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lunedì 4 maggio 2015

VIOLENZA E CULTURA

“…non c'è niente, in quello che avete fatto oggi, proprio il nulla. niente politica, nessuna causa, nessun progetto, nessun contenuto.”
Sul piano propagandistico questo giudizio di Cecilia Strada (presidente di Emergency) sui cosiddetti black-blok, provenendo dall’interno (o quasi) dei movimenti alternativi, potrebbe avere una sua efficacia verso i militanti dispersi e potenzialmente attratti dalla violenza distruttiva.
Ma sul piano concettuale, come ogni demonizzazione, non regge, e a mio avviso non aiuta a capire, e quindi nemmeno a sconfiggere, se lo si vuole, le posizioni “anarchico-insurrezionaliste”.
I “black-blok” non spiccano per trasparenza, nemmeno verso i movimenti attigui, ma dimostrano organizzazione, efficienza, determinazione, conoscenza del territorio urbano e capacità di trascinamento su parte del “paesaggio sociale” movimentista cui si rivolgono.

E’ già questa a mio avviso è, a loro modo, “politica”, “progetto” e “contenuto”.
Inoltre, senza voler dimostrare indimostrabili coincidenze, tali comportamenti assomigliano molto a copiose, articolate  ed anche autorevoli “narrazioni” che percorrono gli ambienti antagonisti, da David Graeber a Erri De Luca, dentro le quali si può ben leggere una giustificazione alla ribellione violenta ed in forme anonime ovvero semi-clandestine.
Tali ideologie derivano da una interpretazione parziale ed unilaterale delle contraddizioni e dei conflitti sociali, effettivamente alimentati dalla globalizzazione e dal finanz-capitalismo: la premessa è che l’oppressione esercitata dal potere è pervasiva, coinvolge la comunicazione ed il linguaggio, corrompe le coscienze, e quindi la ribellione può essere esercitata necessariamente solo da una minoranza che ha il dono di capire e riscattare, a loro insaputa, tutti gli altri oppressi.
Anche Guy Standing (citato giorni addietro a sproposito da Civati), aiuta a formulare pensieri fondamentalisti, quando identifica il precariato come classe antagonista, ignorando i lavoratori autonomi e spacciando operai ed impiegati per “ceto medio” (e prende lucciole per lanterne, individuando proprio nei pomeriggi milanesi dei precedenti primi di maggio il “sorpasso” dei precari sul vecchio movimento operaio, dimenticando tra l’altro gli svariati centomila giovani dei concertoni romani).

Criticare seriamente gli antagonisti-violenti, prendendoli sul serio, a mio avviso è anche necessario per sviluppare produttivamente l’auto-critica annunciata da alcuni esponenti dei movimenti che stanno tra alternativa e antagonismo, per chiarirsi:
- sulle premesse (chi e come è legittimato ad agire in nome degli sfruttati piuttosto che della natura e dell’ambiente),
- sugli obiettivi (sabotare il sistema o costruire schieramenti alternativi)
- e soprattutto sulla prassi, perché, se ci si vuole differenziare dai black-blok e se ne intuisce il gioco (e non si è capaci, o non si vuole, controllarli in loco), forse è meglio cercare nuove forme di lotta, superando le manifestazioni di strada e convocare invece ad esempio dei sit-in nei parchi oppure, sul tema Expo, marciare dimostrativamente verso cascine abbandonate e campagne stravolte dalla cementificazione periferica.

Personalmente ritengo che la discriminante della non-violenza vada applicata “a prescindere”, in un contesto formalmente democratico, anche per dimostrarne eventualmente la falsa democraticità, perché è il solo modo per non prevaricare le volontà e le coscienze degli “altri” oppressi, cui ci si dovrebbe rivolgere per allargare un fronte di critica operosa alle distorsioni dello stato di cose presente; chi crede ancora nelle scorciatoie leniniste dovrebbe dirlo, senza nascondersi dietro la lettura della violenza come naturale espressione del disagio sociale (fenomeno esistente ma, mi sembra, assai marginale in Europa).


POST SCRIPTUM Il giudizio di Cecilia Strada sui black-blok mi ha ricordato la posizione di Norberto Bobbio nel dibattito con Luisa Mangoni, negli anni ’70, secondo cui nel fascismo non c’era cultura, ma solo retorica (confronto che mi sembra sia stato vinto “ai punti” dalla Mangoni con le sue puntuali ricerche); rammento in particolare che Bobbio sosteneva che di Bottai non rimaneva nulla, mentre è tuttora vigente la legge urbanistica del 1939, e quella sul paesaggio ed i beni culturali ha funzionato da allora fino agli anni 90.

2 commenti:

  1. PERVENUTO TRAMITE E-MAIL

    (omissis) Passando al faceto-ma-non-troppo, noto che sul piano della forma hai ceduto al “piuttosto che” usato come disgiunzione.

    So che la mia è una piccola campagna senza possibilità di vittoria alcuna, ma provo a convincerti con l’ironia: la Crusca non solo lo considera un errore ma spiega anche che il suo utilizzo è venato di snobismo.

    Ciao,
    C.D.

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  2. PERVENUTO VIA E-MAIL
    Interessante il punto sui blak blok o come si scrive, costruire è meglio che distruggere, alle volte per farlo è necessario una distruzione ma quello che non funziona del pensiero blok è che distruggono senza costruire, distruggono e basta, poi resta il nulla...da un certo punto di vista è quello che ha fatto la tv con le nostre menti....
    sulla legge elettorale e la farsa discussione, un'altra legge inutile in più, forse meglio la grecia che la lunga lenta agonia non dorata come il crepuscolo di venezia, che ci toccherà, però lo valuteremo tra un po' di anni, oggi possiamo solo intuire.
    ciao grazie
    U.M.

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