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mercoledì 25 marzo 2020

UTOPIA21 - MARZO 2020: L’APPELLO PER LA COSTITUENTE DELLA TERRA



L’appello “Perché la storia continui” propone un percorso di formazione organizzato per far crescere il pensiero di “una costituzione dei popoli della Terra”; e forse un conseguente Partito; pur apprezzandone i temi, esprimo le mie perplessità sulla proposta.

Riassunto:
-       Riepilogo dell’Appello: analisi, riferimenti, proposte
-       Commento: (linguaggio), diritto e soggetti sociali, pluralità e sintesi partitica

Il 27 dicembre 2019, in concomitanza con il 70° anniversario della promulgazione della Costituzione della Repubblica Italiana, è stato pubblicato su “Il Manifesto” un importante “Appello  Perché la storia continui,  per una Costituzione della Terra” 1, promosso tra gli altri da Raniero La Valle, Luigi Ferrajoli, Valerio Onida, Paolo Maddalena, Mariarosaria Guglielmi, Riccardo Petrella e dal vescovo Raffaele Nogaro (in maggioranza giuristi).

Il testo, estratto da un più ampio documento (che non mi risulta di facile reperibilità), è rapidamente leggibile al link https://ilmanifesto.it/perche-la-storia-continui-proposta-per-una-costituzione-della-terra/  e,  partendo da una rapida analisi
-       dei disagi di vasti popoli rispetto alle terre, inabitabili od inarrivabili,
-       dei disastri ambientali in atto ed in divenire,
-       dell’incompiutezza delle legislazioni costituzionali e soprattutto del diritto internazionale (la dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 e gli altri connessi documenti sanciti in ambito ONU e dintorni restano mere petizioni di principio),
-       della labilità dei partiti politici sopravviventi, screditati in proprio e marginalizzati dai poteri finanziari e mediatici,
propone in sintesi:
-       lo sviluppo di un pensiero politico e giuridico, in rapporto dialettico con i movimenti di lotta, che sia adeguato ad affrontare le problematiche globali ed orientato ad una concezione universale dei diritti e del diritto (la “Costituzione dei Popoli della terra”);
-       la organizzazione di un sapere diffuso, sia come materiale fondazione di “scuole” (di vario taglio e formato, anche tramite una raccolta di fondi), sia come interconnessione di esperienze formative “in rete”; formazione di cui l’appello indica già un elenco di 11 temi (molto vicini a quelli trattati da “Utopia21” e dal Festival dell’Utopia di Varese);
-       l’aspirazione, ancora incerta e contradditoria,  alla costruzione di un “Partito della terra”, per perseguire in modo organizzato gli obiettivi di pace, cooperazione, risanamento ambientale.

L’Appello assume come riferimenti:
-       governanti illuminati del passato, con espressione simbolica nella dichiarazione pacifista ed antinucleare di New Dehli 1986 tra Gorbaciov e Rajiv Gandhi;
-       autorità religiose convergenti di oggi, ben rappresentate dal recente convegno interconfessionale di Abu Dhabi tra cristiani, mussulmani ed ebrei;
-       movimenti di massa, come i giovani del Friday For Future (e forse le “Sardine”).


Leggendolo ho apprezzato in particolare alcuni passaggi, come questo, sul versante interreligioso:
«Dio non ha bisogno di essere difeso da nessuno»  hanno detto ad Abu Dhabi  non vuole essere causa di terrore per nessuno, mentre lo stesso «pluralismo e le diversità di religione sono una sapiente volontà divina con cui Dio ha creato gli esseri umani»; non c’è più un Dio geloso e la Terra stessa non è una sfera, ma un poliedro di differenze armoniose.
E quest’altro, sul versante “scuola di pace”:
ogni casa dovrebbe diventare una scuola e ognuno in essa sarebbe docente e discente. Il suo fine potrebbe perfino spingersi oltre il traguardo indicato dai profeti che volevano cambiare le lance in falci e le spade in aratri e si aspettavano che i popoli non avrebbero più imparato l’arte della guerra. Ciò voleva dire che la guerra non era in natura: per farla, bisognava prima impararla. Senonché noi l’abbiamo imparata così bene che per prima cosa dovremmo disimpararla, e a questo la scuola dovrebbe addestrarci, a disimparare l’arte della guerra, per imparare invece l’arte di custodire il mondo e fare la pace.

