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giovedì 23 febbraio 2017

DOPO IL REFERENDUM - 3 - E DURANTE UNA SCISSIONE: VOCAZIONE MINORITARIA?


Più o volte ho criticato la linea della “vocazione maggioritaria” del PD, da Veltroni a Renzi, e le ambiguità che ha determinato sia nello statuto  e nella materiale organizzazione di quel partito, sia nelle proposte di politica istituzionale, culminate d’altronde nella sconfitta del referendum costituzionale (la cui improbabile vittoria avrebbe forse potuto in vece santificare tale impostazione).

Mi pare però di cogliere, a sinistra di Renzi, e concretamente tra gli scissionisti ex-PD di queste ore, una sostanziale (e fallimentare) “vocazione minoritaria”:

-          durante la campagna referendaria, gran parte delle critiche ad un assetto più snello e maggioritario del Parlamento erano agganciate al persistente timore del possibile uso scriteriato di questi nuovi assetti di potere in favore degli avversari, fossero essi Berlusconi, Renzi, lo spauracchio di Mussollini o (da ultimo) la pauraccia di una vittoria  del M5S al ballottaggio: mai che sia sorto il dubbio che persino da sinistra potesse scaturire una egemonia ed una capacità di governo per avvalersi di tali strumenti per una seria politica riformatrice. Non intendo certo proporre io uno smantellamento delle garanzie, né lo volevo fare aderendo alle limitate modifiche costituzionali connesse al SI referendario, ma mi sembra opportuno stigmatizzare questa sfiducia a-priori della sinistra nelle proprie buone ragioni, che porta molti sinistri ad aggrapparsi sempre e solo alle leve dei freni ed ai limitati poteri di interdizione delle minoranze, interne ed esterne alle potenziali aree di governo;



-          nella surreale sceneggiata della scissione (talora anche “sceneggiata muta”, vedi la mancanza di seri interventi di merito nelle varie riunioni degli organi dirigenti nazionali  del PD) la principale costante che è emersa è stata la paura verso Renzi e la certezza che sarebbe stato comunque impossibile batterlo nei congressi e nelle primarie, con il vacuo pretesto, tutto procedurale, che “ci vorrebbe più tempo”: si conta così poco sul popolo che si vorrebbe rappresentare?

-          Si disprezza così tanto il corpo elettorale che sta alla base del PD, sia a livello di iscritti che di simpatizzanti? E’ pur vero che Renzi, quando era forte, ha saputo accumulare in suo favore anche molto consenso opportunistico, soprattutto tra i quadri dirigenti e intermedi, “renziani della seconda ora”: ma ora c’è un Renzi vistosamente indebolito, e per fortuna si è anche riaperto, ovunque nel mondo, un qualche dibattito più ampio sulla strada da intraprendere per uscire dalla crisi e per contrastare il dilagante Trumpismo….



-          nella prospettiva della costituenda “cosa” a sinistra del PD (così come nella formazione di Sinistra Italiana) il minoritarismo continua ad essere una stella polare di riferimento, e gli orizzonti oscillano dalla pura opposizione di testimonianza (forse qualcuno ha anche residue velleità rivoluzionarie) alla conquista di un peso contrattuale per condizionare da sinistra un ipotetico nuovo centro-sinistra; capisco che il realismo possa essere utile per capire la realtà e non illudersi di facili scorciatoie di successo attraverso al propaganda di più giuste proposte, ma quello che mi pare manchi radicalmente è la capacità o la voglia di capire quello che si muove (o magari anche ristagna) al centro della società, dove non a caso i formano, con significative basi sociali, i fenomeni del blairismo, del renzismo ecc., quando va bene, e del berlusconismo, del salvinismo e del grillismo quando va un po’ meno bene. La questione, mi sembra, non è quella di sventolare o meno l’idea, ad esempio, di una imposta patrimoniale, ma di studiare come costruire un consenso maggioritario su simili proposte (più verso Gramsci che verso D’Alema…).

3 commenti:

  1. MSIL
    c'è stato un periodo nel quale credevo che c'era una classe dirigente, poi un altro dove affermavo che i politici sono lo specchio della società, oggi credo che il popolo sia migliore della classe dirigente che lo rappresenta,,,,,
    e questo è tutto dire-
    U.M.

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  2. MAIL
    Controfirmo quello che scrivi, però a mio avviso c'è un argomento che resta sotto traccia nelle analisi e nel dibattito politico, soprattutto nella sinistra, ed è come avviene il ricambio dei gruppi dirigenti, argomento da sempre scabroso, mi ricordo in tal senso un memorabile intervento di Sofri ad un congresso di LC.
    Spesso si e provveduto al ricambio dei gruppi dirigenti in modo cruento, vedi la storia del movimento comunista internazionale, Stalin, Mao, nei vari movimenti di liberazione, per farcene un idea in Angola comanda un tipo che è lì da quando facevamo le manifestazioni per lui ed eravamo molto giovani.
    Uno dei motivi del vero e proprio odio nei confronti di Renzi, da parte della vecchia nomenclatura della sinistra, è che lui a posto il problema, magari in modo cialtrone e sgarbato, ma concreto, però quando dice date una possibilità alla mia generazione di far vedere quello che vale, compie un atto rivoluzionario, e il nuovo contro il vecchio che non muore, come diceva Mao, e ai tipi come D'Alema e Bersani fischiano le orecchie.
    Per fare una frittata le uova bisogna romperle, forse é il caso di fare un parricidio.
    un abbraccio
    T.C.

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  3. MAIL
    Ben fatto! Se, come credo scopo principale di un partito è quello di governare lo >Stato, di fare in modo che la società si plasmi sulle proprie idee, come si può pensare che spinte scissionistiche , formazioni con vocazioni minoritarie, debbano prevalere ? Anche da sinistra (o se vogliamo da Centro-Sinistra) bisogna necessariamente farsi carico di una volontà di una capacità di stare insieme che riguardi un elevato numero di cittadini . Se ci vogliono, diciamo 15 milioni di voti per governare ritengo sia inutile inseguire formazioni che ben che vada ne portano 1,5 milioni ; sforzo defatigante che può far prevalere solo l’avversario ! Grillo, e fors’ancora Berlusconi.
    Perciò mi sentivo di appoggiare l’Italicum : una specie di costrizione a decidere scelte chiare di governabilità, quanto mai necessarie in un paese così facile al separatismo o meglio al correntismo.
    Ciao,
    L.B.

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