martedì 29 ottobre 2013

SFIDUCIA COSTRUTTIVA

Nella discussione sulla revisione della  Costituzione mi pare ragionevole la motivazione del voto contrario di Corradino Mineo :
«Non ho votato perché l’idea di cambiare la Costituzione col Pdl è velleitaria. Come si possono fare le riforme con un partito che attacca continuamente le regole e lo Stato di diritto? A questo percorso non crede più nessuno. Si va avanti solo per inerzia...».
Si aggiunga che la corretta ipotesi di correggere la composizione dell’eligenda Commissione bicamerale escludendo il premio-Porcellum lascerebbe  minoritaria in tale commissione l’insieme delle formazioni filo-governativa, in caso di scissione del PdL, mentre senza scissione probabilmente salta il tutto.

Però, nel merito della discussa e delicata questione della formazione del governo e dei poteri del Presidente del Consiglio, guardandola in astratto, non riesco a manifestare alcun entusiasmo sugli esiti in proposito della vigente Costituzione, né nella 1^ né nella 2^ Repubblica.

Mi sembra di ricordare che la fragilità dei governi non rendesse debole la sostanza del regime democristiano (in cui molti di noi crescemmo  e che poi cercammo di contrastare), bensì le espressioni istituzionali dello Stato: la politica estera o industriale o criminale ufficiali potevano pur essere frammentarie ed inefficaci, perché intanto in altri luoghi il potere effettivo del regime si dispiegava, dall’ENI all’IRI, da Gladio alla P2, attraversando gli apparati pubblici e dialogando con gli altri poteri forti esterni al recinto istituzionale e nazionale (USA, Chiesa, Confindustria, Mafia, ecc.).

Nel ventennio berlusconiano consistenti brandelli del regime hannocontinuato a glleggiare, oppure a navigare in immersione,
-  poco scalfiti dai 4 governi dell’Ulivo (di cui gli ultimi 3 condizionaitin Parlamento dagli epigoni di qiuel regime, da Cossiga a Mastella)
- per nulla affondati dalla mancata  “rivoluzione liberale” di Forza Italia, ed anzi in parte alimentati dai 5 governi dello stesso Berlusconi (penso ai casi di Pollari&Pompa&C.e di Bertolaso&Anemone&C)
Solo che nei decenni si è persa, anche da quelle parti, insieme con l’ombrello protettivo degli interessi americani – dal piano Marshall a Gorbaciov – la spinta propulsiva dei Valletta e dei Mattei, e ci si limita  a vivacchiare, gestendo la crisi del vecchio modello di sviluppo (che risale agli anni ’70) in favore delle corporazioni  e delle cricche, ed a svantaggio di chi ne sta fuori.

E’ certamente semplicistico attribuire tutto questo alla mancanza della “sfiducia costruttiva”, e la storia non si può rifare con i “se”.
Tuttavia mi piacerebbe immaginare, per mia privata soddisfazione, come avrebbe potuto esse la storia d’Italia del dopoguerra se ci fosse stata in Costituzione la “sfiducia costruttiva”: a vantaggio di De Gasperi dentro la DC nel 53-54, a vantaggio del primo centro-sinistra contro i dorotei negli anni ‘60, a vantaggio di Prodi contro Bertinotti prima e poi contro Mastella&C., ecc.

venerdì 25 ottobre 2013

SOVRANITA' LIMITATA PERMANENTE EFFETTIVA

A fronte dello scandalo degli U.S.A. che spiano gli alleati fino ai massimi livelli, il presidente del parlamento Europeo Schulz ha proposto come ritorsione l’interruzione dei negoziati per la formazione di un’unica area di libero scambio tra Europa e Nord-America.

Nel mio piccolo proporrei ritorsioni più specifiche, del tipo (detta con antico linguaggio) “buttiamo a mare le basi americane”, a partire da quelle più telematiche (tipo MUOS) e ad arrivare a ridiscutere tutta la subordinazione politico-militare dell’Europa agli U.S.A. (la guerra fredda è finita da un pezzo e sul modo più efficace di affrontare il terrorismo gli U.S.A. hanno da farsi perdonare 2 o 3 guerre, in Irak ed Afganistan).

