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domenica 20 settembre 2020

UTOPIA21 - LA PANDEMIA COME CRISI ESISTENZIALE ED I SUOI RIFLESSI SOCIALI

 

LA PANDEMIA COME CRISI ESISTENZIALE ED I SUOI RIFLESSI SOCIALI

di Anna Maria Vailati e Aldo Vecchi

 

Una riflessione sugli aspetti soggettivi delle reazioni al Coronavirus, per chiedersi come potrà ricostituirsi un tessuto di socialità.

 

 

Sulla Pandemia è già stato scritto di tutto, e già Utopia21 se n’è occupata, tra l’altro con gli editoriali di marzo, maggio e luglio.

 

Mentre ancora non sono chiari né gli orizzonti epidemici, né le proporzioni complete della conseguente crisi economica, e tanto meno l’attendibilità dei rimedi prospettati dall’Europa e dai singoli Stati, ci sembra tuttavia interessante soffermarci ancora su alcuni aspetti della questione.

 

Il virus Covid-19 appartiene alla natura ed è nella natura dell’uomo convivere con svariati micro-organismi (dentro e fuori dal corpo umano) oppure soccombere a fronte della loro prevalenza: in un quadro di continua evoluzione, sia genetica che tecno-medicale, che riguarda sia gli uomini che i micro-organismi, ed i reciproci, dialettici rapporti: ad esempio con l’apparente debellamento di alcuni agenti patogeni, la maggior resistenza ai farmaci di altri agenti, la diversa occupazione di nicchie ecologiche, l’interazione con i cicli agrari, le abitudini alimentari e gli altri stili di vita, ecc..

 

Al fondo delle posizioni negazioniste, quando almeno tentativamente argomentate, ci sembra che ci sia una tendenza “consolatoria” (e in qualche modo socializzante), che nasce dalla paura, a cercare un nemico tra gli uomini (poteri forti che complottano per creare artificialmente i virus[1], o per far credere vere infezioni inventate, o per manipolare, celare o centellinare vaccini segreti), e così sfuggire dalla constatazione che invece il nemico può essere dentro di noi, di ognuno di noi, e ne condividiamo la sostanza bio-chimica, ne temiamo la peculiare e “virale” “intelligenza collettiva”.

 

Anche le pulsioni colpevoliste, della Pandemia come punizione divina (ripudiate dalla Chiesa di Papa Francesco, ma striscianti – secondo tradizione – nel corpo mistico del cristianesimo), ed a nostro avviso anche da parte di alcune minoranze ecologiste che leggono un collegamento automatico tra urbanesimo e contagio (oppure tra alimentazione carnivora e contagio), tendono a socializzare la resistenza psicologica alla Pandemia, inducendo a schierarsi nella preghiera (se non nelle processioni senza distanziamento) oppure nella condanna della modernità-che-distrugge-la-biodiversità: mentre a nostro avviso la contaminazione con specie diverse – virus, topi o pipistrelli - è molto più facile per l’uomo primitivo che si aggira nella foresta vergine, con la fondamentale differenza che al  momento non ha da contagiare immense metropoli, ma solo sparute tribù.

Per chiarire, non amiamo la metropoli e la globalizzazione che distrugge la biodiversità, ma riteniamo che quest’ultima seconda vada difesa, e la prime due riformate, senza invocare su di loro la colpa specifica della frammistione con i pipistrelli, ma solo quella, intrinseca, e già molto grave, di moltiplicatore dei contagi tra esseri umani (anche se non  è da escludere che una urbanizzazione accelerata contribuisca specificamente ad intrecciare la permanenza di abitudini ancestrali, di commistione con animali, o di modalità di macellazione, di cui il contesto metropolitano acuisce le conseguenze).

 

Il negazionismo ed il colpevolismo ed in genere la ricerca di un “untore” o “capro espiatorio” [2], specie se agitate da personaggi pubblici (politici, medici, artisti) hanno il solo risultato di aumentare la tensione sociale ed il disorientamento individuale; allontanando nel contempo una seria e laica ricerca sui fenomeni che facilitano le pandemie ed anche sulle diverse capacità dei sistemi sanitari di affrontarle, con maggiore o minore efficienza, e soprattutto equità.

