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martedì 19 novembre 2013

NON SARO' TRA I POLLI DI RENZI

Mi riprometto spesso di non appiattire questi miei commenti sulle spicciole dichiarazioni quotidiane, ma l’uscita ufficiale di ieri sera ai Telegiornali da parte del vincitore provvisorio del congresso nazionale PD, Matteo Renzi, mi ha scosso parecchio.

Rammentando lo zio di Benigni in “Jonny Stecchino”, quando enumera i gravi problemi di Palermo, tra cui il più enorme è “IL TRAFFICO”, secondo il futuro leader del PD le priorità per l’Italia sono (uso parole mie):
-          Dimezzare il numero dei politici (immagino quelli pagati, sennò è un inno contro la partecipazione popolare), per finanziare così opere di bene e posti di lavoro
-          Rifare le regole della burocrazia, che ora ci soffoca.

Ingenuamente io pensavo che ci fossero ben altre priorità, dall’enorme debito pubblico alla finanza internazionale che ci strangola, dalla crisi produttiva alla disoccupazione di giovani ed esodati, dalla lotta alle mafie ed alla corruzione all’evasione fiscale, dalla crisi climatica globale alla fragilità idrogeologica e sismica peculiarmente italiane.
Invece tutto sta lì, nel licenziare un po’ di politici, e liberarsi dalla burocrazia: per salvare l’Italia o solo per guadagnare qualche punto nei sondaggi?
Venendo al merito delle proposte renziane:
-          Dimezzare i politici pagati può essere un bene, ma un candidato leader dovrebbe sapere e dire quanto si risparmierà da tutto questo, e promettere quindi un po’ meno asili-nido e cotillons
-          Nella burocrazia ci ho lavorato 35 anni, e mi sono fatto un’idea di pregi e difetti, e delle riforme già attuate o avviate: ben vengano ulteriori semplificazioni (meglio se chiare e precise), ma non capisco come attendersi da queste miracolosi effetti per il rilancio del sistema-paese.

Non rimpiango la vecchia SIP, da cui bisognava attendere dei mesi per allacciarsi al telefono; però non amo molto neanche la Edison, ad esempio, che da 9 mesi continua a tormentarmi con le sue bollette, senza accorgersi che ho (avrei?) cambiato fornitore (privato forse non è poi così bello).

domenica 17 novembre 2013

CUPERLO, TRA ALBA E TRAMONTO

Sull’Unità di ieri 16-11-13, Gad Lerner ha posto in poche righe a Cuperlo un quesito a mio avviso decisivo, e cioè se il candidato alla segreteria del PD intenda uscire dalla “reticenza” sui rapporti politica/affari che nel recente passato hanno coinvolto negativamente personaggi dell’area post-comunista, quali Penati, Lorenzetti, Mussari.

La risposta di Cuperlo è lunga e verbosa, storicista e moderatamente auto-critica, e dice ovvietà condivisibili su “etica”, “sobrietà” e “onestà”; ma mi pare francamente deludente riguardo alla concretezza delle proposte:
-          separare politica e amministrazione (archiviando la pratica delle nomine di partito negli Enti, e “combattendola se sopravvive”: non si fa prima a vietarla, nello Statuto del PD e nelle leggi della Repubblica?)
-          escludere il cumulo di cariche tra Partito e Istituzioni (ma senza disporre una rigida “separazione delle carriere” come suggerito da Fabrizio Barca)
-          dimissioni da incarichi politici e istituzionali “quando un dirigente del PD è davanti alla Magistratura” (quando: all’avviso di garanzia? al rinvio a giudizio?).

Invece di tante parole, pur forbite  (“rito e mito di primarie come palingenesi del ricambio senza tener conto di una nuova rappresentazione patrimoniale” – cioè?) e poetiche (“forze … orfane via via di un qualche ancoraggio tra il cielo dei profeti e la terra dei gazebo” e su su fino a Saba) non sarebbe meglio qualche fatto, concreto, preciso, subito?
Ad esempio invitare a dimettersi, comunque, per tutti i segretari di Circolo e di Federazione, cuperliani, appena eletti ed in sospetto (tra gli altri) di cammellaggio di tessere collettive.
Sarebbe una “rivoluzione Cuperlicana”, molto più utile, per guadagnare consenso tra i non-iscritti alle primarie dell’8 dicembre, che non l’indecente scannamento mediatico in atto su chi sta raccogliendo più voti tra gli iscritti (tessere fasulle di cui sopra comprese).

Altrimenti c’è il rischio di presentarsi come l’alba, ed essere invece solo un estenuato tramonto del vecchio “sol dell’avvenire” (i colori sono simili).

lunedì 11 novembre 2013

A QUESTE PRIMARIE NON VOTERO', A MENO CHE I 101 ...