Quanto al negoziato per il libero scambio, per quanto i riguarda, lo sospenderei comunque, ma per altre ragioni (e mi pare grave che un po’ ovunque non sia stato ampliamente discusso fin dalle sue premesse): secondo me è una scelta fortemente negativa sotto il profilo della sostenibilità ambientale e sociale
-    perché induce ad uno sviluppo ulteriore dei trasporti di merci inter-continentali (moderati dazi dovrebbero diventare una tassa ecologica per prevenire e compensare i danni ambientali connessi ai trasporti di merci e incentivare le produzioni locali ovvero “a chilometri zero”)
-    perché tende a difendere e rilanciare il ristretto “fortino dei più ricchi”, trovando all’interno dei loro ricchi mercati lo spunto per un rilancio del vecchio sistema di sviluppo, contrapponendosi nei fatti alla ricerca di rapporti commerciali più equilibrati per l’intero mondo e potenzialmente a favore anche dei più poveri.

domenica 20 ottobre 2013

STABILITA' A FAVORE DI CHI?

In attesa di capire tutti i rivoli  e gli aspetti della legge di stabilità (e di vedere come evolverà, nei conflitti sociali e nel confronto parlamentare), pare di capire dai giornali di oggi, Sole24Ore in testa, che il gettito della Tasi (ex-IMU) potrà essere più alto di quello della vecchia IMU, pur con aliquote più basse, perché sparirebbero le detrazioni (che annullavano il tributo per le prime case più modeste).
Nell’insieme un bel trasferimento di risorse dai più poveri in favore dei più ricchi.
A ciò si aggiunge, pare, una quota di tassa sui servizi a carico degli inquilini.
E nessun computo sull’impatto ambientale, né dell’energia consumata dalle abitazioni, né sulla quantità dei rifiuti effettivamente prodotti.
Vorrei sentire, dalle parti del PD, qualcuno che dica in proposito “qualcosa di sinistra”; o – almeno –“di centro”.
20-10-2013
Aldo Vecchi

Con questo testo sono arrivato al POST n° 100 di questo blog “relativamente, sì” , dall’inizio del 2013, con oltre 110 commenti (ma pervenuti tramite e-mail, oppure Facebook), e oltre 3.000 contatti (quasi 2.000 dall’Italia, e non capisco molto la curiosità dall’estero, data la lingue ed i temi).

I post più cliccati (oltre 200 aperture) risultano “Imu ed equità” e (non so perché) “la prima lezione di urbanistica di Bernardo Secchi”, di gran lunga più visitato rispetto a tutte le altre recensioni.

Decisamente “di nicchia” i visitatori delle pagine del saggio sulla sostenibilità e delle fotocomposizioni.

Grazie comunque ai lettori abituali ed occasionali.

martedì 15 ottobre 2013

DIVERSAMENTE RENZIANI

Talvolta mi chiedo se siano più pericolosi i "renziani della prima ora" (esempio Ichino e Zingales) o quelli dell'ultima (Nicola LaTorre, Franceschini, Fassino...). O forse peggio quelli che ancora non sono renziani, ma saliranno poi sul carro del vincitore in pectore?

domenica 13 ottobre 2013

28° CONGRESSO INU: RIGENERAZIONE DI UNA CITTA' INCOMPIUTA (ovvero "Ora, e sempre, resilienza")

Per una distrazione dovuta a disguidi del mio abbonamento alle riviste dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (ed anche perché delle attività dell’INU nessuno parla fuori dell’INU, né i principali quotidiani, né - ad esempio – il mondo di “Salviamo il paesaggio”), stava sfuggendomi l’imminente XXVIII Congresso Nazionale dello stesso INU, che si terrà a Salerno nei giorni 24-26 ottobre p.v.
Rischiavo quindi di sprecare energie attorno al congresso del PD, il cui esito sarà di certo rilevante, ma dove si fatica a discutere di questioni importanti (per privilegiare il confronto sulla telegenia dei candidati), trascurando il congresso dell’INU, che invece alcune  importanti questioni le affronta, ma che sarà probabilmente irrilevante, sia perché pochi saranno in ascolto, sia perché in  questa fase storica mi sembra limitata l’influenza dell’INU sul comportamento effettivo delle amministrazioni che gestiscono le città e i territori.