 

Ma se non ci si provvede di siffatti scudi, la constatazione della nuda appartenenza alla natura e alla sua crudeltà  ci rende più soli e più fragili

 

La precarietà è invero intrinseca alla mortalità ed alla morbilità, caratteristiche fondamentali della vita umana.

E però quotidianamente rimossa, per i singoli soggetti in medie condizioni di salute (e di età…), e soprattutto nel nostro mondo occidentale e de-sacralizzato, da un principio vitalistico, che ci fa guardare al domani, al piacere, al progresso.

Un atteggiamento ottimista che coinvolge in larga parte – in tempi normali – anche chi è socialmente precario, per le condizioni contrattuali del proprio lavoro (autonomo, temporaneo, dipendente-ma-insicuro, ecc.) o di altri aspetti basilari dell’esistenza (abitazione, affetti, famiglia).

Si tratta dello stesso poco-sensato ottimismo esistenziale che fa vedere remoti i pericoli, ancorché ormai ben visibili, del cambio climatico, e rende difficile acquisire consenso sulle politiche ambientali di lungo termine e largo respiro; come ha tratteggiato Fulvio Fagiani in diversi articoli 1,2; e che ha indotto popoli e governanti ad ignorare gli autorevoli allarmi già da tempo lanciati dagli scienziati in merito alle incombenti pandemie (comprese quelle che verranno…).

 

La nostra impressione è che questa Pandemia abbia intaccato profondamento questo immotivato ma spontaneo ottimismo, e precarizzato in qualche misura anche chi era più stabile e “garantito” (e quindi assai peggio per chi precario già lo era), imponendo un confronto ravvicinato con la possibilità – ed il timore – di ammalarsi e di morire (anche se statisticamente restano maggiori le probabilità di contrarre altre malattie inguaribili o di subire un incidente: probabilità che l’insensato ottimismo già aveva “messo in conto”, cercando però di dimenticarsene, ed alle quali si aggiunge il più casuale contagio da coronavirus).

 

Questa inedita consapevolezza determina, su larga scala, ma in una dimensione individuale, diversi fenomeni di disagio psichico, come registrato e ben raccontato dallo psichiatra Vittorio Lingiardi 3 “… I meno privilegiati sono esausti. Molti resistono in uno stato di prostrazione economica, stanchezza immaginativa, oscuramento della speranza. Usando il linguaggio della clinica …. esposizione traumatica, .. fragilità post-traumatica, --- elaborazione del lutto, …svuotamento depressivo. Il clima è propizio per trappole difensive: rimuovere… negare…proiettare in modi più o meno paranoidi. Dietro l’angolo altri rischi: precipitare in sentimenti di sospetto e rabbia, ma anche di impotenza e solitudine”[3]

 

Nel contempo i legami sociali si sono variamente rarefatti, di più durante il confinamento rigoroso, ma in notevole misura anche dopo (in particolare per il lavoro a distanza e la didattica a distanza), riducendo le occasioni di frequentazione ed il livello di fiducia negli altri, in quanto possibili portatori di contagio, ma anche perché ciascuno rimane più racchiuso nelle sue paure, ed anzi si sente più “socialmente utile” rimanendo “sanitariamente distante”.[4]

 

Forzando Bauman, ci sentiremmo di dire che la “società liquida”4 tende a divenire “aeriforme”[5], con le singole molecole fisicamente compresse sì nelle celle abitative, ma fluttuanti in uno spazio di relazioni sociali “ad interazioni deboli” e suscettibili di diverse trasformazioni: ri-precipitare nello stato liquido (con eventuali nuove polarizzazioni più solide) oppure evaporare in nuove configurazioni sospese (o addirittura “ionizzanti”?).

 

Fuor di metafora, nel valutare le biforcazioni che si aprono nell’auspicabile uscita dalla crisi sanitaria e socio-economica, e di cui si è già parlato nei precedenti editoriali di Utopia21, riteniamo che la condizione psicologica “scossa” dei singoli individui (anche in funzione delle inasprite gerarchie sociali) possa giocare un ruolo, più probabilmente di amplificazione che di attenuazione, delle onde oscillatorie che attraversano e attraverseranno i “corpi sociali”.

