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mercoledì 14 settembre 2016

LA SAGGEZZA DI TOMASO MONTANARI

Con sana preveggenza lo storico dell’arte e militante progressista ed anti-Renziano Tomaso Montanari, nel rifiutare un Assessorato a Roma, motivava su “Repubblica” nello scorso giugno la sua indisponibilità, oltre che per motivi personali, per “il ruolo incongruo di Beppe Grillo, l’inquietante dinastia proprietaria dei Casaleggio, le inaccettabili posizioni sui migranti, sul cammino dell’Unione Europea e su altre questioni cruciali.”
Penso che oggi sia ancor più convinto della sua scelta, cui potrebbe aggiungere tanti motivi specifici quanti i giorni trascorsi dall’insediamento della Sindaca Raggi.
(Alla quale non mi sembra dovuta la benevolenza verso “i nuovi”, perché il M5S del “nuovismo” ha fatto teoria, facendo credere che bastava sbarazzarsi del “vecchio” per risolvere ogni problema, e vedere il “governo dei cittadini”).

Ma gli aspetti particolari delle vicende del M5S non devono a mio avviso portare gli osservatori a trascurare il nocciolo centrale della questione, che sottende a tutte le contraddizioni e deviazioni, ed impedisce una dialettica positiva di autocritica ovvero di apprendimento dagli errori: LA PRETESA CHE UN MOVIMENTO NUOVO E FORMALMENTE IPER-DEMOCRATICO (uno vale uno; la rete che decide; l’intercambiabilita’ degli eletti) ABBIA IN SE’, PER LA SOLA PRESENZA DI CINQUE REGOLETTE DI COMPORTAMENTO E DI UN GARANTE “A-PRIORI”, LA CAPACITA’ DI RAPPRESENTARE “TUTTI I CITTADINI” (negata ai partiti, per il loro peccato originale di partitismo, e perciò pretesa tendenzialmente totalitaria), SENZA UNO STRACCIO DI SOCIOLOGIA POLITICA NE’ SUI “CITTADINI” STESSI (quali sono i bisogni espressi, e da chi, oltre all’odio per la casta corrotta?), NE’ SUL MOVIMENTO E LA SUA NECESSARIA ORGANIZZAZIONE (che infatti viene inventata di volta in volta secondo i bisogni tattici ed oligarchici, di Direttorio in Direttorio).

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