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domenica 28 novembre 2021

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2021: ALCUNE OSSERVAZIONI SUL TESTO DaD DI ANTONIO BALISTRERI

 

ALCUNE OSSERVAZIONI SUL TESTO DaD

DI ANTONIO BALISTRERI


Il testo DaD di Antonio Balistreri (in “Solitudine Digitale”, con Fulvio Fagiani)1 squaderna ampiamente le problematiche relative alla Didattica a Distanza (DaD) e della Didattica nell’Era Digitale (DED?), ma trascura a mio avviso le peculiarità degli apprendimenti relativi alla sfera manuale-pratica-artistica (ed anche ginnica-corporale), che già tradizionalmente nella scuola hanno un ruolo marginale e che sono risultati evidentemente compressi e snaturati nella DaD (anche oltre il più generale sacrificio degli aspetti di socializzazione ed interazione fisica ed emotiva che la DaD ha comportato).

 

Mentre mi pare che vada meglio indagato in qual modo tali apprendimenti possano trasformarsi – positivamente o negativamente – in un ambito Digitale, modalità di trasformazione che evidentemente è diversa da quella che coinvolge frontalmente gli apprendimenti di tipo teorico, per i quali la navigazione in Internet e la immensa disponibilità di fonti scritte ed audio-video può avere un impatto assai rilevante: il copia-incolla può portare alla facile compilazione di un nuovo testo, od alla applicazione risolutiva di formule e algoritmi, ma non altrettanto alla esecuzione (conforme oppure creativa) di gesti ed azioni (tanto in campo ginnico quanto in campo tecnico oppure artistico), pur facilitabili da video tutoriali e da altri strumenti digitali di elaborazione e di auto-correzione.

 

La questione degli apprendimenti manuali-pratici-artistici (e ginnico-corporali) mi sembra importante, tanto quanto un approccio induttivo nella ricerca di norme linguistiche e di leggi scientifiche[A], perché dovrebbero essere gli elementi specifici di una didattica di tipo maieutico, soprattutto nel tentativo di cogliere le potenzialità – spesso nascoste – di consistenti minoranze di allievi (non necessariamente coincidenti con quelli con un retroterra familiare di minor scolarizzazione), che risultano o sembrano refrattari alla ‘normale’ disciplina scolastica, e che attraverso il ‘gancio’ di una propensione o passione specifica possono essere coinvolti in una più generale affezione all’apprendimento.

La maieutica, che Balistreri – con il nome di “classe rovesciata” – propone come correttivo[B] alla didattica tradizionale per affrontare la problematica del contesto digitale che ormai pervade gli allievi[C], nella mia esperienza personale era già apparsa comunque come una alternativa sostanziale e superiore: non mi riferisco solo alla vicenda universitaria, che ho raccontato con Anna Vailati nel recente articolo “Architettura Milano 1968-71, ecc.“, ma anche ai miei precedenti studi liceali, di cui ho dimenticato molto, ma non le poche occasioni di approccio “sperimentale”: quali un assistente di fisica che – previa colletta tra gli studenti per ammortizzare il possibile esito  negativo – lanciava una noce contro una finestra postulando la rottura della noce anziché  del vetro, ed una prova a sorpresa di biologia, in cui dovevamo ipotizzare la causa di una antica epidemia, sulla scorta di una descrizione giornalistica dell’epoca su sintomi e condizioni al contorno.  

 

Al di là delle mie personali predilezioni, e mettendo comunque in guardia sulle difficoltà della maieutica, quali:

-       la maieutica per pochi, come quella da noi sperimentata nella “Sperimentazione della Facoltà di Architettura di Milano al 1968, di fatto escludente per molti discenti,

-       la maieutica che riflette pedissequamente il pensiero del Docente (difetto che ho purtroppo constatato, ad esempio, in un filmato su Danilo Dolci, da lui stesso promosso; pur con tutto il rispetto dovuto al Maestro in questione),

mi pare che il vero problema sia come una didattica rovesciata divenga possibile per una scuola di massa (dove a mio avviso è quanto mai necessaria, proprio per l’eterogeneità degli allievi, come sopra accennato, e per il soverchiante contesto digitale, come suggerisce Balistreri): perché ritengo che comporti un forte impegno quantitativo e qualitativo di docenti preparati e di altre risorse al contorno, da quelle umane (docenti di sostegno individuale ed assistenti di gruppo, che potrebbero essere insegnanti in formazione) a quelle materiali (non solo interfacce digitali, ma – per l’appunto – laboratori per attività manuali-pratiche-artistiche (anche musicali, teatrali, ecc.) e spazi per motricità ginnico-sportiva-coreutica: meglio se connessi ad una seria rivisitazione dell’alternanza scuola-lavoro, a mio avviso finora male applicata e ingiustamente bistrattata dagli ‘umanisti elitari’, ovvero ‘quelli che il Classico…’).

 

Ne vedo cioè un motivo specifico in più per rivendicare risorse per il sistema pubblico di formazione: all’opposto della rassegnazione alla scuola tradizionale cui sembra orientata la presentazione pubblicitaria del testo di Mastrocola e Ricolfi “Il danno scolastico” (che francamente non ho letto e difficilmente leggerò per un consolidato pregiudizio avverso al secondo autore): “L’istruzione democratica, facile e di scarsa qualità nata per salvare i più deboli allarga il solco tra ceti alti e bassi” . Ci si può battere invece per una “istruzione democratica”, ma di alta qualità?

 

aldovecchi@hotmail.it

Fonti

1.    Antonio G.Balistreri e Fulvio Fagiani – SOLITUDINE DIGITALE. DAD E SMART WORKING. IL FUTURO DEL DIGITALE A SCUOLA E AL LAVORO – Asterios, Trieste 2021 - Il libro è acquistabile in libreria e può essere scaricato dal sito www.volantiniasterios.it, al prezzo di 3€, in formato pdf non protetto, liberamente distribuibile.

2.    Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi - FACOLTÀ DI ARCHITETTURA, MILANO, 1968-1971: LE 2 UTOPIE CHE ABBIAMO ATTRAVERSATO – su Utopia21, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1y-1G9dVnwBCyJJ3HVBYm8aU_mNSrmAzz/view?usp=sharing

 



[A] In proposito, mi sembra riduttiva l’affermazione di Balistreri – “Pensiero è soltanto quell’attività mentale che procede in modo lineare e logico-deduttivo”

[B] Non ho ben compreso se complementare od alternativo, nel testo di Balistreri; in ambedue i casi la funzione correttiva affidata da Balistreri al docente come ‘pilota della navigazione in Internet’ nella parte finale del testo mi pare che smentisca l’affermazione iniziale, un po’ categorica, su Internet come ‘mezzo che condiziona l’uso’

[C] Non intendo banalizzare la rivoluzione digitale, che probabilmente nella formazione e trasmissione del sapere costituisce una svolta di portata paragonabile alle precedenti introduzioni della scrittura e poi della stampa: però mi permetterei di segnalare anche il ripetersi – prima di Internet, ma in determinate condizioni storiche – di alcuni “archetipi sociali”, quali l’autodidatta seriale ma de-strutturato (vedi in Jean Paul Sartre “La nausea”, 1938), lo studente facoltoso ma svogliato (il “Giovin Signore” di Giuseppe Parini, secolo XVIII) ed il banale “studente scopiazzatore” (ora facilitato dalla funzione “incolla”: prima era costretto a sussumere in parte i testi trascrivendoli), che tutti noi abbiamo conosciuto negli ultimi decenni.

