lunedì 21 novembre 2022

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2022: RILANCIARE LE POLITICHE PUBBLICHE PER L’ABITARE?

 RILANCIARE LE POLITICHE PUBBLICHE

PER L’ABITARE?

Un riepilogo e qualche annotazione sulla recente iniziativa del Forum Disuguaglianze e Diversità, affiancato da altri numerosi soggetti, in favore del diritto alla casa ed alla città

 

Sommario:

-       premessa: mentre governa la Destra

-       l’analisi del Forum&C

-       le proposte del Forum&C

Appendice: DIRITTO ALLA CASA E  FISCO:

-      Welfare e diritto alla casa come “minimo vitale”  

-      Fiscalità immobiliare ed incentivi

 

PREMESSA: MENTRE GOVERNA LA DESTRA

 

Ho intitolato l’articolo con la stessa intestazione del documento1 posto alla base dell’omonimo convegno2 in data 14 luglio 2022, ma aggiungendo un punto interrogativo, perché ho l’impressione che l’atteggiamento rivendicativo ed operativo dei promotori vada ricalibrato in relazione all’esito del confronto elettorale: se il tema sociale dei bisogni abitativi era blandamente presente nei programmi del variegato arco di centro e sinistra, nel programma della coalizione della destra vincente la casa compare in termini sporadici comunque radicalmente opposti a quelli sviluppati dal Forum&C (sgomberi tempestivi e mutui per la prima casa[A]). Non so se l’oggettività dei problemi, unita alla perseveranza pedagogica dei saggi (come ipotizza in contesto ambientale l’ASviS ), potranno portare a qualche diverso risultato, ma mi sembra difficile in assenza di un ciclo di mobilitazioni, di cui al momento non vedo alcuna avvisaglia (e che devono scontare lo svantaggio sociale della condizione minoritaria degli inquilini rispetto ai “proprietari di casa”, anche tra i lavoratori dipendenti, nonché la frammentazione sociale dei diversi bisogni abitativi ed energetici, che talvolta colpiscono anche la fasce più povere dei “proprietari”).

 

Tali mie perplessità sulla involontaria intempestività delle proposte avanzate dal Forum DD, unitamente alla Caritas, a Legambiente, a Libera (ed altri organismi del 3° settore) alla triplice sindacale ed alle parallele associazioni degli inquilini e con il supporto di 6 sedi universitarie, non toglie validità ai contenuti, sia nella parte analitica, sia nella parte rivendicativa.

 

 

LE ANALISI DEL FORUM&C

 

Il succinto documento, ed ancor più gli articolati interventi al convegno (ospitato dal CNEL, presieduto dal prof. Treu), partono dalla costatazione della grave incidenza specifica della povertà abitativa sui fenomeni più generali della povertà e dell’impoverimento in atto tra gli strati deboli della società italiana: mentre il 18% delle famiglie vive in affitto, tale percentuale supera il 40% per le famiglie povere, per le quali le pigioni pesano mediamente per il 40% del reddito familiare; le domande di case popolari inevase ammontano a 650.000, e ne vengono accolte ogni anno in media 25.000, che è anche il numero medio degli sfratti eseguiti, e le persone senza una fissa dimora superano le 50.000 unità.

In questo contesto complessivo, i bisogni risultano assai differenziati, per situazioni familiari e occupazionali, per aggregazione geografica ed etnica, e per intreccio con altre carenze, di salute, istruzione e cultura.

La pesante situazione non è seriamente fronteggiata dalle politiche pubbliche, che dagli anni ’90 hanno abbandonato la programmazione di consistenti investimenti di costruzione di alloggi popolari ed hanno trascurato anche la manutenzione del patrimonio esistente (pari al 4% del totale delle abitazioni, contro il 15% di Francia e Gran Bretagna, ad esempio), sbocconcellandolo altresì con svendite parcellizzate, mentre gli affitti delle locazioni del patrimonio privato lievitano seguendo il mercato immobiliare, ben al di sopra della media degli incrementi salariali: il che determina criticità in fasce crescenti di famiglie con reddito fisso (ma superiore alle soglie per il teorico diritto ad un alloggio popolare).

