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giovedì 29 marzo 2018

UTOPIA21 - MARZO 2018: LETTURA E CRITICA DEI PROGRAMMI ELETTORALI PER IL 4 MARZO 2018


Un tentativo di comparazione (orientata ai temi della sostenibilità socio-economica ed ambientale)  tra i programmi elettorali presentati dalle principali forze politiche nelle recenti consultazioni per il rinnovo del Parlamento, nella consapevolezza delle distanze tra propaganda gridata, testi dei programmi ed intendimenti effettivi dei partiti, ma anche della importanza di conoscere il ‘patrimonio ideologico’ dei gruppi che si contendono la rappresentanza degli elettori, per l’improba speranza di far evolvere diversamente il sentire comune.

 



SOMMARIO:

PREMESSA

EQUITA’ DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, (MIGRAZIONI)

DISARMO, SPESE MILITARI, ARMI NUCLEARI

AMBIENTE, CLIMA, ENERGIA

DEFICIT, DEBITO, EUROPA

DISUGUAGLIANZE, DISOCCUPAZIONE, FISCO. (FINANZA INTERNAZIONALE)

DIRITTI (E DOVERI)

CONCLUSIONI (NECESSARIAMENTE PARZIALI)



PREMESSA

La recente campagna elettorale si è svolta per lo più (come sempre, d’altronde?) a colpi di slogan, insulti e delegittimazioni reciproche tra i “capi politici”, colpi fondati quando possibile sulla più recente attualità della cronaca (spostandosi però dai muri e dalle piazze, dai giornali e dai bar, verso i tablet e gli smartphone, e confermando tuttavia un ruolo centrale, ma rinnovato, alle televisioni1), perché è così che pare si conquistino i voti potenzialmente indecisi (oppure si nauseano definitivamente alcune fasce di elettori, accentuando le tendenze all’astensione).

Le future politiche effettive di Parlamento e Governi saranno influenzate invece, almeno in parte, anche dal confronto sui programmi: con riferimento non solo ai programmi esplicitati dai partiti (in tale denominazione includendo, per praticità, anche il ‘non-partito’ del M5Stelle), ma anche da quelli avanzati dalle diverse associazioni ‘trasversali’ che esprimono legittimi interessi di diverse fasce sociali e sensibilità culturali presenti nella società, in parte presentati o rappresentati attraverso le testate giornalistiche (nonché probabilmente da istanze privatamente esposte ai leader ed ai candidati locali da altre ‘lobby’ più o meno legittime, che comunque ritengono di poter rappresentare ed influenzare le preferenze di una parte degli elettori).



Non intendo sopravvalutare l’importanza di tali programmi sui futuri sviluppi concreti della società, della politica e dell’economia, sviluppi che saranno comunque condizionati dall’inerzia e dalle svolte nelle dinamiche socioeconomiche a scala globale ed a scala nazionale, da fattori esterni, quali i vincoli europei e gli equilibri/squilibri internazionali, dalle logiche di potere interne ai singoli gruppi dirigenti e dalle geometrie disegnate dagli esiti elettorali, nonché dalle contingenze che emergeranno dalla cronaca e dalla storia; ma neppure sottovalutarli, in quanto rappresentano sia una esplicita manifestazione delle ideologie (o delle ‘narrazioni’, come si usa dire) prevalenti nel paese, in quanto proposte dai partiti ed in quanto accolte con più o meno favore dagli elettori (votanti ed anche non votanti), sia un catalogo dei problemi e delle soluzioni, possibili (od impossibili, quando la propaganda prevale sulla ragionevolezza) che il momento elettorale pone all’attenzione della pubblica opinione: un coacervo di pensieri, credenze e aspettative con cui comunque si deve confrontare chi auspichi a sua volta un qualche mutamento sociale (quale quello verso una società più equa e consapevole dei problemi planetari, come io ad esempio, nel mio piccolo, oserei auspicare). 



Prima di riferire, a chi ne sia interessato, alcune considerazioni personali sulle impressioni che mi sono derivate da una paziente lettura di gran parte dei programmi (sono divenuto però impaziente con i programmi del centro-destra, in quanto gravemente divergenti da quello unitario ufficiale, cui pertanto mi sono limitato, e con le singole schede del MoVimento 5Stelle, in quanto poco leggibili ed anch’esse in parte divergenti dai ’20 PUNTI’ del candidato premier Di Maio, a cui pertanto anche qui mi sono limitato; scelte che mi hanno portato a studiare meno chi mi è meno affine e ad un tempo chi nelle urne poi ha vinto di più: ma avrò tempo di approfondire se e quando un governo sarà costituito da qualcuno degli schieramenti vincenti), mi pare interessante osservare i divergenti percorsi seguiti da osservatori professionali e da associazioni di tendenza nel confrontarsi con i partiti stessi:

