sabato 20 luglio 2024

UTOPIA21 - LUGLIO 2024: GLI ESITI CONTADDITTORI DELLE ELEZIONI EUROPEE

 

GLI ESITI CONTADDITTORI

DELLE ELEZIONI EUROPEE

di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi

 

Mentre in apparenza la convergenza tra Popolari, Socialisti e Liberali si conferma alla guida dell’Unione Europea, la rumorosa avanzata dei partiti sovranisti, soprattutto nei principali Paesi Fondatori, apre pesanti incognite sul destino delle politiche avviate (assetto istituzionale, transizione ecologica, sostegno alle imprese, difesa comune). Le successive elezioni legislative francesi attenuano però l’impatto dell’onda sovranista.

 

Sommario:

-       i dati numerici

-       i dati politici

-       la posta in gioco

-       timori per il destino dell’Occidente

 

 

I DATI NUMERICI

 

Le valutazioni più diffuse sull’esito delle elezioni europee si concentrano su un avanzamento delle destre sovraniste a fronte di un relativo successo del Partito Popolare Europeo (+2%) e di un arretramento degli schieramenti più europeisti (- 8% nell’insieme a Verdi, Socialisti&Democratici, Liberali – sconfitti soprattutto questi ultimi: -4% [A]).

Ciò è vero in parte, come mostriamo nella seguente tabella 1 (i due raggruppamenti sovranisti avanzano in totale solo dell’1,6%, cui però bisogna aggiungere importanti componenti degli  gli ‘Altri’ partiti nazionali, ad esempio in Ungheria e in Germania), ma è indubbiamente rafforzato dai risultati specifici in alcuni importanti Paesi, come Germania, Austria e Francia (dove però la partita – con esito inverso – è stata rigiocata in questi giorni a scala nazionale); ed ulteriormente appesantito dalla percezione, confermata da alcuni istituti demoscopici [B], che tale voto a destra abbia anche una rilevante matrice giovanile (non così in Italia, dove per altro l’ondata di destra si è sostanzialmente fermata ai livelli delle politiche del 2022); con una appariscente contro-marcia rispetto al movimentismo giovanile transnazionale ambientalista del 2019 (Fridays For Future): risulta però che nelle successive elezioni legislative francesi, con il significativo aumento dell’affluenza, si sia riscontrata una opposta prevalenza a sinistra per il voto giovanile.

 

NOTA: il numero dei seggi complessivi è sceso da 751 a 720 a seguito dell’uscita del Regno Unito (‘Brexit’ 2020); pertanto il confronto tra 2019 e 2024 è da noi riportato alle percentuali dei seggi assegnati; nella tabella non teniamo conto dei passaggi successivi di eurodeputati da un gruppo ad un altro [C]; nell’incremento degli “Altri” occorre considerare anche il partito ungherese di Orban, che nel 2019 aderiva al Partito Popolare Europeo e l’estrema destra tedesca AFD, da pochi giorni espulsa dal gruppo Identità e Democrazia.

Fonti: 2024 = European Union; 2019: Wikipedia

 

TABELLA 1 – Risultati elezioni europee 2024 e 2019

 

Altro dato da considerare, un po’ sopravvalutato a causa dalla sensibile diminuzione della partecipazione al voto in Italia (dal 54 al 48%, per la prima volta al di sotto della metà degli aventi diritto) è l’astensionismo, che a scala europea è invece abbastanza contenuto (la media complessiva sale in apparenza di mezzo punto, raggiungendo il 51%, ma solo per effetto della uscita del Regno Unito, che aveva sempre espresso valori molto bassi):

-       l’astensionismo aumenta significativamente (di oltre 5 punti), oltre che in Italia, solo in Danimarca, Grecia, Estonia, Lituania, Croazia e Polonia; più blandamente in altri 7 Paesi;

-       mentre diminuisce variamente in 14 paesi su 27;

-       le percentuali di adesione al voto sono parimenti assai differenziate, dal 21% della Croazia all’89% del Belgio.

 

 

TABELLA 2 – Affluenza al voto alle elezioni europee, per singolo Paese, dal 1979. Fonte European Union. Evidenziati in giallo i principali decrementi, dal 2019 al 2024 (A) e dal 2014 al 2024 (B).

 

 

I DATI POLITICI

 

Al di là dei dati numerici, che hanno spostato ‘a destra’ un pacchetto di seggi significativo, ma non determinante (resta al momento anche matematicamente impossibile una maggioranza che associ i Popolari con le Destre sovraniste, escludendo le forze più europeiste), gli esiti politici del voto sono essenzialmente due, tra loro contradditori:

-      malgrado la debolezza degli attuali governi di Francia e Germania, gli stati maggiori dei raggruppamenti Popolari, Socialisti&D e Liberali, e di conseguenza la maggioranza del Consiglio Europeo (Capi di Stato o di Governo), hanno confermato la storica alleanza, e proporranno al Parlamento Europeo la conferma di Ursula Von der Leyen come Presidente della Commissione (con un assetto complessivo coerente nella spartizione delle altre cariche di vertice) [D]: conferma che non è scontata, visto il margine di circa 40 voti potenziali della maggioranza e l’euro-tradizione dei ‘franchi tiratori’ nello scrutinio segreto; da ciò le tattiche in corso per possibili allargamenti a manca (Verdi) e a dritta (Meloni?);

-      la tendenziale attrazione verso i sovranisti per ampie frange dei Popolari, sia perché già collaborano con alcuni partiti di destra a scala nazionale, al governo (come in Italia, in Svezia ed in Croazia) o all’opposizione (es. Spagna), sia per assonanza su alcuni temi forti della propaganda sovranista, contro i migranti, contro il Green Deal e contro “la burocrazia europeista”: considerato che su taluni temi anche lo schieramento liberale Renew non è insensibile alle suddette sirene (vedi programmi elettorali 1), si può prevedere che nella complessa navigazione delle future decisioni europee tra Consiglio, Commissione e  Parlamento si verificheranno – più di frequente che in passato –  oscillazioni tra gli orientamenti coerenti con l’indirizzo ufficiale della Commissione e le mediazioni e scorribande verso le posizioni sovraniste.

 

Tali oscillazioni verso i sovranisti sarebbero state più temibili se elezioni francesi avessero portato al governo il Rassemblement National di Bardella e LePen, che invece è stato sorprendentemente neutralizzato dalla pur precaria alleanza al secondo turno elettorale tra la rinata unità delle sinistre e lo schieramento di centro.