Caro Epifani (presso Bersani-mail-office),
io probabilmente questa volta non voterò alle primarie, per i motivi che ho già illustrato sul mio blog "relativamente, sì" e reso noto a codesto indirizzo.
Potrei cambiare idea se i famosi 101 avessero, ora, il coraggio di dire "siamo stati noi" e perché l'hanno fatto.
Il Segretario uscente potrebbe chiederlo, per la dignità restante del suo partito.
Buon lavoro.
Aldo Vecchi

domenica 10 novembre 2013

GUIDO ORTONA ED IL MISTERO DELLA SINiSTRA SCOMPARSA

I
Ritengo che a fronte della evidente impotenza politica della sinistra europea la critica debba essere radicale, ma non per questo schematica.

L’intervento di Guido Ortona (docente di economia dell’Università del Piemonte Orientale) “Il mistero della sinistra scomparsa” (ovvero “il PD non vuole uscire dalla crisi”) mi sembra per l’appunto alquanto schematico.
Cerco di riassumerlo (senza essere anch’io troppo “schematico”):
1         nella crisi l’Italia è costretta  a pagare pesanti interessi sul debito pubblico a favore della finanza internazionale (solo 1/7 dei BOT ecc. è posseduto da famiglie italiane);
2         le soluzioni di sinistra per uscire dalla crisi sono note (svalutazione oppure ulteriore debito pubblico oppure redistribuzione dei redditi tramite fisco: le prime 2 inibite dall’adesione all’Euro);
3         i vertici del PD non le assumono perché stupidi-ignoranti-corrotti e oggettivamente “comprati” dalla cattiva finanza, tanto da rinunciare a proposte di perequazione fiscale che sarebbero efficaci e popolari;
4         la base onesta ed i quadri intermedi del PD non influiscono perché c’è una egemonia culturale che rende normale il sistema operante in favore della finanza internazionale
5         perché anche SEL non fa proposte chiare per uscire dalla crisi?

Mi permetto di avanzare alcune obiezioni:
-          1 e 2: la crisi non è solo italiana e non dipende solo dal debito: vedi da un lato la Francia, che non va bene malgrado un debito relativamente più basso e meno internazionale (ma anche i BOT sono stati in buona parte ricomprati dalla banche italiane); dall’altro USA e Giappone, che faticano a riprendere anche espandendo ulteriormente il debito e manovrando liberamente la propria moneta; ferma restando la centralità della questione finanziaria (vedi “Finanz-capitalismo” di Luciano Gallino), ho l’impressione (leggendo diversi autori) che questa crisi abbia ha che fare con la competizione con nuovi soggetti a scala mondiale, con l’usura di un modello di sviluppo e consumi, con l’esaurimento relativo di parte delle risorse naturali; a fonte di ciò quanto vale la certezza che esistono 3 “classiche” risposte di sinistra?
-          2: per il PD uscire dall’Euro è un tabù indiscutibile (e istintivamente anch’io mi ci riconosco); ma esiste una proposta seriamente di sinistra che ritenga praticabile questa strada (è vero che la Grecia non sta molto bene, ma anche per l’Argentina non furono solo né sono rose e fiori)? ne hanno parlato Loretta Napoleoni e altri intellettuali, ma nessun “politico”, da Vendola a Rodotà all’ultra-sinistra (che ne pensa Ortona, che vi allude vagamente?) – mi immagino viceversa lo sconquasso se un simile esito fosse pilotato da Grillo&Casaleggio, oppure da Berlusconi&Santanché
-          3 e 4: è così vero che le proposte di perequazione fiscale (dalla patrimoniale in là) sarebbero popolari? Perché allora né SEL né le formazioni alla sua sinistra, che tali temi hanno sviluppato, non vengono mai premiati né nelle urne né nei sondaggi?  A mio avviso la questione dell’egemonia culturale (del neo-liberismo), che Ortona invoca per spiegare il don-abbondismo dei quadri intermedi del PD, è invece assai più estesa, immanente  e fondamentale per spiegare tutta l’impotenza politica della sinistra europea (e non solo italiana): mi sembra che oggi (dopo l’esaurirsi della rivoluzione d’ottobre – ben prima del crollo finale dell’URSS - e la sconfitta dei movimenti di sinistra radicale degli anni 60-70) sia molto difficile rendere popolari le parole d’ordine della giustizia fiscale (molto più facile far credere che il nemico sia la “casta”); e questo perché il popolo è profondamente contaminato sia da bubbole ideologiche false ma ormai fortemente radicate, sia da alcune oggettive striature di condizioni materiali proprietarie e patrimoniali (la partita IVA, la casa in proprietà, qualche frammento di 2^ casa, un gruzzoletto di risparmi): nasce anche da qui il consenso che raccoglie Renzi (così come le volute ambiguità di Grillo).
-          5: come segnalavo nella mia recensione di “Svegliatevi” di Pierre Larroutouru, se la sinistra europea non “vuole” o non “riesce” a uscire dalla crisi, occorre “domandarsi perché ciò avvenga: --- è ingenuamente ottimista sul rilancio del vecchio modello economico, oppure ci sono ragioni sociali di rappresentanza e consenso che incidono sul suo pensiero e sulla sua azione? Se fosse così, come influenzarlo?” Con la sola forza delle idee? A mio avviso le proposte di SEL (mozione congressuale del leader unico Nichi Vendola) sono anche abbastanza chiare e teoricamente incisive (e per altro non troppo distanti da alcuni temi dei candidati perdenti nel PD; Cuperlo Civati e Pittella), se ci fosse un’ampia “sinistra di governo” su cui far leva: poiché questa non c’è (ufficialmente non c’è più dopo i 101 contro Prodi), manca soprattutto una strategia alternativa per aggregare il necessario consenso.