-          da un lato alcuni soggetti, come l’Osservatorio sui Conti Pubblici del prof. Cottarelli (oppure in parallelo le elaborazioni del prof. Perotti su ‘Repubblica’, di Enrico Marro sul ‘Corriere della Sera’, ecc.) hanno esposto al pubblico il risultato delle loro valutazioni e comparazioni sui programmi partitici (per lo più sul fronte ‘promesse, deficit e debito’, recependo e ribadendo anche alle risposte di alcuni partiti),NOTA A  

-          d’altro lato importanti associazioni, come Confindustria ad esempio (silenti invece CGIL-CISL-UIL) e – nel campo ambientalista – l’ASVIS,2 Salviamo-il-Paesaggio,3 Coalizione-per-il-Clima,4 WWF da solo5 e con LegAmbiente6, ed infine un po’ tutte insieme (oltre 20 associazioni) riunite nella “Agenda Ambientalista 2018”7 - si sono limitate per lo più a proporre (al pubblico, ed in incontri diretti con i partiti) le proprie proposte, senza evidenziarne gli scostamenti rispetto ai programmi elettorali, né le eventuali risposte fornite dai partiti stessi NOTA B; spiace quindi non potersi avvalere di tali riscontri, potenzialmente assai preziosi. NOTA C  



Poiché il compito di riassumere e confrontare i contenuti ambientali dei diversi programmi partitici è già stato svolto egregiamente da altri osservatori (vedi i siti Wired8, GreenMe9, LifeGate10, GreenReport11) mi concentrerò sui nodi che a mio avviso risultano essenziali per valutare la ‘sostenibilità’ dei programmi in esame.





EQUITA’ DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, (MIGRAZIONI)

Correttamente tutti i programmi si rivolgono agli elettori italiani e si occupano di come l’Italia debba modificare le proprie politiche.

Però, anche nei programmi più sensibili ai temi sociali ed a quelli ambientali, è del tutto assente la preoccupazione sulle iniquità post-colonialiste di cui è permeato il commercio internazionale: pare che le vittime della ‘globalizzazione’ stiano solo nei paesi sviluppati, e che un miglior successo delle esportazioni italiane sia comunque un bene da perseguire, senza alcuna considerazione sugli squilibri insiti a mio avviso in tale assioma, ai danni di altri popoli, anche quando l’export evolve in chiave di ‘smart’ e ‘green economy’) (come è noto, per i nostri politici e giornalisti è solo la Germania che ‘esporta troppo’).



Il PD propone in questo contesto di temperare la globalizzazione frenando il “dumping sociale e ambientale”, il che potrebbe essere un buon proposito in favore dei lavoratori dei paesi ‘sottosviluppati’, ma anche un boomerang in loro danno, se non attentamente gestito.

La cooperazione internazionale a sostegno dello sviluppo dei paesi poveri è menzionata in maniera piuttosto generica in tutti i programmi nella varie aree di centro-sinistra, con uno sforzo maggiore di specificazione da parte del PD, sia riguardo alla quantificazione della maggior spesa da porre a carico del bilancio nazionale (arrivare allo 0,3% del PIL nel 2020 e ‘poi’ allo 0,7% richiesto dall’ONU nel 2015), sia riguardo ad una predilezione per l’Africa, motivata in termini geo-politici ed in funzione  di prevenzione dei flussi migratori: resta poi da verificare quanto le politiche di cooperazione riescano ad affrancarsi dalle ipoteche neo-colonialiste (di cui le opinioni pubbliche delle potenze ex-coloniali usano accusare solo l’invadenza cinese…).

(Se l’Europa si occupa giustamente in termini solidali dell’Africa, che è qui di fronte, ma importa però anche – ad esempio -  il caffè dal Centro-America, gli interessi del campesino che coltiva il caffè di fronte a Illy o Lavazza od altri, probabilmente meno ‘ecologici’, saranno tutelati solo da Carlin Petrini e dalle bottegucce equo-solidali?).

Nei 20 punti dei 5Stelle la cooperazione internazionale figura “finalizzata anche alla stipula di trattati per i rimpatri”, sottotitolo del Capitolo “STOP AL BUSINESS DELL’IMMIGRAZIONE”

Un “piano Marshall per l’Africa” è accennato nel programma comune del Centro-Destra, che è invece ben delineato riguardo a come (mal) trattare profughi e migranti, tema centrale di tale alleanza per vincere le elezioni.

Il PD, per il (fondato) timore di perderle su questo tema, cerca di contemperare a parole “i diritti di chi fugge dalle guerre e dalle carestie quanto quelli di chi accoglie”, il che poi è difficile da fare, soprattutto sul fronte libico (ma anche sul ‘fronte interno’), mentre gli altri soggetti del centro-sinistra, sia alleati (“+Europa” e “Insieme”) sia concorrenti od antagonisti (“Liberi e uguali” e “Potere al Popolo”), convenendo sulla ineluttabilità ed anche sull’utilità dei flussi migratori, si profilano come più aperti ai diritti dei migranti: senza farsi carico fino in fondo, però, del problema della accettabilità sociale dei flussi in arrivo. NOTA D



(Non mi soffermo ulteriormente sull’argomento, già da me trattato su UTOPIA21 del novembre 2017, perché è con ogni evidenza al centro del confronto mediatico).