 La questione più importante che pone l’INU, nel documento introduttivo al 28° Congresso “La città come motore dello sviluppo del Paese”, è la configurazione disorganica raggiunta nel disordinato sviluppo dei territori “metropolizzati” (post-metropolitani?), urbani e peri-urbani, a fronte della consapevolezza che il bisogno e la stessa domanda effettiva di aree da trasformare sia oggi inferiore all’offerta potenziale data dall’insieme delle “porosità” infra-urbane (aree dismesse e aree rurali intercluse).
Da qui la necessità di una prospettiva di consolidamento e valorizzazione dei vuoti, da affiancare ad una virtuosa “rigenerazione” (oltre la “riqualificazione”) di ogni brano della città/non-città esistente, da rendere quanto più possibile “resiliente” ovvero tendenzialmente equilibrato in termini di consumi ed approvvigionamento energetico (ed alimentare?), e di inquinamento/disinquinamento (aria, acqua, suolo, rifiuti), con processi di densificazione mirati e puntuali (non generalizzati), attraverso i luoghi pubblici/sociali e lungo le reti ecologiche ed infrastrutturali,  e con selezione delle aree da riutilizzare, che non ne esclude la riconversione a verde, pubblico od agricolo.   
Il tutto condito da una adeguata politica dei trasporti, con priorità ai mezzi pubblici; e da una attenzione al fabbisogno abitativo per le fasce deboli e debolissime (che però attribuisce al solo Campos Venuti l’idea di incentivare la suddivisione degli alloggi troppo grandi per famiglie rimpicciolite).
L’insieme mi sembra che suggerisca una visione processuale della pianificazione per “flussi di uso di territori”, rinunciando invece ad una compiutezza formale del disegno urbano complessivo; tale visione ben si collega allo slogan “no al consumo di suolo” e  mi pare ne  superi la pura negatività vincolistica.

A questi contenuti si affianca la riproposizione della strumentazione del congresso di Bologna (1995), e cioè:
-     la co-pianificazione tra i comuni e tutti gli altri Enti da coinvolgere
-     lo sdoppiamento tra piano strutturale (invarianti e linee strategiche, non conformative dei diritti edificatori) e piano operativo di breve durata (con decadenza congiunta di edificabilità privata e vincoli di uso pubblico),

che l’INU giudica poco o mal attuata dalle Regioni in questi 18 anni (con una visibile insofferenza verso il “federalismo reale”) e che perciò rivendica da una legge quadro statale, che affronti anche il nodo del regime giuridico e fiscale dei suoli (con segnalazione della nuova legge Svizzera sul prelievo fiscale delle rendite urbane).

I punti deboli della lungimirante e ambiziosa piattaforma mi sembra siano soprattutto:
-          la rinnovata apertura di fiducia verso Governo e Parlamento (che francamente – se non sorretta almeno da un qualche sciopero della fame dell’intero gruppo dirigente dell’INU - mi ricorda Charlie Brown al calcio della palla che gli sarà inesorabilmente sottratta da Lucy van Pelt); nel contempo l’INU sembra acquiescente con la soppressione delle Provincie, che cancellerà quasi del tutto quel poco di buono che si è fatto e si potrà fare a scala sovracomunale, al di fuori della speranza nelle aree  metropolitane”;
-          la visione congiunturale della crisi, o almeno del suo aspetto specifico che in Italia colpisce la finanza delle amministrazioni locali, come se si potesse facilmente intravvedere un dopo-crisi migliore e simile al prima, mentre a mio avviso bisogna comunque ragionare in termini nuovi, di  piena consapevolezza della conflittuale conclusione del ciclo affluente del welfare europeo del secondo Novecento (vedi anche  Luciano Gallino “L’attacco allo stato sociale” – Einaudi 2013) e quindi di ricerca degli strumenti (per l’appunto nelle città, che raccolgono popolazioni, produzioni e redditi), per ricostruire dal basso il welfare e la buona occupazione, sia con una adeguata fiscalità immobiliare (e superamento della più generale evasione fiscale), sia con la valorizzazione di tutte le risorse anche non-finanziarie (lavoro, ricerca, volontariato, cooperazione): dare quindi concretezza al titolo del congresso (“la città come motore dello sviluppo del Paese”), che sennò sembra un po’ uno slogan alla Matteo Renzi (CORAGGIO versus Paura/Aruap, ecc.).