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2021: INTERVISTA AD ADRIANO FANCHINI: 40 ANNI TRA SIAI E AGUSTA

 

INTERVISTA AD ADRIANO FANCHINI:

40 ANNI TRA SIAI E AGUSTA


Con riferimento alle altre interviste attinenti al movimento operaio nella zona “insubrica” che abbiamo pubblicato su Utopia21 1, l’esperienza di Adriano Fanchini come operaio e sindacalista nel gruppo Agusta (che ha assorbito anche gran parte della storica SIAI Marchetti); e anche nei suoi rapporti con il territorio e l’ambiente.

 

D. = domanda

R. = risposta

In corsivo i commenti più personali

 

D. LaTua esperienza di lavoro (e anche di sindacalista) tra Siai Marchetti ed Agusta è durata quarant’anni…

 

R. Sì, ho iniziato a lavorare giusto 50 anni fa, nel novembre 1971, e sono rimasto nell’azienda di Vergiate, fino al 2011 (tranne un breve periodo in aspettativa, in cui ho fatto il funzionario del Partito Comunista)

 

D. Prima hai seguito un percorso scolastico?

 

R. Sì, all’Istituto Tecnico Industriale, prima a Borgomanero e poi nella nascente sezione staccata di Arona, dove eravamo solo una classe, isolata in un condominio, con mezzo laboratorio nel sottoscala: una situazione poco stimolante, che forse ha contributio a farmi smettere dopo 2 anni (anche per motivi di famiglia): ma mi resta il rammarico di non aver proseguito

 

D. Erano anni di movimento tra gli studenti, anche a Borgomanero e ad Arona?

 

R. Sì, in alcuni mesi si faceva soprattutto sciopero… Già da prima ero iscritto alla Federazione Giovanile Comunista, a Castelletto Ticino, ma il confronto con i “movimenti” apriva la mente a nuove prospettive, allora  non c’erano steccati, nei paesi tra PCI e altri gruppi di sinistra: ad Arona c’erano rapporti e anche contrasti con le altre scuole (al Liceo c’erano anche studenti di destra)

 

D. Ma avete avuto contatti anche con le Marcelline (scuola magistrale femminile confessionale) ?

 

R. Una volta cercammo di fare un volantinaggio, ricordo che ero insieme a Tom Capuano1, e che i genitori delle allieve non erano particolarmente contenti….

 

D. E’ stato difficile farsi assumere alla SIAI?

 

R. No: bastava compilare una domanda, e tagliarsi i capelli, perché alla Direttrice del Personale non andavano i”capelloni”.

 

D. Allora la SIAI era in espansione?

 

R. Si, alla fine degli anni ’70 arrivò ad avere 3.000 dipendenti, la maggioranza a Vergiate, circa 1000 a Sesto (dove c’erano anche gli uffici della Direzione), 400 tra Borgomanero (meccanica) e Malpensa (assitenza) e inoltre quasi 300 nel distaccamento in Libia, per gli ottimi rapporti commerciali con il Gheddafi di allora

 

D. Perché poi arrivò la crisi della SIAI?

 

R. Penso soprattutto per motivi politici, di strategie dei gruppi di potere nelle “Partecipazioni Statali”: il gruppo Agusta, con cui la SIAI già collaborava per gli elicotteri, non aveva interesse per l’ala fissa, ed i modelli di aerei da addestramento della SIAI, di oggettiva miglior qualità, non riuscirono a soppiantare nelle forniture all’Aviazione italiana qeulli dell’AerMacchi. Il gruppo dirigente SIAI stava con il PSI, quello AerMacchi con la Dc, e vinse la DC. Si può anche dire, però, che la tecnologia SIAI sta per avere una rivincita postuma, perché il parco progetti e le migliori mestranze sono state assorbite dalla Macchi di Venegono, ed il prossimo modello Macchi che userà l’Aviazione (comprese le Frecce Tricolori) assomiglierà tremendamente al fantasma del SIAI S211…

 

D. Tornando al Tuo ingresso in fabbrica, com’era il processo di formazione? Ti è servito qualcosa il biennio dell’ITIS?

 

R. In quegli anni la SIAI non si impegnava in una attività di formazione, perché con le sue migliori condizioni contrattuali e salariali, attraeva di fatto gli operai che si erano specializzati nelle piccole fabbriche della zona. Nel mio caso fui fortunato, perché mi misero al reparto Attrezzeria, dove c’era da imparare sul campo dagli operai più anziani a fare operazioni delicate, dagli stampi alla carpenteria per le linee di produzione, perché allora l’azienda era abituata ad essere autosufficiente, grazie alla altissima professionalità di questi “maestri”, tra cui vorrei ricordare soprattutto Romano Zeni, di Sesto Calende…

 

D. Persona molto conosciuta e apprezzato anche fuori dalla fabbrica: con gli altri del gruppo Anziani Siai ha ottenuto che – in un territorio ormai privo di grandi fabbriche – la “Sirena della SIAI” continui a suonare alle 7.55 dei giorni feriali

 

R. La sento anch’io da Castelletto: quando lavoravo mi pesava un po’, perché al mattino si ha anche voglia di dormire, ma adesso è quasi un buon ricordo.

 

D. Ti ho interrotto sulla formazione…(aggiungo per i lettori che invece, nei decenni precedenti, la SIAI si era distinta per i suoi corsi di disegno, anche serali)

 

R. Il lavoro in Attrezzeria, ma anche in Modellistica (modelli in legno dei pezzi di aereo o di elicottero, che poi le macchine rilevavano e in parallelo riproducevano, ad esempio, sull’alluminio), era fondato sul disegno, sulla conoscenza dei materiali (l’aeronautica per forza di cose doveva stare all’avanguardia nella ricerca) e poi anche sulla manualità; quel po’ di disegno tecnico e di esercitazioni in officina con la lima dell’ITIS mi sono anche tornate utili; poi, per esempio, a saldare ho imparato guardando i saldatori che realizzavano i nostri “attrezzi”. Tutto questo è poi cambiato dagli anni ’90, sia per l’introduzione delle macchine a controllo numerico e di materiali come il carbonio e il titanio, sia per le scelte di Agusta, che preferisce esternalizzare gli stampi e quant’altro a imprese esterne, di fatto controllate dal gruppo, e che costituiscono parte dell’ “indotto aeronautico” della nostra zona, molte imprese con elevate certificazioni di qualità. Io però ero ormai passato al “Controllo Qualità” (anche lì imparando da colleghi anziani di altissima competenza).