 

Non sappiamo se si apriranno alternative radicali, come quelle schematizzate poco più di un secolo addietro da Rosa Luxemburg nello slogan “socialismo o barbarie”5 (allora prevalsero le barbarie, dalla prima guerra mondiale – già in atto – alla crisi del 29 ed al nazifascismo, dalla Shoah alla seconda guerra mondiale, emblematicamente conclusa dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki; ed anche il socialismo, quello reale, non si rivelò poi così alternativo alle barbarie, come invece quello immaginato dalla stessa Rosa Luxemburg); però il prossimo bivio Biden/Trump appare abbastanza impressionante.

 

Pensiamo tuttavia che potrebbero rafforzarsi spinte contraddittorie:

-       da un alto quelle individualiste, facilitate dalle nuove solitudini e motivate dalla lotta per la sopravvivenza (economica e sanitaria), che possono trovare nei social media una proiezione collettiva-ma-non-cooperativa e nelle piattaforme un collettore selettivo per la ricerca del reddito; e facilitare la prevalenza di politiche corporative e sovraniste (con le conseguenti contrapposizioni tra poteri  nazionali), dei monopoli telematici  e della finanza irresponsabile; esasperando così la polarizzazione tra i più ricchi ed i più poveri, già galoppante di suo prima della pandemia;

-       dall’altro una nuova coscienza civica, con la ricostituzione della fiducia reciproca e la consapevolezza di un rinnovato bisogno delle istituzioni pubbliche e della cooperazione internazionale; e approdare verso una società inclusiva, con il temperamento dei consumi ed una concezione del lavoro solidale; con la necessità di arricchire il già complesso discorso ambientalista ed egualitario con queste nuove attenzioni alla soggettività ed alla capacità di cura.[6]

 

In mezzo al bivio, anzi “in una rete di linee che s'intersecano”6, non c’è solo ciascuno di noi, ma le concrete politiche dei vari soggetti collettivi, dai sindacati e partiti alle istituzioni, locali e nazionali, fino – nel nostro caso – all’Unione Europea, che possono condizionare le propensioni di persone, famiglie ed imprese in un senso o nell’altro.

In particolare l’Europa – pur in un quadro geopolitico globale poco tranquillizzante – si è posta obiettivi ambiziosi, ed in parte rispondenti ai bisogni di ricostruzione dei tessuti sociali (e sanitari, con un effettivo welfare universale) ed alla speranza di una riduzione del rischio climatico (come ha ben illustrato Fulvio Fagiani 7,8)[7].

E quindi dissipare il pessimismo della ragione, che potrebbe promanare dalle nostre precedenti riflessioni, in cui il tradizionale ottimismo della volontà risulta motivatamente affievolito.

 

annavailati@tiscali.it

aldovecchi@hotmail.it

Fonti:

 

1.    Fulvio Fagiani – ALLE RADICI DELL’INAZIONE CLIMATICA: RAGIONI PSICOLOGICHE E SOCIOLOGICHE – Pubblicato sul numerodi maggio 2020 di UTOPIA21 - https://drive.google.com/file/d/1VIBJG2nW827g3rKQxBiwob0b10tJgcFQ/view.

2.    Fulvio Fagiani – PER L’AZIONE E LA TRASFORMAZIONE 8E CONTRO L’INAZIONE E LA RASSEGNAZIONE – Pubblicato sul numero di luglio 2020 di UTOPIA21 - https://drive.google.com/file/d/1euJ09IArEJDtGSf3O-wHBNET0yERB8ZX/view.

3.    Vittorio Lingiardi – LA SPERANZA SI PUO’ ANCORA IMMAGINARE – su Robinson, supplemento di Repubblica, 25/07/2020

4.    Zygmunt Bauman – MODERNITÀ LIQUIDA - Laterza, Bari 2002

5.    Rosa Luxemburg - SOCIALISMO O BARBARIE (LA CRISI DELLA SOCIALDEMOCRAZIA) – Red Star Press, Roma 2019

6.    Italo Calvino – SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE – Einaudi, Torino 1979

7.    Fulvio Fagiani – LE STRATEGIE EUROPEE PER CLIMA E OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE – Pubblicato sul numero di marzo 2019 di UTOPIA21 - https://drive.google.com/file/d/1Auht7xf98I9_a4Y8mWSe6ugJ3cxPIm6f/view.