A margine rilevo con disagio la scelta dell’INU di trasformare la raccolta di contributi teorici (“call for paper”) in vista del Congresso in una sorta di operazione editoriale per Autori-A-Proprie-Spese (vedi Umberto Eco “Il  pendolo di Foucault” – Bompiani 1988), sottoponendo i testi ad un versamento di 50 o 100 € (come già per il precedente Premio di Letteratura Urbanistica): si specula sul bisogno di pubblicare dei dottorandi e docenti precari?

 

giovedì 10 ottobre 2013

CONIURATIONI

Non viene molta voglia di commentare la straziante telenovela dell'intramontabile tramonto  di Berlusconi (e le sue varianti in Diversamente Berlusconiani, Sguaiatamente Berlusconiani, Fittamente Berlusconiani) se non per rammentare all'on-le Cicchito quanto Craxi disse alcuni anni fa a lui, Signorile e De Michelis, citando all'incirca Macchiavelli: "le coniurationi fallite ruinano li coniurati": speriamo non rovinino ulteriormente la povera Italia..

lunedì 7 ottobre 2013

NUOVO RINASCIMENTO ITALIANO?

Il Manifesto di alcuni professori di diverse discipline ”Il nuovo Rinascimento italiano. Salute dell’uomo e dell’ambiente per uno sviluppo economico ecosostenibile” , che ho letto su “Tuttoscienze” de “La Stampa” in data 02-10-13 (e che allego a questo post; merita a mio avviso adeguata attenzione perché – al di là di alcuni eccessi di ottimismo tecnologico ed anche “nazionalistico” – evidenzia una possibilità di mobilitare risorse intellettuali, presenti soprattutto delle Università, “dal basso” (cioè anche in assenza di un progetto delle istituzioni nazionali, dal Governo al C.N.R.) e con volontà di un attivo confronto interdisciplinare.

Sull’ottimismo tecnologico mi è già occorso di rilevare (vedi POST su Green Life e su Jeremy Rifkin) che tali prospettive non considerano a sufficienza né la relativa finitezza “comunque” delle risorse naturali, né la forte competizione per spartirsele tra i ricchi (e parte dei poveri) del pianeta (conflitto in cui è iscritta anche la nuova corsa al petrolio ovunque esso sia), né la difficoltà di convincere le élites mondiali e le masse “occidentali” a rinunciare a diverse abitudini di consumi opulenti, né ancora i rischi di "decrescita" del reddito  e dell'occupazione; tuttavia se una parte del mondo accademico, invece di accanirsi nel solo specialismo settoriale oppure nell’autocontemplazione ombelicale, si slancia in uno sforzo di ricerca finalizzata ed interconnessa, ben vengano le ventate di ottimismo; a scontrarsi con i “limiti” c’è sempre tempo, quando la ricerca entra nel merito delle cose.

Quanto all’utopia di ripercorrere il Rinascimento italiano è una speranza probabilmente infondata, sia perché “quella” accumulazione imprenditoriale e finanziaria, oltre che intellettuale, è irripetibile su uno scenario globale in cui altre nazioni sono già ottimamente piazzate e certo non stanno ferme ad aspettarci, sia perché il “manifesto” in questione trascura (volutamente?) le profonde ragioni strutturali e politiche della attuale decadenza italiana (su cui siamo abituati  piangere quotidianamente, senza finora uscirne).

Invece mi sembra molto valida (almeno per contrastare tale decadenza, se non per riaffermare antichi primati) l’intuizione di connettere gli orizzonti della ricerca tecnologica (sulla produzione e sull’abitare) con la valorizzazione della qualità della vita  (e le connesse ricerche mediche, sociologiche ed antropologiche) nei suoi aspetti specificamente italiani (ma forse anche europei), ancora leggibili – anche se talora ormai “residuali” - nei nostri paesaggi agrari ed urbani, ed in alcuni aspetti persistenti dei nostri “stili di vita”.

All’interno di tali “paesaggi umani”, suggerirei una riflessione sui rapporti di lavoro e dei rapporti tra lavoro e non-lavoro: la sostenibilità ecologica ed il benessere psico-fisico a mio avviso non possono essere disgiunti dallo sviluppo, adeguato ai tempi, dei diritti e del ruolo attivo dei lavoratori: meno disoccupazione e  più tempo libero intelligente; meno precarietà e più partecipazione.