 

D. Qual’era il panorama politico-sindacale dei dipendenti SIAI negli anni ’70?

 

R. La maggioranza erano aderenti alla FIM-CISl, un po’ perché venivano da territori dominati dalla Democrazia Cristiana, e un po’ per il prestigio dei sindacalisti FIM, anziani che venivano dalla tradizione della Commissione Interna (aggiungi che nel dopoguerra una parte dei quadri della FIOM era stata allontanata per motivi politici, a partire da Albino Caletti,il “Capitano Bruno”; anche mio padre, Mario, da operaio SIAI era passato a fare il sindacalista per la Camera del Lavoro di Novara, e poi per diverse categorie della CGIL). Alla FIM aderiva anche un gruppetto, che allora si era formato, di Avanguardia Operaia. Poi con il ricambio generazionale e l’ingresso di molti giovani, come me, la FIOM divenne maggioritaria (anche se curiosamente una parte della UILM era costituita da iscritti al PCI…): c’era l’importantissima novità dello Statuto dei Lavoratori e la fondazione dei Consigli di Fabbrica.

 

D. E anche Tu sei stato eletto delegato?

 

R. Si, dopo qualche mese; successivamente sono entrato anche nell’Esecutivo (perché il Consiglio intero contava una cinquantina di delegati); e a volte andavo a tenere assemblee nelle piccole e medie aziende della “zona Laghi”

 

D. Anche in SIAI si svilupparono le conquiste degli anni ’70?

 

R. Sì, a mio avviso furono anni di trasformazioni rivoluzionarie, come l’abolizione del cottimo, che era ancorato a tempi di lavorazione assurdi, punitivi per la media degli operai, e però talora invece dannosi per la effettiva produttività, come riuscimmo a dimostrare all’azienda.

E riuscimmo invece ad impostare una seria contrattazione collettiva sul cosiddetto “inquadramento unico”, rivedendo mansioni e “carriere”: allora i Delegati avevano un monte-ore, che si distribuivano (e se le ore non bastavano, il Consiglio si riuniva dopo la giornata di lavoro), ma così continuavano a lavorare nei reparti in contatto con i lavoratori…

 

D. Allora sì, dopo: meno?

 

R. Secondo me le attuali Rappresentanze Sindacali Unitarie hanno perso questo contatto, i Rappresentanti sono distaccati a tempo pieno e gestiscono contrattazioni individuali, ad esempio per i passaggi di livello, per garantirsi il consenso elettorale, quasi una specie di voti di scambio…

 

D. Ti ho interrotto sulle conquiste degli anni ‘70

 

R. Altra battaglia fondamentale, anche sotto l’aspetto umano e  culturale, fu il superamento dell’indennità per lavorazioni nocive, che “monetizzava” la permanenza dei lavoratori in ambienti malsani e pericolosi: costringemmo la SIAI a rifare come si deve i reparti verniciatura e incollaggi, con tutte le aerazioni  necessarie ed i controlli sulla salute.

 

D. Ma poi questa spinta si è interrotta…

 

R. Penso che nella seconda metà degli anni ’70 sia improvvisamente divenuto centrale il tema del terrorismo, anche prima del sequestro Moro: pure in SIAI ci furono alcuni episodi di sabotaggio, a macchinari ed a prodotti, ed un attentato incendiario ad una automobile di un dirigente, che per fortuna andò a fuoco senza esplodere e innescare altri effetti a catena. La preoccupazione del Consiglio di Fabbrica era quella di isolare i fiancheggiatori del terrorismo (collaborando anche con la Direzione) e sviluppare la battaglia politica e culturale per la difesa delle istituzioni democratiche, senza dimenticare la dialettica sindacale e gli interessi dei lavoratori. Ma non fu facile, e da lì si spezzò in qualche misura il legame tra la sinistra parlamentare e una parte dei lavoratori.

 

D. Anch’io come militante di sinistra, di fronte al sequestro Moro ebbi l’impressione che in qualche modo le Brigate Rosse ci avessero privato della possibilità di continuare la lotta poilitica, nei termini in cui si svolgeva prima.

 

R. E’ una impressione che condivido. Tutto fu poi più difficile anche per il Partito Comunista: Berlinguer, che a mio avviso aveva detto cose giustissime sulla “austerità”, si trovò nelle strettoie della nuova alleanza tra DC e PSI e di battaglie giuste ma impossibili come la vertenza FIAT del 1980. Poi però, con la sua morte, subimmo anche il peso di non avere dei leader alla sua altezza (in parallelo penso che abbia pesato dall’altra parte la perdita di Moro come guida autorevole e intelligente): dopo la transizione di Natta, Occhetto sollevò speranze, ma si rivelò una delusione

 

D. La prima di molte?

 

R. Forse: d’altronde dall’altra parte si affermò il “C.A.F.” con Craxi Andreotti e Forlani…

 

D. E poi Berlusconi…Tornando alla SIAI, vorrei raccontarTi un’esperienza personale: tra il 74 ed il 76 frequentavo abitualmente i cancelli della Siai, sia a Sesto che a Vergiate, per “fare intervento politico” per Lotta Continua (che alla IGNIS era presente all’interno), con scarsi risultati in generale (stante la forte affezione degli operai Siai all’azienda e/o al PCI e sindacato), tranne due episodi, uno di forte attenzione, quando esponemmo una mostra sulle condizioni abitative di molti operai (legata a rivendicazioni specifiche sulle case popolari) e l’altro invece quando distribuimmo un volantino contro l’industria bellica, che fu particolarmente malvisto…

 

R. All’inizio degli anni ’70 la condizione abitativa di molti operai era ancora drammatica: ricordo un gruppo di immigrati da Salerno che vivevano a Vergiate in una specie di dormitorio, ed al sabato venivano a lavarsi ai Bagni Pubblici di Castelletto.

Sulla questione dell’industria bellica, come sindacato abbiamo spinto più volte per la priorità a modelli di aeromobili per uso civile [1], ma se prevaleva il contrario non c’era quasi nessuno in grado di rifiutarsi: ricordo solo un “intermedio” (figura contratuale tra l’operaio e l’impiegato) che si dimise dal posto di lavoro su questo tema, perché era un testimone di Geova, molto coerente con la sua fede

 

D. Verso la conclusione dell’intervista, vorrei chiederTi un po’ dei Tuoi rapporti con il territorio, a partire da Castelletto Ticino, e del Tuo impegno per l’ambiente, anche fuori dalla fabbrica

 

R. Sappiamo tutti quanto ora la situazione generale sia difficile, per l’intero pianeta. A livello locale si è fatto qualcosa, e personalmente me ne sono occupato, oltre che come “utente” dei boschi o del lago e del fiume, come Consigliere e Assessore Comunale e anche come Assessore del Parco Ticino (piemontese). Per esempio si è fatto molto per le acque, già dagli anni ’70, con il piano regionale dei depuratori per l’area dei laghi (in ritardo invece sulla sponda lombarda del Lago Maggiore), e in qualche misura per l’aria o la fauna: ma poi scappano disastri come quella dei cinghiali (a mio avviso per colpa degli stessi cacciatori) o parimenti dei “pesci siluro”, che saranno scappati da qualche laghetto artificiale e ora scorazzano da padroni nelle acque del Ticino

 

D. E le dolenti note dell’urbanisitca e del consumo di suolo (che ho anche misurato di persona,  come tecnico del Comune di Castelletto nel biennio cruciale 1979-81)

 