domenica 3 novembre 2013

UN ASSAGGIO DELLA MOZIONE DI RENZI

Come campione del documento congressuale presentato da Matteo Renzi, prendo il tema del Lavoro, sia perché qui era atteso il nuovo Renzi, rispetto a quello schierato con Pietro Ichino (&C) nel 2012 (Ichino che si è poi schierato con Monti) e quindi contro l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (ad esempio), sia perché tutto sommato è un tema trattato in modo abbastanza compatto nel testo Renzi 2.0 in esame (però nel capitolo “Noi vogliamo cambiare verso al PD”), mentre altri temi sono sbocconcellati qua e là (la giustizia, ad esempio, ove la questione della custodia cautelare e solo accennata, e la responsabilità civile dei giudici per nulla, salvo diventare improvvisamente centrale nel successivo comizio di chiusura alla Leopolda); riassumo le proposte:
-          Vanno cambiati i centri per l’impiego
-          Va rivoluzionata la formazione professionale
-          Troppe norme: ridurre a poche, tradotte in inglese
-          Troppi sindacati e troppi sindacalisti (però il sindacato ha ruolo insostituibile): occorre legge sulla rappresentanza e certificare i bilanci dei sindacati
-          Viva Internet come fonte di sviluppo
-          Piano del lavoro: da scrivere per il prossimo 1° maggio, aggregando idee come
    o   Sgravi fiscali triennali per le assunzioni di giovani
          o   Investimento necessario per chi si trova all’improvviso a 50 anni senza lavoro.
Mi pare un elenco senza capo né coda, un po’ cerchiobottista, e privo sia di chiari orientamenti politico-sociali (ha ragione Marchionne oppure Landini?) sia di solidi orizzonti economici (come si esce dalla crisi?) sia di contenuti riconoscibili (troppe norme: quali tagliare?) ed operativi (sugli incentivi alle assunzioni, cosa cambiare rispetto al flop della legge “Giovannini” che ha raccolto circa 10.000 adesioni contro 100.000 finanziate e previste? quale investimento per i disoccupati cinquantenni?).

In tutto il documento, poi, non ho capito chi sia il soggetto “noi” (“Noi vogliamo cambiare verso al PD”):
-          non è il PD (complemento oggetto del cambiamento),
-          non dovrebbero essere i “renziani”, perché “non esistono” (si è contro le correnti):
-          che sia il plurale maiestatis di “IO”?
-          oppure l’insieme simpatetico di “Voi, elettori che mi amate e seguite, ed IO che Vi guido”?
Penso si possa cogliere un vago sentore di populismo.
Però piace a molti.

LEGGENDO LE MOZIONI CONGRESSUALI


Mi ero permesso di criticare i giornali che avevano trattato solo come riti&colore&folclore le mozioni congressuali del PD, e mi ripromettevo invece di leggerle con attenzione per capire il senso del confronto congressuale.
Adesso che le ho lette (compresa quella di Vendola per il parallelo e divergente congresso di SEL), ho capito solo una cosa, e cioè che il confronto avviene ed avverrà su tutt’altro che sui testi delle mozioni: sulle emozioni mediatiche (dalle dichiarazioni quotidiane al probabile confronto diretto televisivo), sullo scandalo dei pacchetti di tessere, sulla residua credibilità complessiva dei candidati e dei rispettivi entourage, “a prescindere”.
Infatti, anche se una parte dei testi non è priva di qualità letterarie, e parzialmente di contenuti interessanti (in particolare Cuperlo e Civati hanno meglio specificato le loro posizioni su diversi temi, rispetto ai testi che ho in precedenza recensito), l’insieme risulta poco leggibile e per nulla confrontabile, sia per la  mancanza di indici e di schede sintetiche, sia per i toni spesso retorici, dal versante pletorico di Civati (70 pagine: ricorda il programma dell’Unione di Prodi 2006) al versante stringato ma vacuo di Renzi (15 pagine: vedi POST seguente).
Sembrano scritte ognuna per confortare i seguaci già acquisiti e non per convincere altre persone.
L’impressione complessiva è di una valanga di parole (il formato digitale ha perso i freni del costo della stampa) poco collegabili ai fatti, ai concreti comportamenti del PD (dal governo Monti al governo Letta, passando per i 101 congiurati ai danni della candidatura di Prodi al Quirinale, che qualche candidato stigmatizza, ma nessuno tuttora spiega, a partire dagli ignoti 101): anche quando i testi si sforzano di parlare di  tali governi e dei problemi sociali connessi, e della stessa scarsa credibilità del PD.

