Dopo il referendum ed il
conseguente sviluppo di commenti, non mi è così chiaro cosa desidera
l’elettorato; certamente mostra disagio, non ha approvato la riforma Boschi e
non apprezza più di tanto l’operato governativo di Renzi: orientamenti ancor
più prevalenti tra i giovani ed al Sud.
Non mi sembra invece che se ne
possa dedurre che tale elettorato sia pronto a farsi governare dalle singole
frazioni politiche che hanno sorretto la campagna per il NO, perché i sondaggi
collaterali agli exit-poll (misurati quindi su campioni più significativi di
quelli formati con gli elenchi telefonici) e le diligenti analisi dei flussi
compilate dagli specialisti mostrano tuttora una significativa polarizzazione
alternativa tra gli avversari del PD, divisi tra centro-destra e M5Stelle, con
frange minoritarie disperse a sinistra.
Decisamente quindi non si
prospetta, a breve ed a medio termine, una qualche egemonia da parte di
Zagrebelski-Smuraglia-Rodotà, né di Fratoianni-D’Alema-Bersani e neppure di
Camusso-Landini-Cofferati; né tanto meno una miglior riforma costituzionale,
ben scritta da Valerio Onida o Gianfranco Pasquino, con la congiunta consulenza
di D’Alema e Quagliariello, Gasparri e Toninelli.
Poiché è ancora imperscrutabile
la legge elettorale con cui si formeranno Camera e Senato, dopo il governo
Gentiloni, è difficile anche capire se il 40% che ha votato SI (una apparente
maggioranza relativa: qualcosa di più del “ridotto dei Parioli”, ma
drammaticamente comprendente solo il 20% dei giovani) possa costituire una base
politicamente significativa per una rivincita dello schieramento centrale finora
guidato da Renzi, e che – a spanne – pare composto da 3 segmenti non troppo
omogenei: una componente più identificata con il PD e/o con Renzi; una fascia
di centro-destra, in parte rappresentata dai partitini di Alfano&C. ed in
parte in libera uscita da ForzaItalia e dintorni, ed una fascia di
centro-sinistra, piuttosto critica verso il Renzismo ma non fino a giungere
all’auto-lesionismo (che ora Pisapia ed altri si sforzano di interpretare).
Renzi (e Boschi) avevano
annunciato dimissioni e abbandono della politica, ma hanno ripiegato su
semi-dimissioni, mentre gli argomenti
addotti mi sembrano validi per un più radicale passo indietro: se al governo
hanno fallito, al partito anche di più; invece Boschi resta al Governo e Renzi per
ora resta al Partito, con propositi di riscossa tramite un percorso (ancora non
definito nei dettagli) di congresso-PD/primarie/elezioni, cercando di intestare
al proprio gruppo dirigente il suddetto malloppo del 40%, senza manifestare
fino ad oggi alcuna auto-critica sui contenuti sociali della propria linea
politica (salvo l’immotivato licenziamento della ministra Giannini).
Il punto di forza del renzismo,
al di là del rivendicare le cose fatte ed il piglio mostrato (nel bene e nel
male) facendole, il che difficilmente inciderà fuori dal recinto del SI, pare
essere ancora una volta (come già alle primarie del 2013 ed alle successive
elezioni europee) il timore degli elettori benpensanti verso le raccapriccianti
alternative esterne (governo Salvini-Meloni-Brunetta, ad esempio, oppure
DiMaio-Muraro-Taverna) e la probabile assenza di credibili alternative interne
all’area di centro o centro-sinistra.
Non certo Speranza, che con altri
bersaniani ha votato NO al referendum dopo aver votato SI in Parlamento, più
volte, alla stessa riforma, per inseguire elettori che già erano orientati
verso il NO (oppure già allontanati dal PD) e quindi non credo riscuota fiducia
presso i numerosi militanti ed elettori comunque affezionati all’unità del
partito.
Se altri protagonisti
emergeranno, consentendo alla base congressuale e primariale del PD di
“rottamare il rottamatore” (o meglio mancato rottamatore: vedi Paita e De Luca),
si potrebbe più facilmente ricucire un’area di centro-sinistra, e riaprire un serio confronto sulle difficili
prospettive del riformismo nel mondo odierno (personalmente lo gradirei): non è
affatto detto però che un simile riassetto progressista del PD e dintorni sia
in grado di conservare le poche ma elettoralmente utili simpatie guadagnate al
centro dal renzismo.
Scusate il pessimismo: gli auguri
di buone feste li ho comunque espressi con separato messaggio.