R. Certamente ci sono stati errori storici nel governo del territorio, anche da parte della sinistra, tra il dopoguerra ed il 1980: ma proprio negli anni ’70 si era aperta una discussione positiva, in particolare quando era assessore Franco Paracchini 1, per un miglior controllo di fenomeni come gli insediamenti lungo la Statale del Sempione. Però il rovesciamento delle alleanze da parte di un nuovo gruppo dirigente del PSI, portò al comando una coalizione di interessi, con effetti devastanti, non solo sul Sempione, ma anche con la disseminazione di “zone miste”, sparpagliate nelle campagne, con fabbrichette e villette. A guardar bene, la devastazione fu ancora più grave per il bilancio comunale, che dopo un decennio di scelte sbagliate (ad esempio il mancato “secondo depuratore”, con tutte le opere di collettamento, da buttar via perché avrebbe inquinato le sorgenti dell’acquedotto, oppure l’impianto di compostaggio progettato all’insaputa dei consiglieri comunali e dei cittadini) si concluse con debiti fuori bilancio per 1,7 miliardi di Lire. Cosicchè la sinistra tornò in Giunta, con un pezzo di Democrazia Cristiana, per metterci le pezze, vendendo addirittura la farmacia comunale e tornando faticosamente in pareggio. E sull’urbanistica un po’ meno peggio, con molti buoi ormai scappati: ma ho l’impressione che anche la prossima revisione del Piano Regolatore sia attesa per soddisfare alcuni appetiti immobiliari…

 

 

aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

1.    Aldo Vecchi – INTERVISTE SUL MOVIMENTO OPERAIO (IN AREA INSUBRICA) – Quaderno 30 di Utopia21, ottobre 202

https://drive.google.com/file/d/16AV33_pkUzHgGoUwDYgSrsYvsIURfWjU/view?usp=sharing



[1] La SIAI aveva già vissuto dal 1945 una difficile fase di riconversione radicale da industria bellica a produzioni civile (le più disparate: imbarcazioni, vagoni ferroviari), imposta anche dal trattato di pace dopo la rovinosa sconfitta del nazi-fascismo: riconversione che comportò anche il licenziamento di numerosi lavoratori, gestito all’inizio dallo stesso Consiglio di Gestione uscito dalla Resistenza. Sulla vicenda ho raccolto fonti orali (ad esempio i primi a stare a casa erano quelli meno poveri, perché possedevano almeno una mucca), ma non ho trovato una ricostruzione storica adeguata, che invece meriterebbe, come la vicenda dei vetrai di Sesto Calende 1

 

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2021: I RAPPORTI ASVIS 2021 E IL QUADRO INTERNAZIONALE

 

I RAPPORTI ASVIS 2021

E IL QUADRO INTERNAZIONALE

per le immagini e le tabelle vai al  sito www.universauser.it/utopia21.html

 

Nel 2021 l’Associazione per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), oltre a pubblicare il consueto rapporto annuale sulle distanze dell’Italia dagli obbiettivi socio-ambientali dell’ONU per il 2030, ha elaborato una analisi dei correlativi indicatori per tutti gli altri paesi dell’Unione Europea e per tutti gli altri paesi del G20, con qualche valutazione estesa anche al mondo restante. Il Rapporto inoltre formula puntuali proposte correttive per le politiche nazionali sulla Transizione Ecologica

 

Sommario:

-       premessa

-       l’Italia e gli obiettivi ONU 2030, aggiornamento annuale

-       crisi pandemica a scala mondiale e sforzi istituzionali

-       il cammino verso gli obiettivi 2030 nei paesi del G20

-       gli obiettivi 2030 per l’Unione Europea ed i paesi membri

-       politiche nazionali: le puntuali proposte dell’ASviS

-       gli ulteriori dettagli delle proposte ASviS: l’esempio del fisco

-       note a margine sui convegni ASviS

 

In corsivo i commenti più personali

 

Riquadrati, In carattere Colibri 11, i brani e le immagini riportati dai documenti ASviS.

Le parti evidenziate in grassetto sono scelte dallo scrivente

 

 

 

PREMESSA

 

In precedenti articoli abbiamo presentato le pregresse attività dell’ASviS (Associazione per lo Sviluppo Sostenibile) e le sinergie con gli orizzonti di Utopia21 1,2.

Nel settembre 2021, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile (su cui ci riserviamo di tornare) ed in relazione alla tornata del G20 a presidenza italiana, l’Associazione ha presentato sia il Rapporto 2021 “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” 3 sia uno speciale Rapporto SDG20 “La misurazione dello sviluppo sostenibile nei Paesi del G20” 4.

 

Come si evince dal seguente estratto dell’indice del Rapporto ASviS 2021

1. L’Agenda 2030 nel mondo

2. L’Agenda 2030 in Europa

3. L’Agenda 2030 in Italia

4. Le proposte dell’ASviS

5. Appendice: Goal e Target

si tratta di un documento vasto (quasi 250 pagine) e piuttosto complesso che – oltre ad aggiornare di un anno (ed in particolare di un “anno pandemico”) dati e tendenze della società italiana, con approfondimenti sulle attività delle istituzioni  (a partire dal PNRR) ed a quelle della stessa Associazione – si apre ad una visione internazionale (integrata con il Rapporto sui paesi del G20), che mi sembra di notevole rilevanza e su cui mi soffermerò in particolare, anche se gran parte dei dati (a differenza di quelli nazionali) non sono aggiornati oltre il 2019, e quindi non registrano i contraccolpi della Pandemia Covid 19.

 

 

L’ITALIA E GLI OBIETTIVI ONU 2030, AGGIORNAMENTO ANNUALE

 

Infatti mi sembra che – malgrado le fluttuazioni specifiche dei dati più influenzabili, in peggio ed in meglio, dalla Pandemia – il quadro complessivamente negativo della situazione italiana, e gran parte dei suoi contenuti analitici, confermino aspetti già noti e commentati, interessanti da riprendere nello specifico per una lettura puntuale (per la quale rimando direttamente alla fonte) e meno per una mia trattazione divulgativa, che risulterebbe ripetitiva.

 

Guardando ai dati più recenti, tra il 2019 e il 2020 l’Italia mostra segni di miglioramento solo per tre Obiettivi (7, 13 e 16) [energia, clima, pace/giustizia/istituzioni] e una sostanziale stabilità per tre Obiettivi (2, 6 e 9). Peggiorano invece gli indicatori relativi a [i restanti] nove Obiettivi…. Alla luce di questi dati, degli approfondimenti su 32 obiettivi quantitativi illustrati nel paragrafo 3.8, e del confronto con gli altri Paesi UE …, la situazione del nostro Paese si conferma critica. Se non interverranno cambi di passo decisi, il nostro Paese non conseguirà gli Obiettivi dell’Agenda 2030 nei tempi concordati in sede Onu…

 

Merita osservare che i cosiddetti miglioramenti relativi ad alcuni indicatori – come in parte anticipato dal Rapporto 2020 5,2 - corrispondono sostanzialmente ad effimeri ‘effetti perversi’ dei confinamenti disposti per arginare la Pandemia” (meno effimeri e più strutturali forse solo per il “goal 16):

 

-       GOAL 7 - ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE… L’indicatore che misura la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia aumenta di 1,8 punti per tra il 2019 e il 2020. Un netto miglioramento rispetto al trend dei due anni precedenti dovuto principalmente alla riduzione dei consumi finali lordi di energia (-10,6%) e non a una reale crescita della nuova potenza installata di energia rinnovabile

-       GOAL 13 - LOTTA CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO L’indicatore composito del Goal 13 è costituito dal solo indicatore headline relativo alle emissioni di gas serra pro-capite. … Nel 2020 si evidenzia un forte miglioramento dell’indicatore: le emissioni di gas serra pro-capite si riducono del 7,0%, attestandosi nell’ultimo anno a 6,6 tonnellate di CO2 equivalenti pro-capite. Tale risultato è collegato all’interruzione di parte delle attività produttive durante il lockdown e non da un effettivo cambiamento di paradigma produttivo.