Tale tendenza all’aumento degli affitti non è di fatto contrastata, ma agevolata, dal regime fiscale in vigore, che – pur premiando con una aliquota fissa ridotta i (pochi) contratti a “canone calmierato” nelle aree metropolitane e nei comuni “ad alta tensione abitativa” – favorisce comunque tutti i contratti a canone libero con la cedolare (ovvero “flat tax”) al 23% (che sottrae così i proventi delle locazioni dalla progressività delle imposte sul reddito).

Anche i limitati fondi statali per il sostegno agli affitti (e per la morosità incolpevole) non mutano il quadro complessivo ed anzi finiscono per finanziare la rendita immobiliare.

Nell’assenza di un quadro programmatorio di investimenti risultano scoordinati i residui interventi delle singole Regioni (su cui attualmente ricade la competenza in materia di edilizia residenziale pubblica) nonché i progetti di “social housing” promossi (soprattutto al Nord) dalle fondazioni bancarie, con risultati talora ambigui nella contraddizione tra socialità e redditività.

Una parziale inversione di tendenza è costituita dal PNRR e dal connesso Fondo complementare, le cui dimensioni sono però insufficienti se i programmi rimarranno privi di continuità; tuttavia del PNRR è a mio avviso da apprezzare l’attenzione specifica per le categorie dei senza casa, dei braccianti vittime del caporalato e degli studenti universitari.

 

LE PROPOSTE DEL FORUM&C

 

A fronte di questa analisi (che ho brevemente riassunto e che in buona parte corrisponde a quanto da me esposto in precedenti articoli 3,4,5,6) il Forum&C avanza un articolato pacchetto di proposte, finalizzate ad affrontare i bisogni complessivi delle persone (non solo casa, ma anche lavoro, servizi, cultura, ambiente) e imperniate su una nuova centralità dell’intervento pubblico e sul valore di “bene comune” dell’edilizia residenziale “popolare”:

-       Reimpostare le “filiere istituzionali” (con personale adeguato) integrando in una “cabina di regia nazionale” le competenze disperse tra Ministeri ed Agenzie e coordinando gli attori locali pubblici (Regioni, Comuni, ex-IACP) e gli altri soggetti (fondazioni bancarie, terzo settore, università, sindacati, comitati civici), il tutto attorno ad una “missione” che comprenda investimenti e gestione:

o   dell’edilizia pubblica residenziale (con le varie specificazioni, es. studentati) e di connessi servizi (inclusi spazi per co-working)

o   del “social housing”

o   dei sostegni agli affitti

o   della graduazione degli sfratti,

a partire da un grande sforzo conoscitivo (osservatorio nazionale e rete locale) sia sulla domanda (espressa ed inespressa) sia sul patrimonio già disponibile e sul potenziale patrimonio derivante da immobili dismessi o sottoutilizzati, pubblici e privati

-       Finanziare un programma di investimenti per 500.000 alloggi in 10 anni, con un impegno di spesa prossimo al 2% annuo del PIL, indirizzandolo al recupero di immobili pubblici e privati, in un contesto di rigenerazione urbana ed ambientale, previa revisione del quadro normativo, nazionale e regionale;

-       Sostenere nel contempo modalità di compartecipazione di soggetti privati quali le suddette fondazioni bancarie (ma assoggettando il social housing ad un controllo pubblico sulle assegnazioni e sulla contrattazione dei canoni), le proprietà immobiliari disponibili ad affidarne la gestione ad apposite Agenzie Locali per la Casa, ed infine gli stessi assegnatari, per le possibili forme di auto-recupero di singoli alloggi o di piccoli complessi, in cooperativa;

-       Riordinare le politiche fiscali e di agevolazioni relative agli affitti, togliendo il beneficio della “cedolare secca” sui contratti a canone libero e concentrando le risorse invece sul “canone concordato”, rafforzandone le procedure di contrattazione; integrare il Fondo Sostegno Affitti con il Reddito di Cittadinanza; esentare gli ex-IACP dal (assurdo!) pagamento dell’IMU.

