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mercoledì 17 luglio 2013

LA SOLITARIA SAGGEZZA DEL VECCHIO REICHLIN


Alfredo Reichlin, andando oltre i suoi consueti (e poco ascoltati) interventi brevi su l’Unità, talvolta forse un po’ astratti, ma spesso stimolanti, ha proposto un documento più ponderoso come riflessione pre-congressuale per il PD, che parimenti mi pare destinata a scarso ascolto (anche perché parla di contenuti e non di formule o nomi per la leadership).

Il testo mi pare meritevole di riepilogo ed approfondimenti, anche perché Reichlin è stato tra i pochi osservatori di area PD a  vedere per tempo gli aspetti  strategici della crisi e la sua radice in quello che Luciano Gallino ha definito come “Finanz-capitalismo” (vedi mio Post in proposito).

(A margine:  nel testo di Reichlin ho notato e annotato anche una polifonia di citazioni rivolte esclusivamente al mondo cattolico: tattica congressuale o strategia ideologica?)

Partendo appunto dalla crisi, Reichlin ne vede la specificità italiana come crisi economica, di identità e di rappresentanza politica (con una carenza complessiva di una classe dirigente che tenda all’interesse generale) ed i contorni internazionali in questi termini (in gran parte irreversibili):
-          rottura del compromesso tra capitalismo e democrazia, che consentiva il welfare,
-          deperimento dei poteri statali, a fronte delle oligarchie finanziare sovranazionali (vedi Paolo Prodi sulla rottura nella civilizzazione del capitalismo),
-          tramonto della centralità europea, sotto la spinta delle nuove potenze economiche mondiali
-          uso dell’immenso esercito di riserva dei lavoratori dei popoli poveri per attaccare la civiltà del lavoro europeo, i diritti democratici ed i vecchi ”ceti medi”,
-          caduta della “guerra fredda”  e del ruolo italiano di alleato privilegiato nell’asse atlantico,
-          società che diviene “castale” e affida la politica ad un ceto di notabili,
-          scomposizione del sistema dei partiti di massa quali “religioni civili”.

La finanza è necessaria per lo sviluppo e la ricerca tecnologica, ma storicamente i “mercati” sono frutto di regole politiche, per impedire la prevaricazione dei più forti: ora invece una finanziarizzazione senza regole aggredisce i tessuti sociali e mette in pericolo il futuro della specie umana dì della vita sul pianeta Terra (vedi in merito anche la posizione di Papa Bergoglio).

Lo sfruttamento non si esaurisce nei rapporti di lavoro, ma investe tutta la condizione umana.

Nel contempo l’economia non è in grado di determinare l’insieme dei comportamenti nelle società complesse post-industriali, e lo stesso sviluppo alimenta bisogno e produzione di valori immateriali non riducibili ai mercati.

Pertanto in qualche misura risultano insufficienti le visioni limitate al conflitto stato/mercato ed anche a quello profitto/lavoro.

Sono evidenti le difficoltà delle forze riformiste in una “società che in questi anni è stata negata come tale, cioè come un insieme di legami storici, culturali, anche ancestrali” e raccontata invece come una somma di “individui immersi in un eterno presente” e rapportati solo al consumo e al denaro.

Su questa diagnosi (che mi sembra largamente condivisibile, ma non mi risulta altrettanto condivisa dentro il PD), si innestano le indicazioni propositive di Reichlin, che, francamente, mi sembrano convincenti in questi primi punti:
-          politica interna ed estera non sono separabili, solo su scala europea (includendo il Mediterraneo) si può trovare la forza per regolare i mercati finanziari, contrastando le oligarchie dominanti,
-          le lotte per la democrazia divengono credibili se si dimostrano capaci di affrontare le “reali potenze che ci sovrastano”, riconquistando un ruolo di effettiva sovranità per i cittadini e per i loro diritti,
-          la politica della sinistra deve riuscire a “produrre senso”, oltre il balbettio elettorale, ed il conseguente disprezzo, che non è solo qualunquismo: occorre ridare “cittadinanza”  a tutti, a partire dagli ultimi, e costruire non solo programmi, ma associazioni, insediamento culturale, “ideologia”: “una visione, un progetto collettivo ed una idea di società”;

ed invece più vaghe e poco strutturate nei seguenti decisivi passaggi:
-          è necessario un nuovo modello sociale, ove dare voce non solo al lavoro, ma ad una “nuova umanità”, una “nuova idea di sviluppo”, contro le rendite e le consorterie, costruendo un “blocco storico” che leghi lavoro, bellezza e qualità della vita, valorizzando l’autonomia e la dignità delle persone contro ogni forma di alienazione (con un positivo ruolo quindi dell’umanesimo cattolico),
-          dentro a  questo disegno, la giustizia sociale non si può ridurre a formule di “pari opportunità” (che escludono di fatto i ceti subalterni) ed occorre assicurare una dignità al lavoro, contro la precarizzazione, anzi a tutti i lavori, comprendendo l’importanza dell’impresa (oltre la concezione classista),
-          “Mettere le persone in condizione di esprimere le loro capacità di lavorare e di riprodursi, di dare un senso alla convivenza ed ai legami sociali, diventa la condizione necessaria perché lo sviluppo globale sia sostenibile”: ciò attraverso “lotte per l’emancipazione” e non mere chiacchere sui valori.

Il limite del discorso mi sembra che risieda nella mancanza di indicazioni sui contenuti effettivamente praticabili di queste lotte, e sulla modalità di organizzare i soggetti disponibili alle lotte, soprattutto se si esce dal perimetro dei conflitti dei lavoratori contro lo sfruttamento e si spazia, come pure è giusto, attraverso l’ambiente ed i territori; inoltre, quanto assomiglia a tutto questo l’attuale PD? Come potrebbe evolvere in tal senso?

Il PD, spiega Reichlin (confortandosi a vicenda con Castagnetti) – unico partito in qualche modo sopravvivente nella rottura in atto del circuito società/partiti/istituzioni – salva se stesso solo se salva la democrazia italiana e si impegna, anche sotto il profilo morale, a “ridare un’anima all’Italia”, insediandosi nella storia del paese (non cancellando il passato), e proponendo la sinistra (in quanto attenta agli ultimi) come nuovo “partito nazionale”.

Occorre pertanto superare l’attuale immagine confusa del PD, non limitarsi a cercare un leader o ad assommare cordate di potere.  

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