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giovedì 23 marzo 2023

UTOPIA21 - MARZO2023: RECENSIONE - SUGLI “APPUNTI DI STORIA E TEORIA DELL’UTOPIA” DI CARLO ALTINI

 SUGLI “APPUNTI DI STORIA E TEORIA DELL’UTOPIA” DI CARLO ALTINI

di Aldo Vecchi

 

Breve riepilogo di un sintetico panorama sull’ampio ventaglio delle utopie nella storia dell’Occidente

 

Sommario:

-       utopia e distopia nella crisi della modernità’

-       dai filosofi greci al Rinascimento, ed oltre

-       utopia degli anti-utopisti

-       llluminismo, e considerazioni finali

 

UTOPIA E DISTOPIA NELLA CRISI DELLA MODERNITA’

 

L’introduzione di Carlo Altini al testo, edito da “Il Mulino” nel 2013, “Utopia – storia e teoria di un’esperienza filosofica e politica” 1 (di cui mi riservo di recensire in futuro anche i singoli contributi dei diversi Autori che lo compongono[1]) costituisce una sintetica esposizione del pensiero utopico (occidentale), inquadrato storicamente, anche se non è interamente proposta lungo una sequenza temporale lineare.

 

Infatti il primo capitolo si apre con il ri-proporre le note categorie utopia/distopia, evidenziando che la distopia pretende “omologazione culturale” ed una ‘perfezione sociale’ che bandiscono ogni ulteriore utopia, mentre l’utopia “giusta” comporta apertura e incompiutezza, attesa e libertà; e colloca le radici di tale dicotomia nella “modernità”, dove l’homo faber inizia a progettare la stessa società umana.

Mentre il secondo capitolo ne attualizza il dibattito rispetto alle recenti fasi storiche:

-       della caduta del socialismo reale e della connessa utopia liberale di un mondo senza barriere e senza guerre;

-       della realtà della globalizzazione con l’emergere di nuovi conflitti e nuove crisi, sociali e migratorie, economiche e finanziarie, climatiche ed ambientali, politiche e religiose, e con il rinascere di soggetti pre-moderni come il fondamentalismo islamico;

-       della inadeguatezza dei modelli dello stato di diritto e del welfare ed anche in particolare degli incerti sviluppi dell’Unione Europea (in cui comunque l’Autore ripone residue speranze).

Altini puntualizza la crisi della modernità nel passaggio da un “sapere è potere” (Bacon) assunto dall’Illuminismo come “prassi rivoluzionaria” ad un assetto attuale in cui i poteri monopolistici usano il sapere come dominio classista, acquisendo il consenso delle masse attraverso “il controllo dell’immaginario” (una sorta di “utopia dell’eterno presente”): e vede una speranza di democrazia solo attraverso la riappropriazione dal basso del sapere e dell’immaginario.

 

 

DAI FILOSOFI GRECI AL RINASCIMENTO, ED OLTRE

 

Dopo questo scorcio quasi militante sulla contemporaneità, l’Autore inizia ad esporre nei capitoli terzo e quarto una rassegna (in ordine cronologico) dei principali passaggi storici di maturazione della problematica dell’utopia, focalizzando in particolare l’attenzione sulla filosofia dell’antica Grecia e sulla svolta rinascimentale:

-       nel triangolo Sofisti/Socrate/Platone, evidenzia soprattutto il nascente conflitto tra la “filosofia” – che ricerca la “verità” contro le credenze tradizionali – e la “politica” – che invece esercita prudenza verso le tradizioni e verso gli interessi, perché ha bisogno di fondarsi su qualche mito e non può “sconfiggere la resistenza radicata nell’’amor proprio’ degli uomini, in definitiva nel corpo”; se nella pratica occorre accontentarsi della soluzione migliore tra quelle (imperfette) che sono possibili, si apre al peso delle “opinioni” soggettive, ma ci si allontana dalla “verità” ipotizzata dai filosofi;

-       nella ricerca di “renovatio” innescata nel Rinascimento, e proseguita nei secoli successivi, oltre all’immaginazione (poi divenuta ‘canonica’) di Thomas More, Altini sottolinea la dialettica tra la consapevolezza sulla tragicità della condizione umana e le tensioni profetiche e apocalittiche, dal disincanto di Macchiavelli e Guicciardini alla spirale innovativa di Giordano Bruno (e poi di Campanella, però con risvolti totalitari).