-       GOAL 16 - PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE …La pandemia ha influito positivamente su questo Goal. In particolare, si osservano effetti positivi sulla dimensione relativa alla criminalità: durante il lockdown si è registrato un netto calo degli omicidi e della criminalità predatoria che raggiungono i loro minimi storici, diminuendo rispettivamente del 10,4% e del 37,8% in un solo anno. Da segnalare, in controtendenza, l’incremento delle truffe e frodi informatiche, che nell’ultimo anno peggiorano del 14,4%. Si registra, inoltre, un significativo miglioramento dell’indicatore sul sovraffollamento degli istituti di pena, che raggiunge nel 2020 il valore migliore della serie storica, pari a 105,5%, avvicinandosi così alla soglia obiettivo del 100% grazie alle misure messe in atto per limitare il contagio del virus all’interno degli istituti di pena. Infine, è da segnalare che la fiducia nelle istituzioni raggiunge, sempre nel 2020, il suo valore massimo

 

 

CRISI PANDEMICA A SCALA MONDIALE E SFORZI ISTITUZIONALI

 

Il primo capitolo del Rapporto 2021 affronta la difficile prospettiva degli Obiettivi SDGs per il 2030 a scala mondiale, aggravata dalla Pandemia, dando atto dei numerosi rapporti scientifici a supporto delle decisioni istituzionali (rapporti in gran parte già illustrati su Utopia 21 da Fulvio Fagiani 6,7) e delle molteplici sedi di confronto tra Stati e Organismi sovranazionali (G7 e G20, convegno ONU “HLDF”, Global Health Summit, nonché le ancora attese conferenze Food Systems Summit, COP 15 e COP26), mostrando un certo compiacimento verso il ritorno degli USA al multilateralismo (anche se poi nei fatti i risultati della presidenza Biden non si discostano molto dall’eredità trumpiana) e verso le buone intenzioni manifestate da gran parte dei governanti (fino a settembre però più “bla bla” che effettive distribuzioni di vaccini ed altri aiuti).

 

La cruda realtà del globo, ma soprattutto dei ‘Paesi Poveri’, è ben riassunta a pag. 12 del Rapporto (pur in mancanza dei dati sistematici offerti invece per Italia, Europa e Paesi del G20):

 

… la pandemia ha causato almeno 4,5 milioni di vittime accertate, con oltre 210 milioni di contagiati ed effetti devastanti sull’economia globale. Continua a infliggere profonde sofferenze, soprattutto alle persone più vulnerabili. Mentre alcuni Paesi pianificano la ripresa, la pandemia sta accelerando in altri. Come indicato nel Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite all’High Level Political Forum (HLPF), la pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto drammatico sui progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) globale è diminuito di circa il 4,6% nel 2020. A febbraio di quest’anno, 36 Paesi a basso reddito erano in difficoltà per il debito sovrano o ad alto rischio di cadere in tale difficoltà. L’equivalente di 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno è andato perso in termini di ore lavorative, circa 4 volte il numero riportato per il periodo 2007-2009. La pandemia ha spinto altri 124 milioni di persone nella povertà estrema. Quasi una persona su tre in tutto il mondo non ha potuto accedere a un’alimentazione adeguata nel 2020, con un aumento di quasi 320 milioni di persone in un anno. Due studenti su tre sono ancora colpiti dalla chiusura delle scuole. Si stima che nel mondo siano stati persi 112 miliardi di giorni dedicati all’istruzione. Dall’ultima analisi globale condotta da Save the Children su 194 Paesi, emerge che i minori in America Latina, nei Caraibi e nell’Asia meridionale hanno perso quasi il triplo dell’istruzione dei coetanei dell’Europa occidentale. Molti giovani potrebbero non tornare mai più a scuola: le cause maggiori sono, da un lato, l’aumento del lavoro minorile, dall’altro, l’ondata di matrimoni precoci che coinvolge soprattutto le ragazze. La violenza contro le donne è salita a livelli sconvolgenti, e le segnalazioni di abusi - in alcuni luoghi del mondo - sono raddoppiate e triplicate. Un ulteriore fardello del lavoro domestico e di cura non retribuito è l’espulsione delle donne dal mondo del lavoro. Le sfide strutturali sottostanti agli SDGs, compresa la crisi climatica e le altre principali crisi ambientali nonché la crescente disuguaglianza, sono diventate ancora più pericolose. Le concentrazioni di anidride carbonica (CO2) sono ora al livello più alto in 3 milioni di anni, il 148% dei livelli preindustriali e ci troviamo dinanzi a una situazione climatica da affrontare senza perdere tempo, con l’aumento della temperatura globale già vicina a 1,2 °C. Anche altre numerose e interconnesse crisi ambientali sono evidenti: la biodiversità sta diminuendo a un ritmo senza precedenti e allarmante, con un milione di specie a rischio di estinzione. Ogni anno vengono persi 10 milioni di ettari di foreste e il degrado degli ecosistemi procede a ritmi sostenuti. La disuguaglianza poi rimane a livelli insostenibili. Il patrimonio netto di circa 2.500 miliardari è aumentato di oltre 5,2 miliardi di dollari al giorno durante la pandemia, mentre 4 miliardi di persone sono ancora senza forme di protezione sociale di base. E nel frattempo, conflitti e crisi hanno lasciato l’1% della popolazione mondiale sfollata. La povertà globale dovrebbe raggiungere il 7% entro il 2030, solo marginalmente al di sotto del livello del 2015. Insomma, siamo sull’orlo dell’abisso.

