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martedì 19 agosto 2014

C’E’ LA RECESSIONE: A CHE PENSA LUCA RICOLFI?

Nel dibattito estivo sull’economia, di cui ho recentemente scritto, mi è rimasto impresso però Luca Ricolfi, sulla Stampa del 7 agosto, che – accusando gli altri commentatori  di ribadire ricette pregresse (compreso il collega Mario Deaglio, che ripeteva la tesi della “crisi di fiducia”) -  ed astenendosi dal reiterare anch’egli la sua, espressa poche settimane prima, e cioè che sarebbe stato necessario usare le risorse degli “80 euro” per abbattere l’IRAP a favore delle imprese (e dimenticando anche, del che lo ringraziamo, di riaffermare che lui è di sinistra; o forse non si dichiara più tale, del che lo ringrazieremmo ancor di più), ha invece spiegato che tra le principali ragioni della crisi ci starebbe il ripristino delle tassazioni sulla casa (governi Monti e Letta), un’operazione che sarebbe disastrosa perché, a fronte di un gettito di 15.000 miliardi, avrebbe determinato una frana dell’ordine del migliaio di miliardi nell’edilizia e nel valore patrimoniale degli immobili, rovinando le famiglie, che non riescono a vendere case e perdono convenienza ad affittarle.

Anche se ho già approfondito in passato questi ragionamenti, torno a confutare tale posizione, squisitamente berlusconiana ed a mio avviso non solo per questo totalmente infondata.
Innanzitutto perché la famiglie veramente rovinate sono quelle che – per carenza di reddito – in questa fase di crisi subiscono sfratti da case in affitto oppure da case di cui non riescono più a sostenere le rate di mutuo; e peggio ancora quelle che una casa decente non l’hanno mai avuta o i giovani che  non riescono a procurarsela (e tutto ciò non dipende né dalla TASI né dalla TARI).
In secondo luogo perchè la tassazione patrimoniale sulle seconde case è in vigore, con poche variazioni, dal lontano 1992, affiancata da una tassazione più variata sulle prime  case, sospesa solo dal 2008 al 2011 e nel 2013: in questo lungo tempo si è assistito ad un grande ciclo espansivo immobiliare (1997-2005), mentre nei periodi di maggior de-tassazione non si è verificata nessuna ripresa (nemmeno drogata dalle “semplificazioni” del piano-casa); ed è stata probabilmente l’eccessiva bolla speculativa degli anni precedenti ad accentuare la crisi successiva al 2006, intrecciata con le note cause internazionali della depressione (a ben guardare anche in America influenzata all’origine dall’eccesso di produzione e mutui per l’edilizia residenziale).

Inoltre, il nocciolo della questione è come una tassa dell’ordine dell’1% annuo sul valore catastale possa scardinare un mercato che si fonda, quando funziona in termini di redditi e credito, su uno dei bisogni primari delle famiglie, sia per quanto riguarda la prima-casa in proprietà, sia sugli alloggi in affitto da terzi proprietari, i sui rendimenti sono certamente superiori al 3% annuo del valore  patrimoniale effettivo (a sua volta superiore al valore catastale), e quindi sono penalizzati solo parzialmente dalla suddetta tassazione patrimoniale, pur sommata all’IRPEF (attenuabile al 21% con la cedolare secca, ed ancor meno con i canoni concordati).
Per quanto riguarda le seconde case (il cui declino a mio avviso non è da rimpiangere troppo, se si ha a cuore anche la tutela del suolo e del paesaggio), mi pare ben più grave l’influsso negativo dell’imposta di registro, che grava da sempre per il 10% circa del valore delle transazioni (scoraggiando le compra-vendite) rispettoall’1% max annuo di TASI (o ISI o ICI o IMU), che invece stimola dal 1992 all’uso oppure alla cessione del bene (se inutilizzato).

Se dipendesse da me anzi innalzerei l’imposizione patrimoniale per finanziare una forte riduzione dell’imposta di registro, applicando questa solo al maggior valore acquisito nel tempo (se breve), anziché al valore totale del bene venduto (facilitando quindi la fluidità del mercato e penalizzando solo la speculazione).

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