DISARMO, SPESE MILITARI, ARMI NUCLEARI

L’argomento (come l’intera politica estera ed europea) è assente nei 20 punti M5S, mentre il programma comune del Centro-Destra dedica la sua attenzione alle forze armate tutta in ottica interna, contro il terrorismo e l’immigrazione.

Una esplicita attenzione pacifista, con riduzione delle spese militari, è variamente presente nel centro sinistra, con importanti differenze, perché il PD si limita ad auspicare una diminuzione delle spese per effetto delle sinergie difensive europee già avviate (in contrasto però con la linea Trump/NATO di elevarle al 2% del PIL), mentre INSIEME precisa gli obiettivi di ridurle comunque all’1% (ora sono all’1,42%), di congelare l’acquisto degli F35, di controllare l’export di armi e di sottoscrivere il trattato ONU anti-nucleare (simile, ma più generico, è il programma di Liberi e Uguali).

La opzione radicale di “Potere-al-Popolo” contempla un massiccio disarmo unilaterale, con espulsione di basi americane e armi nucleari dal territorio nazionale, e riconversione dell’industria bellica, ed include la cancellazione di tutte le missioni militari all’estero (contestandone in blocco le possibili finalità pacificatrici).

Diversa è la radicalità dei radicali di “+Europa”, che propongono anch’essi la rimozione delle basi militari americane e armi nucleari connesse, ma come effetto di una rapida formazione di un vero esercito europeo, che dovrebbe adottare temporaneamente lo scudo nucleare francese (la “force de frappe” voluta negli anni 60 dal presidente DeGaulle), ma solo in funzione di proficue trattative per il disarmo nucleare multilaterale.





AMBIENTE, CLIMA, ENERGIA

Anche se questa tematica non viene affrontata quasi per nulla nel battibecco mediatico quotidiano, è invece presente nei testi programmatici.

Persino il Centro-Destra esibisce una piccola giaculatoria (tra un Rosario e l’altro…), che recita “efficienza energetica; tutela dell’ambiente; energie rinnovabili” (non è molto, ma sempre meglio, mi dico per incoraggiarmi, che inneggiare allo spreco, al petrolio e all’inquinamento…).

Gli slogan ambientalisti selezionati dal M5S nei 20 punti sono orientati all’ottimismo tecnologico ed occupazionale (e non certo alla “decrescita felice”), con particolare affezione verso l’auto elettrica, evocata per ben 3 volte, o almeno 2,5 (non è che poi nella città a 5Stelle rimarremo ingorgati in un abnorme traffico di automobili private, ma elettriche?): “SMART NATION: …. Investimenti in nuova tecnologia, nuove figure professionali, internet delle cose, auto elettriche, digitalizzazione PA” e “GREEN ECONOMY: ITALIA 100% RINNOVABILE:  200mila posti di lavoro da economia del riciclo rifiuti;  17mila nuovi posti di lavoro per ogni miliardo di euro investito nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica; Uscita dal petrolio entro il 2050; Un milione di auto elettriche”; “INVESTIMENTI PRODUTTIVI: 50 MLD NEI SETTORI STRATEGICI Puntiamo su: innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga, mobilità elettrica



Nei programmi di centro-sinistra e sinistra la tematica è affrontata con ragionamenti più articolati, che mi sembrano ben informati sugli orizzonti del cambiamento climatico e del processo di de-carbonizzazione e verso una economia circolare, e sulle connessioni con i temi del suolo/agricoltura/alimentazione, della rigenerazione urbana, della riqualificazione delle cosiddette ‘aree interne’: mi pare però che anche qui prevalga un certo ottimismo tecnologico/macroeconomico, come se la proclamazione di un “Green New Deal” e i miglioramenti di istruzione e ricerca comportassero automaticamente sia un incremento del PIL e della occupazione, sia il conseguimento dei difficili obiettivi climatici ed energetici.

Mi sembra cioè che manchi la consapevolezza (oppure il coraggio di comunicare agli elettori) che gli scenari macro-economici non sono univoci, che il contrasto ai cambiamenti climatici non è una passeggiata in discesa e potrà comportare disagi, sacrifici e qualche austerità nei consumi, che in attesa di una piena (e difficile) ‘economia circolare’ occorre affrontare i rischi della scarsità tendenziale di alcune risorse naturali (ed i costi economici ed ambientati per reperirle), che una vera riconversione ecologica di agricoltura ed industria comporta profondi mutamenti nell’occupazione e nell’alimentazione, che i massicci investimenti necessari per una seria politica di bonifiche ambientali, di prevenzione anti-sismica ed idrogeologica (anche se foriere di benefiche ricadute occupazionali) richiedono forse contestuali rinunce ad altre priorità ed abitudini.

