tener conto dei suoli urbanizzati ad uso non residenziale e delle seconde case, alleghiamo nuovamente la figura 3 (purtroppo di non alta qualità grafica) estratta dal Data Base Geo-Topografico della Regione Lombardia, che rappresenta invece i principali usi del suolo, evidenziando le aggregazioni urbane rispetto allo ‘sfondo’ agro-forestale.    

 

 

 

 

 

annavailati@tiscali.it

aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

1.            Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi – TRA-I-LAGHI – 2015 e aggiornamenti annuali - http://www.agenda21laghi.it/vivere_tra_laghi.asp

2.            ISTAT - STATISTICHE SULLA POPOLAZIONE PER GRIGLIA REGOLARE – 28 luglio 2023 -  https://www.istat.it/it/archivio/155162

3.            Aldo Vecchi – RAPPORTO ISTAT 2023 – in questo numero di Utopia21