Occorre inoltre considerare che i partiti sovranisti europei al momento non sono affatto uniti (anche per le connaturate rivalità nazionali) [E], e che si sta definendo un diverso assetto delle loro aggregazioni, che ha come discriminante la relazione con la Russia (vedi l’inedito protagonismo di Orban quale presidente di turno dell’Unione): il che può acuire la spina della guerra in Ucraina nel corpo dell’Europa, ma probabilmente può allontanare i popolari dalla voglia di ballare dei valzer sulla destra.

Infine su tutto questo aleggia l’eventuale influsso di una vittoria di Trump nelle prossime presidenziali U.S.A.

 

 

LA POSTA IN GIOCO

 

Come evidenziato da molti commentatori e come già tratteggiato negli articoli su Utopia21 di maggio 1,2 e di questo numero 3, anche senza una formale svolta a destra degli organi di governo dell’Unione, saranno probabili frenate e retromarce su diversi argomenti, il che già si è visto nel finire della precedente legislatura, sia sul fronte del Green Deal (abitazioni) sia su quello delle politiche agricole e della biodiversità (la cui direttiva è stata salvata in extremis dalla ministra Austriaca, in contrasto con il suo stesso governo): tra le prossime possibili vittime si intravede la scadenza al 2035 per i motori a combustione per autotrazione.

Ma, ancor più rilevante del rallentamento delle direttive già avviate, risulterà il rischio del rinvio o della mancata partenza, ovvero del depotenziamento, per le nuove iniziative che erano in preparazione o in fase di studio, come in primo luogo:

-       una ‘politica industriale’ adeguata alla competizione con U.S.A. e Cina, nel quadro della doppia transizione, ecologica e digitale, con le necessarie premesse riguardo al mercato comune dei capitali ed agli investimenti pubblici, mediante debito comune e incremento del bilancio comunitario;

-       una ‘difesa comune’ al servizio di una politica estera unitaria, a fronte delle guerre in atto (Ucraina, Palestina) e delle altre tensioni geopolitiche (U.S.A./Cina, Balcani, Medio Oriente, Africa) e nella prospettiva della ‘variabile Trump’ (che potrebbe rendere inutilizzabile la NATO);

-       una evoluzione ‘federalista’ delle stesse istituzioni europee, sia riguardo al superamento delle decisioni all’unanimità nel Consiglio dei 27 Stati, sia riguardo al ruolo del Parlamento (mentre assai remote sembrano ora le proposte di ulteriore democratizzazione maturate nella ‘Conferenza sul Futuro dell’Europa dl 2021-22 4).

 

Si tratta di indirizzi strategici – complessivamente antitetici alle grida e agli umori delle forze sovraniste – ma non per questo sinonimo di concordia tra le forze europeiste, perché in ciascuno di essi sono possibili differenti interpretazioni ed accentuazioni (come già si vedeva confrontando i rispettivi programmi).

 

Ad esempio la cosiddetta ‘politica industriale’ può puntare, di diritto o di fatto, alla formazione di grandi imprese in quanto ‘campioni europei’ in grado di competere nel mondo, ma ciò si scontra da un lato con la tradizionale filosofia pro-concorrenza dell’Europa ‘ordoliberista’ e dall’altro lato con le spinte democratiche per una maggior tutela degli interessi dei cittadini-consumatori (emblematica in tal senso è l’attuale impotenza di diverse ‘Authority’, come quella italiana per l’energia, che ha ben rilevato il comportamento truffaldino e oligopolistico di numerose compagnie venditrici di elettricità e gas, durante l’impennata dei prezzi del 2022-23, ma non è stata in grado di comminare adeguate sanzioni e ristori in favore dei clienti).

In questo quadro evidenti sono anche le contraddizioni in materia di transizione digitale e di regolazione dell’Intelligenza Artificiale, dove le buone intenzioni espresse dal Parlamento Europeo possono portare ad esiti paradossali, quali il nanismo forzato delle start-up europee e la contestuale impotenza nel controllare i monopoli altrui (U.S.A. e Cina).

E certamente non sono univoche le proposte e le ricette in materia di finanza, fisco e investimenti.

 

Ancor più complessa appare la partita della politica militare, dove – nella difficile ipotesi di un effettivo coordinamento tra le forze armate europee – si aprono divaricazioni teoriche e pratiche tra i rischi di un neo-euro-imperialismo (seppur probabilmente più debole di quello dei competitori) e la impervia strada di un’Europa con armamenti minimi a servizio di una politica di pace: mentre attorno incombono i pericoli già noti, aggravabili dall’incognita del ritorno di Trump.

 

 

TIMORI PER IL DESTINO DELL’OCCIDENTE

 

Se il campo ‘europeista’, come sopra accennato è solcato da contraddizioni, che schematicamente si potrebbero leggere come tese tra un polarità più tecnocapitalista ed istanze più democratizzanti, l’opposto fronte ‘sovranista’, che al momento appare molto frastagliato sul terreno tattico (vedi sopra), risponde invece ad una svolta strategica di importanti settori del capitalismo neo-liberista occidentale, in cerca di una impostazione più autoritaria della società, avvalendosi del consenso populista variamente accumulato (e invidiando i capitalisti di Cina, Arabia e dintorni - ed anche forse Russia -, i cui affari possono prosperare senza preoccupazioni di tipo democratico)? 

Le cospicue sottoscrizioni di fondi elettorali da parte di alquanti miliardari in favore di Trump e del Rassemblement National e alcune esternazioni di soggetti come Elon Musk testimonierebbero in tale direzione.

E i precedenti della tragica epopea del nazi-fascismo mostrano quanto il capitalismo possa divorziare dalla democrazia (e dalla pace), rimanendo tuttavia in qualche modo nell’ambito del ‘pensiero occidentale’, soprattutto se turbato dai rischi di una alternativa (quale fu la rivoluzione sovietica e quel che ne seguì, nel bene e anche nel male).

 

In questa fase non c’è in vista nessuna ‘alternativa’ di sistema, però può esserci una convergenza di interessi tra chi – nell’ambito dei miliardari e ampi dintorni – non ama pagare le tasse, né abbandonare i profitti dalle energie fossili, né subordinare le iniziative di imprese  e monopoli a nessuna ‘Authority’ di stampo democratico: possono questi interessi coalizzati pesare fino al punto di buttare a mare quel che resta della pace mondiale e della globalizzazione (che pure hanno giovato ai recenti sviluppi dell’accumulazione capitalistica)?

Capire se sia possibile rispondere a simili domande sul ‘destino dell’Occidente’ potrebbe aiutare a muoversi meglio nel groviglio di contraddizioni che ci circondano, considerando che è comunque in questo stesso Occidente che ci troviamo, con fatica, a galleggiare.

E che tale Occidente è ancora determinante per le sorti dell’intera umanità.