Questo tipo di retorica ambientalista, però intrinsecamente ‘sviluppista’, è presente non solo nel programma del PD e di “+Europa”, dove non stupisce, ma anche in quello di “Insieme”, lista che include, con Bonelli, quel che resta dei “Verdi” ufficiali, ed in quello di “Liberi e Uguali”, ancorché in parte ispirato da Rossella Muroni, già Presidente nazionale di LegAmbiente.





DEFICIT, DEBITO, EUROPA

I temi macroeconomici sono stati ampiamente sviscerati nelle ultime settimane da commentatori specializzati, come Perotti e Cottarelli, e dai media generalisti, giustamente incuriositi sia sulle risorse necessarie per alimentare la corsa alle diverse promesse elettorali, sia sulla (opportunistica?) virata, implicitamente pro-Euro, di gran parte del fronte propagandistico anti-Euro, così ampio fino a pochi mesi addietro (prima del relativo successo della moderata espansività monetaria della BCE guidata da Draghi), spaziando dai 5Stelle alla Lega a gran parte del centro-destra e dell’estrema sinistra.

Non mi addentrerei pertanto nella questione, se non fosse perché ritengo che la ‘sostenibilità economica’ sia intrinsecamente connessa e complementare alla sostenibilità sociale ed ambientale di qualsivoglia programma; con ciò non intendo subordinare le speranze di equità e di riscatto degli oppressi, degli emarginati e del ‘popolo inquinato’ alle regole di Maastricht ed agli equilibri di mercato, ma  vorrei capire in quale modo si ipotizzi una eventuale transizione a diversi assetti, oppure si auspichi una positiva evoluzione verso migliori approdi.



Di risposte coerenti (ma non per questo facilmente fattibili), ne ho individuate solo due, tra di loro contrapposte:

-          POTERE-AL-POPOLO esplicita la volontà di “ristrutturare” il debito pubblico (cioè di ripagarlo in misura parziale), ma solo a carico di quanto detenuto dal grande capitale; non dice se ciò avverrà in modo indolore (né come distinguere tra i vari proprietari dei BOT: i fondi pensione canadesi sono ‘grande capitale’? ed il colonnello in pensione che ne detiene 50.000 € che cos’è?), cosa succederà il giorno seguente alle banche italiane (che ne posseggono una bella fetta, troppo – come noto -  secondo i banchieri tedeschi), ed altre cose che francamente forse conviene non esplorare (almeno per chi come me preferisce tutto sommato l’Italia all’Argentina ed al Venezuela). NOTA E

-          +EUROPA invece propone una rapida discesa del deficit e del debito, partendo da un rigoroso blocco del livello complessivo della spesa pubblica, che si avvicina più alla sig.ra Thatcher che al prof. Mario Monti (anche per altri risvolti socio-economici del programma), e che potrebbe creare non pochi grattacapi agli alleati con cui “+Europa” dovesse collaborare, a partire dal PD, abituati a ben altre logiche di mediazione sociale (senza le quali, per altro, non si capisce se una linea come quella di “+Europa” riuscirebbe ad imporsi e ad essere applicata); su questa base l’Italia dovrebbe affiancarsi da protagonista a Francia e Germania per una ambiziosa marcia in avanti del federalismo europeo (a due velocità, rispetto ai paesi più euroscettici).  



In tutti gli altri programmi si riscontra una rimozione o banalizzazione dei problemi del deficit annuale e del debito accumulato, in nome delle aspettative di sviluppo indotte dalle politiche economiche proposte, che eleverebbero l’incremento del PIL in misura tale da ridurre progressivamente il peso del debito, malgrado il conclamato incremento delle spese previste. In particolare:

-          Il programma comune del Centro-Destra ignora rigorosamente le parole “debito” e “deficit”, si contrappone alle “politiche di austerità”, intende rivedere i trattati europei, anteponendo una pregiudiziale di sovranità nazionale, ed associa ad abbondanti spese per investimenti, pensioni, sanità, famiglie anche un vigoroso progetto di abbattimento delle tasse a carico dei più ricchi e dei debiti verso il fisco. (Il tutto non meriterebbe un serio commento, tranne per il fatto che questa coalizione ha raggiunto il massimo relativo dei consensi elettorali, oltre il 35% degli elettori votanti).

