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giovedì 19 novembre 2020

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2020: SUL DECRETO SEMPLIFICAZIONI

 



Semplificazioni, semplificazioni che complicano, e qualche ulteriore favore ai soliti noti

 

Sommario:

-       appalti: ulteriore rialzo delle soglie per affidamenti senza gara

-       edilizia privata: la contorta strada per ridurre i controlli sugli interventi di demolizione e ricostruzione

 

Tra i vari Decreti-Legge assunti dal Governo (e poi convertiti in Legge dal parlamento) sotto il segno dell’emergenza pandemica, il Decreto ‘Semplificazioni’ (ora legge n° 120 del 11-9-2020)1, a mio avviso merita un commento, anche in relazione agli elementi di continuità/discontinuità rispetto al Decreto ‘Sblocca-Cantieri’ del Governo Conte-1 (a maggioranza Lega+5Stelle).

Mi limito infatti al campo Edilizia/Lavori Pubblici, di mia affezione disciplinare, senza affrontare il complesso insieme del provvedimento, che spazia – mi pare con lodevoli intenti - dai servizi digitali connessi alla Pubblica Amministrazione agli impianti per l’energia rinnovabile (ed altro).

 

 

APPALTI: ULTERIORE RIALZO DELLE SOGLIE PER AFFIDAMENTI SENZA GARA

 

In materia di Appalti Pubblici, la legge 120/2020, oltre ad una serie di snellimenti temporali e procedurali sulle Conferenze di Servizi ed altri provvedimenti volti a prevenire il contenzioso tra Enti ed Imprese, all’art. 1 sostanzialmente innalza da 40.000 € a 150.000 €, per i lavori, ed a 75.000 €, per le forniture ed i servizi (compresi quelli di progettazione), la soglia entro cui è consentito l’affidamento diretto, senza alcuna forma di gara (che nel precedente ‘sblocca-cantieri’ era già limitata al confronto tra 3 o 5 preventivi); mentre oltre i 150.000 € e fino alla soglia “europea” (circa 5.300.000 €) saranno consentite gare  a trattativa privata, ma con un congruo numero di offerte.

 

Mi sembra doveroso perciò ripetere – aggravato dalle suddette elevazioni quantitative - il commento da me espresso su tale aspetto dello ‘sblocca-cantieri’ 2:

“…oltre al contenuto… di maggiore discrezionalità, attribuita formalmente a funzionari responsabili, dispersi in una miriade di Enti …, ma spesso di fatto ai politici locali (quando non direttamente ai Sindaci e Assessori dei piccoli Comuni, che possono assumere ruoli operativi) …, l’estensione degli affidamenti diretti può alimentare una ‘palestra clientelare’, dove a farsi le ossa, accumulando curricula e fatturati da esibire poi nelle gare ‘sopra-soglia’, sono principalmente le imprese degli ‘amici degli assessori’, a danno dei concorrenti sprovvisti delle opportune amicizie.”

 

La negatività di questa scelta – che mi spiace sia sostenuta da un Governo meno peggiore del precedente – è rafforzata dalla conferma implicita delle altre manomissioni al Codice degli Appalti, disposte dallo ‘sblocca-cantieri” come norme provvisorie, per lo più relative al biennio 2020-2021 [1], che vanno così a combinarsi con lo sbragamento sulle soglie per le gare, proiettandone le ombre su gran parte degli appalti che saranno resi possibili, nel 2021, dagli attesi fondi europei del cosiddetto Recovery Fund.

Anche se in proposito, il testo governativo delle Linee Guida per il Recovery Fund (che commento in altro articolo di questo numero di Utopia21) promette un nuovo “regolamento unico”, dai contorni ancora imprecisati: non si può capire se vi sia la effettiva volontà di pervenire ad una ri-stesura organica della disciplina degli Appalti, dopo una così intensa de-costruzione.

 

 

EDILIZIA PRIVATA: LA CONTORTA STRADA PER RIDURRE I CONTROLLI SUGLI INTERVENTI DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE

 

Per quanto riguarda l’Edilizia Privata il decreto ‘sblocca-cantieri’ del 2019 si era limitato a consentire – nell’ambito della ‘ristrutturazione edilizia’ – anche la demolizione e ricostruzione con il rispetto delle sole distanze (dai confini e dai fabbricati) ‘legittimamente preesistenti’ (al momento della originaria costruzione), senza adeguamento alle norme sopravvenute riguardo alle distanze stesse.

Ora l’articolo 10 del decreto ‘semplificazioni’1 (oltre a facilitazioni minori, come le modifiche di facciata incluse nella ‘manutenzione straordinaria’ e all’estensione da 90 a 180 giorni della posa di manufatti provvisori inclusi nella ‘edilizia libera’ – cioè senza bisogno di autorizzazioni -) ritorna sull’argomento delle demolizioni e ricostruzioni, inserendole con fatica e parzialmente nella stiracchiatissima categoria della ‘ristrutturazione edilizia’:

-       includendo anche contestuali ampliamenti in altezza (ma non nei ‘centri storici’, dove tale facoltà è ammessa solo con Piani Attuativi) [2]

-       Includendo “gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche" (esclusi anche qui i centri storici).