 

aldovecchi@hotmail.it

annavailati@tiscali.it

 

 

Fonti:

1.    Aldo Vecchi - ELEZIONI: I REMOTI PROGRAMMI DEI PARTITI EUROPEI – su Utopia21, maggio 2024 -  https://drive.google.com/file/d/1igO3W41dILVvptIoa1mvbahdJFiUK4gP/view?usp=drive_link-

2.    Fulvio Fagiani  ELEZIONI EUROPEE: EUROPA AL BIVIO, SALTO DECISIVO IN AVANTI O REGRESSIONE - su Utopia21, luglio 2022 -  https://drive.google.com/file/d/18spqokJt3iY2FpldcvaNDnHRvhWRYKf9/view?usp=drive_link

3.    Fulvio Fagiani  - L’AGENDA STRATEGIA EUROPEA AL 2029: I PRINCIPI E I VUOTI – in questo numero di Utopia21, luglio 2024

4.    Aldo Vecchi – CONCLUSA LA FASE CONSULTIVA DELLA CONFERENZA SUL         FUTURO DELL’EUROPA – su Utopia21, luglio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1-MJO5f-4ysnwnuv5IM-LGPrmJfxFvZ7V/view?usp=sharing

 

 

 



[A] grazie anche alla brillante idea dei Lib italiani di dividersi in 2 liste (Renzi+Bonino e Calenda) rimaste ambedue sotto alla soglia di sbarramento del 4%

[C] denominati “cambi di casacca” dagli anti-inciucisti del centro-destra italiano, che per altro praticano tali scambi sia a scala europea che nazionale vedi la notoria compravendita di senatori da parte di Berlusconi tra 2006 e 2008, vedi il caso del senatore Sergio De Gregorio, reo confesso

[D] Con l’abituale rispetto per le istituzioni, il ministro Salvini ha tuonato contro il “colpo di stato” che contrasterebbe la volontà di milioni di elettori

[E] Come ad esempio tra Ungheresi e Romeni a proposito della Transilvania.

martedì 21 maggio 2024

UTOPIA21, MAGGIO 2024 - ATTORNO AL RAPPORTO B.E.S. 2023

 

 

Mentre il rapporto ISTAT “BES 2023”, attraverso gli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile, e con nuovi approfondimenti, attesta contradditorie tendenze dell’Italia post-Covid, è interessante anche osservare l’edizione 2024 del rapporto del Ministero Economia e Finanza sui principali indicatori BES, in relazione alle politiche in atto.

 

Sommario:

-       il bilancio tra miglioramenti e peggioramenti

-       una selezione sui principali indicatori, relativi a salute - istruzione – lavoro – benessere economico – ambiente

-       la relazione del Ministro dell’Economia e Finanza sugli indicatori BES per il 2024

-       APPENDICE I -  la news-letter riassuntiva dell’Asvis

-       APPENDICE II - estratto dal rapporto Istat Bes 2023: mortalità “evitabile”, per titolo di studio, genere e territorio

-       APPENDICE III: estratto dal rapporto Istat Bes 2023: rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli piccoli e senza figli

-       APPENDICE IV: estratti dalla Relazione del Ministro dell’Economia e Finanza sugli indicatori BES per il 2024

nota: in corsivo le frasi elaborate dallo scrivente

 

Per quanto riguarda l’impostazione generale del rapporto annuaIe ISTAT sul “Benessere Equo e Sostenibile” 1 ed anche per le mie valutazioni su questo tipo di ricerche multifattoriali rimando ai precedenti articoli in materia 2.

Per una rapida visione di insieme del Rapporto 2023, rimando in Appendice I alla news-letter dell’Asvis [A], a firma di Flavia Belladonna 3.

 

IL BILANCIO TRA MIGLIORAMENTI E PEGGIORAMENTI

 

DaI capitolo introduttivo del Rapporto 2023, per riepilogare un bilancio complessivo tra miglioramenti e peggioramenti, rispetto al Rapporto 2022, traggo le seguenti figure:

-       figura 1, che raffronto alla analoga figura del Rapporto 2022 (alla pagina seguente: sopra il 2023, sotto il 2022) sul confonto diretto tra Italia ed Europa riguardo agli “indicatori di benessere” disponibili, che nel Rapporto 2023 vede l’Italia “in vantaggio” per undici voci  (cinque nel 2022) ed “in svantaggio” per altre ventuno (diciannove nel 2022), mentre quattro risultano “in pareggio” (due nel 2022): si segnala che i valori sono riferiti all’ultimo anno di rilevamento, che per il Rapporto può essere il 2023 oppure a volte il 2022 (e così in parallelo per il precedente Rapporto)

 

 

 

 

-       figura 2, che evidenzia quanti indicatori risultano in miglioramento dal Rapporto 2022 al Rapporto 2023 all’interno di ogni “dominio” (colore verde) e quanti invece risultano in peggioramento (colore rosso; grigio per gli indicatori con valori stabili), scomponendo inoltre il conteggio per le grandi ripartizioni geografiche Nord-Cento-Sud e Isole: a colpo d’occhio il “verde” prevale, ma solo per l’intera Italia e per il Nord, non per Centro e Mezzogiorno; inoltre si tratta dei valori di variazione annuale in una fase di ripresa post-pandemia, che vanno confrontati anche con i valori pre-Covid (2019), come correttamente avviene nello svolgimento analitico di gran parte del Rapporto.

 

 

UNA SELEZIONE SUI PRINCIPALI INDICATORI, RELATIVI A SALUTE - ISTRUZIONE – LAVORO – BENESSERE ECONOMICO – AMBIENTE:

 

La presente selezione, più ampia di quella da me operata sul rapporto 2022, include circa 25 indicatori (sui 152 trattati nelle 300 pagine del Rapporto 2023), distribuiti in cinque dei 12 domini affrontati dall’ISTAT: oltre ad aver scelto gli argomenti che sembrano a me di maggior importanza, ed in numero consono agli orizzonti di questo articolo, ho ritenuto di privilegiare dati di carattere oggettivo rispetto alle componenti più soggettive delle ricerche (del tipo salute percepita, insicurezza, disagio per il degrado ambientale), che sono indubbiamente affascinanti, ma meno adatte a rapidi confronti quantitativi e diacronici.

 

SALUTE

-       durata di vita media

L’Italia “nel 2022 risulta … al quarto posto con 82,8 anni, dopo Spagna (83,2), Svezia (83,1) e Lussemburgo (83,0)” (media europea inferiore ad 81, mentre i divari interni oscillano tra 84,6 anni in Provincia di Trento, 81,4 in Campania); nel 2021 l’Italia con 82,5 anni era al 3° posto, con maggiori divari interni (84 anni in Provincia di Trento, 79 in Campania); nel 2019 la durata media era di 83,6, nel 2023 (dato ancora provvisorio) si attesta a 83,1.