Ma in altri passi, e nell’insieme, ho l’impressione che il linguaggio raffinato e le immagini poetiche finiscano per nascondere le criticità dei contenuti dell’Appello, che per parte mia avrei così individuato:
-       una sopravvalutazione del … “costituzionalismo statuale, che ha dato una regola al potere, ha garantito i diritti, affermato l’eguaglianza e assicurato la vita degli Stati” , mentre a mio avviso tali risultati sono ancora soltanto tendenziali (e non consolidati), e sono frutto non solo di un sistema giuridico, ma di un contestuale sistema politico e sociale[A];
-       la conseguente sopravvalutazione degli aspetti giuridici nell’auspicata costruzione di un sistema universale di cooperazione pacifica ed ambientalista  (“non sono mai state introdotte le norme di attuazione di queste Carte, cioè le garanzie internazionali dei diritti proclamati”);  invece secondo me occorre in parallelo costruire concrete “politiche” sociali ed ambientali (ad esempio sulle migrazioni), realisticamente prima alla scala continentale (con l’Europa come possibile esempio positivo per gli altri ambiti continentali) che non a quella globale;
-       una ambiguità ecumenica nella individuazione dei soggetti attivi delle trasformazioni in progetto:  il popolo della Terra, … l’unità umana…; una Costituente della Terra, prima ideale e poi anche reale, di cui tutte le persone del pianeta siano i Padri e le Madri costituenti. Mi parrebbe necessaria invece una attenta analisi su quali siano le componenti sociali effettivamente coinvolgibili quali attori dei “poliedrici” movimenti, possibili e necessari (e specificamente chi nei paesi ricchi e chi nei paesi poveri, con quale linguaggio e obiettivi tattici in comune), nella consapevolezza che l’ideale cosmopolita della salvezza della biosfera incontra già ora poderose resistenze, che hanno anche consistenti “basi sociali” (basti guardare ai sovranisti, nostrani ed esteri, nonché ai variegati sostenitori del “tecno-capitalismo”);
-       una incertezza od oscillazione sull’argomento del futuro Partito della Terra (che forse tradisce divergenze tra gli estensori dell’Appello), che in talune parti del testo sembra coincidere con l’immediata azione delle Scuole (in effetti il comitato promotore si è denominato progettopartitodellaterra),  ed in altre profilarsi in un orizzonte più remoto: come ai miei occhi appare ineluttabile, perché le analisi finora esplicitate dai promotori dell’Appello mi sembrano troppo esili per proporre una visione partitica della totalità  (soprattutto nella superficialissima critica alla declinante storia dei partiti esistenti)[B] e le attività pratiche dei promotori risultano ancora tutte da costruire (né l’eco e l’adesione all’Appello appaiono travolgenti, tanto meno su scala internazionale).

In conclusione, in questo difficile avvio di una difficile fase di transizione, mi sembra molto interessante l’impegno per sviluppare un costituzionalismo universalista, una “Internazionale del diritto e dei diritti”.
E ben venga nell’ambito, già affollato, in una pluralità di scuole, di ricerche, di aggregazioni.
Penso – già solo per l’Italia - al Forum delle Disuguaglianze-Diversità, all’ASVIS, agli amici di Laudato Sì (anch’essi “Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”), a Salviamo-il-Paesaggio, a LegaAmbiente: la pluralità mi sembra in questa fase necessaria, sia per la “poliedricità” della società contemporanea, sia per la frammentazione dello stesso sapere scientifico, sia infine per la necessaria indeterminatezza – per ora – dell’alternativa allo “stato delle cose presenti”.
(Ne scrivo in questo numero di UTOPIA21, sia nell’Editoriale, sia nella recensione su “Utopia” di Roberto Mordacci).

Sarebbe però una vera tragedia se ognuno di questi si proponesse di diventare un Partito.
Potrei proporre al mio direttore, Fulvio Fagiani, di candidare anche “Utopia21”, così scinderemmo immediatamente il nostro piccolo sito in un paio di correnti…

Ci sarà un tempo per la sintesi partitica (anche se io ho superato i settant’anni e forse non farò in tempo ad iscrivermi al partito giusto, con tutti i popoli della terra).



Fonti:
1.    APPELLO “PERCHE’ LA STORIA CONTINUI” – su “il Manifesto” del 27-12-2019 https://ilmanifesto.it/perche-la-storia-continui-proposta-per-una-costituzione-della-terra/
2.    Marco Revelli - FINALE DI PARTITO – Einaudi, Torino 2013
3.    Aldo Vecchi – FINALE DI PARTITO, SECONDO MARCO REVELLI -  https://aldomarcovecchi.blogspot.com/2013/07/finale-di-partito-secondo-marco-revelli.html
4.    Aldo Vecchi - DEMOCRAZIE, POPULISMI, UTOPIE -  su UTOPIA21 del novembre 2018 - https://drive.google.com/file/d/17frHnO85GX3GKyp3WaGOzNSUHiu4T1r7/view.
5.    Fulvio Fagiani - CONVERSAZIONE-INTERVISTA CON FERRUCCIO CAPELLI, DIRETTORE DELLA CASA DELLA CULTURA DI MILANO - su UTOPIA21 del maggio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1_aaUMDL_zGS48uIm4BY-ZMHHkBcAjSeM/view.
6.    Fulvio Fagiani - CAPIRE IL POPULISMO. UNA RASSEGNA COMMENTATA DI RIFLESSIONI - su UTOPIA21 del luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/13WCHC1h6PENskpE6Bmf8yEhhAPVeAjTg/view.


[A] tant’è che la Gran Bretagna, patria del costituzionalismo non ha una costituzione, mentre talune dittature si sono ammantate di ammalianti testi costituzionali, ovviamente del tutto inapplicati
[B] Oltre ad una necessaria analisi generale sulla forma-partito nell’attuale fase di difficoltà della democrazia (mi sembra fondamentale in tal senso il libro di Marco Revelli “Finale di partito”2,3), e sui fenomeni populisti4,5,6  , occorrerebbe cimentarsi in una riflessione storica e politica sul declino non-lineare della socialdemocrazia in Europa, sulle peculiarità dei vari partiti “Verdi” e sui difficili tentativi di costruire alternative di sinistra (non nostalgiche del socialismo reale), che hanno dato qualche risultato in Spagna Portogallo Grecia Germania, poco altrove, ed una sorta di ‘deserto salato’ in Italia, tra Bertinotti e Ingroia.

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