 

Il documento, ed ancor più gli interventi al Convegno cui rimando, sviluppano altri dettagli rispetto a questo mio riepilogo; mi ha colpito rilevare, ad esempio, quanto i contributi della Caritas non riguardassero solo una profonda conoscenza della peculiarità dei bisogni che si intrecciano tra le persone colpite in varia misura dalla “povertà abitativa”, ma anche i dettagli delle proposte di “ingegnera istituzionale” concordate tra i Promotori del documento; oppure la pertinenza delle osservazioni da parte di Legambiente sulla sovrapposizone tra povertà abitativa e povertà energetica (e pertanto sui limiti di politiche governative quali gli incentivi “110%”, che – tra l’altro – escludono buona parte delle vecchie case popolari del Sud in quanto prive di impianti di riscaldamento); rilevo infine che la componente universitaria del convegno ha apportato soprattutto contributi sulla connessione tra edilizia pubblica residenziale e rigenerazione urbana, tema su cui non torno perché ampliamente da me trattato 5 riferendo delle riflessioni accademiche (e non solo accademiche) nei convegni di UrbanPromo, sulle riviste dell’INU e negli incontri e recensioni di CittàBeneComune.

 

A margine delle proposte del Forum&C, mi permetterei di osservare che le rivendicazioni riguardo alla fiscalità immobiliare mancano di un approccio organico quale quello che ho più volte auspicato, impostato sul concetto di standard minimo abitativo e che unifica proprietà ed affitto, come nel mio testo del 2015 7 che riproduco in appendice.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

 

APPENDICE: DIRITTO ALLA CASA E FISCO

 

Welfare e diritto alla casa come “minimo vitale”       

 

Dopo la fine dei contributi Gescal (a metà degli anni ’90) e anche grazie all’alta percentuale di famiglie pervenute alla proprietà dell’abitazione (circa 80%), gli interventi pubblici per la casa si sono ridotti ad entità irrisorie, lasciando così crescere numerosi e differenziati fronti di fabbisogno e malessere abitativo: giovani coppie precarie, single, immigrati e fuori sede, nuove povertà (divorziati, lavoratori “esodati”, inquilini morosi o sfrattati e mutuatari in difficoltà).

Benché i problemi dell’abitare non vadano disgiunti dal più generale “diritto a vivere” (lavoro e reddito, servizi e assistenza) e quindi al “diritto alla città” (e alla sua auspicabile “bellezza” -  vedi tra gli altri i testi di Graziella Tonon e Giancarlo Consonni), confrontandosi con i nodi complessivi dell’economia politica (sviluppo e occupazione, salari e profitti, fisco, autonomie locali), ritengo che sia essenziale per qualsivoglia intervento sugli assetti urbani la ri-affermazione del DIRITTO ALLA CASA come diritto di cittadinanza (così recentemente anche il Vescovo Cattolico di Roma, Papa Francesco), meglio se a livello europeo, e la sua articolazione concreta, nelle norme nazionali e locali e nella prassi urbanistica.

 

Anche se talvolta impoverisce l’azione e il dibattito su aspetti quantitativi e burocratici, LA INDIVIDUAZIONE DI “STANDARD” HA COSTITUITO SU DIVERSI FRONTI UNA IMPORTANTE TAPPA NELLA MATERIALIZZAZIONE DEI “DIRITTI” E DELLE LOTTE PER OTTENERLI: così è stato per l’istruzione, con l’obbligo scolastico al termine della scuola media unica (e sarebbe ora di rivedere in alto tale obiettivo, ancorché non sempre raggiunto), per la connessa edilizia scolastica e per i discussi “standard urbanistici”, ed il principio agisce, ad esempio, dall’Europa contro le inadempienze italiane, per i minimi vitali dell’edilizia carceraria; funziona tuttora, a livello nazionale, per la sanità, attraverso  la definizione e l’aggiornamento dei L.E.A., Livelli Essenziali di Assistenza, purtroppo talora teorici, ma positivamente UNIVERSALI.

Nel welfare italiano, piuttosto asimmetrico, mancano invece altri standard minimi vitali, da quello centrale del lavoro e del reddito, a quello per l’appunto altrettanto fondamentale della CASA (forse perché tutti ci si ammala, mentre i “senza-casa” ed i “senza-casa-in-proprietà” sono pur sempre delle minoranze).

Ritengo che LO STANDARD MINIMO RESIDENZIALE CORRISPONDA, OGGI COME IERI, AD UN ALLOGGIO DIGNITOSO PER OGNI NUCLEO FAMILIARE, CON ALMENO UNA STANZA PER PERSONA, ED IN CONDIZIONI DI NORMALE URBANIZZAZIONE ED ACCESSIBILITÀ AL LAVORO ED AI SERVIZI.

A questo concetto elementare può corrispondere – sul territorio - una gamma di “valori catastali” (una volta conclusa la lenta riforma in itinere e come già anticipabile – volendo - sulla base della estensione in metri quadrati e delle valutazioni collaudate dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare).

