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domenica 31 marzo 2024

UTOPIA21 - MARZO 2024: BERSAGLI E FORME DLOTTA

 

BERSAGLI E FORME DI LOTTA

di Aldo Vecchi

 

 

Un contributo al dibattito sugli obiettivi e sugli strumenti lungo la complessa strada della “giusta transizione” energetica ed ecologica

 

 

Sommario:

-       DAMNATIO MEMORIAE

-       TRA PROSCRIZIONE E LINCIAGGIO MORALE

-       PERSONALIZZAZIONE POLITICA…

-       … E SPERSONALIZZAZIONE SOCIALE

-       DEMISTIFICAZIONE, CONTROINFORMAZIONE E DISOBBEDIENZA CIVILE

 

 

 

DAMNATIO MEMORIAE

 

La proposta del Direttore di Utopia21, Fulvio Fagiani, nell’editoriale dello scorso gennaio, sulla “Damnatio Memoriae” 1, che dovrebbe essere attuata a carico dei responsabili (politici, aziendali, mediatici) della mancata transizione ecologica, mi ha lasciato molto perplesso.

 

Filologicamente rilevo che la “Damnatio Memoriae” consiste in una cancellazione postuma, a danno di persone che avevano assunto notorietà, da parte di un potere costituito e dotato di una salda egemonia culturale e/o di un forte controllo poliziesco e sociale.

Anche la cosiddetta “cancel culture”, promossa da movimenti che giustamente rivendicano il ribaltamento di storiche discriminazioni (razziali, coloniali, di genere) esprime l’ambizione di raggiungere quel tipo di potere (esercitandolo già in parte “dall’opposizione” e nelle nicchie di potere conquistate, ad esempio in ambito accademico), caratterizzandolo come potenzialmente totalitario, e non inclusivo (ad esempio: cancellare la memoria di Cristoforo Colombo anziché reinterpretarne la storia, evidenziandone la figura predatoria, ecc).

Ammesso e non concesso che i soggetti favorevoli alla transizione ecologica possano acquisire un domani un potere di siffatta natura, il minacciare oggi la futura cancellazione, oltre che altrettanto totalitario, mi sembra oggi (non essendo ‘al potere’) una declamazione piuttosto inefficace.

 

 

TRA PROSCRIZIONE E LINCIAGGIO MORALE

 

I tentativi di cancellare avversari contemporanei dovrebbe invece assumere altri nomi; ad esempio:

-       proscrizione, ostracismo od eliminazione fisica, se esercitati da parte di poteri costituiti privi di scrupoli garantisti

-       denuncia civile (ma anche forse linciaggio morale), se esercitati da parte di movimenti socio-politici che non rivestono (ancora) potere politico-giudiziario.

Nei regimi liberal-democratici la dialettica politica e la libertà di critica da parte di media, movimenti e cittadini, anche nei confronti di singoli esponenti dei vari poteri, si intrecciano variamente con l’esercizio del potere giudiziario, più o meno indipendente dai potentati politici ed economici e dagli influssi della pubblica opinione, e che però è il solo ambito in cui le responsabilità individuali possono essere accertate (con il massimo di verità concretamente possibile), con un aperto confronto tra accusa e difesa.

 

Nella proposta di Fagiani, si tratterebbe soprattutto di anticipare la denuncia verso i responsabili di crimini ecologici, crimini che però il quadro legislativo e penale vigente ancora non considera come tali.

Al momento la strada per mutare il quadro legislativo e penale è ancora tutta in salita (potrà mutare per effetto delle pressioni dei movimenti – ne parlo più avanti - , nel contesto di trasformazioni sociali complesse e rapporti di forza non definibili a priori); se si denunciano fin d’ora i responsabili ci si dovrebbe porre comunque il problema di quanto saranno effettivamente perseguibili ex post: perché in un quadro di continuità istituzionale vige il criterio della non retroattività delle norme penali, mentre in una ipotesi di ‘rottura  rivoluzionaria’ (o comunque di discontinuità istituzionale) la punibilità degli esponenti del precedente regime costituisce una questione morale e politica non dappoco, che – ad esempio – l’Italia post-fascista affrontò con l’amnistia di Togliatti ed invece il Sud Africa di Mandela con l’originale esperienza della “Commissione per la Verità e la Riconciliazione”.

 

 

PERSONALIZZAZIONE POLITICA…

 

Tutto quanto sopra implica una netta personalizzazione dello scontro politico, che a mio avviso mal si concilia con il carattere inclusivo che la cultura ecologista dovrebbe esprimere per la sua stessa attenzione costitutiva alle relazioni tra le parti ed il tutto: il contrario quindi rispetto al confondere la parte con il tutto e le persone con il loro ruolo temporaneo.