 

Il capitolo quarto esamina poi il consolidarsi – a partire dal Seicento -  della letteratura utopica come ‘genere letterario’, connesso in parte agli sviluppi delle scienze (dalla Nuova Atlantide di Bacone al Sogno di Keplero), ma anche come manifestazione e strumento di ribellioni sociali: in particolare, nelle “… utopie politiche fondate su fedi religiose…” come “La legge della Libertà” di Gerard Winstanley (1652) “…le rivendicazioni sociali – di libertà, uguaglianza e giustizia – si fondono con le attese escatologiche e millenaristiche…” e vi “… emergono tratti di contestazione radicale nei confronti della società esistente che determinano violente rivolte e sollevazioni popolari in cui la dimensione utopica non ha alcun carattere consolatorio; al contrario essa è il motore attivo del mutamento politico”.

Sorvolando sull’Illuminismo, che viene trattato in un successivo capitolo, l’Autore passa ai grandi disegni utopici dell’Ottocento, tra cui i più noti quelli di Owen, Saint-Simon, Fourier e Proudhon (in parte sperimentati ‘sul campo’), caratterizzati dal confronto con la nascente industria capitalistica, e differenziati dall’accentuazione dei temi liberali (individualismo, concorrenza, proprietà) in alternativa ai temi socialisti (lavoro, solidarietà, cooperazione).

 

 

UTOPIA DEGLI ANTI-UTOPISTI

 

Nel quinto capitolo Altini analizza il nesso tra utopia, attivismo e fiducia nel progresso e rileva come una sorta di progettualità politica (e quindi oggettivamente di utopia) emerga anche dalle posizioni anti-utopistiche di pensatori come Hobbes e Spinoza: quest’ultimo si riferisce non ad un “uomo ideale”, ma concreto, e quindi impastato dei suoi “vizi”, e in tale contesto – in contrapposizione ai filosofi utopisti – rivaluta i politici in quanto conoscitori della realtà delle relazioni umane; ed è da simili considerazioni che si fonda poi il giusnaturalismo, che presuppone una uguaglianza tra gli uomini che delegano la sovranità allo stato, concepito quindi come una costruzione artificiale.

Esplicitamente anti-utopista è anche Marx, che vede negli esperimenti comunitari dei vari ‘falansteri’ una fuga romantica rispetto alla realtà della lotta di classe, sulla cui lettura, con pretese di scientificità, Marx stesso invece proietta un necessario futuro di superamento del potere della borghesia. Cristallizzando il quale, si sconfina nuovamente nell’utopia, in questo caso nell’utopia del comunismo, che Altini così articola tra le successive tendenze del marxismo:

-       riformisti, che sfumano il comunismo al termine di un processo graduale, ancorché ineluttabile,

-       rivoluzionari leninisti, che – attraverso la coscienza rivoluzionaria del partito – ipotizzano la dittatura del proletariato, con l’orizzonte del comunismo come utopia finale,

-       rivoluzionari radicali, come gli spartachisti, che partono dalla spontaneità rivoluzionaria delle masse e leggono nella dittatura proletaria l’affermarsi di una casta burocratica.

Al termine di questo ventaglio divergente[2] Altini segnala anche il messianismo utopistico di Ernst Bloch, per il quale “… il comunismo non è solo una dottrina economica o politica, ma un progetto di salvezza dell’essere umano in grado di riscattare la condizione di miseria sofferta dagli oppressi e dai perseguitati. …contro ogni autoritarismo, l’utopia svolge un ruolo decisivo nel sostenere la speranza di una possibilità di rigenerazione sociale e politica. … Una tale prospettiva utopica … costituisce l’essenza stessa dell’umano attraverso cui può trovare compimento la conciliazione, da un lato, tra uomo e uomo e, dall’altro, tra uomo e natura.”