-       anziani in cattive condizioni di salute

“Tra gli anziani, dai 75 anni, le persone in condizione di multicronicità e con gravi limitazioni sono passate dal 47,8% del 2021 al 49,0% del 2022, tornando al livello del 2019”.

-       medici di base con più di 1500 assistiti

“Molto elevata la quota di Medici di Medicina Generale con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa nazionale vigente), che dal 27,3% del 2012 è aumentata al 47,7% nel 2022. Questo indicatore presenta una spiccata variabilità territoriale, con quasi 34 punti percentuali di differenza tra il 61,7% registrato nel Nord-ovest (71,0% in Lombardia) e il 27,8% delle Isole (22,4% in Sicilia).”

-       rinuncia a visite mediche per troppa attesa e/o costi elevati

 

 

-       mortalità evitabile, prevenibile e trattabile

In Appendice II riporto per intero il paragrafo del Rapporto che - basandosi su dati del 2020 – analizza in modo originale e raffinato le cause di “mortalità prevedibile” derivanti da carenze di prevenzione o di cura, articolate per genere, livello di istruzione e territorio, che mostra divari variamente intrecciati tra le polarità discendenti donna/uomo, alta/bassa istruzione (il che assomiglia molto anche a alto/basso reddito), NordEst/Sud e Isole.

 

 

ISTRUZIONE

-       giovani che non studiano e non lavorano (NEET)

 “Nel 2023, sul totale dei 15-29enni la quota di NEET è del 16,1% “ Erano il 19% nel 2022 (media Europea crica 14%) ed il 22% nel 2019. Però “…quattro regioni del Mezzogiorno presentano tuttavia valori superiori al 20%: la Sicilia con il 27,9% di NEET, la Calabria con il 27,2%, la Campania con il 26,9% e la Puglia con il 22,2%.

-       diplomati (sul totale della popolazione tra 25 e 64 anni)

“Il 65,5% delle persone di 25-64 anni ha almeno una qualifica o un diploma secondario superiore (+2,5 punti percentuali rispetto al 2022” e contro una media europea del 79,5%).

Tra le donne sono il 68,0% mentre tra gli uomini il 62,9%.

-       competenze digitali

“Nel 2023 rimangono sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente le competenze digitali della popolazione di 16-74 anni: il 45,9% le ha almeno di base.

…Le regioni in migliore posizione in questo ambito sono la provincia autonoma di Trento (56,8%), la Lombardia (53,4%), l’Emilia Romagna e il Lazio (entrambe con il 51,5%).

In fondo alla graduatoria si collocano la Calabria (32,2%) e la Campania (32,5%).”

-       competenze studenti terza media

“I livelli delle competenze alfabetiche in italiano, sia quelle numeriche in matematica degli studenti della terza classe della scuola secondaria di primo grado mostrano invece un peggioramento rispetto al 2019. I dati del 2023 indicano che il 38,5% degli studenti non raggiunge le competenze adeguate in italiano (era il 35,2% nel 2019), e il 44,2% non raggiunge le competenze di base in matematica (il 39,6% nel 2019).”

 

 

LAVORO

-       tasso di occupazione (e divario di genere)

“Il tasso di occupazione delle persone tra 20 e 64 anni, … cresce di 1,5 punti percentuali rispetto al 2022 e raggiunge il 66,3%2, ma resta circa 10 punti inferiore a quello medio europeo A determinare questa distanza è soprattutto il tasso di occupazione femminile, più basso di quello della media europea (di oltre 14 punti nel 2022).

“Il tasso di occupazione raggiunge il 76,0% per la componente maschile e il 56,5% per quella femminile. Il divario di genere presenta una lieve riduzione, pur restando molto elevato (19,5 punti percentuali, -0,3 rispetto al 2022).”

-       contratti a tempo determinato

“Nel 2023, i dipendenti a termine registrano un calo del 2,4% e scendono poco al di sotto dei 3 milioni”, su un totale di oltre 18 milioni di lavoratori dipendenti.

La riduzione degli occupati a termine riguarda esclusivamente la componente degli occupati con lavoro a termine da meno di cinque anni, aumentano invece quanti svolgono un lavoro a termine da cinque anni e più.

-       lavoratori “sovraistruiti”

“Anche nel 2023 aumenta la quota di occupati sovraistruiti, ovvero con un titolo di studio superiore a quello più richiesto per svolgere la professione esercitata, che si attesta al 27,1%”; era il 26% nel 2022.

Il fenomeno, più diffuso tra le donne, è particolarmente concentrato nella classe dei più giovani tra i 15-24 anni.

Negli ultimi anni ha cominciato a interessare marcatamente anche gli occupati più anziani: dal 2019 al 2023, la quota di sovraistruiti tra i 45-54enni è passata dal 19,6% al 23,8%.

-       part time involontario

“Nel 2023 prosegue per il quarto anno consecutivo il calo della quota di occupati in part time involontario, ovvero quanti dichiarano di lavorare part time perché non sono riusciti a trovare un lavoro a tempo pieno sul totale degli occupati. La misura si attesta al 9,6% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2022…).

Nonostante l’indicatore diminuisca soprattutto per la componente femminile (-0,9 punti rispetto a -0,5 degli uomini), la quota di part time involontario tra le donne occupate è ancora tripla rispetto a quella degli uomini (15,6% contro 5,1% …) e rappresenta circa la metà delle donne occupate in lavori part time.”

-       infortuni mortali o con inabilità permanente

In calo il tasso di infortuni mortali e di inabilità permanente, che passa da 11,1 infortuni mortali e con inabilità permanente per 10.000 occupati nel 2021 a 10,0 per 10.000 occupati nel 2022.

-       rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli piccoli e senza figli

In Appendice III riporto per intero il paragrafo del Rapporto 2023 che approfondisce questo indicatore, differenziandolo per livelli di istruzione e per territorio.

 

BENESSERE ECONOMICO

-       povertà assoluta

“Gli indicatori relativi al dominio Benessere economico presentano in larga parte un miglioramento rispetto all’anno precedente e, in alcuni casi, anche rispetto al 2019.

Unica eccezione l’indicatore di povertà assoluta, che resta sostanzialmente stabile tra il 2022 e il 2023” (9,8%) “ - per effetto della dinamica inflattiva che ha determinato una perdita del potere d’acquisto delle famiglie - ma peggiora rispetto alla situazione pre-pandemia.