8.    Fulvio Fagiani – IL GREEN DEAL EUROPEO – Pubblicato sul numero di gennaio 2020 di UTOPIA21 - https://drive.google.com/file/d/1w2VagFLdVHCzpHxD0IALYlr3bL5W0GM5/view.



[1] Se poi un giorno scoprissimo che veramente il Covid-19 è un sotto-prodotto (o un criminale voluto esperimento) di laboratori impegnati in guerre batteriologiche/virologiche, per conto di uno Stato o della Spectre, il sospettarlo o denunciarlo anticipatamente, in assenza di alcuna prova (o almeno di seri indizi), non ci avrebbe aiutato né a scoprirlo né a sconfiggerlo: fuori dalla setta complottista, apparirebbe solo uno sterile gridare “Al lupo Al lupo”

[2] O anche il sempiterno tentativo sovranista di scaricare anche la colpa del contagio sui soliti “migranti invasori”, che in realtà, in campo pandemico, sono veramente “gli ultimi arrivati”: una solenne stupidaggine, che tuttavia alle prossime elezioni regionali potremo probabilmente misurare come di grande effetto “popolare”.

[3] Il testo di Lingiardi prosegue lungo un asse “disciplinare” delle scienze psichiche, prospettando l’utilità terapeutica di un ricorso ai miti, cioè “al nostro patrimonio mitopoietico, cioè alla  funzione immaginifica e narrativa che ci caratterizza come umani….Non c’è psicologia del profondo senza apertura al mito..”, richiamando teorie di Freud, Jung e Bion ed esemplificando alcune figure mitologiche a suo parere pertinenti.

Stato gassoso e leggi dei gas - Scienze a scuola www.scienzeascuola.it › ... › Lezioni sui Gas

[4] Il bilancio delle solitudini oggettive è piuttosto complesso, ed i sociologi sapranno dirci di più: paradossalmente il confinamento nelle case ci ha spinti a moltiplicare i nostri rapporti con l’artificio delle comunicazioni telematiche, con più successo per quelle bilaterali e maggior fatica per quelle multilaterali, che solo in parte hanno sopperito alla sospensione di molte attività collettive; nell’insieme ne sono stati colpiti di più i malati (anche non Covid) e gli anziani ricoverati, per le drastiche restrizioni alle visite in ospedale e case di riposo, gli anziani soli, alcune fasce infantili private – con la chiusura delle scuole – di fondamentali canali di socializzazione; mentre per altre nicchie della popolazione il confinamento può anche aver mostrato risvolti positivi, per i singoli nel ritrovare se stessi o attitudini dimenticate, per i nuclei famigliari nello scoprire rapporti affettivi appannati (o viceversa acuire rancori sepolti…).

Ma ciò che più ci interessa, nell’economia di questo articolo, è la condizione soggettiva di solitudine “esistenziale”, messa a nudo dalla Pandemia, anche per chi fisicamente non è solo.

E “Lo stato gassoso è uno stato della materia caratterizzato da grande disordine delle particelle. Energia cinetica: elevata Distanza tra le particelle: elevata Interazioni tra le particelle: debolissime I gas non hanno forma propria né volume proprio. Hanno una bassa viscosità e sono molto comprimibili.”

[6] Sarà probabilmente di aiuto l’annunciata nuova enciclica di Papa Francesco sulla fratellanza.

[7] Vorremmo però segnalare il pericolo che – nel superare la vecchia concezione “ordo-liberale”, che esaltava la concorrenza (e lasciava ipocritamente ai singoli stati le politiche di sostegno alle imprese nei mercati internazionali) – finisca per assumere una veste mercantilista “federale” di imposizione dei “propri” monopoli (più verdi, più sociali, ma sempre monopoli) contro quelli degli altri imperi (U.S.A., Cina, Russia), a spese finali dei popoli del quarto mondo.

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