 

 

La seguente osservazione del Rapporto, pag. 25, può indicare una misura della diversità di conseguenze nella crisi pandemica tra paesi ricchi (dove l’indebitamento pubblico, risultato praticabile, ha dato sollievo a imprse e famigie) e paesi poveri (dove il debito, già enorme, non è risultato amplaibile):

 

Nelle economie avanzate, i pacchetti di stimolo fiscale hanno raggiunto quasi il 28% del PIL. Nei Paesi a reddito medio, questa cifra scende al 6,5%; nei Paesi meno sviluppati, all’1,8%. Molti Paesi in via di sviluppo non possono permettersi di investire nella risposta o nella ripresa, a causa del pagamento degli interessi paralizzante e delle ridotte opportunità di aumentare le tasse

 

 

IL CAMMINO VERSO GLI OBIETTIVI 2030 NEI PAESI DEL G20

 

Riporto di seguito a titolo di esempio, in quanto assai significativo dei divari interni al gruppo dei paesi del G20 (e quindi a maggior ragione verso i restanti “Paesi Poveri”) la mappa ed il testo relativi al “Goal 1 (l’intero Rapporto ASviS dedicato ai paesi G20 4 è riferito ai dati del 2019, cioè pre-pandemici)”:

 

Goal 1 - SCONFIGGERE LA POVERTÀ

GOAL 1 - SCONFIGGERE LA POVERTÀ La mappa dell’indicatore composito del Goal 1 (relativo alla povertà) evidenzia ampie differenze tra i Paesi con una maggiore spesa dedicata al welfare rispetto a quelli con una spesa più contenuta. In particolare, l’analisi ha evidenziato una situazione favorevole per l’Australia, il Canada, la Francia, la Germania, il Giappone, il Regno Unito e la Russia, che si distinguono per una quota di persone vulnerabili coperte da assistenza sociale uguale o superiore al 76% e a un tasso di povertà inferiore allo 0,7%. Al contrario si segnala una situazione critica per Brasile, India, Indonesia, e Sud Africa. Questi paesi evidenziano una quota di persone vulnerabili assistite inferiore o uguale al 37% e un maggiore tasso di povertà rispetto alla media del G20 (ad eccezione dell’Indonesia, che registra un tasso di povertà in linea con la media del G20). Il contesto più grave è rappresentato dall’India, con il più alto tasso di povertà (22,5%) e il minor tasso di vulnerabili assistiti (10,4%), seguita dal Sud Africa con un tasso di povertà del 18,7% e un’assistenza sociale che copre il 35,6% dei vulnerabili.

 

Rinviando alla lettura diretta del documento per le distanze dai traguardi relative agli altri singoli Obiettivi, ne propongo di seguito una visione sint a quelli più lontaetica, con una tabella di mia rielaborazione, limitata a cinque paesi che ritengo paradigmatici, per vari intuibili motivi, e schematizzata  in una scala di cinque soli colori (dai risultati più vicini agli obiettivi più lontani: BLU, AZZURRO, BIANCO, FUCSIA, ROSSO) rispetto alle ‘sfumature continue’ della scala cromatica delle mappe mondiali di ASviS (con tutte le approssimazioni pertanto necessarie):

 

 

OBIETTIVO

Italia

Germania

U.S.A.

Cina

India

1 - SCONFIGGERE LA FAME (e sicurezza alimentare)

 

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3 - SALUTE E BENESSERE

 

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4 - ISTRUZIONE DI QUALITÀ

 

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5 - PARITÀ DI GENERE

 

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6 - ACQUA PULITA E SERVIZI IGIENICO-SANITARI

 

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7 - ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE

 

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8 - LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA

 

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9 - IMPRESE, INNOVAZIONE E INFRASTRUTTURE

 

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10 - RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

 

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11 - CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILI

 

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12 - CONSUMO E PRODUZIONE

 

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13 - LOTTA CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

 

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14 - VITA SOTT’ACQUA

 

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15 - VITA SULLA TERRA

 

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16 - PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE

 

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legenda

MASSIMO

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---MEDIO----

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MINIMO

 

Pur nella molteplicità delle situazioni (dovute spesso alla peculiarità – e talvolta alla bizzaria – degli indicatori assemblati)[1], si può constatare una polarizzazione prevalente, con la Germania ben insediata tra i valori positivi (pur con pesanti eccezioni) e l’India invece tra i valori negativi (anche qui con importanti eccezioni), mentre l’Italia presenta le condizioni più altalenanti.

 

 

GLI OBIETTIVI 2030 PER L’UNIONE EUROPEA ED I PAESI MEMBRI

 

Sempre con il limite dell’arco temporale precedente al 2020, il capitolo 2 del rapporto ASviS 2021 3 applica gli usuali indicatori per l’insieme dell’Unione Europea, esplicitando anche le posizioni relative di ciascuno dei 27 Paesi Membri.

Riproduco di seguito il giudizio complessivo dell’ASviS e – a titolo di esempio – gli approfondimenti relativi all’Obiettivo 1 “SCONFIGGERE LA POVERTA’”:

 

... l’Unione europea, l’area del mondo più avanzata rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, mostra, tra il 2010 e il 2019, segni di miglioramento per 12 Obiettivi … di peggioramento per 2 (Goal 15 e 17) [Vita sulla Terra, Partnership per gli obiettivi] e di sostanziale stabilità per 2 (Goal 6 e 10) [Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, Ridurre le disuguaglianze].

 

 

 

GOAL 1 - SCONFIGGERE LA POVERTÀ  Il composito [cioè l’indice complessivo derivante da più indicatori]  mostra un andamento negativo tra il 2010 e il 2014, seguito da un trend positivo più significativo dal 2017 al 2019. Nel 2019 l’indice si posiziona a un livello migliore rispetto al 2010, principalmente per la diminuzione delle persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali (diminuite di 3,6 punti percentuali tra il 2010 e il 2019). Migliorano anche gli indicatori relativi al rischio di povertà, alla deprivazione materiale e alla bassa intensità lavorativa. Unico indicatore che nel 2019 si assesta a un livello peggiore rispetto al 2010 è la quota di occupati a rischio povertà, che passa dall’8,5% del 2010 al 9% nel 2019.

 

 

Per il Goal 1 la differenza tra l’indicatore composito relativo al migliore (Repubblica Ceca) e al peggior Paese

europeo (Grecia) è pari a 22,1 punti. La Bulgaria è il Paese che registra il miglioramento più significativo tra il 2010 e il 2019, grazie alla netta riduzione delle persone a rischio povertà che passano dal 49,2% nel 2010 al 39,8% nel 2019 e delle persone che vivono in condizioni di deprivazione materiale (dal 45,7% al 20,9%). Il Lussemburgo, invece, misura la variazione negativa maggiore tra il 2010 e il 2019, dovuto all’aumento del rischio di povertà per gli occupati. L’Italia, tra il 2010 e il 2019, evidenzia una sostanziale stabilità, registrando, nel 2019, una delle situazioni più critiche dell’UE, principalmente a causa della maggiore quota di persone in povertà o esclusione sociale (25,6% contro il 20,9% dell’UE).

 

 

Il capitolo  sull’Europa si occupa – oltre che delle problematiche opinioni dei cittadini europei – delle politiche dell’Unione sia riguardo alla transizione climatica (e digitale) sia riguardo al contrasto alla Pandemia Covid-19 in campo sanitario ed in campo socio-economico, elogiandone sia i contenuti, sia il metodo (per la specifica attenzione dell’Unione nel riferire e misurare le scelte con riferimento agli Obiettivi ONU 2030).

Poiché delle politiche europee in atto ed in progetto Utopia 21 si è già occupata a lungo, soprattutto a cura di Fulvio Fagiani 8,9, sorvolo qui sull’argomento, permettendomi però di rilevare che in proposito il documento ASviS dimentica di evidenziare le criticità delle effettive decisioni dell’Unione Europea sia sul fronte interno (derive autoritarie in Polonia ed Ungheria) sia sul fonte esterno (profughi e migranti, aiuti ai Paesi Poveri in generale ed anti-Covid in particolare). 