…la serie storica dei dati … mostra, infatti, una crescita dell’incidenza individuale a partire dal 7,6% del 2019. Questo dato era in flessione rispetto al 2018 per effetto, in larga parte, dell’introduzione del Reddito di cittadinanza di cui a partire dal secondo trimestre del 2019 avevano beneficiato circa un milione di famiglie. Nel 2020 l’incidenza individuale della povertà assoluta balza al 9,1%, mantenendosi stabile nel 2021. Oltre che dalla crisi economica, la dinamica del biennio pandemico è stata influenzata dalle misure restrittive che hanno inciso sul calo dei consumi e sui comportamenti di spesa delle famiglie nei mesi più difficili della pandemia. Nel 2022 l’incidenza torna a crescere arrivando al 9,7%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione che ha colpito in maniera più dura le famiglie meno abbienti. Le spese di queste ultime non sono riuscite, infatti, a tenere il passo con l’aumento dei prezzi, incluso quello dei beni e servizi essenziali considerati nel paniere della povertà assoluta.”

-       disuguaglianza tra i redditi (miglior 20% rispetto al peggior 20% di popolazione)

“Nel 2021 l’indice di disuguaglianza del reddito netto si riduce rispetto all’anno precedente, attestandosi sul valore di 5,6 (-5,1%, era 5,9 nel 2020), un livello lievemente inferiore anche a quello osservato nel 2019 (5,7). L’impatto delle misure di sostegno al reddito (strumenti ordinari – Reddito di cittadinanza – e straordinari – trasferimenti emergenziali) introdotte al fine di contenere i livelli di povertà e disuguaglianza, è stato rilevante soprattutto durante la pandemia: in assenza di trasferimenti alle famiglie l’indice di disuguaglianza nel 2021 sarebbe risultato pari a 6,4, valore molto superiore a quello osservato.”

“…Nelle regioni del Mezzogiorno il rischio di povertà più elevato si associa anche a valori più alti dell’indice di disuguaglianza, ossia il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione … e il 20% più povero …, che supera il valore medio dell’Italia (5,6) in Calabria e Campania (5,9) e in Sicilia (6,0).”

Un aggiornamento con stime sull’indice di disuguaglianza per il 2022 ed il 2023 è contenuto nell’Appendice IV-

-       quota di popolazione a rischio di povertà

“Rimane invece sostanzialmente stabile rispetto ai tre anni precedenti la quota di popolazione a rischio di povertà, pari nel 2022 al 20,1%. Profonde differenze territoriali sono messe in evidenza anche dall’indicatore di rischio di povertà, calcolato sui redditi del 2021: a fronte del 20,1% di persone con un reddito netto equivalente inferiore o pari al 60% del reddito equivalente mediano osservato a livello nazionale, in Sicilia e Campania il fenomeno arriva a interessare circa il 37% della popolazione …

-       deprivazione abitativa e costi abitativi

La percentuale di persone che vivono in grave deprivazione abitativa, cioè in abitazioni sovraffollate o in alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali (soffitti, infissi, ecc.)  “si attesta su livelli solo lievemente superiori a quelli registrati prima del COVID (5,2% rispetto a 5,9% del 2021 e a 5,0% nel 2019).

Rispetto agli anni precedenti diminuisce anche l’indicatore di sovraccarico del costo dell’abitazione, che risulta difficilmente sostenibile per il 6,6% della popolazione (si attestava a 7,2% nel 2021 e a 8,7% nel 2019)”.

 

AMBIENTE

“Le molteplici azioni messe in campo nel nostro Paese per avviare la transizione non hanno prodotto ancora i risultati auspicati. Diversi indicatori mostrano come la ripresa delle attività economiche e sociali, successiva alla crisi pandemica, abbia concorso all’aumento delle pressioni sull’ambiente e – conseguentemente – dello stato dell’ambiente stesso.”

-       qualità dell’aria

“In particolare nel 2022, rispetto all’anno precedente, peggiora la qualità dell’aria (76,2%

di superamenti della soglia di riferimento, contro il 71,7% del 2021), dopo un periodo di

costante miglioramento; “

-       emissioni di CO2

“aumentano le emissioni di CO2, che tornano ai livelli del 2019 (7,3 tonnellate per abitante in entrambi gli anni);”

-       consumo di materie prime

“cresce il consumo di materiale interno (516 milioni di tonnellate, contro 505 del 2021 e 499,5 del 2019)”

-       energia da fonti rinnovabili

“diminuisce la produzione di energia da fonti rinnovabili (30,7% di energia consumata da fonti rinnovabili, contro il 35,1% del 2021 e il 34,9% del 2019)”

-       consumo di suolo

“Inoltre non migliora il consumo di suolo (7,14% della superficie complessiva, contro il 7,11% nel 2021 e 7,07% nel 2019).”

 

 

LA RELAZIONE DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E FINANZE SUGLI INDICATORI BES PER IL 2024

 

L’intreccio tra i rapporti Istat sul BES ed il processo di aggiornamento della legislazione di bilancio è ben chiarito dalla stessa Relazione del Ministro per l’Economia e la Finanza “Relazione sugli Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile 2024” 5, presentata al Parlamento lo scorso 2 marzo 2024 (e che pertanto ancora non poteva disporre dei dati relativi al 2023 contenuti nell’ultimi rapporto Istat/BES), di cui riproduco estratti nell’ APPENDICE IV

Riporto di seguito invece la tabella riassuntiva, che indica per ciascuno dei dodici indicatori l’andamento recente, e per solo nove di essi quello previsto fino al 2026 (osservando che la scelta di soli 12 indicatori rispetto ai 152 trattati dall’Istat – definita nel 2016 dalle norme sul Bilancio dello Stato - ne rende più aleatoria la rappresentatività rispetto all’insieme dei fenomeni socio-economici, ma più leggibile la visione di insieme).

 

Nell’APPENDICE IV estraggo alcuni passi della Relazione del MEF riferiti agli indicatori “DISUGUAGLIANZA DEL REDDITO NETTO” e “POVERTA’ ASSOLUTA”, passi che ritengo significativi rispetto ad un duplice atteggiamento del Ministero Economia e Finanza:

-       da un lato una raffinata competenza econometrica, anche previsionale (a fianco dell’Istat e di altri organi dello Stato), estesa agli aspetti sociali ed ambientali (con qualche eccesso di ottimismo, a mio avviso, ad esempio sulla efficacia dei provvedimenti che hanno sostituito in parte il Reddito di Cittadinanza)

-       dall’altro una sorta di trasparente e consapevole (forse cinica) indifferenza a fronte del permanere o talora dell’aggravarsi di pesanti criticità, quali per l’appunto la povertà assoluta, mentre si dà conto di come gran parte delle politiche governative siano in tutt’altra direzione indirizzate (infatti “incidono prevalentemente sulla parte medio-alta della distribuzione dei redditi”).