 

 

 

Fiscalità immobiliare ed incentivi

 

Partendo dalla suddetta definizione di un “minimo vitale residenziale” (e tenendo anche in conto che la rigidità del dualismo proprietà/affitto, alquanto incoerente con la crescente precarietà dei rapporti di lavoro e degli stessi legami familiari, induce  problemi di tipo nuovo, all’interno della crisi economica in atto), per introdurre equità e flessibilità nell’abitare,  ed anche per reperire una  parte delle risorse necessarie alla estensione del diritto alla casa, ritengo sia necessario includere in un unica valutazione, complessiva ed organica, la politica economica e fiscale per la residenza, tuttora sbilanciata in favore delle famiglie residenti in alloggi di proprietà che godono per tali abitazioni di una fascia di esenzione dalla TASI (già ICI ed IMU) e dall’IRPEF, procedendo nelle seguenti direzioni:

-         per tutti i soggetti bisognosi, l’offerta di case sociali a canoni adeguati, affiancata   - in mancanza ed in attesa di una casa sociale – da un congruo e permanente contributo per gli affitti (da integrare con le altre politiche di sostegno al reddito);

-         per tutti gli inquilini, la detraibilità dalle imposte sul reddito delle spese per l’affitto della prima casa, fino ad una soglia pari al “minimo vitale” ed equivalente con la fascia di esenzione dalla TASI per i proprietari (tale detraibilità, per la nota legge del “contrasto fiscale”, dovrebbe anche aiutare a far emergere gli affitti “in nero”);

-         per i redditi da locazione di abitazioni, la cosiddetta ‘cedolare’ (cioè una percentuale fissa, indipendente dall’aliquota marginale sul reddito del proprietario), ma limitata al “canone concordato”, con tassazione normale della quota dei canoni eccedenti;

-         per i residenti in alloggi di proprietà, la completa de-tassazione delle transazioni relative alla prima casa, e la conferma della TASI oltre il “minimo vitale”;

-         per gli acquirenti di abitazioni gravati da mutui divenuti temporaneamente o definitivamente insostenibili, la garanzia di permanenza nell’abitazione, con formule differenziate, dal congelamento del mutuo alla conversione definitiva in locazione;

-         per gli immobili sfitti e inutilizzati, la conferma e l’inasprimento di tassazioni più elevate, crescenti progressivamente con il protrarsi del mancato utilizzo (ai sensi dell’art. 42 della Costituzione, vedi ragionamenti di Paolo Maddalena) affiancata anche da incentivi alla vendita di tali alloggi a prezzi calmierati alle Agenzie Pubbliche (come sperimentato in Veneto);

-         sperimentazione di interventi degli ex-IACP per favorire traslochi temporanei e scambi di alloggi in funzione dei trasferimenti per lavoro.

 

Limitati ritocchi all’insù, ma in senso progressivo (nel tempo ed in relazione alle consistenze patrimoniali), della TASI-IMU e dell’IRPEF sulle case non usufruite dai proprietari (e loro parenti stretti, e trattando in modo specifico le case di origine degli emigrati), potrebbero bastare per compensare le maggiori spese derivanti dagli altri punti della proposta, ad eccezione del primo (offerta di case sociali e sostegno ai costi di affitto), che richiede invece un rilevante impegno sia del bilancio statale che delle risorse ed iniziative a livello locale, ma che potrebbe forse giocarsi internamente alla tassazione sul  settore immobiliare, includendovi le aree edificabili (tema che sviluppo altrove).

 

 Fonti:

1.    https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/wp-content/uploads/2022/07/DOCUMENTO_Rilanciare-le-politiche-pubbliche-per-l%E2%80%99abitare.pdf

2.    https://www.youtube.com/watch?v=ihl19FzYOUA

3.    Aldo Vecchi - L’UTOPIA (ITALIANA) DI UNA CASA, PER TUTTI – su Utopia21, luglio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1Uzz_gkXHQdEy91sUiA_j2hlfobRsbv0m/view?usp=sharing

4.    Aldo Vecchi – (SPECIALE PNRR) – L’EDILIZIA E ILTERRITORIO – su Utopia21, gennaio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1rkd1VOGaaMCXdo2gfELzGzqnswIPKufD/view?usp=sharing