Non avendo molte speranze che il segretario uscente o altri soggetti neutrali (come il gruppo “Costituente delle idee”) o i giornali, anche di partito, provvedano a rendere confrontabili nel merito le 4 posizioni congressuali (ad esempio riassumendo ognuna in 1 cartella - formato A4, corpo 12 - di “filosofia a tema libero” + 2 cartelle di risposte a specifici quesiti), mi limito, per parte mia ad un assaggio critico analitico sulla sola mozione di Renzi, perché continua ad essere il favorito (vedi POST seguente), assaggio da cui ricavo un grande sconforto: potrò forse un giorno votare Renzi come male minore (penso ancora purtroppo a Berlusconi, ma anche  ad Alfano&C, a Grillo&Casaleggio e purtroppo a molti parlamentari del M5S), ma nel Renzismo non mi ci riconosco per nulla, né nello stile né nei contenuti.
E – malgrado mozioni migliori - non vedo al momento alternative attendibili, né tra i suoi concorrenti nel PD né in SEL:
-          su Cuperlo già ho detto abbastanza male in passato: parla e scrive bene, ma non riesce tuttora a dissolvere l’ombra della conservazione di un vecchio apparato, per altro alquanto a brandelli; come tutti, non sa indicare la via di uscita dalla palude delle larghe intese, però sembra leale verso Letta e perciò non si giova degli slogan sul cambiamento immediato;
-          anche su Civati ho già detto abbastanza male in passato, e tenderei a confermare il giudizio di carenza di visione strategica, non colmato dalla raccolta di (fin troppe) buone parole d’ordine su singole tematiche, dal recupero di vecchi bastian contrari e dall’esile appoggio dell’esile movimento “Occupy PD” (bisognerebbe domandarsi il perché dell’esilità di molti movimenti, in particolare se iniziano per “Occupy”, vedi anche “Occupy Wall Street”): nel PD la crisi post-elezioni ha generato più disaffezione che rivolta, e Civati catalizza poco di tutt’e due
-          su Pittella non so che dire, perché continua a sembrare un out-sider, almeno a sud di Bruxelles ed  nord di Eboli: le sue posizioni sembrano coerentemente di sinistra riformista, ma si fa fatica a comprenderne il bisogno, rispetto alle non distanti espressioni di Cuperlo e Civati
-          su Vendola, si è costretti innanzitutto a parlare di Vendola, della sua personalistica insostituibilità come leader nazionale, mentre continua a governare la Puglia a part-time e a Roma è attorniato da un gruppo dirigente che non riesce a far dimenticare le colpe di Bertinotti verso i governi Prodi 1 e 2; le proposte di riformismo europeista radical/roosveltiano del documento di SEL (che mi piacerebbe molto veder messe alla prova) necessiterebbero di una sinistra di governo italiana ed europea che passa per l’area del PD e del  PSE, ma – dopo la fase Bersani – non si capisce come costruirla, prima ancora di egemonizzarla, eventualmente,  da sinistra e “dal basso”: dubito che siano utili in tale prospettiva parole d’ordine puramente agitatorie come la caduta immediata del governo Letta oppure la difesa a priori della 2^ parte della Costituzione      

Pertanto, se questa è l’aria che tira non so se andrò a votare per queste primarie: il mio comportamento non ha importanza , e non mi preoccupa “se mi si nota di più se sto in disparte”, o viceversa.
Quello che mi preoccupa, oltre i congressi, è che cresce lo sconcerto di fondo, in chi come me si è riconosciuto quale simpatizzante del centro-sinistra (e malgrado tutto anche del PD), per la speranza che una sinistra europea possa porre qualche rimedio ai problemi del mondo, agendo anche a livello dei poteri governativi ed inter-governativi, e non solo al livello locale e molecolare dove bene possono operare anche i movimenti ed i singoli.