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venerdì 13 giugno 2014

MENTRE RENZI IMITA GRILLO, EPURANDO I DISSIDENTI, PREFERISCO PARLARE DI BERLINGUER (CHE I DISSIDENTI, PER ALTRO, LI RADIAVA)

Pietro Folena, su l’Unità dell’11-06, critica il “Berlinguer” di Walter Veltroni perché avrebbe massimizzato la fase del “compromesso storico”, oscurando o trascurando la successiva “svolta di Salerno” ed i contenuti, più di sinistra, ed in qualche misura anche movimentisti, ecologici e femministi, degli ultimi 5 anni della segreteria Berlinguer.
Credo che l’osservazione di Folena sia fondata riguardo alla maggior simpatia che traspira dal documentario in favore degli indirizzi più ecumenici e larghintesisti del berlinguerismo, evidentemente più consoni alla sensibilità veltroniana; però mi sembra che il filmato metta in mostra onestamente, nei fatti, la fragilità intrinseca alla linea del PCI in tutte le fasi berlingueriane, prima durante e dopo i governi Andreotti di “convergenza parallela” verso l’unità nazionale:
-          prima, perché al crescere del consenso verso il PCI (meritato dalla serietà della pur moderata opposizione al monopolio governativo della DC  e dalle diffuse esperienze di buongoverno locale) non corrispondeva comunque una credibile proposta di governo, in grado di coniugare veramente il socialismo “rivoluzionario” promesso alla base tradizionale (in gran parte comunque filosovietica) con le compatibilità economiche e politico-militari da garantire sia al nuovo elettorato borghese, sia  ai poteri forti allora dominanti;
-          durante, perché la giustificata preoccupazione di evitare una contrapposizione “alla cilena” ha reso di fatto subalterno il PCI alla DC, così ri-legittimata  (e reso mina vagante il PSI),  iniziando a deludere i movimenti giovanili e sindacali;
-          dopo, perché il ritorno ad un contatto più stretto con i bisogni di strati popolari che iniziavano ad essere frammentati, sia dalle ristrutturazioni aziendali sia dall’emergere di tutti i valori soggettivi di quella che fino ad allora veniva chiamata “sovrastruttura”,  risultava privo di una prospettiva strategica, tramontata per sempre l’idea rivoluzionaria (comunque camuffata) ed a ragion veduta la sua  versione filosovietica, e sprecata – nel 75-76- la grande occasione del “sorpasso”  e dell’unità delle sinistre (aprendo però la strada ad un crescente consociativismo del PCI nel “sistema dei partiti”, che non lo ha messo al riparo dal crollo della “prima repubblica” all’inizio degli anni ’90).
Il documentario di Veltroni mi sembra abbastanza sgombro da toni agiografici, pur evidenziando nella giusta misura la grande dignità di Berlinguer come persona; anche la “pre-veggenza” di Berlinguer sulla questione morale risulta esibita senza gli eccessi che è capitato di leggere qua e là, a fronte degli ultimi scandali.

Su questo tema, da compagno di strada, variamente critico, per diversi decenni, del PCI-PDS-DS-(PD), mi permetterei di  rilevare che forse già ai tempi di Berlinguer occorreva fare qualcosa di più che denunciare le pratiche spartitorie del centro-sinistra di allora e proclamare la propria (in realtà decrescente) “diversità”: se consociativismo e lottizzazione emergevano già allora come degenerazioni di tipo “nuovo” per i comunisti, coinvolgendoli in parte, la carenza di anti-corpi risiedeva in qualche misura, a mio avviso, in degenerazioni di tipo “vecchio”, che giustificavano, in nome del Partito e della resistenza al poderoso accerchiamento delle forze padronali, diverse scorciatoie nelle modalità di finanziamento e gestione delle organizzazioni di sinistra (si legga in proposito ad esempio in “Senior Service” di Carlo Feltrinelli – Ed. Feltrinelli, 1999 - la ricostruzione storica di diversi aspetti del supporto dato da suo padre GianGiacomo al PCI del dopoguerra).  

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