5.    Aldo Vecchi -IL DIBATTITO SULL’URBANISTICA (PRIMA E DOPO LA PANDEMIA) – Quaderno n° 22 di Utopia21, settembre 2020 - https://drive.google.com/file/d/12YBF3h1LudGnlj5WK9uHmNcity5pkrGx/view?usp=sharing

6.    Aldo Vecchi – LA CITTA’ DEI 15 MINUTI – su Utopia 21, luglio 2022 - https://drive.google.com/file/d/1gIEGiHsqRGw1cn9-ySVt4vN9R6NyG_-N/view?usp=sharing

7.    http://aldomarcovecchi.blogspot.com/2015/07/diritto-alla-casa-e-fisco.html

 

 

 

 

 

 



[A] Testualmente:

“• Ferma tutela della proprietà privata e creazione di un sistema di protezione della casa e immediato sgombero delle case occupate

• Agevolazioni per l'accesso al mutuo per l'acquisto della prima casa per le giovani coppie”

UTOPIA21 - NOVEMBRE 2022: VERSO IL XIX CONGRESSO DELLA CGIL

 VERSO IL XIX CONGRESSO DELLA CGIL


Una riflessione non ortodossa sulle mozioni per il Congresso della CGIL (che si concluderà a Rimini nel marzo 2023) e sulle contraddizioni “in seno al popolo”.

 

Da un punto di vista utopico, ed in particolare per i temi e per le visioni di cui ci occupiamo su Utopia21, il testo della mozione proposta dagli attuali dirigenti della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, intitolata “Il lavoro crea il futuro” 1, costituisce una confortevole enciclopedia di conferme (che mancano invece leggendo i programmi, ad esempio, del Partito Democratico oppure del MoVimento 5 Stelle 2):

-       sia nella critica allo stato delle cose presenti e delle tendenze in atto, in particolare riguardo alle problematiche delle transizioni ecologica e digitale,

-       sia nelle rivendicazioni dei correttivi necessari nelle imprese e nella società, a scala nazionale ed internazionale,

-       sia ancora nell’auspicio di una vasta partecipazione diretta dei lavoratori e dei cittadini ad un processo di rigenerazione della democrazia.

Per dare un’idea dei contenuti della mozione, mi limito ad esporne in Appendice l’Indice (strumento pratico di cui il testo non dispone), così da facilitarne la lettura.

E segnalo in nota  [1] alcuni dei pochi elementi di dissenso personale (anche in quanto iscritto alla CGIL da 47 anni; ma di recente, come pensionato, non sempre chiamato ad esprimermi sulle scelte congressuali: l’ultima volta fu per confermare la segreteria Camusso).

 

Vorrei però soprattutto segnalare un disagio che è emerso durante la mia lettura del testo, (e che va al di là della farraginosità e ridondanza delle 28 pagine del testo stesso).

Secondo la mozione di minoranza “Le radici del sindacato: senza lotte non c’è futuro” 1 (che - in sole 19 pagine – ricalca ed esalta l’arco delle analisi e delle proposte dell’altra mozione) il nocciolo della questione sta nella mancanza di una pratica e di un progetto per campagne e strumenti di lotta che siano adeguati alla radicalità delle rivendicazioni, contrattuali e politiche, espresse dalla stessa maggioranza uscente della CGIL: “C’è uno scostamento enorme  tra quello che la Cgil proclama nei documenti e quello per cui i vertici si attivano, si mobilitano e contrattano ….L’attuale linea della Cgil si è rivelata nei fatti in continuità con quella degli anni precedenti, persino più ostinata nel cercare la concertazione….” e “nonostante le divisioni con la CISL ….continua a presentare piattaforme unitarie e persino inseguire l’illusione di una unità organica tra le confederazioni”.

 

A mio avviso invece il problema sta più a monte, ed è sfiorato – forse in modo superficiale - nel paragrafo “SINDACATO E SISTEMA POLITICO” della mozione di maggioranza, dove si attribuisce alla “crisi della politica” la “crisi di rappresentanza e di partecipazione democratica” (misurabili ad esempio con l’astensionismo elettorale).

La mozione riconosce che “la questione riguarda anche il sindacato”, ma qui si ferma, e non indaga sulle basi sociali di tale crisi, sulle ragioni dell’oggettiva penetrazione tra i lavoratori delle ideologie neo-liberiste o addirittura reazionarie; e quindi sulla difficoltà di affermare nel concreto le rivendicazioni sindacali, elaborando adeguate forme di iniziativa e di comunicazione (forse i quadri sindacali se ne preoccupano, ma non ne traggono argomento per il pubblico dibattito).