 

Richiamando l’originaria e limpida dottrina della legge 457 del 1978 sul recupero edilizio ed urbanistico (in quel contrastato decennio dei ’70, di conflitti e riforme, quando era all’apogeo la ‘centralità del Parlamento’ e le leggi – anche sbagliate, come a mio avviso quella dell’’equo canone’ per gli affitti – venivano mediamente scritte piuttosto bene), gli interventi sul tessuto edilizio esistente erano classificati con una ragionevole gradualità come segue:

-       Manutenzione ordinaria

-       Manutenzione straordinaria

-       Restauro e risanamento conservativo (sdoppiato da qualche Regione)

-       Ristrutturazione edilizia (anch’essa sdoppiata in leggera o pesante in qualche Regione)

-       Ristrutturazione urbanistica.

Rimaneva equiparata a ‘nuova costruzione’ la sostituzione edilizia sul singolo lotto, tramite demolizione e ricostruzione (mal vista dalla cultura dell’epoca; ora invece è tornato maggiormente in voga il piccone demolitore).

 

La smania di assimilare la sostituzione edilizia alla ristrutturazione cresce dopo che i colpi di mano berlusconiani per il silenzio-assenso in materia edilizia degli anni ’90 erano stati risistemati e riassorbiti nel Decreto Presidenziale n° 380 del 2001, “Testo unico… in materia edilizia” 3, che – con successivi pesanti modifiche – ripartisce gli interventi edilizi in distinti canali procedurali (distribuzione in parte modificabile dalle Regioni), ovvero:

-       l’attività edilizia “libera”

-       la comunicazione di inizio lavori ‘asseverata’ (da un tecnico abilitato), C.I.L.A.

-       la segnalazione certificata di inizio attività, S.C.I.A.

-       e (finalmente) il permesso di costruire rilasciato dal Comune (entro tempi certi, definiti dalla legge stessa), P.D.C..

Anche se gli interventi tramite C.I.L.A. e S.C.I.A. sono comunque assoggettati alle medesime normative di merito, rispetto alla procedura con P.D.C., ed alla emanazione degli eventuali pareri di altre autorità, sotto la responsabilità dei tecnici progettisti, pare che il Legislatore sia molto affezionato, dal 2001 ad oggi, a forzare la mano verso l’alto, restringendo il campo del Permesso di Costruire, in favore delle suddette procedure autocertificate: ciò può essere letto benevolmente (ridurre i tempi, responsabilizzare i privati, concentrare l’attenzione degli uffici comunali sui controlli delle auto-certificazioni), oppure un po’ meno benevolmente (ridurre i controlli preliminari degli uffici comunali, confidando nel contempo che i controlli ex-post non siano così frequenti né efficaci, anche per i contestuali tagli agli organici di molti comuni…).

 

A mio avviso, sarebbe stato più onesto, ma soprattutto più chiaro, e quindi meno foriero di incertezze e contenziosi interpretativi, se il Legislatore (chiamando le cose con il loro nome, ovvero ristrutturazione un intervento che trasforma senza demolire, e sostituzione un intervento che demolisce/riscostruisce, con la possibile categoria intermedia della ‘ricostruzione fedele’) avesse avuto il coraggio di proclamare che – in nome del risparmio nel consumo di suolo e dei benefici congiunturali – anche le ricostruzioni sono conseguibili con S.C.I.A. (anziché Permesso di Costruire), escludendone nettamente i centri storici e le aree vincolate per il paesaggio ed altro.

 

E magari unificando C.I.L.A. e S.C.I.A. in una unica procedura, rendendo però cogenti i controlli comunali “ex-post”, anche sulle autocertificazioni finali per l’abitabilità: ad esempio mediante sorteggio, con quantità di controlli annuali predefinite, sia sulla documentazione, sia sui cantieri.

 

Così invece la normativa risulta molto pasticciata, perché quanto concesso modificando gli articoli 2/bis e 3 del D.P.R. n° 380 del 2001 (come sopra da me riassunto), viene poi in parte limitato dalle modifiche all’art. 10, relativo ai Permessi di Costruire, perché qui si precisa che restano assoggettati a PDC gli interventi di ristrutturazione iper-pesanti (cioè che mutano “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”), qualora comportino anche incremento volumetrico, mentre per gli immobili in aree vincolate l’obbligo di PDC viene esteso dalle sole modifiche di sagoma anche a quelle relative a volume e prospetti.

 

Non credo che sia questo il modo migliore per avviare la auspicata “rigenerazione urbana”.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1.    Testo della Legge n° 120 del 2020 - https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/07/16/178/so/24/sg/pdf

2.    Aldo Vecchi - INDOVINA CHI VERRA’ AVVANTAGGIATO DAL DECRETO “SBLOCCA-CANTIERI” – su UTOPIA21, luglio 2019

3.    Testo del Decreto del Presidente delle Repubblica n° 380 del 2001 -

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2001/11/15/01A12340/sg



[1] “- il ritorno all’appalto diretto da parte di piccoli comuni ed altri enti, in precedenza obbligati a ricorrere a stazioni appaltanti più qualificate,

- il rinvio/soppressione dell’albo dei commissari di gara,

- il riemergere dell’ “appalto integrato”, in cui la gara viene fatta su un sommario “progetto definitivo”,

- la gara al minor prezzo

- i subappalti al 40%, senza previa comunicazione dei nominativi in sede di offerta per la gara.”

[2] Tale cautela verso i centri storici, introdotta per emendamento della maggioranza parlamentare, ha sollevato gli strali del giornalista, già ‘anti-casta’, Sergio Rizzo, che vi legge un ritorno alla burocrazia contro i giusti snellimenti in favore dei privati (recente articolo su “la Repubblica”).

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