-          INSIEME, pur dichiarandosi europeista (con intendimenti simili a PD e +Europa), trascura felicemente la questione del debito, scaricandola forse ‘per competenza’ alla lista principale con cui sono alleati, cioè al PD, ma suggerisce comunque un bell’allungamento della lista delle spese (sia pure in direzione sociale ed ambientale);

-          Anche LIBERI E UGUALI ha licenziato a metà febbraio 2018 un programma ufficiale (quello da me commentato) totalmente privo di quantificazioni macro-economiche, rimediando poi con un documento aggiuntivo che giustifica brillanti successi del PIL in funzione della mole di investimenti pubblici che propone di attivare, nel solco esplicito di un keynesismo di cui forse oggi mancano le condizioni (soprattutto se a muoversi in tal senso fosse la sola Italia, con il suo 132% iniziale di rapporto debito/PIL); LEU auspica un’Europa “più democratica e solidale”, meno intergovernativa e più euro-parlamentare;

-          Il PD ipotizza un quadro dinamico più ragionevole: 3,5% annuo di incremento del PIL, costante per alcuni anni, di cui 2% nominale – ovvero inflazione – e 1,5% effettivo (ma a mio avviso non è corretto fondare un programma su di un solo scenario, piuttosto ottimistico, a fronte di un ventaglio di diverse prospettive che la realtà potrebbe riservare); va dato atto al PD di un approccio gradualistico, cioè di non voler anteporre il carico da 90 delle sue promesse (assegni familiari, riduzione del “cuneo fiscale”, aumento del reddito di inclusione e del fondo sanitario, ecc.) agli equilibri macroeconomici in ambito europeo (attualmente il “fiscal compact”), che il PD vuole emendare ma non scardinare, nell’ambito di una evoluzione dell’Europa verso “Unione fiscale, sociale e difesa comune”;

-          Il M5S dice testualmente “RIDUZIONE DEL RAPPORTO DEBITO PUBBLICO/PIL DI 40 PUNTI IN 10 ANNI;

Più ricchezza grazie a maggiori investimenti in deficit, ad alto moltiplicatore e con maggiore occupazione; Riduzione spese improduttive; Tagli agli sprechi; Lotta alla grande evasione fiscale” (con un occhio di riguardo, quindi, verso la ‘piccola’ evasione fiscale?), il tutto a partire – oltre agli investimenti , tra cui “2 nuovi carceri” da ingenti spese correnti per il reddito di cittadinanza, gli aiuti alle famiglie (“pannolini” compresi, non si specifica se riciclabili), la sanità, le pensioni, i centri per l’impiego, ecc. Dopo tanto tuonar, tace ora su Euro ed Europa.





DISUGUAGLIANZE, DISOCCUPAZIONE, FISCO. (FINANZA INTERNAZIONALE)

Si tratta di questioni abbastanza ampliamente dibattute, cui dedico pertanto brevi cenni (del Centro-Destra ho già detto nel precedente paragrafo), tranne per quanto riguarda la finanza internazionale, oggetto invero di scarse attenzioni, malgrado il gran parlare di banche e banchieri negli anni trascorsi:

-          Il M5S, oltre al reddito di cittadinanza con “flex-security” propone: “Riduzione delle aliquote Irpef,  Niente tasse per redditi fino a 10mila euro,  Manovra choc per le piccole e medie imprese: riduzione del cuneo fiscale e riduzione drastica dell’Irap,  Abolizione reale degli studi di settore, dello split payment, dello spesometro e di Equitalia,  Inversione dell’onere della prova: il cittadino è onesto fino a prova contraria”; per la finanza non va oltre il confine di Chiasso, rivendicando “Risarcimenti ai risparmiatori truffati; Creazione della Procura nazionale per i reati bancari;  Riforma bancaria Glass Steagall act contro le speculazioni”;

-          Il PD propone una ampia serie di aggiustamenti all’assetto attuale, di cui rivendica i progressi ottenuti rispetto agli anni più bui della crisi: aumento del “reddito di inclusione” e degli assegni familiari, diminuzione del “cuneo fiscale” in favore del lavoro stabile, “buonuscita compensatoria” al termine dei contratti temporanei, indennità di disoccupazione a scala europea, salario minimo per legge per chi è fuori dai contratti nazionali; meno IRES e più aiuti per la conversione tecnologica delle imprese, con un “fondo unico” per gestire la trasformazione produttiva;

-          +EUROPA associa maggiori provvidenze per i disoccupati con una riforma fiscale che alleggerisca l’IRPEF e l’IRES (persone e imprese), aumentando invece l’IVA e ripristinando l’IMU sulla prima casa, in un quadro complessivo di ulteriori privatizzazioni e liberalizzazioni (ad esempio a favore di piattaforme come UBER); a livello europeo propone una “corporate tax” uniforme e la costituzione di un vero “Fondo Monetario Europeo” con finalità anti-cicliche;

-          Con un profilo più solidarista, anche INSIEME affida ai costituendi “Stati Uniti d’Europa” compiti di ammortizzazione sociale rispetto ai problemi indotti dalla globalizzazione;

-          LEU si propone una ambiziosa riforma fiscale, con una nuova imposta patrimoniale sugli immobili (che riassorba l’IMU, reintroducendola sulla prima casa) e sui capitali “superiori alla media”,  diminuendo invece l’IRPEF sui redditi bassi (e migliorandone la progressività) e le tasse di registro, ed auspica a livello europeo una tassazione uniforme  sui profitti, anche dei colossi del web, e la “Tobin tax” contro i movimenti trasnazionali rapidi di capitali; punta inoltre sul reddito di inclusione e sugli assegni familiari;

-          POT-POP analogamente chiede patrimoniale e IRPEF più progressiva, nonché un tetto a stipendi e premi dei super-manager, contrasto alla elusione fiscale delle imprese multinazionali, ri-nazionalizzazione di Banca d’Italia e Cassa DDPP e dei settori privatizzati, “separazione tra banche di risparmio e di affari”; nonché un reddito minimo garantito (anche per prestazioni intrinsecamente saltuarie, come nel campo culturale).