Il testo non accenna minimamente – per esempio - ad una inchiesta su chi siano antropologicamente e sociologicamente [2], psicologicamente e culturalmente gli stessi 5 milioni di iscritti alla CGIL, il cui comportamento politico-elettorale sembrerebbe alquanto schizofrenico, se effettivamente vivessero come proprie le parole d’ordine delle 2 mozioni in campo in questo congresso. Parole d’ordine che – nello spettro elettorale – assomigliano solo a quelle della lista RossoVerde [3] (meno di un milione di elettori, tra cui molti non iscrivibili al sindacato perché studenti, casalinghe, lavoratori autonomi). Se solo il 10% circa degli iscritti alla CGIL vota in coerenza con la linea della CGIL, il restante 90% vota almeno per PD o M5S (abbastanza lontano dalla linea), oppure molto lontano (destra, centro, astensionismo).

 

Ho l’impressione che vi sia, più che in passato, uno scostamento profondo tra il tesseramento sindacale – che rimane comunque un importante fenomeno di massa – e la partecipazione effettiva al dibattito sindacale, che probabilmente rimane confinato tra i quadri (in parte avanguardie e delegati tra i lavoratori attivi ed in parte funzionari distaccati a tempo pieno e spesso per l’intera vita): una massa genericamente progressista (forse però de verificare su temi divisivi come l’immigrazione) ed un vasto ma separato “gruppo dirigente”, che di fatto però non riesce a dirigerla, e quindi non può proclamare lotte di cui non controlla gli effetti.

 

Da questa mia impressione, pur da approfondire (ad esempio, quanti voti vengono effettivamente espressi sulle due mozioni nel congresso che è in corso?), ne ricaverei che – senza affrontare, come tema politico e come pratica comunicativa, le “contraddizioni in seno al popolo” - risulti difficile proporre maggiori radicalità, sia di obiettivi che di forme di lotta, e che invece sia necessaria un’iniezione di realismo, non per moderare le aspettative, ma per fondarle sulla effettiva consapevolezza soggettiva della massa degli iscritti e degli altri lavoratori e cittadini coinvolgibili.

Ad esempio, immagino che milioni di militanti consapevoli potrebbero influire pesantemente sul sistema dei consumi, con scelte collettive e scioperi mirati (a costo zero), invece di subire la quotidiana e persistente egemonia delle imprese capitalistiche, da internet al risparmio, dal cibo alle assicurazioni.

 

Altrimenti penso che serva poco una “utopia per soli quadri”.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

 

Fonti:

1.          https://www.cgil.it/la-cgil/democrazia-e-partecipazione/xix-congresso-il-lavoro-crea-il-futuro/2022/06/22/news/materiali_congressuali-2195017/

2.          Aldo Vecchi -  LEGGENDO I PROGRAMMI ELETTORALI PER IL 25 SETTEMBRE 2022 – su Utopia21, settembre 2022 - https://drive.google.com/file/d/1cL7-MvXk4xotR4jZiNQvlifC4_6nlBJS/view?usp=sharing

3.          Zygmunt Bauman “VITA LIQUIDA” - Laterza, Bari 2006

4.          Marc Augé “L'ANTROPOLOGIA DEL MONDO CONTEMPORANEO” - Elèuthera,

Milano 2005

 

 

 

A PAGINA 4 L’APPENDICE INDICE DELLA MOZIONE “Il lavoro crea il futuro”:

APPENDICE : INDICE DELLA MOZIONE “Il lavoro crea il futuro”:

 

