Caro
Giancarlo,
ho
ricevuto con piacere ed ho letto con attenzione il Tuo saggio storico,
Giancarlo Consonni Il ’68 di Milano-Architettura. Tutti i giorni per oltre un decennio in Aa. VV., Le istituzioni universitarie e il Sessantotto, a cura di Alessandro Breccia, Clueb, Bologna 2013, pp. 95-106.
che mi sembra rappresenti bene l’insieme della vicenda da prima del 63 al 68.
Giancarlo Consonni Il ’68 di Milano-Architettura. Tutti i giorni per oltre un decennio in Aa. VV., Le istituzioni universitarie e il Sessantotto, a cura di Alessandro Breccia, Clueb, Bologna 2013, pp. 95-106.
che mi sembra rappresenti bene l’insieme della vicenda da prima del 63 al 68.
Mi
permetto di segnalarTi (e di estendere ad alcuni altri reduci di quegli anni,
con il Tuo testo) qualche appunto sul versante “studenti e politica”:
-
nella
nota 13 a
pag. 4 , parlando dell’occupazione del 1967, enunci come “rapido” lo
svuotamento delle associazioni tradizionali (UGI-AGI-Intesa): in realtà,
entrando in facoltà nell’autunno del ’67, le ho ritrovate ancora abbastanza
identificate, seppur unitarie, e ne collocherei l’effettivo svuotamento solo a
’68 ben inoltrato;
-
a
proposito di ’68, non concordo con la Tua interpretazione delle linee di
fratture nel movimento degli studenti secondo criteri generazionali (pag. 6):
in quella fase (rammento in proposito un intervento assembleare di Cristoforo
Bono sulle 2 “weltanschauung”) c’erano giovani e anziani sia tra i “riformisti”
(linea Di Maio), sia tra i “rivoluzionari” (Origoni, Bozzolati, Bonfanti, ecc.)
o
ad
esempio, con i moderati stavo allora anch’io, come molte “matricole”, anche
perché un po’ frastornati da troppe Weltanschauung (e meno preparati di Cris
Bono in materia):
o
tra
i “massimalisti” c’era anche Silvano Bassetti – anche se per lo più agiva a Roma,
ancora per l’Intesa - e non era
certamente l’unico tra gli iscritti del 4°e 5° anno, ed anche tra gli assistenti
od aspiranti tali (i futuri “docenti subalterni”)
la divisione maturava – come
anche tu rilevi - nella priorità da assegnare o meno ad un discorso più
specifico e disciplinare rispetto ad istanze politiche più generali; e ritengo
che la progressiva radicalizzazione del movimento sia derivata soprattutto
dalla risposta repressiva delle istituzioni, sia accademiche (linea Finzi/Gui)
che politico-poliziesche (da largo Gemelli a Valle Giulia), culminata poi per la
nostra facoltà con l’annullamento della sessione di esami “sperimentali” e la
destituzione di De Carli;
anche se nella politica
studentesca era fisiologico un continuo ricambio per classi di età, non ricordo
nessuna spinta alla “rottamazione” (per usare un concetto di oggi), nemmeno
verso i professori, salvo che ricadessero variamente nella categoria dei “reazionari”;
-
sempre
a pag. 6, Tu introduci il soggetto “Autonomia operaia” appena dopo il ’68,
mentre a mio avviso tale forma politica affiora solo dopo il 1972-73, come
frazione o scivolamento di alcuni gruppi operaisti in precedenza raccolti in Lotta
Continua e Potere Operaio; né è testimonianza anche il nome “Collettivo
Autonomo” del gruppuscolo cui aderii nel 1971, la cui autonomia era
inizialmente solo “autonomia dal Movimento Studentesco della Statale”;
-
riguardo
all’ala “estremista”, che (a pag. 7) Tu leggi come interessata in prevalenza al
reclutamento di militanti per finalità esterne all’università, ciò mi sembra
vero solo per il periodo autunno 69 – autunno ’70, perché la specifica storia
sia del “Movimento Studentesco” (quello, con le maiuscole, della Statale e di
Origoni, e quindi di parte dell’ala estremista del 68-69) sia del Collettivo
Autonomo (e poi della riorganizzazione di Lotta Continua all’interno degli
atenei, a partire dal convegno di Pavia, mi pare nella primavera del 1972 –
chiedere a Guido Crainz, che ora è storico di professione -), è una storia di
contrapposizioni (forse anche sterili), ma interne al corpo vivo della
componente studentesca, ed anche – in qualche misura – al dibattito disciplinare,
da cui pure arrivammo a proclamare una “estraneità cosciente” (su questo tema più complesso mi riservo di
ritornare quando proseguirò con la mia privata ricostruzione autobiografica,
che per ora è arrivata solo all’inizio del Liceo).
Cordialissimi
saluti.
Aldo
RISPOSTA PERVENUTA TRAMITE E-MAIL
RispondiEliminaCaro Aldo,
grazie delle precisazioni, alcune delle quali mettono meglio a fuoco vicende successive al '68.
Il mio intento era quello di mettere in luce l'apporto specifico del movimento studentesco di Milano-Architettura prima del '68: la sua lucida capacità di analisi e di proposta. Una specificità, questa, che viene solitamente dimenticata alla luce degli avvenimenti successivi (dove sulla restituzione puntuale delle vicende storiche prevale la stigmatizzazione degli errori e degli eccessi, che certamente ci sono stati).
Non condivido però il fatto che le responsabilità di errori ed eccessi sia tutta da attribuire alla controparte: c'è stata una corsa delle varie componenti a rappresentarsi come "la più rivoluzionaria" che ha fatto perdere di vista le questioni reali.
Ciononostante lo spirito "alla De Carli" ha consentito alla facoltà di Architettura di Milano di fare un pezzo di strada che ha dato risultati apprezzabili (un'esperienza che ora più che mai è sottoposta a un attacco durissimo).
Un caro saluto
Giancarlo