Ciò appare più grave in considerazione del non-detto sia di questa Relazione, sia del successivo Documento di Economia e Finanza DEF 2024-2026, e cioè che non sono individuate le risorse né per ripetere i provvedimenti principali per il 2024, come la riduzione del “cuneo fiscale”, né tanro meno per affrontare le nuove regole del Patto di Stabilità europeo in termini di deficit e di debito pubblico.

 

 

aldovecchi@hotmail.it

 

DALLE PAGINE SUCCESSIVE LE SEGUENTI APPENDICI:

-       APPENDICE I -  LA NEWS-LETTER RIASSUNTIVA DELL’ASVIS

-       APPENDICE II - ESTRATTO DAL RAPPORTO ISTAT BES 2023: MORTALITÀ “EVITABILE”, PER TITOLO DI STUDIO, GENERE E TERRITORIO

-       APPENDICE III: ESTRATTO DAL RAPPORTO ISTAT BES 2023: RAPPORTO TRA IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE DONNE CON FIGLI PICCOLI E SENZA FIGLI

-       APPENDICE IV: ESTRATTI DALLA RELAZIONE DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E FINANZA SUGLI INDICATORI BES PER IL 2024

 

 

Fonti:

1.    https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes)/il-rapporto-istat-sul-bes

2.    Aldo Vecchi -  IL B.E.S. COMPIE 10 ANNI (MA PASSA INOSSERVATO)- su Utopia21, maggio 2022 https://drive.google.com/file/d/1BBIzX56j7zfpCfH_W6aYVJFLUPrvFjGK/view?usp=sharing

3.    Flavia Belladonna - LE POLITICHE AMBIENTALI SONO IL TALLONE D’ACHILLE DEL PAESE – su newsletter Asvis, 19 aprile 2024 - https://mailchi.mp/asvis/6k3xdxoma1-764039

4.    https://aliautonomie.it/2024/05/10/agenda-2030-e-futuro-sostenibile-il-rapporto-di-primavera-dellasvis-accelerare-e-investire-subito-sulla-transizione-ecologica-conviene/#:~:text=e%20futuro%20sostenibile.-,Il%20Rapporto%20di%20Primavera%20dell'ASviS%3A%20%E2%80%9CAccelerare%20e%20investire,subito%20sulla%20transizione%20ecologica%20conviene%E2%80%9D&text=%E2%80%9CLa%20transizione%20energetica%20comporter%C3%A0%20profondi,enormi%20costi%20economici%20e%20sociali.

5.    https://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/Relazione-BES-2024_finale.pdf

 


APPENDICE I -  LA NEWS-LETTER RIASSUNTIVA DELL’ASVIS

Giunto alla sua undicesima edizione e presentato … a Roma il 17 aprile, il Rapporto fa il punto attraverso 152 indicatori sulla trasformazione del benessere nei 12 differenti domini che lo compongono, ovvero: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi.

Come procede dunque l’Italia? Partiamo dalle buone notizie. Innanzitutto, aumenta il benessere generale: circa la metà dei 129 indicatori (su 152) per cui è possibile il confronto, infatti, è migliorato rispetto all'anno precedente, mentre il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile.

In particolare, sale la speranza di vita, pari a 83,1 anni e in aumento rispetto al 2022 (82,3), sebbene si riduca invece la speranza di vita in buona salute che raggiunge nel 2023 i 59,2 anni, rispetto ai 60,1 del 2022. Bene anche il lavoro, con più occupati tra i 20 e i 64 anni (+1,8% rispetto al 2022), ma con un lieve rallentamento rispetto all'anno precedente, e un tasso di occupazione che raggiunge il 66,3% (+1,5 punti percentuali rispetto al 2022). E ancora, progressi per la maggior parte degli indicatori relativi all’istruzione, in particolare si segnala l’incremento della popolazione con un titolo di studio più elevato, la riduzione della quota di giovani che non studiano e non lavorano (Neet) scesi dal 19% del 2022 al 16,1% nel 2023 e il calo dell’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.

 

Il nodo più critico riguarda invece le questioni ambientali: soltanto 4 dei 16 indicatori del dominio “Ambiente” migliorano nell’ultimo anno, a fronte dei sette che peggiorano. In particolare, aumentano le emissioni di CO2, che tornano ai livelli del 2019, e si aggrava l’inquinamento atmosferico, che causa ogni anno 47mila morti premature da PM2,5 (una questione che richiede serie misure strutturali…). Peggiorano anche le temperature e il conseguente rischio siccità, con 42 giorni di caldo intenso (+36 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) e 29 giorni consecutivi senza pioggia a livello nazionale (+5,5 giorni). Crescono il consumo di materia e quello di suolo, un fenomeno quest’ultimo che l’ASviS chiede da tempo di arrestare attraverso una normativa quadro di livello nazionale e altre misure …. Non migliora la dispersione di acqua potabile dalle reti comunali di distribuzione (42,4% dell’acqua immessa in rete) …

…Oltre alle criticità ambientali va posta l’attenzione sulle disuguaglianze territoriali: il documento evidenzia come le Regioni del Nord-Est si caratterizzino per maggiori livelli di benessere, con oltre la metà degli indicatori nelle due classi di benessere più elevate, mentre quelle del Mezzogiorno presentino una situazione invertita, con oltre il 55% degli indicatori nelle classi bassa e medio-bassa.

Guardando invece alle criticità a livello nazionale, dopo l’ambiente preoccupa particolarmente il tema della sicurezza, che vede peggioramenti per ben 5 indicatori su 7: si deteriorano gli indicatori relativi a omicidi volontari, furti in abitazioni, borseggi e rapine, e aumenta la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive (+1,4 punti percentuali rispetto al 2022, arrivando al 23,3% di famiglie che ritengono la propria zona sia molto o abbastanza a rischio).

In tema di salute aumentano le persone (4,5 milioni nel 2023) che rinunciano a visite mediche ed esami per problemi economici, di difficoltà di accesso o di liste d’attesa (in quest’ultimo caso c’è stato un raddoppio di rinunce). Tutte sfide che richiedono un riorientamento del nostro sistema sanitario... Per quel che riguarda la parità di genere, invece, continua ad aumentare il divario tra uomini e donne in termini di soddisfazione per la vita, con il 48,7% della componente maschile che si dichiara “molto soddisfatta”, a fronte del 44,8% di quella femminile. Male le competenze dei giovani: il 38,5% degli studenti del terzo e ultimo anno delle secondarie di primo grado non raggiunge la sufficienza per le competenze in italiano (era il 35,2% nel 2019) e il 44,2% in matematica (39,6% nel 2019). Calano, infine, la partecipazione civica e politica e la lettura di libri e quotidiani.”