(A margine di questa breve carrellata, rilevo una generale disattenzione all’emersione del lavoro in nero, salvo che nella proposta del PD per il voucher-badanti – presente anche nel programma M5S - ; noto inoltre, a fronte di  una probabile -e talora auspicata- ripresa di una inflazione controllata, la mancanza in tutti programmi di automatismi per l’adeguamento degli scaglioni IRPEF all’incremento nominale dei redditi, anche se è stato in gran parte il “fiscal drag” dei decenni trascorsi, corretto sempre poco, tardi e male,  a spostare gran parte del peso fiscale sui redditi dei ceti medio-bassi).



Più in generale il tema delle disuguaglianze (su cui mi pare ben opportuna la recente nascita di un apposito FORUM NOTA F) è presente nei termini di provvidenze in favore delle fasce deboli, in parte come diffusione di strumenti  formativi, ed in piccola parte come riequilibrio fiscale a carico dei più ricchi (solo LEU e POT-POL), ma quasi mai (solo in POT-POL) come problema di per sé, perché altera consumi e investimenti che i redditi alti indirizzano a consumi ostentativi (trainando così per imitazione tutti gli altri) e investimenti finanziari (che vagano per il mondo e alimentano la spirale perversa del denaro che crea denaro) e perché polarizza il potere politico tra chi decide la vita degli altri e chi può solo subire le decisioni altrui.





DIRITTI (E DOVERI)

Prima di concludere questa sintetica rassegna (sarebbe ciclopico per me - e illeggibile per i pur pazienti lettori - esaminare tutti gli argomenti presenti nei vari programmi) mi sembra interessante guardare come i programmi partitici trattano i diritti soggettivi delle persone, perché anche di questo è in realtà intessuta la sostenibilità complessiva delle proposte in campo.

Il M5Stelle non assume i diritti come trama del suo programma, però si occupa delle condizioni materiali di disoccupati, pensionandi, pensionati-al-minimo e mamme, e si preoccupa inoltre di difendere le partite IVA dalla burocrazia fiscale.

Anche il Centro-Destra si dedica soprattutto alle condizioni materiali di poveri, pensionandi, pensionati e famiglie, nonché ampliamente dei diritti degli imputati (purché italiani), della libertà di uso del contante, e della libertà di scelta di scuole e sanità, anche private.

Il campo tradizionale dei diritti civili è quindi appannaggio delle liste di centro e centro-sinistra, a partire dal cosiddetto ‘ius soli’ (cittadinanza in favore dei giovani immigrati scolarizzati) e con diverse accentuazioni, in parte scontate (il PD più cauto su fine vita e adozioni da parte di coppie unisex, e tuttora contrario a riesaminare il cosiddetto ‘art. 18’ cioè il reintegro in azienda dei dipendenti irregolarmente licenziati) ed in parte invece degne di specifica annotazione:

-          POTERE-AL-POPOLO intende superare, oltre all’ergastolo, anche il regime carcerario “41 bis” (trattando più umanamente i boss mafiosi, ma consentendo forse loro più capacità di comando anche dal carcere);

-          LIBERI E UGUALI punta molto sui diritti all’istruzione, arrivando alla gratuità generalizzata delle tasse universitarie (che molti hanno criticato, perché nell’attuale stratificazione sociale favorisce maggiormente le famiglie ricche, con qualche analogia alla abolizione dell’IMU, giustamente vituperata a sinistra) NOTA G

-          Il PD introdurrebbe un interessante diritto alla formazione permanente, da far valere in vari momenti della vita lavorativa (similmente anche il M5S garantisce “formazione continua a chi perde l’occupazione”) ed un insieme di diritti e provvidenze per i non-autosufficienti (presente anche in LEU);

-          POT-POP, LEU e INSIEME affermano anche il diritto alla casa, da soddisfare mettendo mano, in varie forme, al patrimonio edilizio sfitto e inutilizzato.

Quasi nessuno invece dice nulla sui “doveri”: il PD prevede per i giovani un esiguo servizio civile universale di un mese, che INSIEME eleverebbe a 6 mesi.





CONCLUSIONI (NECESSARIAMENTE PARZIALI)

Trarre conclusioni da queste comparazioni è difficile, sia per la parzialità delle mie letture (parziale perché non esaustiva e parziale perchè inevitabilmente “di parte”) , sia per la prevalente natura propagandistica dei programmi stessi, sia infine per lo schiacciante peso che gli esiti delle stesse elezioni sovrappongono ai testi pre-elettorali (ed in particolare sull’arco dei partiti di centro-sinistra e sinistra, cui io più ho dato spazio, per l’articolazione dei programmi stessi e per il mio interesse sui loro temi e su tale campo, ma uscito nettamente sconfitto dal voto popolare).