 

 

ILLUMINISMO, E CONSIDERAZIONI FINALI

 

Il testo ritorna poi, nel capitolo sesto, agli illuministi (soprattutto Voltaire e Kant), di cui vengono sottolineate le battaglie frontali contro l’ignoranza e la miseria - determinate da fanatismo, dispotismo, superstizione e pregiudizio – in un percorso di ricerca della conoscenza e della felicità, attraverso la ragione, lo spirito critico e la tolleranza: un processo di crescita culturale come accumulazione critica delle esperienze, come realizzazione di sè e come crescente influenza dell’opinione pubblica sul potere. Una dinamica di emancipazione e di affermazione progressiva dei diritti, in una dimensione comunque utopica.

 

Il capitolo finale riepiloga alcune caratteristiche delle visioni utopiche sopra esaminate, rilevando che nelle fasi più antiche sono collocate per lo più in luoghi “altrove” (il che sarà ripreso modernamente dalla “fantascienza”), mentre dal Settecento prevalgono le “ucronie”, che si proiettano in tempi futuri (o talvolta nel passato mitico delle “età dell’oro”: tra queste la Kabbalah ebraica).

Dai primi scricchiolii dell’idea di progresso (vedi Leopardi) emergono le prime esplicite “distopie” (“Frankestein” di Mary Shelley, “Erewon” di Samuel Butler), riprese poi largamente nelle recenti finzioni fantascientifiche, però il dominio corrente della scienza e della tecnica produce ipotesi di “nuovo ordine” concrete e dettagliate, che spostano l’utopia del messianismo ad una sorta di “secolarizzazione”.

Poiché il romanticismo, l’idealismo, il marxismo ed il positivismo, con diverse modalità, hanno postulato una sorta di “fattibilità della storia”, si sono profilate proiezioni utopiche del tipo ‘traguardo realizzato’, criticate variamente da Popper, Hajek e Dahrendorf (ci aggiungerei Orwell).

Più interessanti per l’Autore, nel Novecento, le posizioni più dialettiche di Benjamin e di Bloch (vedi sopra), di Mannheim – che contrappone alla “ideologia”, con cui il potere trasfigura l’esistente per stabilizzarlo, la “utopia” come motore critico delle classi subalterne – nonché di Marcuse, che muove dalla negazione del presente per sollevare il possibile contro il reale: con assonanze a quanto espresso dallo stesso Altini nei primi capitoli (passi evidenziati in grassetto).

E con qualche assonanza anche con la sensibilità del recensore: richiamo in proposito le mie precedenti recensioni ad un testo – più generale, ma sul solo ‘900  – di Remo Bodei 2,3 del 2006 ed al testo – assai specifico – di Roberto Mordacci 4,5 del 2020 [3].

 

   

aldovecchi@hotmail.it

 

 

Fonti:

1. Carlo Altini – INTRODUZIONE. APPUNTI DI STORIA E TEORIA DELL’UTOPIA in A.A.V.V., a cura di Carlo Altini: “UTOPIA – STORIA DI UN’ESPERIENZA FILOSOFICA E POLITICA” – Il Mulino, Bologna 2013

2. Remo Bodei - LA FILOSOFIA DEL NOVECENTO (E OLTRE) – Donzelli, Roma 2006

3. Aldo Vecchi - INSEGUENDO L’UTOPIA, ATTRAVERSO “LA FILOSOFIA DEL NOVECENTO (E OLTRE)”  DI REMO BODEI – in Quaderno n° 11 di UTOPIA21, settembre 2019 - https://drive.google.com/file/d/1Dy_lbDf5QqNMiupCd0hPKiDHrLGeIvk-/view?usp=sharing

4. Roberto Mordacci – RITORNO A UTOPIA – Laterza, Bari 2020

5. Aldo Vecchi - L’ELOGIO DELL’UTOPIA DA PARTE DI ROBERTO MORDACCI – su Utopia21, marzo 2020 - https://drive.google.com/file/d/1FBd_mhTAYIX2_RSTLN4dGxn22FhvnaEM/view?usp=sharing



[1] Tra cui Carlo Bertelli, Luciano Canfora, Paolo Rossi, Dario Antiseri.

[2] Ventaglio in cui sarebbe interessante collocare i Trotzkisti, che denunciarono la degenerazione del socialismo reale, ma non credo in nome della spontaneità delle masse.

[3] Mordacci non da’ conto in bibliografia del testo curato da Altini nel 2013

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