 

 

 

 

APPENDICE II - ESTRATTO DAL RAPPORTO ISTAT BES 2023: MORTALITÀ “EVITABILE”, PER TITOLO DI STUDIO, GENERE E TERRITORIO

 

“La riduzione delle disuguaglianze socioeconomiche nella salute rappresenta un obiettivo importante della politica sanitaria italiana ed è uno dei pilastri del Piano Nazionale della Prevenzione. È stato osservato che la mortalità è solitamente più elevata tra le persone in condizioni socio-economiche svantaggiate, indipendentemente dal livello di sviluppo del Paese.

Per la prima volta, si sono potuti analizzare gli indicatori di mortalità del Bes declinandoli per titolo di studio, variabile considerata la migliore proxy disponibile della condizione socio-economica essendo fortemente correlata con altre misure di posizione sociale…

La Figura A rappresenta le differenze territoriali della mortalità evitabile, scomposta nelle sue due componenti, prevenibile e trattabile, sia per sesso sia per titolo di studio, rispetto ai valori medi nazionali.

Il primo elemento che emerge è una netta separazione tra la nuvola dei punti della popolazione femminile e quella maschile, indicante una mortalità sempre maggiore di questi ultimi rispetto alle prime. Dall’analisi della nuvola della popolazione femminile si evidenzia una distribuzione dei punti più distesa sull’asse della trattabile e più schiacciata su quello della mortalità prevenibile, indicando quindi una minore variabilità territoriale e sociale per questa seconda componente rispetto alla prima.

Per gli uomini invece, la nuvola è più estesa rispetto a entrambi gli assi denotando una maggiore variabilità delle disuguaglianze sociali e territoriali in confronto alle donne, fatta eccezione per i più istruiti per i quali le differenze geografiche della mortalità prevenibile sono molto contenute. In generale, quando i livelli di istruzione sono più elevati le disuguaglianze territoriali nella mortalità evitabile si riducono

Si osserva in generale un aumento della mortalità, sia prevenibile sia trattabile, al diminuire del livello d’istruzione. I maschi presentano una mortalità prevenibile sempre più alta di quella delle femmine, mentre per la mortalità trattabile questa differenza di genere si riscontra per i livelli di istruzione più bassi e scompare quando si considera il livello di istruzione più elevato (stesse coordinate sull’asse delle ascisse). Questa dinamica può essere spiegata dal fatto che la mortalità prevenibile, a differenza della trattabile, dipende non solo dalla qualità degli interventi di salute pubblica, ma anche dai diversi stili di vita e comportamenti a rischio, che sono spesso più comuni tra gli uomini. I maschi con un basso titolo di studio che vivono al Sud e nelle Isole hanno i più alti tassi di mortalità trattabile rispetto alla media italiana, quelli che vivono al Nord-ovest hanno i più alti tassi di mortalità prevenibile, dato determinato in parte dalla mortalità per COVID-19 che, nel 2020, si è concentrata soprattutto in quest’area.

Le donne che vivono nel Nord-est con titolo di studio alto hanno in assoluto la mortalità trattabile e prevenibile più bassa d’Italia. I maschi che vivono nel Nord-est con un livello di istruzione elementare hanno una mortalità trattabile più bassa dei maschi con licenza media che vivono al Sud o delle femmine con la licenza elementare che vivono nelle Isole. Le Isole sono l’area italiana in cui le disuguaglianze per titolo di studio sono più marcate.”

 

 

 

 

 


 

APPENDICE III - ESTRATTO DAL RAPPORTO ISTAT BES 2023: RAPPORTO TRA IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE DONNE CON FIGLI PICCOLI E SENZA FIGLI

 

 

“I tassi di occupazione per le donne tra i 25 e i 49 anni, sia nel caso in cui abbiano almeno un figlio con meno di 6 anni sia senza figli, continuano a crescere, dopo il calo registrato nel 2020 (Figura 5). Il valore del tasso è nettamente più alto per le donne senza figli (77,5% nel 2023, +0,9 punti percentuali rispetto al 2022) superando di oltre 20 punti percentuali quello delle donne con figli tra 0 e 5 anni (pari al 56,6% nel 2023, +1,1 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente). Per monitorare l’evoluzione di questo divario si utilizza come indicatore il rapporto tra i due tassi (con al denominatore quello delle donne senza figli) moltiplicato per cento: tanto più ci si allontana da 100, quanto più ampio è lo svantaggio in termini di occupazione delle donne con figli piccoli. A livello medio nazionale, l’indicatore è pari a 73,0 nel 2023 ed è pressoché stabile dal 2021. Il valore più basso si osserva nel Mezzogiorno (66,6), dove crescono lievemente rispetto al 2022 entrambi i tassi che compongono l’indicatore, ma rimangono comunque su valori di molto inferiori rispetto alle altre ripartizioni. Ciò si deve soprattutto al tasso di occupazione delle donne con figli piccoli, che è particolarmente più basso rispetto alle altre ripartizioni (38,0% nel Mezzogiorno contro il 66,9% nel Nord e il 64,4% nel Centro). Nel Centro continua ad aumentare la distanza tra i due tassi, e il rapporto diminuisce (dal 79,8 nel 2022 al 78,5) in ragione dell’incremento del tasso di occupazione delle donne senza figli (82,1%, +2,6 punti percentuali) superiore rispetto a quelle con almeno un figlio tra 0 e 5 anni (64,4%, +1,0 punto percentuale). Nel Nord il rapporto aumenta di poco (da 77,8 a78,6), con i tassi che registrano un incremento rispetto al 2022 inferiore per le donne senza figli (85,2%, +0,6 punti percentuali) rispetto alle donne con figli piccoli (66,9%, +1,2).

Il valore è più basso per le donne più giovani (per quelle di 25-34 anni è pari a 60,0), mentre aumenta al crescere dell’età (passa a 80,5 per le donne di 35-44 anni e a 87,7 per quelle di 45-49 anni).

Il livello di istruzione della donna rimane un fattore discriminante per il contenimento di questi divari: il rapporto raggiunge quota 91,1 per le donne con almeno la laurea, è di 69,3 per quelle che hanno un titolo di studio secondario superiore, mentre crolla a 49,0 se hanno al massimo la licenza media.”

 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE IV: ESTRATTI DALLA RELAZIONE DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E FINANZA SUGLI INDICATORI BES PER IL 2024

 

“L’Allegato BES al DEF 2023 descriveva l’andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile fino al 2022 (ove disponibili) e, tenendo conto del Quadro Macroeconomico tendenziale e programmatico definito nel DEF 2023, nonché di apposite valutazioni di impatto, tracciava la possibile evoluzione degli stessi nel periodo 2023-2026, in coerenza con il ciclo di programmazione economico-finanziaria.