Viceversa la personalizzazione ha connotato storicamente, ed a maggior ragione connota attualmente, sia le ideologie di destra[A] (dai ‘partiti personali’ e aziendali al presidenzialismo nelle sue varie forme), sia il chiacchiericcio imperante sui vecchi e nuovi media in tutti i campi, dallo sport e spettacolo alla politica, assimilando purtroppo alla fin fine la politica allo spettacolo[B].

Rammento anche, senza alcuna indulgenza[C], campagne di demonizzazione personale sviluppate da sinistra negli anni ’70 come quelle di Lotta Continua ed altri contro il Commissario Calabresi e contro Amintore Fanfani, oppure dall’Espresso (e anche dalla “sinistra parlamentare”) contro il Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

E peggio (ma probabilmente non da sinistra) con il lancio di monetine a Craxi; ma solo quando già era in disgrazia, e non prima.

Diverso è il caso di Berlusconi, che della personalizzazione negativa, sviluppata da parte dell’opposizione e dei media, a mio avviso non poteva lamentarsi più di tanto, dato il culto della personalità da lui stesso e dai suoi sostenitori sviluppato in proprio favore (senza però escludere che si sia infine avvantaggiato anche della demonizzazione avversaria).

 

 

… E SPERSONALIZZAZIONE SOCIALE

 

A questa personalizzazione, talora estrema, già estremizzata dai regimi totalitari del ‘900 e ora rilanciata nelle contemporanee autocrazie di diversa gradazione (Cina, Russia, Turchia, Ungheria) ed in regimi ancora democratici come India, Brasile, Argentina e negli stessi Stati Uniti, corrisponde però, nell’ambito della organizzazione e riorganizzazione dei poteri economici transnazionali, una diffusa apparente spersonalizzazione delle catene di comando, come sanno i lavoratori delle “piattaforme”, come i riders, oppure ad esempio quegli operai che si trovano licenziati con un messaggio telematico e per effetto di decisioni prese da azionisti remoti nascosti in un fondo di investimento [D].

Ciò rende difficile individuare le responsabilità, non solo personali, ma degli stessi soggetti giuridici che assumono le effettive decisioni nel contrastato processo di transizione energetica, sia dirette – come le scelte aziendali in materia di produzione, marketing, pubblicità – sia indirette, nel condizionare i governi e le opinioni pubbliche tramite operazioni finanziarie, mediatiche e lobbistiche.

 

 

DEMISTIFICAZIONE, CONTROINFORMAZIONE E DISOBBEDIENZA CIVILE

 

Sarebbe molto utile, pertanto, da parte dei movimenti e delle forze politiche e sindacali orientati verso “una giusta transizione”, una persistente campagna di demistificazione e controinformazione per portare alla luce quanto vi è di oscuro e di adulterato (greenwashing) nei suddetti processi decisionali, non per demonizzare le singole persone che decidono, bensì per esplicitare le responsabilità degli organismi decidenti.

E per illuminare così i possibili scenari di possibili vertenze sociali e di possibili azioni dimostrative di protesta ed anche di disobbedienza civile.

Pratica di demistificazione rispetto alla quale la denuncia morale verso le singole persone mi sembra una discutibile scorciatoia.

 

Per tentare di spostare in avanti, in direzione della tutela ambientale, i confini della legalità (fino, ad esempio, a configurare come reati le inadempienze verso la mitigazione climatica, ecc.) ritengo infatti che lo scontro debba essere portato – con modalità da ricercare accuratamente – nel cuore delle questioni, ad esempio con sit-in (e anche piogge di e-mail) verso i luoghi e nei tempi delle decisioni aziendali [E] e/o istituzionali, con sciopero dei consumi di determinati prodotti, con esercizio massiccio e dimostrativo della mobilità lenta oppure della piantumazione e cura di spazi abbandonati, ecc.

Grosso modo il contrario di quanto teorizzato e praticato dai militanti di Ultima Generazione che scelgono bersagli totalmente non pertinenti, come le opere d’arte, per dare visibilità mediatica al loro dissenso di piccole avanguardie, senza curarsi affatto delle ‘retroguardie’ (oppure bloccando ‘le masse’ nel traffico mediante blocchi stradali che sembrano rivolti contro gli automobilisti e non contro i carburanti fossili).