-       LA FUNZIONE STRATEGICA DEL CONGRESSO                                        pag. 1

-       LA COMPLESSITA’ DELLA CRISI                                                                    pag. 2

-       LA GUERRA, L’EUROPA, IL NUOVO ORDINE MONDIALE                                   pag. 3

-       IL NUOVO ORDINE MONDIALE TRA PANDEMIA E GUERRA                  pag. 4

-       SINDACATO E SISTEMA POLITICO                                                                pag. 5

-       UN NUOVO MODELLO SINDACALE PER L’UNITA’                                    pag. 6

-       IL RISCATTO DEL LAVORO PER RICOSTRUIRE L’ITALIA                                   pag. 7

-       LE 5 AZIONI PRIORITARIE                                                                                pag. 8

o   AUMENTARE I SALARI E RIFORMARE IL FISCO

o   STOP ALLA PRECARIETA’ E RIDUZIONE DEGLI ORARI DI

o   LAVORO

o   IL FILO DELLA LEGALITA’ E LA SICUREZZA DEL LAVORO

o   NUOVO STATO SOCIALE

o   POLITICHE DI SVILUPPO E NUOVO INTERVENTO PUBBLICO

-       COMPITI DEL CONGRESSO                                                                             pag. 10

-       DEMOCRAZIA, LIBERTA’ E CONTRATTAZIONE                                         pag. 12

o   1) La contrattazione come strumento di democrazia e libertà,

redistribuzione e ricomposizione del mondo del lavoro e di

rinegoziazione dei poteri nei luoghi di lavoro e nei territori

o   2) Tempi, salari e formazione: i pilastri della contrattazione

o   3) Contrattare e governare le innovazioni, il salto tecnologico

e la transizione ambientale

o   4) Il nuovo contratto sociale: democrazia, libertà, partecipazione

-       LAVORO E CONTRASTO ALLA PRECARIETA’                                            pag. 17

o   1) Contrasto alla precarietà e allo sfruttamento

o   2) Ricostruzione delle filiere dei diritti fondamentali,

della solidarietà e della legalità

-       NUOVO MODELLO DI SVILUPPO SOSTENIBILE E POLITICHE

PUBBLCHE PER LA PIENA OCCUPAZIONE                                               pag. 19

o   1) La riconversione ecologica e digitale e dei sistemi

produttivi: governo pubblico e strumenti della nuova politica industriale

o   2) Piani e strumenti per le giuste transizioni digitale e ambientale

o   3) Ruolo degli investimenti. Piena occupazione. Riqualificazione

dei territori e delle città

-       NUOVO STATO SOCIALE PER LA COESIONE, L’INCLUSIONE

E LA PIENA OCCUPAZIONE E RETI PUBBLCHE DI CITTADINANZA                                                                                                                                                 pag. 24

o   1) Rispondere alle disuguaglianze sociali e territoriali

o   2) Sistema organico e universale di tutela e di cura

delle persone. Nuovo welfare universale e reti pubbliche

di cittadinanza e solidarietà

 



[1] Pensioni: la CGIL, anche in questa mozione, elude la questione oggettiva dell’allungamento della vita media; dalla mia esperienza privilegiata di pensionato ante-Fornero non saprei suggerire un’equa soluzione, ma in prospettiva, se l’incremento della produttività, anche con il salto tecnologico della digitalizzazione, potrà consentire progressive riduzioni del “tempo lavorativo”, mi sembra illogico concentrarle nella fase finale, irrigidendo l’età di pensionamento, rispetto ad altre opportunità di riduzione del carico di lavoro nelle altre età. Forse occorre uno sforzo di fantasia creatrice, immaginando forme diverse di compartecipazione dei singoli ai bisogni collettivi (che è la ragione ultima del “lavoro”): considerando ovviamente quanto siano usuranti i diversi lavori.

Alternanza scuola/lavoro (ora “Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento): concordo sulla necessità che – oltre che sicura- sia effettivamente integrata nei progetti formativi; ma non mi convince l’oggettivo depotenziamento insito nel renderla facoltativa nonché irrilevante per l’esame di stato: ma mi pare che in tal modo si strizzi l’occhio alla pigrizia degli insegnanti (e degli studenti) affezionati al vecchio modello del sapere idealista ed astratto, che non si sporca le mani al contatto con il lavoro. Mentre, come dice la mozione, “il lavoro crea futuro”.

[2] Rammento le riflessioni di Zygmunt Bauman sulla “società liquida” 3 e quelle di Marc Augé sulle molteplici identità dei singoli 4: da applicare all’esempio dalla distinzione tra “essere lavoratori” ed “essere cittadini”; sfida cui non può sottrarsi una CGIL oggettivamente “pan-sindacalista”. Il che non è a mio avviso un difetto, data la varia afasia delle organizzazioni politiche della sinistra

[3] Vuoto per pieno, e leggendo i documenti programmatici, attribuirei agli elettori della lista Unione Popolare una maggior vicinanza al sindacalismo autonomo (Cobas ecc.) che non alla CGIL, inclusa mozione di minoranza.