 

 

 

POLITICHE NAZIONALI: LE PUNTUALI PROPOSTE DELL’ASVIS

 

Per quanto riguarda l’Italia, invece, il capitolo 4 del Rapporto 2021 3, pur senza mai assumere toni polemici (né alcune posizioni più radicali che personalmente apprezzerei [2]), esamina l’intero arco dell’azione di governo ed avanza puntuali proposte di metodo e di merito, che ne modificherebbero sensibilmente l’assetto, in direzione “progressista”.

Tali proposte – da me trascritte con qualche semplificazione e qualche commento personale - sono raggruppate come segue:

-       ISTITUZIONALI:

o   Inserire l’Ambiente in Costituzione (disegno di legge già stancamente in corso) e integrare il Piano Nazionale (annuale) per le “Riforme” con una legge annuale per la Transizione Ecologica (e digitale?)

o   Rafforzare il coordinamento degli organi governativi preposti alla Transizione (CITE, Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica, e CIPESS, Comitato Interministrriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sosteniblle, già CIPE: di fronte ai quali mi chiedo: perché non unificarli in unico Comitato?), dotandoli di un adeguato Dipartimento, nonché di un Centro Studi sul Futuro, a servizio anche della Commissioni Parlamentari, da riorganizzare anch’esse in un’ottica transizionale

o   Aggiornare la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) ed il PNIEC (Piano Nazionale per l’Enetgia ed il Clima) (mi chiedo di nuovo se non sia possibile unificarli), integrandoli con una Agenda Urbana Nazionale e promuovendo Agende Territoriali

o   Vincolare tutta la Pubblica Amministrazione, centrale e locale, a corrette procedure di valutazione ex-ante e di rendicontazione agganciata agli indicatori BES e SDGS, in particolare per i provvedimenti normativi e per i bilanci

o   Estendere gli obblighi di “rendicontazione non finanziaria” (ESG ovvero sociale ed ambientale) ad una platea più ampia di imprese ed anticipare la direttiva europea sulla “tassonomia” (sostenibilità dei cicli produttivi)

-       AMBIENTALI:

o   Scadenziario per l’eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi

o   Clima e biodiversità come guida per tutte le politiche nazionali e rafforzamento della Relazione Annuale sul “Capitale Naturale”

o   Effettivo conferimento di risorse al Fondo internazionale per il Cambio Climatico e interventi a sollievo dei debiti dei Paesi Poveri

-       SOCIALI:

o   Effettiva distribuzione dei vaccini anti-Covid ai Paesi Poveri, accoglienza dei migranti, con una corretta politica informativa

o   Assunzione degli obiettivi relativi alla Parità di Genere, alla Occupazione ed Emancipazione Giovanile ed al Welfare universale come paradigmi operativi per l’attività legislativa e di governo, da puntualizzare in una Relazioe Annuale sul “Capitale Sociale

-       ECONOMICHE:

o   Piano Nazionale per l’Occupazione e linee guida per la Formazione Permanente

o   Politica industriale per una effettiva riconversione ecologica e “Finanza di Impatto” per le situazioni locali più difficoltose

o   Spese per gli investimenti finalizzati agli SDGS (Obiettivi ONU 2030) al di fuori del “Patto di Stabilità”  (mi sembra la proposta più dirompente)

-       PROPOSTE SU PARTECIPAZIONE E DEMOCRAZIA:

o   Informazione e partecipazione della società civile sull’attuazione del  PNRR e degli Obiettivi ONU 2030 (mi sembra l’ambito più generico e meno strutturato)

-       PROPOSTE SULLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE (che in parte ometto perchè già anticipate sopra):

o   Assunzione degli impegni internazionali come effettiva guida per le politiche nazionali

o   Anticipare al 2025 l’obiettivo, finora delineato al 2050, di destinare lo 0,7% del PIL agli aiuti internazionali

o   Effettiva attuazione della Politica Estera (e militare?) Europea.

 

 

GLI ULTERIORI DETTAGLI DELLE PROPOSTE ASVIS: L’ESEMPIO DEL FISCO

 

Questo ampio arco di proposte è poi ulteriormente dettagliato, da pag. 190 a pag. 241 del Rapporto, per i 17 “Goals”, i 169 “Target” ed i 32 “Obiettivi Quantitativi”.

Da tali esaustive trattazioni, che mi sembra difficile riepilogare nella misura normale di un articolo su Utopia21, estraggo a titolo di esempio, assai significativo – dai testi sui Goals 10 (disuguaglianze) e 13 (energia) – le seguenti informazioni e valutazioni sul tema della riforma fiscale (argomento che mi riprometto di riprendere autonomamente, richiamando altri miei precedenti interventi in materia 10,11, quando la apposita Legge Delega e gli orientamenti di Governo e Parlamento sulla Finanziaria per il 2022 saranno più definiti; al momento comunque non posso che condividere i severi giudizi generali espressi dll’ASviS).

 

 

Una partita fondamentale sul tema delle disuguaglianze, infine, è data dall’annunciata riforma fiscale. Occorrerà superare la logica conservatrice e frammentaria della proposta di riforma presentata per la discussione alle Camere lo scorso giugno, cercando di approdare a un testo che riveli veramente la volontà di superare le debolezze che minano l’equità del nostro sistema fiscale, quali i regimi sostitutivi d’imposta nell’ambito della tassazione dei redditi da capitale, o la pressoché inutilizzata leva redistributiva della tassazione sulla ricchezza.

Le principali novità della proposta di Legge delega sulla riforma del Fisco presentata alle Camere a giugno sono: 1) l’abbassamento dell’aliquota media effettiva per i contribuenti con reddito compreso tra i 28mila e i 55mila euro; 2) l’abolizione dell’IRAP; 3) la riduzione dell’aliquota sui redditi finanziari e suo allineamento alla prima aliquota dell’Irpef; 4) la riduzione dell’aliquota dell’IVA ordinaria; 5) l’estensione della flat tax per gli autonomi.

La proposta di riforma del sistema fiscale non è animata da una visione di fondo complessiva e si configura piuttosto come una sommatoria di interventi frammentari, orientati alla conservazione dell’esistente (per esempio la riproposizione del sistema duale con tassazione progressiva solo sui redditi da lavoro, e anzi ulteriore svolta in chiave anti-progressiva della tassazione da redditi finanziari, con l’allineamento dell’aliquota per questi ultimi alla prima aliquota Irpef, nonché la conferma delle “imperfezioni” di tale sistema duale, quali gli esistenti regimi sostitutivi di redditi da capitale), non sostenibili finanziariamente (per esempio l’abolizione dell’IRAP), e da cui risultano escluse alcune tematiche non ulteriormente procrastinabili (per esempio la tassazione della ricchezza e delle successioni e annessa riforma del catasto). Tra le tante debolezze vi sono anche alcuni punti di forza, che tuttavia non bastano a ribaltare il giudizio sulla proposta di riforma, che rimane complessivamente negativo: 1) l’obiettivo della riduzione e semplificazione del sistema delle aliquote marginali effettive sul ceto medio (28mila - 55mila euro); 2) la volontà di correggere alcuni incentivi a comportamenti perversi derivanti dall’attuale assetto (come per esempio le detrazioni in favore del secondo percettore di reddito al momento del suo ingresso nel mercato del lavoro, la possibilità di continuare a beneficiare del regime di flat tax per gli autonomi condizionatamente a un incremento annuale minimo del fatturato).