Gandhi, per fare un esempio opposto, guidava lotte concrete, oltre che simboliche, contro gli interessi dei colonialisti inglesi riguardo al sale e alla tessitura; e non incitava ad imbrattare le statue della regina Vittoria.

 

La questione dei bersagli e delle forme di lotta mi sembra ancor più rilevante in questa fase in cui il “sonnambulismo sociale” di cui al rapporto Censis, come richiamato da Fulvio Fagiani nel suddetto articolo “Damnatio memoriae”, mi pare pervada ampiamente il fronte ambientalista (se sulla Cop 28 non era possibile manifestare a Dubai, lo si poteva ben fare in gran parte del mondo ‘libero’, ma francamente non lo si è visto) ed anche lo scontro sociale sembra alquanto latitante, malgrado la forte inflazione accumulata e le opzioni di politica economica del Governo Meloni, ben denunciate da CGIL e UIL e da parte delle opposizioni parlamentari, ma con limitato seguito negli scioperi e manifestazioni.

Mentre le piazze sono invase da ampie frange degli agricoltori di diversi paesi europei, con un segno complessivo delle proteste non propriamente favorevole all’ambientalismo e al Green Deal europeo.

Forse, nel riflusso, è opportuno riflettere sulle questioni fondamentali. 

(Sul tema delle forme di lotta e delle avanguardie richiamo anche l’articolo su Utopia 21 del settembre 2019 e altri precedenti). 

 

 

aldovecchi@hotmail.it

 

 

Fonti:

1.    Fulvio Fagiani - DAMNATIO MEMORIAE E SONNAMBULISMO - su Utopia21, gennaio 2024 segue- https://drive.google.com/file/d/1VhaHPXWNJg6own21o18t6VnALS8Do2rF/view?usp=drive_link

2.    Fulvio Fagiani e Aldo Vecchi - DIBATTITO SULLA TRANSIZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ - su Utopa21, settembre 2019 - https://drive.google.com/file/d/12FdhXnGpWjXtpE7bLSwnP9Q_VLZjbo3I/view?usp=sharing

3.    Aldo Vecchi - TRE RIFLESSIONI POLITICHE: ’68, POPULISMO, NONVIOLENZA - Quaderno 9 di Utopia21, settembre 2019 -

https://drive.google.com/file/d/1dg_AbDh33gSf4k4xme4bXpax6r7aoyOT/view?usp=sharing

 



[A] Mi sono imbattuto, mentre scrivevo questo testo, in una citazione da Pietro Nenni, riportata da Giuliano Amato (che pure non è precisamente un mio riferimento politico-morale): “Se avete una critica da muovere, criticate sempre le idee e non le persone, perché questo lo facevano i fascisti e noi siamo diversi”

[B] Ultimo sottoprodotto di tale tendenza è l’uso strumentale delle candidature plurime alle elezioni europee (senza poi andare al Parlamento Europeo), che si profila da parte di Giorgia Meloni, sull’esempio storico di Berlusconi, e che verrebbe forse imitato anche da Elly Schlein.

[C] Esprimo quindi anche una parziale autocritica, non per la mia adesione a Lotta Continua, che avvenne non a caso, come Collettivo Autonomo di architettura, solo dopo una specifica svolta politica del 1973, ma per una prassi di demonizzazione personale nella propaganda politica che si era diffusa nelle esperienze di contestazione, non tanto in facoltà di architettura ma soprattutto in provincia

[D] Didascalici in proposito i film francesi “Louise-Michel” di Benoît Delépine e Gustave Kervern, del 2008, e “In guerra”, del 2018, ed anche altri film di Stephane Brizé con Vincent Lindon.

[E] Interessante in tal senso, come metodo, mi erano sembrate alcuni anni addietro, le iniziative di Beppe Grillo, quando interveniva come “azionista” alle assemblee di grandi società come ENI, Telecom, Montepaschi; esperienza che è stata così di fatto bruciata, senza lasciare grandi tracce, penso per l’inconsistenza teorica di Beppe Grillo (un Re Mida che tutto ciò che tocca trasforma in caciara?) e dell’ambientalismo del MoVimento 5Stelle, i cui esiti più recenti sono stati la spinta alla scelta (rivelatasi a mio avviso assai deludente) di Roberto Cingolani come ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi e poi la caduta anticipata dello stesso governo Draghi (motivata dalla avversità al termovalorizzatore di Roma), che ci ha portato così a godere in anticipo della successione di Cingolani con Gilberto Pichetto Fratin: cambio che, pur senza voler demonizzare le persone, come ho appena finito di predicare, non sembra comunque un gran risultato.

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