La Relazione 2024 identifica le misure più rilevanti contenute nella legge di Bilancio 2024 rispetto a un sistema di dodici indicatori (dashboard) rappresentativi di otto domini del benessere equo e sostenibile (BES) e descrive lo stato di avanzamento compiuto negli ultimi anni dal Paese rispetto a tali indicatori. Nello specifico, sulla base dei più recenti dati disponibili forniti da Istat, si offre un’approfondita disamina e un aggiornamento, rispetto all’Allegato BES al DEF 2023, dell’andamento degli indicatori fino al 2022. Inoltre, sulla base dei modelli a disposizione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), di un apposito aggiornamento del Quadro Macroeconomico alla luce della legge di Bilancio 2024 e delle [tendenze] esogene internazionali, nonché di valutazioni di impatto relative a specifiche misure in essa contenute, per nove indicatori si fornisce la previsione dell’andamento per il periodo 2023-2026.

Il documento è composto di tre capitoli. Nel Capitolo I, oltre alle considerazioni preliminari di carattere introduttivo, si riporta l’elenco dei dodici indicatori BES e la sintesi dei principali risultati dell’analisi contenuta nella Relazione BES 2024. Nel Capitolo II si fornisce una breve sintesi delle principali misure contenute nella legge di Bilancio 2024 rilevanti per l’andamento dei 12 indicatori BES, una tavola riassuntiva di tutte le misure che possono incidere su tali indicatori … Il Capitolo III dedica a ciascun indicatore BES un paragrafo che include un’analisi statistica descrittiva e fornisce, per i nove indicatori per cui è possibile effettuare delle previsioni o delle valutazioni di impatto, l’andamento stimato nel periodo 2023-2026…”

 

 

“III. 2. - DISUGUAGLIANZA DEL REDDITO NETTO (S80/S20)

DEFINIZIONE: rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20 per cento della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20 per cento della popolazione con il più basso reddito…

 

L‘indicatore S80/S20 rimane sostanzialmente stabile per tutto il periodo considerato dalle previsioni… L’intervento sul Reddito di cittadinanza, che ne limita la fruizione a sette mesi per alcune categorie di nucleo familiare, contribuisce alla riduzione del reddito nel primo quinto, mentre la «Social card», il principale intervento a favore dei redditi più bassi introdotto nel 2023, opera, invece in direzione opposta. Il lieve incremento stimato nell’indice è dovuto anche ad un aumento del reddito del 20 per cento più ricco della popolazione, riconducibile a misure che incidono prevalentemente sulla parte medio-alta della distribuzione dei redditi. Nello specifico, si tratta dell’estensione della flat tax per i lavoratori autonomi, dell’introduzione della flat tax incrementale, del taglio dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività e della riduzione dell’aliquota contributiva prevista per il secondo semestre. Nel 2024 l’indicatore torna sul livello registrato nel 2022, con una riduzione di 0,1 punti rispetto al 2023 … Le nuove misure a sostegno del reddito e dell’inclusione …. incidono positivamente sull’indicatore …. Nel 2025, l’indicatore non registra variazioni, rimanendo al livello di 5,8 punti. Il venir meno delle misure temporanee previste per il 2024 (esoneri contributivi, revisione aliquote Irpef, agevolazioni fiscali sui premi di produttività, incremento transitorio delle pensioni) non incide sulla dinamica dell’indicatore S80/S20 trattandosi di misure che dispiegano i rispettivi effetti sui quinti di reddito centrali della distribuzione.”

 

“III.3 - INDICE DI POVERTÀ ASSOLUTA

DEFINIZIONE: percentuale di persone appartenenti a famiglie con una spesa complessiva per consumi inferiore al valore soglia di povertà assoluta, sul totale delle persone residenti…

 

Il peggioramento della povertà assoluta nel 2022 è in larga parte imputabile al forte aumento dei prezzi registrato nel 2022, nonostante il buon andamento dell’economia. … Tuttavia, ciò che può essere più direttamente associato all’incremento della povertà assoluta è il più elevato impatto dell’inflazione per le famiglie meno abbienti. Nel 2022, infatti, la variazione su base annua dei prezzi stimata per il primo quinto di famiglie è pari a +12,1 per cento (a fronte di +7,2 per cento per le famiglie dell’ultimo quinto). Il diseguale impatto dell’inflazione è da ricondurre al fatto che per le famiglie meno abbienti è maggiore la quota di spesa totale dedicata all’acquisto di quei beni per i quali nel 2022 si è registrato un più intenso aumento dei prezzi (abitazione, energia, alimentari e trasporti). Nel complesso, in corrispondenza di incrementi della spesa corrente analoghi per famiglie più e meno abbienti, in termini reali la spesa equivalente è scesa del 2,5 per cento per le famiglie meno abbienti (ed è aumentata dell’1,8 per cento per quelle più abbienti).

Lo scenario stimato per i primi due anni di previsione prospetta una sostanziale stabilità dell’indicatore rispetto al 2022 … nel 2023, l’introduzione della ‘Social card’ può aver almeno parzialmente controbilanciato le restrizioni nella fruizione del Reddito di Cittadinanza, contenendo peggioramenti della povertà. Nel 2024, le misure introdotte per superare il RdC in materia di sostegno del reddito e dell’inclusione  sociale, AdI e Sfl, entrate in vigore rispettivamente da gennaio 2024 e da settembre 2023, sembrano incidere positivamente (-0,05) sulla povertà, tenendo anche conto del fatto che l’AdI è cumulabile con l’Assegno Unico e Universale (AUU). Per il 2025, anno in cui vengono meno alcune misure transitorie previste dalla legge di Bilancio 2024 (come la ‘Social Card’ e l’esonero contributivo parziale per i lavoratori dipendenti e l’esonero contributivo totale per le lavoratrici madri) si stima un lieve peggioramento dell’indicatore. Per il 2026, infine, non risultano definiti interventi normativi rilevanti per la stima dell’indicatore; pertanto, si assume lo stesso valore indicato per l’anno precedente.”

 

 

 

 

 



[A] Ad integrazione dei documenti sul BES dell’ISTAT e del MEF, è molto interessante la lettura del “Rapporto di primavera” dell’ASviS 4, che –sempre alla luce degli obiettivi ONU 2030 – allarga la analisi dalla legge di stabilità per il 2024 (come già l’ASviS faceva annualmente in aprile) alla recente revisione del PNRR, dalla concomitante legislazione europea e nazionale allo stato di elaborazione ed attuazione delle 6 Strategie e Piani nazionali in materia di transizione ambientale ed energetica: di tutto ciò evidenziando le poche luci e le molte ombre.