Tuttavia mi sembra importante rilevare che manca in generale una prospettiva di lungo termine, che è invece indispensabile per affrontare con il dovuto respiro ed accumulo di investimenti le problematiche ambientali di scala planetaria e le peculiarità nazionali in materia, e la contestuale crisi del lavoro, come abbiamo cercato di indicare con molti articoli di UTOPIA2, ed in particolare nei cicli di Fulvio Fagiani ed interlocutori su cambio climatico, sostenibilità della crescita e riorganizzazione del lavoro e nei miei interventi su suolo, prevenzione  sismica e rigenerazione urbana.

In correlazione a tale scarsa assunzione di responsabilità strategiche, emerge una palese difficoltà ad esplicitare agli elettori i possibili costi che le necessarie correzioni al ’modello di sviluppo’ potranno e dovranno comportare anche nel ‘modello dei consumi’.

E se simile leggerezza connota, qual più e qual meno, i programmi di centro-sinistra (ed anche di sinistra), maggiore è la mia preoccupazione a fronte delle tendenze emergenti dalle forze politiche che hanno prevalso in queste elezioni (pur non essendo forze facilmente componibili in una maggioranza organica):

-          il MoVimento 5Stelle che – pur partendo nella sua breve storia da diffuse istanze ambientaliste - stinge tali origini nella vaghezza dei suoi 20 punti “né di destra né di sinistra” e non affronta i nodi sostanziali del modello di crescita e della re-distribuzione delle risorse, pensando di reperire tutto quanto occorre negli “sprechi della casta”;

-          il Centro-Destra (oramai invero Destra-Centro) che parte da tutt’altre priorità, sovraniste, xenofobe, sviluppiste ed anti-egualitarie, condite da demagogiche promesse su pensioni e povertà, attorno a cui il verde giardinetto dell’ambiente dovrebbe germogliare incontaminato (salvo colpirlo con una raffica di condoni edilizi, ed anche fiscali, minando così le risorse finanziarie pubbliche necessarie, già falcidiate dalla “flat tax”).

Un esito elettorale, che - oltre a preoccupare tutti i soggetti interessati alla ‘stabilità’ italiana, nonché la residua opinione pubblica di centro-sinistra e sinistra, - preoccupa doppiamente chi abbia a cuore la sostenibilità ambientale e sociale del Paese e del Pianeta, sostenibilità che esce provata già dal difficoltoso assemblaggio dei programmi degli schieramenti ‘progressisti’ sconfitti.

Si profila un cammino in salita e contro-corrente, per il quale diventa decisivo non solo riflettere sui contenuti, ma approfondire le problematiche, divenute esplosivamente centrali nella sequenza degli esiti elettorali nelle principali democrazie occidentali (Brexit, USA, Francia, ma anche Catalunya, Germania, Austria, area di Visegrad’), del rapporto tra comunicazione e consenso, tra informazione e formazione, tra marketing politico a breve termine e strategie politiche, tra ‘populismo’ e democrazia, su cui anche UTOPIA21 dovrà ritornare.





NOTE:



A - Così anche Alessandro Rosina su www.neodemos.info e su GreenReport  per il tema dei giovani e del lavoro



B – in sostanza, questi organismi si comportano in po’ come i Re Magi: non tornano da Erode, il sovrano elettore, che finisce così per fare strage di ‘programmi innocenti’, non essendogli rivelato quali sono i programmi ‘più colpevoli’



C - solo la Coalizione-per-il-Clima ha riferito di un generico interessamento ed assenso dei partiti coinvolti, evidenziando però “Dai partiti di destra e centro destra finora nessun cenno di risposta”12, mentre Salviamo-il-Paesaggio, che ha incalzato i partiti con il suo disegno di legge solo  a  partire da febbraio, in data 25-02 ha reso note alcune risposte parziali,13 promettendo per il 1° marzo una conferenza stampa conclusiva, il cui esito però non è tuttora riscontrabile sul sito dell’organizzazione.



D – in una lettera a ‘Repubblica’ dopo i fattacci di Macerata, Emma Bonino, nel rivendicare la bontà in generale delle sue proposte sull’immigrazione, con ingressi regolati attraverso canali umanitari e permessi provvisori e la ricerca di lavoro, imputava alla scarsa convinzione del contrasto ideologico da parte della sinistra il dilagare delle opinioni xenofobe e razziste, portando come prova la loro diffusione “sproporziona le” rispetto ai flussi effettivi dei migranti. In effetti è vero che le paure verso i diversi sono maggiori “nelle campagne e nelle valli” che non nelle città e nelle metropoli, ma mi sembra miope non vedere che tutta questa reazione anti-migranti, pur irrazionale ed irrazionalmente distribuita, nasce comunque da problemi oggettivi nella capacità di integrazione che l’Italia ha finora dimostrato, con esiti migliori forse solo nei “programmi SPRAR”, non a caso però accettati e svolti solo da un quarto dei Comuni italiani. Forse le energie dei “progressisti” vanno concentrati più qui che non nella capacità di contro-propaganda.