Non meno preoccupante è la mancanza di una proposta di riforma della fiscalità che assicuri l’eliminazione dei Sussidi alle fonti fossili Ambientalmente Dannosi (SAD) e contestualmente identifichi nei principi di fiscalità ambientale e nel carbon pricing, i pilastri per la riforma fiscale prescritta dal PNRR.

 

 

NOTE A MARGINE SUI CONVEGNI ASviS

 

ASviS e ISTITUZIONI: leggendo alcuni testi dell’ASviS e ancor più guardando le video-registrazioni dei convegni 13, si ha talvolta l’impressione di una confusione di ruoli tra ASviS e Istituzioni Pubbliche, non tanto per la figura del ministro Enrico Giovannini (già portavoce ASviS), ma per la massiccia presenza di Ministri ed Assessori, da un lato, e la costante e pervasiva ‘cortesia’ mostrata degli esponenti ASviS, dall’altro; fino a cogliere episodi sconcertanti, quali l’assunzione – da parte della Regione Umbria – dello stesso Rapporto Territori 2020 dell’ASviS quale base di partenza per il proprio percorso verso gli Obiettivi ONU 2030. Tale impressione è però sostanzialmente dissolta dalle valutazioni di merito sulle azioni governative espresse nel Rapporto 2021.

 

DESTRA E SINISTRA: un’altra impressione, guardando e ascoltando Ministri (e funzionari)  dell’attuale Governo ed Assessori Regionali sui temi del Green Deal, del PNRR e degli Obiettivi ONU 2030, è quella di una sostanziale omogenità di linguaggio e di orizzonti (che io definirei politici, trattandosi di visioni sulla trasformazione della società), senza distinzione tra destra e sinistra, e con una sostanziale adesione ad un programma ecologista e “sociale di mercato” che ha un suo simbolo nella “maggioranza Ursula”.

Se per il personale politico di centro-sinistra tale adesione comporta una maggior consapevolezza sui temi ambientali rispetto alla cultura media in precedenza mostrata, per quello di centro-destra l’argomentare di compatibilità ambientale, sociale ed economica (magari con un lieve maggior accento su quest’ultima, ma senza troppo stonare), di stop al consumo di suolo e di finalizzazione socio-ambientale dell’attività delle imprese, mi pare un gran passo in avanti (siamo naturalmente ancora nel mondo delle parole) rispetto agli storici (e sparuti) sforzi ecologisti ‘da destra’, che mi parevano assai più circoscritti ad aiuole, parchi e scoiattoli, oppure al contrasto con la speculazioenedilizia più sguaiata.

Al che mi chiedo ‘che ci azzecca’ quanto sopra con la “flat tax”, il “prima gli italiani” e la “energenza sbarchi”, cioè con tutto il (rozzo) armamentario ideologico con cui la destra sovranista italiana (con deboli distinguo da parte di Forza Italia) ha costruito le sue fortune in elezioni e sondaggi nell’ultimo decennio.

 

DONNE: non so se il merito è dell’ASviS (che si distingue di recente per un doppio vertice maschio-femmina) oppure di una più corale crescita di personalità femminili negli ambiti scientifici e istituzionali interessati dai temi della transizione ecologica ecc. , ma ho constatato con piacere nell’insieme dei convegni una sostanziale parità di genere.

 

aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

1.    Fulvio Fagiani – PROGRAMMI- PER LA SOSTENIBILITA’ – su Utopia21, maggio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1FnI_6zxUQrl_YqyzOFiFP4g5sPSrs6f0/view

2.    Aldo Vecchi – I RAPPORTI ASVIS ED I TERRITORI – su Utopia21, marzo 2021

https://drive.google.com/file/d/1ah-wVbDE_u-1DBMIet-ouSfLvoZnCB6-/view?usp=sharing

3.    https://asvis.it/rapporto-asvis-2021/

4.    https://asvis.it/notizie-sull-alleanza/19-10526/profonde-differenze-tra-i-paesi-del-g20-rispetto-ai-goal-dellagenda-2030

5.    https://asvis.it/rapporto-asvis-2020/

6.    Fulvio Fagiani – LO STATO DEL PIANETA SECONDO I RAPPORTI UNEP E IPBES - su Utopia21, luglio 2019 https://drive.google.com/file/d/1HBg7dWv4pn-DtzRfx3wp03KOEowdSLKu/view?usp=sharing

7.    Fulvio Fagiani – IL SESTO RAPPORTO IPCC: QUESTO DECENNIO È DECISIVO – PUBBLICATO SU UTOPIA21 DI SETTEMBRE 2021 - https://drive.google.com/file/d/1RzxIKLaAR5ELQRWDdkddBXE8OmKrK0bV/view?usp=sharing.

8.    Fulvio Fagiani – IL GREEN DEAL EUROPEO – Pubblicato su UTOPIA21 di gennaio 2020 - https://drive.google.com/file/d/1w2VagFLdVHCzpHxD0IALYlr3bL5W0GM5/view?usp=sharing.

9.    Fulvio Fagiani – IL PACCHETTO DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER RIDURRE LE EMISSIONI AL 2030 DEL 55% - Pubblicato su UTOPIA21 di settembre 2021 - https://drive.google.com/file/d/1lTPsBH08b_N3oH4p87L2_od9Cg0CJcXK/view?usp=sharing.

10. Aldo Vecchi - COMBATTERE LE DISUGUAGLIANZE: 15 PROPOSTE DEL “FORUM” – su Utopia21, maggio 2020 https://drive.google.com/file/d/1udb1x44_L_Y6pCywG5ccSxK4PQEkCYot/view?usp=sharing

11. Aldo Vecchi - L’UTOPIA (ITALIANA) DELLA CASA, PER TUTTI – su Utopia21, luglio 2018 https://drive.google.com/file/d/1Uzz_gkXHQdEy91sUiA_j2hlfobRsbv0m/view?usp=sharing

12. Aldo Vecchi - VERITA’, EQUITA’, PARTECIPAZIONE – su Utopia21, gennaio 2019   https://drive.google.com/file/d/1f0_9ohXmvwLdZP_6_XpKqMNHqycGHlV7/view?usp=sharing

13. (a titolo di esempio) ASviS – FESTIVAL DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE 2021 – LE STRATEGIE REGIONALI E DELLE PROVINCE AUTONOME PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE  – 12 ottobre 2021

https://www.youtube.com/watch?v=TeDP-z6jDb8

 

 



[1] Sui paradossi relativi alla scelta e composizione degli indicatori richiamo quanto già scritto sui Rapporti ASviS 2020 2

 [2] Maggior radicalità presente ad esempio nelle proposte del Forum Disuguaglianze e Diversità (anche se non per questo le condivido in toto 10), organismo che pure è spesso partner delle iniziative dell’ASviS