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sabato 23 febbraio 2013

GREEN LIFE OVVERO L’OTTIMISMO TECNOLOGICO


Con una intensa pubblicistica, riassunta nel volumetto “Green Life”, Berrini e Poggio 2010, e che ha avuto buona risonanza con la omonima mostra alla Triennale di Milano nel 2010 (e nel relativo catalogo AAVV - Berrini e Colonetti 2010), intellettuali e organismi vicini a Legambiente, svolgono una meritoria campagna di informazione sulle esperienze internazionali (soprattutto europee) più avanzate in materia di:

-          risparmio energetico nell’edilizia

-          quartieri ecologici

-          trasporti innovativi

-          politiche urbane variamente virtuose in materia ambientale.

La particolare arretratezza italiana, aggravata da una politica nazionale errabonda in materia di incentivi energetici ed incline all’improvvisazione in materia di incentivi alla rigenerazione urbana (Piani casa calati dall’alto per decreto sulle autonomie locali, in assenza di una complessiva riforma delle leggi per il governo del territorio), rende prezioso ogni suggerimento positivo, finalizzato a concretizzare ed anticipare gli obiettivi europei in materia di risparmio energetico e contenimento delle emissioni di CO2 ed altri gas climalteranti.


Tuttavia, proprio perché l’Italia parte da una situazione arretrata,  sembrerebbe necessario approfondire meglio quale sia la strada migliore da seguire per la realtà italiana, verificare dove portano le esperienze straniere, capire se sia davvero possibile uno sviluppo sostenibile, oppure se si rischia di ricopiare forme attenuate di  congestione ed invivibilità.

Approfondimenti che mi pare manchino presso gli autori citati, sostituiti da una sorta di ottimismo tecnologico (che nella mostra milanese si proiettava anche acriticamente sui prodotti delle aziende sponsorizzatrici).

E’ inoltre apprezzabile, contro i teorici della “decrescita felice”, la citazione del compianto Alex Langer, che già nel 1994 sosteneva che “la conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà desiderabile”: ma la conclusione di Poggio e Berrini, dopo aver correttamente sostenuto che consumi individuali e collettivi più consoni alla scarsità delle risorse non scaturiranno automaticamente dalla crisi in atto, e potranno nascere solo dal combinarsi di una battaglia culturale dal basso (per ora minoritaria)  e di coerenti politiche dall’alto (che non si intravvedono), sembra affidare le speranze di soluzione all’autogoverno delle città, collegate tra loro su scala mondiale, come già nella retorica visionaria di Peter Droege Droege 2008  e come faticosamente dalla conferenza di Rio (1992)  gli ecologisti, molte amministrazioni locali e le Agende21 tentano di fare, agendo localmente e pensando globalmente.

Manca invece l’approfondimento sulle modalità di formazione del consenso sociale necessario a rendere egemoni i comportamenti virtuosi auspicati, oppure la connessione ad una strategia conflittuale, quale quella proposta da Guido Viale (vedi POST).

Il tema della austerità, o sobrietà dei consumi, che pervade variamente le posizioni di Latouche, Sachs, Viale e Green-Life (vedi POST), trova antesignani illustri nel mondo classico, da Platone a Catone, per lo più legata a temi morali e sociali (conservazione delle virtù in contrapposizione a lusso e lascivia delle crescenti città) e solo in parte connessa ai limiti delle risorse agricole e della produttività della terra in Columella Ferraro 2001 : in quel mondo però era felicemente sganciato dal tema della democrazia, che non apparteneva agli aristocratici e conservatori (come Platone e Catone), in un tempo in cui comunque anche i democratici presupponevano lo schiavismo.

Il nodo austerità/democrazia è invece ben vivo ai nostri tempi, e di difficile soluzione (vedi anche le difficoltà di Berlinguer di fronte alla crisi degli anni ’70).

PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE  2^" E "BIBLIOGRAFIA"

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