E – Occorre però rammentare che il programma di Potere-al-Popolo, obiettivamente minoritario, non mira ad una immediata gestione dello Stato, ma a far crescere il “controllo popolare”, ovvero “una palestra dove le classi popolari si abituano a esercitare il potere di decidere, autogovernarsi e autodeterminarsi, mettendo in discussione le istituzioni e i meccanismi che le governano.” Cioè le premesse per una marcia antagonistica piuttosto lunga (e a mio avviso rispettabile per la sua chiarezza, ma non per la usa concreta attuabilità, che mi pare manchi oggi nella società italiana, fuori da una ristretta cerchia di “avanguardie”). Da qui “un’altra Europa”.



F – il Forum Disuguaglianze e Diversità è stato di recente formato da 8 organizzazioni (Fondazione Lelio Basso, ActionAid, Caritas italiana, Cittadinanzattiva, Dedalus cooperativa sociale, Fondazione di comunità di Messina, Legambiente e Uisp) e un gruppo di studiosi, tra cui  Fabrizio Barca, Enrico Giovannini e Flavia Terribile dell'ASviS:

“Il divario tra ricchi e meno abbienti è in crescita dagli anni ’70. Bisogna smettere di pensare che l'aumento delle disuguaglianze sia l'effetto inevitabile di cambiamenti fuori del nostro controllo. Piuttosto è il risultato di scelte politiche, culturali ed economiche.”




G - Non ha rilevanza generale, ma mi ha particolarmente colpito per il suo carattere corporativo, la rivendicazione di LEU in favore di stipendi di livello europeo per la sola categoria degli insegnanti: e i metalmeccanici? Oppure gli altri laureati nella pubblica amministrazione?





Fonti:

1 – Massimiliano Panarari “LA TELEVISIONE TORNATA PROTAGONISTA” su “La Stampa”

2 - asvis.it/.../elezioni-asvis-ai-politici-lo-sviluppo-sostenibile-entri-nei-programmi-elettorali


4 - coalizioneclima.it/politiche-2018-coalizione-clima/



7 - https://www.greenme.it › Informarsi › Ambiente


9 - https://www.greenme.it › Vivere › Costume & Società




























1 commento:

  1. PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
    Direi un'analisi seria, anche se parziale, delle varie voci di programma espresse dai partiti maggiori. Come specificato in calce a questa analisi, si tratta di: deficit, debito ed Europa. Sento anche la necessità di non dividere dagli aspetti economici, anche quelli inerenti ad altri capisaldi della vita: sanità e welfare, scuola e lavoro, pensioni e tempo libero, risparmio energetico e ambiente, università e ricerca, diritti (e doveri) e immigrazione. Molti di questi temi sono affrontati in vari programmi elettorali in modo del tutto insufficiente, perché? Semplice, a mio modo di vedere, non si ha idea di come si possa affrontarli e governarli seriamente senza incappare in bislacche considerazioni, e scrivere nei programmi parole senza senso, cosa che riesce molto bene ai nuovi parvenu della politica. Quando sarà passata la sbornia della propaganda un tanto al chilo, chi sarà chiamato a governare un Paese così difficile come il nostro, sarà anche su questi problemi che misurerà la sua capacita di reggere il timone. Mi si dirà: ma se sapranno governare e gestire al meglio i tre punti economici qui indicati, tutto sarebbe conseguente. Non lo credo affatto, perché, ammesso che si ponga attenzione al quadro macro economico, sarà ancora una volta la capacità di governo e la conoscenza acquisita nel tempo, anche quello storico, a fare la differenza. Altro che lusinghe di riduzione immediata delle tasse (ovviamente avvantaggiando solo i più ricchi), pensioni minime portate a mille euro, reddito di cittadinanza generalizzato, oppure, asili nido gratis per tutti e via dicendo scemenze senza senso. Il Paese del bengodi e delle cicale, è sulla scena teatrale e pochi si scandalizzano per queste palesemente false e rovinose promesse. Sembra che solo a pochi interessi la fotografia del prossimo futuro, abbagliato da mirabolanti promesse assolutamente irrealizzabili, con incrementi abnormi della spesa pubblica, il popolo italiano sembra consegnarsi al banditore o al venditore di intrugli miracolosi tipo far west. Non avendo molto tempo a disposizione (visto la mia età) per cercare di porre rimedio a cotanta incapacità di cogliere i pericoli che si profilano, mi siederò sulla riva del fiume e attenderò di veder transitare il cadavere di un popolo che non ha saputo scegliere il male minore. Non ho detto il meglio, ma il male minore sì!
    M.C.

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