Sia perché la salute da migliorare deve essere quella di tutti, e quindi a partire dagli ultimi e da chi anche oggi è sfruttato; sia per far crescere la speranza di una vita più sana (e felice?) sulle gambe delle moltitudini (attualmente spesso ottenebrate da falsi miti propagandistici e pubblicitari) e non sulle sole teste degli intellettuali; così da imporla, con forza, alle “forze” politiche, che su questi temi cincischiano, senza mostrare di crederci veramente (ma solo lì possono essere decisi i necessari ”massicci investimenti”: a meno di sperare anche negli imprenditori italiani, che in questa fase storica – almeno quelli grandi – sembrano piuttosto in tutt’altre faccende affaccendati).


Salute dell’uomo e dell’ambiente per uno sviluppo economico
    ecosostenibile

 
A partire dagli ultimi decenni del XIV secolo un gruppo di intellettuali
ed artisti italiani iniziarono un processo di profondo rinnovamento
culturale e scientifico che segnò il passaggio dal Medioevo all’era
moderna prima in Italia e poi nel resto d’Europa. Secondo lo storico
Richard Goldthwaite quel processo di rinnovamento fu tale per cui “il
benessere fu riciclato e investito in capitale umano e trasformato nel
patrimonio dell’architettura urbana, dell’arte e di una tradizione
artigianale mai eguagliata in altre città”.¹ Un’eredità impressionante
che ancora oggi il mondo intero ci riconosce.

Pensiamo sia giunto il momento per rilanciare l’Italia come attore
principale di un Nuovo Rinascimento che ponga al centro delle politiche
sociali e industriali la valorizzazione della salute dell’uomo e
dell’ambiente, il capitale culturale, artistico e naturale per uno
sviluppo economico duraturo perchè ecosostenibile.

L’attuale modello economico di sviluppo proposto dai paesi
industrializzati e in via di sviluppo non è sostenibile. Nel breve
periodo un ulteriore avanzamento tecnologico per estrarre più risorse
naturali, per produrre più cibo, farmaci, energia, e crescita economica
è possible, ma nel lungo termine avrà delle conseguenze disastrose sulla
salute dell’uomo e dell’ambiente, ed in ultima analisi sul benessere
sociale ed economico dell’intero pianeta.

Salute, benessere, risparmio energetico, conoscenza, cultura e sviluppo
economico ecosostenibile devono diventare i pilastri su cui costruire il
futuro della “nuova” Italia. L’invecchiamento della popolazione,
l’epidemia di obesità e di patologie croniche associate agli scorretti
stili di vita, il crescente inquinamento ambientale, il riscaldamento
globale, e lo sfruttamento sconsiderato delle risorse energetiche e
naturali sono dei problemi seri che se affrontati in modo scientifico, e
con una nuova visione globale e transdisciplinare, potrebbero non solo
far risparmiare ingenti risorse economiche al paese, ma generare nuova
ricchezza.

Per i nostri figli e nipoti vogliamo immaginare un’Italia figlia di un
nuovo Rinascimento in cui le città sono verdi e silenziose perchè le
auto sono sospinte da motori ibridi elettrici e a idrogeno che emettono
solo vapor acqueo. Gli edifici in cui viviamo e lavoriamo sono
efficienti dal punto di vista energetico e non richiedono dispendiosi
sistemi di riscaldamento e aria condizionata, ma anzi estraggono dal
sole e dal vento l’energia necessaria per alimentare gli
elettrodomestici e le nostre automobili. Un’Italia in cui l’aria e
l’acqua emesse dalle industrie sono più pulite di quelle che erano
entrate, in cui le discariche sono state eliminate e un innovativo
sistema agricolo ecosostenibile produce cibo sano in abbondanza.
Un’Italia in cui la pressione fiscale è stata abbondantemente ridotta
poiché una buona parte della spesa pubblica improduttiva è stata
finalmente eliminata e quella produttiva è stata limitata poiché i
cittadini sono sani e laboriosi, le reti sociali sono state migliorate,
e l’attuale modello di produzione si è trasformato in direzione di
un’economia sostenibile riconducendo la disoccupazione a livelli
fisiologici. E infine, un’Italia che i turisti provenienti da ogni
angolo del mondo vogliono visitare e prendere a modello perché è
diventata il Giardino dell’Eden.

