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venerdì 19 marzo 2021

UTOPIA21, MARZO 2021 - RECOVERY FUND E DISINFORMAZIONE

 

Un corsivo sulla buona stampa riservata alle attese verso il governo Draghi, ed al vituperio sul precedente governo Conte, in materia di PNRR, come paradigma per una più ampia preoccupazione sulla attendibilità dei media nell’Italia di oggi

Nel romanzo “Adua” di Giuseppe Tugnoli (pseudonimo di Manlio Cancogni)1 il protagonista, ufficiale e cartografo, nel mezzo dell’omonima battaglia (1896) e nel presagire la sconfitta del Regio Esercito contro gli Etiopi, si rende conto che lo Stato Maggiore emana ordini fondandosi su una mappa sbagliata, divergente da quanto da lui in precedenza rilevato sul posto.

 

Similmente accade talvolta di leggere su organi di stampa, più o meno altolocati, locali e nazionali, alcune affermazioni piuttosto lontane da quel pezzetto di verità che ciascuno di noi ha l’avventura di conoscere meglio, per motivi professionali o per casuale vicinanza all’oggetto dell’informazione.

 

Come i lettori abituali di ‘Utopia21’ hanno potuto constatare, la nostra redazione ha seguito con attenzione, risalendo alle fonti pubbliche, ufficiali ed ufficiose (italiane ed europee), la lunga e complessa gestazione del “Recovery Fund” (ovvero “Next Generation EU” ovvero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”), dai documenti della Commissione Europea al Comitato Colao, dalle Linee Guida alla bozza di PNRR del 6 dicembre, fino al testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio, oggetto di analitici commenti nostri e dei nostri collaboratori.

Commenti nei quali non abbiamo risparmiato critiche di metodo e di merito, in tutte le fasi del percorso.

 

Pertanto mi hanno particolarmente colpito le pesanti inesattezze sullo stato di fatto del PNRR diffuse a piene mani da semplici giornalisti e da autorevoli commentatori (in particolare su “La Repubblica”, che ho più capillarmente seguito nel periodo[A]), collateralmente:

-       alla aggressiva campagna politica di Italia Viva contro il governo Conte (chiesta e ottenuta la devoluzione ad un delegato per i Servizi Segreti, il partito di Renzi rivendicava allora l’accesso al MES[B], e svariati emendamenti sul PNRR)

-       al susseguente (o forse conseguente) benevolo coro di benvenuto verso il nuovo premier Mario Draghi, che – ad esempio – anche quando tace,  tace così bene come niuno altro al mondo, senza trascurare i miracoli attesi dalla sua educazione presso un collegio di Gesuiti.

 

Non solo i commentatori più informati, ma lo stesso testo ufficiale del PNRR era ad esempio consapevole della incompletezza del documento riguardo a:

-       meccanismi di governance e monitoraggio (allora oggetto di contesa politica nella maggioranza),

-       specificazione dei risultati attesi in termini socio-economici per le singole misure del Piano,

-       articolazione dettagliata di alcune delle riforme trasversali/preliminari, pur ampiamente enunciate e motivate (Giustizia, Fisco, Lavoro, Pubblica Amministrazione).

Carenze che il governo uscente prometteva di colmare in corso d’opera, aprendo nel frattempo il confronto in Parlamento (audizioni che utilmente si sono sviluppate anche durante la crisi di governo) e quindi nel Paese (almeno per i soggetti interessati a leggere il testo, anziché a giudicarlo senza leggerlo): scelta forse discutibile perché tardiva (o prematura), che comunque non corrispondeva all’intenzione di blindare il testo e presentarlo tal quale alla Commissione Europea.

 

Mentre il nuovo ministro dell’economia Daniele Franco, nella audizione alle Commissioni Parlamentari congiunte, dichiarava il --- marzo che il PNRR ereditato dal precedente governo presenta “moltissimi elementi di solidità“, nelle settimane precedenti si è potuto leggere (anche se mi sono perso le citazioni letterali):

-       che il testo del PNRR conteneva vuoti e pagine bianche (il che era vero invece e solo per la versione ufficiosa del 6 dicembre),

-       che il PNRR mancava delle Riforme collaterali, per cui l’Europa lo avrebbe bocciato

-       che il nuovo Governo avrebbe stralciato spese eccedenti non finanziate (in realtà si trattava della parallela previsione di spese già finanziate o finanziabili con altri fondi nazionali od europei, che il PNRR del 12 gennaio proponeva di considerare nell’insieme),

-       che il nuovo Governo, invece, avrebbe programmato in parallelo le suddette spese,

-       che nel PNRR di Conte c’erano troppi sussidi e pochi investimenti, troppo pubblico e poco privato, ed il debito sicuramente sarebbe stato debito cattivo,

-       che il nuovo Governo avrebbe (lui sì!) rispettato le percentuali minime europee per la transizione energetica e per la digitalizzazione,

-       (e, per finire, che il nuovo Governo, con una task force costituita dalle persone giuste al posto giusto, e con la consulenza di McKinsey Co., avrebbe finalmente scoperto anche l’acqua calda).[C]

 

Un coro pressoché unanime ed impressionante, che fa sorgere il sospetto di una convergenza tra la sciatteria professionale (e talora la piaggeria) di molti giornalisti e la voluta orchestrazione di una manovra condivisa da Editori&Direttori degli stessi giornali con altri segmenti del potere politico ed economico: non so se il governo Conte-2 (di cui non ero un appassionato sostenitore, pur apprezzandone l’evoluzione rispetto al Conte-1) fosse un bersaglio meritevole di tanto accanimento, ma i toni mi ricordano vagamente quelli verso “gli straccioni” che “hanno sporcato i portili e le porte”, nella canzone Contessa di Paolo Pietrangeli (preciso però che non ho cointeressenze nell’”Industria di Aldo”)[D].

 

La riflessione più generale che mi sentirei di fare, al termine di questo sfogo, è sul ruolo dei media e sulla responsabilità dei giornalisti, in un mondo in cui giustamente ci preoccupiamo per le ‘fake news’ che corrono ‘in seno al popolo’, spesso promosse da centrali più o meno occulte, nazionali ed estere, e quindi dovremmo aspettarci un correttivo – e non aggravanti - negli organi di comunicazione professionali.

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1. Giuseppe Tugnoli – ADUA – Rizzoli, Milano 1978



[A] Ho provato a compensare con “Domani”, ma – malgrado i precisi interventi di Fabrizio Barca  - sullo specifico del PNRR ho trovato anche qui genericità e pressapochismo, dal Direttore in giù.

[B] IL MES, Fondo europeo cosiddetto Salva Stati, disponibile dopo la Pandemia Covid-9 per spese sanitarie straordinarie (senza le abituai condizioni-capestro per la restituzione), di fatto non utilizzato da nessuno dei 27 paesi dell’Unione Europea; nel confezionare la bozza del PNRR il ministro dell’Economia Gualtieri, a fine 2020, aveva specificato che a quel punto si trattava di un debito aggiuntivo, quando già si propendeva a utilizzare solo parte dei prestiti potenziali del Next Generation EU come nuovi debiti, impiegando la restante parte come sostituzione di debiti comunque già previsti dalla Legge di Stabilità: indirizzo che pare pienamente confermato dal governo Draghi, senza alcun strepito da parte renziana.

(Altra cosa sarebbe stato usare il MES in funzione anti-Covid ed anti-ciclica nell’estate del 2020 (scelta allora impedita dal rifiuto pregiudiziale del MoVimento 5Stelle).

[C] Più paludato l’autorevole duo accademico Boeri-Perotti: in un primo articolo ha giustamente ricordato che investire per gli asili-nido comporta anche assicurare le risorse per la successiva gestione, segnalando pertanto come troppo elevata la percentuale di copertura del servizio promessa dal PNRR: senza preoccuparsi però di controllare che nel PNRR stesso (versioe12 gennaio) era addirittura ancora più alta (il che avrebbe reso più efficace, ma anche più preciso, il rilievo polemico).

In un secondo articolo, Tito Boeri e Roberto Perotti  contestano complessivamente l’orizzonte keynesiano del programma di prestiti europei NGEU, suggerendo di limitarsi ad utilizzare i contributi a fondo perso (88 miliardi su 200 circa) come – dicono – fanno Spagna e Portogallo; si tratta di un legittimo punto di vista, che i due professori sorreggono con una diffusa sfiducia verso la capacità dei governi italiani di utilizzare gli eventuali prestiti NGEU come “sostitutivi” di debiti comunque previsti; è anche questa è una legittima opinione, che però nell’articolo viene vivificata attribuendo al PNRR Conte/Gualtieri una valutazione di indebitamento pre-PNRR di ben 50 miliardi nel digitale (“Quando mai prima del NGEU si era parlato seriamente di spendere 50 miliardi nel digitale?”), mentre nella tabella a pag. 23 del PNRR tale importo è chiaramente specificato in 10,1 miliardi di €, ammontando a 46,18 miliardi di € (compresi i nuovi apporti del NGEU) l’intera “Missione 1 - DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE, COMPETITIVITA' E CULTURA”.

 

[D] “Che roba contessa, all’industria di Aldo

han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;

volevano avere i salari aumentati,

gridavano, pensi, di esser sfruttati.

 

E quando è arrivata la polizia

quei pazzi straccioni han gridato più forte,

di sangue han sporcato il cortile e le porte,

chissà quanto tempo ci vorrà per pulire…”.

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