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mercoledì 24 maggio 2023

UTOPIA21 - MAGGIO 2023: IL PRESUNTO “PIANO MATTEI”

 

Finora non è per nulla un “Piano”, ma solo una serie di annunci, dai contenuti poco precisi, salvo forse una certezza: la priorità alle energie fossili

 

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato spesso di un “Piano Mattei” per incrementare e qualificare i rapporti economici tra Italia (od Europa) ed Africa.

Tali dichiarazioni per lo più sono state assorbite dall’opinione pubblica, senza particolari commenti ed approfondimenti.

 

Ha fatto eccezione il quotidiano “Domani” del 17 aprile, che in un articolo di Davide Maria De Luca intitolato “Il piano Mattei di Giorgia Meloni non esiste (e se esistesse non funzionerebbe)” 1 esordisce affermando “ll governo dice di voler riscrivere i rapporti tra Italia e Africa, garantire nuove fonti di energia, fermare immigrazione e terrorismo. Ma a sei mesi dall’annuncio, del fantomatico piano non c’è una slide mentre la premier si limita a ribadire gli accordi già sottoscritti.”

E più avanti precisa:

-       “Ispirato al fondatore dell’Eni Enrico Mattei … il piano dovrebbe garantire all’Italia nuove fonti di energia tramite la stipula di accordi con paesi come Algeria e Libia. Ispirato alla visione ‘terzomondista’ di Mattei, che puntava ad accordi favorevoli alle élite locali dei paesi produttori di materie prime per battere la concorrenza dei giganti petroliferi del dopoguerra, il piano dovrebbe includere un generale ripensamento delle politiche di aiuto internazionale così da ‘aiutare i migranti a casa loro’.

-       Nato come una generica promessa elettorale nel programma di Fratelli d’Italia per le elezioni 2022 … e poi promosso a obiettivo di governo nel discorso di insediamento di Giorgia Meloni lo scorso 22 ottobre, oggi il piano Mattei è diventato uno degli elementi centrali della comunicazione del governo. Il problema è che a sei mesi dal suo annuncio, del piano non c’è traccia.

-       Intanto però, il Def taglia le risorse per la cooperazione internazionale nei prossimi tre anni, mentre la legge di Bilancio fallisce di nuovo l’obiettivo Onu di portarle ad almeno lo 0,7 per cento del Pil.”

 

In effetti proprio a metà aprile la Presidente del Consiglio ha reso noto che il “piano”, da concordare a livello europeo, verrà presentato in autunno; ed ha specificato che i nuovi rapporti Europa/Africa non dovranno avere gli antichi caratteri predatori.

 

Al che mi permetto di rilevare:                                                                                         

-       che le risorse per non essere “predatori”, sono tutte da inventare, sia sul fronte interno (vedi sopra il richiamo di De Luca al DEF), sia sul fronte europeo, dove – stanti i precedenti della ritrosia italiana ad approvare il Fondo anti-crisi bancarie MES e della crescente diffidenza europea sull’uso nostrano del PNRR – non pare così facile suscitare la formazione di nuovi fondi, da finanziare con tasse o debito comunitari;

-       che i buoni propositi anti-predatori (a parte l’oggettiva ironia del provenire da chi ha sconfessato del fascismo solo l’abominio delle leggi razziali, e mai invece l’abominio coloniale e bellicista) dovrebbero fare i conti con l’insieme degli scambi commerciali in senso lato (e quindi brevetti, prestiti, noli, assicurazioni, ecc.): una svolta epocale che – qualora gli stati e le imprese europee la accettassero – non si può improvvisare da qui ad ottobre.

 

De Luca, inoltre, riportando anche il parere di Marco Giusti, esperto di politiche energetiche, sostiene che “se anche il governo dovesse riuscire a mettere in piedi il suo piano, difficilmente potrà raggiungere gli obiettivi ambiziosi che si è posto … non siamo più ai tempi di Mattei. Non si tratta di estrarre gas e petrolio a condizioni più vantaggiose per i paesi produttori. Da quella fase siamo usciti da molto tempo.

Nel caso dell’Algeria, ad esempio non stiamo parlando di un paese che viene rapinato sul gas. Anzi, trattenere i profitti energetici del paese fa parte della mitologia della classe dirigente. Il problema è semmai di redistribuzione, ossia il fatto che in molti paesi ricchi di materie prime i profitti delle esportazioni vengono monopolizzate dalle élite locali in modo predatorio, senza portare benefici alla popolazione.

Ma il governo Meloni non sembra intenzionato a ridiscutere il modo in cui i governi di Algeria, Libia o Nigeria utilizzano i profitti della vendita di gas e petrolio. Si è limitata a ribadire gli accordi già sottoscritti all’epoca del governo Draghi”.

 

Di mio aggiungerei qualche ulteriore considerazione:

-       gli accordi commerciali promossi da Mattei erano segnali di modernità, però in senso nazionalista, rispetto all’ortodossia atlantica e alla connessa egemonia monopolistica delle cosiddette “sette sorelle” sul mercato degli idrocarburi; il governo Meloni, che ribadisce fedeltà atlantica ad ogni piè sospinto[A], intende ancora correggerla in senso nazionalistico, con l’Europa come mero sfondo?

-       i ruoli  dei partner mediorientali e africani (estrazione di materie prime) e dell’Italia (importazione e prima trasformazione) nella divisione internazionale dei cicli produttivi erano però cristallizzati da quegli accordi in posizioni che oggi delineano il passato (energie fossili e “predazione attenuata”) e non il futuro (energie rinnovabili e partenariato veramente non-predatorio);

-       in particolare, l’ipotesi di intensificare l’importazione di gas africano tramite metanodotti (unito al Gas Naturale Liquefatto tramite navi e rigassificatori) mira a configurare l’Italia come una sorta di “hub” delle energie fossili a servizio dell’Europa, incrementando investimenti destinati a prossima dismissione ed in settori a basso lavoro aggiunto, cioè un ruolo subalterno nelle strategie della transizione energetica e digitale;

-       Mattei non è ricordato come un campione di neutralità rispetto alla stampa, ai partiti e alle loro correnti, in un sistema che complessivamente si poteva denominare “regime democristiano”; forse era l’ENI ad affidare missioni allo Stato, più che non lo Stato ad affidarle all’ENI. Riproporre un Piano (se e quando sarà un vero Piano, con obiettivi, importi, scadenze) denominandolo Mattei indica un rimpianto per quel tipo di intrecci tra politica ed aziende di Stato? Allora non si farebbe prima a chiamarlo “Piano Descalzi”?.

 aldovecchi@hotmail.it

 

 

 

Fonti:

1.    Davide Maria De Luca - IL PIANO MATTEI DI GIORGIA MELONI NON ESISTE (E SE ESISTESSE NON FUNZIONEREBBE) – su “Domani” del 17 aprile 2023 - https://www.editorialedomani.it/politica/italia/piano-mattei-giorgia-meloni-africa-rqdureiy

 

 



[A] Al punto di inviare 2 navi da guerra, accodate alla flotta U.S.A:, nell’Oceano Pacifico (leggasi: crociera dimostrativa anti-cinese), al di fuori di qualsivoglia mandato della NAT0, e di qualsivoglia confronto parlamentare

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