Tutto ciò non è un’utopia o il sogno di visionari. Molte delle
conoscenze scientifiche per azzerare l’inquinamento, per prevenire con
adeguati stili di vita la maggior parte delle malattie croniche (e i
costi sociali connessi), per costruire case super coibentate che non
consumano ma producono energia, automobili super-leggere in fibre di
carbonio a trazione elettrica/idrogeno, e molti altri miglioramenti
necessari per vivere una vita lunga, sana e felice sono già disponibili
e sono state proficuamente applicate in una misura che va ben oltre la
sperimentazione prototipale. Il passo successivo deve essere
l’applicazione integrata di queste conoscenze a favore della salute dei
cittadini e dell’ambiente, garantendo un nuovo sviluppo economico e
industriale che valorizzi, e non distrugga, le risorse naturali.
Purtroppo, una visione riduzionistica e arretrata di questi problemi ha
impedito finora che ciò accadesse.

E’ ora di invertire la rotta per uscire dall’attuale crisi economica e
di valori secondo una logica non convenzionale. Abbiamo idee, capitale
umano e tecnologie per farlo. L’Italia può e deve diventare leader nel
mondo su queste tematiche, investendo massicciamente in questi settori e
promuovendo programmi e progetti di ricerca armonici ed
interdisciplinari cha abbiano un risvolto applicativo immediato sulla
popolazione, l’ambiente e sulle industrie locali e nazionali.

Il Nuovo Rinascimento italiano deve partire da un nuovo approccio alla
soluzione dei problemi mediante un disegno sistemico, integrato e
transdisciplinare con una visione di lungo periodo. Il pensare in
maniera sistemica spesso rivela interconnessioni e soluzioni d’insieme,
che sono più semplici, economiche e capaci di risolvere problemi
complessi con un unico investimento.

Le condizioni di partenza del Tardo Medievo in Italia non erano certo
migliori di quelle che abbiamo oggi, ma i nostri antenati furono capaci
con le loro idee di influenzare e cambiare il mondo. Le ingenti risorse
accumulate fino a quel punto furono investite per costruire palazzi,
chiese e monumenti, per commissionare dipinti, statue e opere
letterarie, determinando così un fermento culturale e la
creazione/attrazione di capitale umano. La situazione oggi si ripete.
Esistono ingenti capitali che aspettano solo di essere diretti da una
visione strategica e non da interessi di breve periodo. L’eredità che ci
è stata lasciata dai nostri avi in termini di patrimonio storico e
culturale e il patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche che
abbiamo acquisito negli ultimi 150 anni, se propriamente impiegati, ci
potrebbero permettere di fare un altro balzo in avanti e di vivere
stabilmente in un mondo meraviglioso in armonia con noi stessi e la
natura. E’ ora di riprovare a ripartire, i nostri posteri ce ne saranno
grati.

 
*Per un ulteriore approfondimento sul tema si consiglia di leggere:*
Fontana L., Atella V., Kammen D.M. “Energy and resource efficiency as a
unifying principle for human, environmental and global health”
<http://f1000research.com/articles/2-101/v1/pdf>. F1000Research 2013.

_________________________
¹ The economy of Renaissance Florence, di Richard A. Goldthwaite – Johns
Hopkins University Press, p. 672.

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/Prof. Luigi Fontana/
Professore Ordinario di Scienze della Nutrizione presso il Dipartimento
di Medicina dell’Università di Salerno; Visiting Professor presso il
Centro di Nutrizione Umana della Washington University in St.Louis, USA;
Group Leader della piattaforma “Healthy Aging” presso l’Istituto di
Ricerca “CEINGE” di Napoli.

/Prof. Vincenzo Atella/
Direttore del CEIS Tor Vergata, Professore Associato di Economia presso
il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università di Roma Tor
Vergata e Direttore Scientifico della Fondazione Farmafactoring.

/Prof. Sergio Pecorelli/
Professore Ordinario di Clinica Ostetrica e Ginecologica e Rettore
dell’Università degli Studi di Brescia, membro dello High Level Steering
Committee della Commissione Europea per la European Innovation
Partnership for Active and Healthy Ageing.

/Prof. Riccardo Pietrabissa/
Presidente Netval, Professore Ordinario di Bioingegneria Industriale,
Politecnico di Milano e Università degli Studi di Brescia.

/Prof. Francesco Salvatore/
Professore di Biochimica Umana Ateneo Federico II di Napoli, Emerito
nell‘Università, Presidente e Coordinatore Scientifico del
CEINGE-Biotecnologie Avanzate di Napoli.

/Prof. Umberto Veronesi/
Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia.