giovedì 21 maggio 2020

UTOPIA21 - MAGGIO 2020: CONVERSAZIONI SU CITTA’ E MOBILITA’





Il “Festival dell’Utopia” di Varese, giunto nell’autunno 2019 alla 4^ edizione, si è sviluppato in parallelo con la vita di “UTOPIA21”, nella reciproca autonomia, pur avendo in comune la guida di Fulvio Fagiani, la promanazione da Auser/Universauser ed il medesimo sito informatico. Pur essendo già radicata una sostanziale transumanza di temi e proposte tra Festival e “rivista”, con questa rubrica intendiamo rendere maggiormente presenti ai lettori di “Utopia21” alcuni dibattiti svolti nei mesi precedenti nell’ambito del Festival, che nel 2019 si è articolato sui seguenti filoni: I cambiamenti climatici     -
- La società digitale - Visioni a lungo termine delle città

I temi deI filone del Festival 2019 “Visioni a lungo termine delle città”: La città è sempre più l’intreccio tra ambiente, vivibilità, socialità, cultura. Come può essere la piazza di domani? Recuperare gli ‘avanzi urbani’, costruire nuovi spazi di vita, far convivere ed integrare smart city, green city, social city, mobilità sostenibile. In una parola l’agenda urbana sostenibile.
Parte Seconda: gli avanzi urbani, la pedonalità a Varese e altre utopie della mobilità 

Sommario:
-       Luciano Crespi e la rigenerazione degli avanzi urbani
-       utopie della mobilità, con l’arch. Aldo Ciocia e l’assessore comunale Andrea Civati
-       APPENDICE: SESTO CALENDE, SERATA SUL FUTURO DELLA MOBILITA’ , 17 GEN 20 - UN COMMENTO
in corsivo le considerazioni più personali,
nonché una proposta finale (anticiclica e auspicabilmente post-pandemica)

(per le figure, andare sul sito www.universauser.it)

Ai temi ed alle domande di questo filone, il Festival 2019 ha provato a rispondere con il concorso di esperti di diverse discipline, tendenze e formazioni; la documentazione, purtroppo disuguale, nell’ampiezza dei materiali disponibili e purtroppo anche nella qualità delle registrazioni sonore (queste presenti comunque per tutti gli incontri) è accessibile sul sito www.universauser.it  e verrà analiticamente richiamata nei rimandi alle “Fonti” di questo articolo.
           
Ho pensato di suddividere in due parti la trattazione del “filone città”, per motivi dimensionali e per affinità tematiche, a prescindere dalla successione cronologica degli incontri nel calendario del Festival.

Inoltre, nell’economia di questo articolo ho ritenuto opportuno dedicare un minor approfondimento ai Relatori il cui pensiero è già stato affrontato più largamente da “Utopia21”, come Luciano Crespi.1,2 Ho scelto altresì di trascurare i momenti finali di dibattito dei singoli incontri, sia per motivi di spazio, sia per la difficoltà di ricondurli ad elementi di continuità; così facendo ho sacrificato anche il dovere di cronaca verso i puntuali interventi dell’assessore comunale Andrea Civati, i cui contributi fondamentali però riferisco qui per il 5° incontro (e per il 3° nel precedente articolo).


LUCIANO CRESPI E LA RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI

La seconda puntata del ciclo si è svolta il 17 ottobre presso lo spazio Coop con l’architetto Luciano Crespi e l’Assessore Civati, sul tema della rigenerazione degli “avanzi urbani” 3,4,5 ed anche in relazione al laboratorio condotto nel 2019, dal professor Crespi e colleghi con gli studenti della Facoltà del Design degli Interni (Politecnico di Milano), specificamente su  quattro luoghi della città di Varese.
Di tale esperienza e del testo programmatico (e del profilo professionale) del prof. Crespi ho ampiamente trattato (anche criticamente ed anche intervistando lo stesso Autore) nel numero di luglio 2019 di UTOPIA21,1 cui rimando pertanto per la conoscenza e la discussione complessiva del tema, di cui riprendo di seguito i capisaldi concettuali (traendoli dalle diapositive di presentazione del 17 ottobre)4:
-       “Attraverso gli avanzi è possibile percepire una città invisibile. Ed è proprio la loro natura di avanzo che sembra prestarsi particolarmente a operazioni di riscatto finalizzate a offrire forme molteplici di ospitalità ai viandanti della contemporaneità, agli «attraversatori di frontiere», ai neo-nomadi, ai migranti, come in una sorta di passaggio di testimone, dalle precedenti storie di cui quei luoghi sono stati teatro alle nuove storie che ancora devono avere inizio.”
-       “ Si tratta di accogliere nel progetto come un «dono» gli elementi di degrado, le «rughe», le crepe, presenti nell’opera esistente”.
-       “ Il XXI sarà, nel campo del progetto, il secolo destinato a misurarsi con il tema della provvisorietà e precarietà, anche sotto l’aspetto delle pratiche estetiche. ll design del non-finito si inscrive in questa prospettiva e richiede l’elaborazione di una propria sintassi…..Rinuncia all’immagine levigata per dare forma all’incompiuto, all’inaudito, all’impensato.”

Oltre ad inquadrare, in premessa, la problematica degli ‘avanzi urbani’ nelle prospettive drammatiche della crisi socio-economica ed ambientale e dei suoi risvolti migratori, nonché negli sviluppi recenti del dibattito progettuale sulle ‘abitazioni’, Luciano Crespi ha illustrato sia sinteticamente le proposte degli studenti sui quattro manufatti varesini (più un quinto, lo spazio di via Moro utilizzato temporaneamente per la mostra finale del laboratorio), sia diversi casi di ‘avanzi’ (da sistemare o progettati o sistemati) in Italia e nel mondo (in parte già presenti nel “Manifesto” del 20182, in parte inediti), confrontandosi anche con l’attiguo tema delle costruzioni provvisorie per l’emergenza abitativa (esempio IKEA e modulo proposto da Marco Zanuso nel 1972).
Ha inoltre presentato, con affascinanti disegni (in parte effettuati da suo fratello, arch. Marino Crespi, purtroppo recentemente scomparso), due progetti – a mio avviso eccedenti il riuso temporaneo e più prossimi ad un duraturo recupero – relativi ad un magazzino ferroviario dismesso in Varese (già oggetto del laboratorio didattico del 2018) e ad una ex-fabbrica di Venegono Superiore (in collaborazione con l’arch. Giorgio Vassalli), evidenziando anche – per il magazzino ferroviario – gli ostacoli normativi incontrati dal Comune di Varese, che hanno finora impedito un seguito all’iniziativa.
Infine il prof. Crespi ha lanciato una suggestione – non verificata però in termini di fattibilità “viabilistica” – sulla estensione dell’isola pedonale del centro di Varese all’intera piazza Montegrappa ed al trafficato asse che la attraversa, da via Volta a via Marcobi,

Figure 1-2: Varese, planimetria dell’isola pedonale di corso Matteotti e dintorni e proposta di estensione (in rosso gli spazi pedonali)

presentando suggestive immagini virtuali degli spazi pedonalizzati e vissuti (a cure di Francesca Girola e Giorgia Licari), nonché la sua proiezione “metafisica” – vedi oltre figura 3 -  (e ricollegandoci quindi pienamente al tema delle ‘piazze’).

Mentre Crespi ha sostenuto la sua proposta - che contiene al momento indubbi elementi di utopia - anche come possibile obiettivo “politico” per alzare il livello culturale del confronto urbano, l’Assessore Civati ha ricondotto la questione in termini di realismo, richiamando le complesse vicende dei precedenti interventi di pedonalizzazione (quelli tentati e quelli riusciti) e di esasperate proposte di ‘sensi unici globali’ per il traffico veicolare, modalità di trasporto purtroppo oggi ancora vincente sul piano ideologico; inoltre ha collegato il tema della rigenerazione degli ‘avanzi’ con altri aspetti, quotidiani e/o strategici, della pianificazione a livello comunale, dal risparmio del consumo di suolo alla trasformazione e crisi del commercio tradizionale, mostrando di apprezzare gli ‘usi temporanei’, perché utili a sperimentare flessibilmente la possibilità di nuove destinazioni (complementari al commercio) per ravvivare gli spazi urbani.
Ha da ultimo espresso ottimismo su nuove forme di gestione amministrativa degli spazi pubblici dimessi (come le “concessioni di valorizzazioni”, sperimentate dall’Agenzia del Demanio per fari e case cantoniere), per superare inerzie come quelle verificatesi sul progetto del magazzino ferroviario di Varese.


Figura 3  - “Piazza  Monte Grappa, Alla maniera di Giorgio De Chirico”, disegno di Luciano Crespi, 2019



UTOPIE DELLA MOBILITÀ, CON L’ARCH. ALDO CIOCIA E L’ASSESSORE COMUNALE ANDREA CIVATI

Nell’incontro finale del filone sulle città 6, il 28 novembre allo spazio Coop, modificando il programma, è intervenuto all’inizio l’Assessore Civati, che ha illustrato i criteri riformistici dell’Amministrazione Comunale in materia di traffico e trasporti, in un contesto culturale ancora molto affezionato all’automobile (Varese è al massimo in Italia per l’indice di motorizzazione, cioè il numero di auto immatricolate per ogni residente; ma anche per la percentuale di vetture ibride od elettriche).
Il Piano “Varese si muove” include interventi coordinati sul trasporto pubblico e sulla sosta delle autovetture, privilegiando i parcheggi esterni di interscambio, dai quali gli autobus verso il centro sono resi gratuiti, e polarizzando i servizi degli autobus sulle linee forti (dai suddetti parcheggi e dai quartieri più popolati), per ridurre l’assedio delle auto in città; sulle linee degli autobus urbani funzionano nuovi obliteratori, con tessere pre-pagate che applicano sconti progressivi automatici in favore degli utenti più assidui.
Ricollegandosi anche agli altri incontri del ciclo, l’Assessore ha inoltre segnalato ulteriori studi per il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che – previa analisi dei flussi di tutti i tipi di traffico – potrebbe portare anche ad una estensione delle aree pedonali.
Secondo Civati l’utopia oggi possibile non è una città senza auto, bensì uno spazio veramente “urbano”, in cui gli automobilisti, responsabilizzati anche tariffariamente sui costi sociali dell’auto, coesistono con gli altri mezzi di trasporto (valutando positivamente il gradualismo del Comune di Milano, che con fatica sta facendo rinascere significative parti della città).

Aldo Ciocia, architetto/urbanista milanese, con diversificate esperienze da ricercatore-progettista-valutatore e dirigente pubblico manager nel campo della mobilità sostenibile, ha quindi impostato laal sua conferenza7 sul valore del pensiero utopico nello sviluppo della mobilità sostenibile, pensiero che può trovare un rapporto proficuo con il progresso tecnologico senza confondersi con esso e coltivando le proprie ispirazioni etiche. divario tra il “neutrale” progresso tecnologico e l’effettiva ricerca di soluzioni favorevoli per l’uomo e per l’ambiente, come ha clamorosamente rivelato lo scandalo del Dieselgate, dove l’innovazione tecnica è stata piegata a fini aziendali contrastanti con il benessere e la salute.
Ciocia ha focalizzato l’attenzione su tre esperienze a suo parere emblematiche, specifiche che coprono un arco di tempo lungo, ma sono legate da un triplice filo conduttore: la sensibilità verso l’ambiente; la creatività metodologica stimolata dalle nuove potenzialità tecnologiche ed informatiche; la generosità degli operatori che le hanno concretizzate o promosse. La prima esperienza si è positivamente conclusa ed ha fatto scuola; (cui ha personalmente partecipato a vario titolo), la prima positivamente conclusa,;  la seconda è stata tentata ed è rimasta sulla carta ma sta registrando una lenta proliferazione nell’odierna pratica di pianificazione della mobilità; ed aperta, la terza è ancora in nuce e potrebbe dar luogo a novità normative d’interesse europeo di vasta portata.:
1.    -Il passato: G      Genova anni ’80. : aA fronte delle problematiche complesse di un territorio intensamente urbanizzato, stretto tra il mare e le valli appenniniche, la necessità di una riformulazione dell’offerta di trasporto pubblico (per alleggerire una congestione del traffico veicolare già allora insostenibile),   grazie alla fiducia degli amministratori verso il metodo scientifico proposto da un ampio gruppo di lavoro costituito da tecnici e i ricercatori,  ee, ma finorea nonl' come già i proble,mi ell'i i beni e gli approvvigionamenti residui, ociali,  studiosi ha portato alla comportato l costruzione ex-novo di un sistema completo di simulazione della mobilità su strada e su mezzi pubblici, sistema in grado di valutare la situazione esistente, ma anche di formulare previsioni future in base a scenari urbanistici ed economico-comportamentali. L’esito è stato il primo piano italiano della mobilità sostenibile, imperniato sullo sviluppo dei sistemi su rotaia (ferrovia urbana e metropolitana).
1.        ’invenzione, sul campo, di nuovi metodi di rilevamento e di calcolo dei flussi dei percorsi effettivi degli utenti, e di simulazione dei percorsi ottimali, forgiando ex-novo strumenti tecnici, organizzativi e scientifici;
2.    Il presente: Piemonte, - Lombardia, primi anni 2000: un concessionario del Trasporto Pubblico Locale, preoccupato per la progressiva perdita di clienti in ambito extraurbano e per la rigidità dei contratti di servizio del TPL solitamente affidati messi abitudinariamente a base degli appalti per la gestione delle linee del TPL (con frequenze di corse, numero di corse, orari ed, itinerari fissi), ha voluto finanziare una ricerca originale per ipotizzare una diversa soluzione alla crisi strutturale del servizio bus l TPL nelle ore “non-di-punta”;: si è così proceduto a costruire inventare un particolare sondaggio di mercato su un nuovo tipo di servizioprodotto che non esiste, una sorta di taxi-bus a chiamata. Ad un campione di utenti bus è stato chiesto di immaginare questo servizio ipotetico, valutandone gli attributi essenziali: la distanza della fermata da casa o dal luogo di destinazione, le modalità di prenotazione del servizio ed il tempo di attesa conseguente,  il tempo di percorrenza a bordo, i costi:, il tutto ponendo a confronto il sistema bus di gestione “tradizionale” con il sistema “a chiamata”. (Ponendo dei quesiti a scalare del tipo “prenderesti il mezzo pubblico anziché usare l’auto privata se la fermata fosse a tot metri, con attesa di tot minuti, con una tariffa di tot €?”) Ne è scaturito un quadro molto articolato del gradimento degli utenti ed anche della loro disponibilità a pagare per  miglioramenti sostanziali del servizio.  Se la ricerca ha portato a risultati promettenti, con benefici attesi sia per gli utenti sia per il concessionario, più problematico è risultato l’avvio di una negoziazione con gli Organi competenti e le componenti sindacali circa l’effettiva applicabilità del nuovo modello di servizio “a chiamata”, anche solo a titolo sperimentale. Al di là dell’esperienza citata le sperimentazioni del servizio a chiamata si stanno diffondendo in contesti molto vari, dalle città metropolitane alle valli alpine ed appenniniche, alle aree a bassa densità insediativa in genere. La discussione sul vecchio modello di gestione e sul suo superamento è ormai ineludibile.
1.        , da sottoporre al gradimento virtuale degli utenti con dei quesiti a scalare del tipo “prenderesti il mezzo pubblico anziché usare l’auto privata se la fermata fosse a tot metri, con attesa di tot minuti, con una tariffa di tot €?”; la difficoltà di gestire i questionari e di progettare un servizio competitivo (con mezzi adeguati e organizzazione flessibile) si è rivelata però più superabile di quella di affrontare i vincoli regolamentari, politici e sindacali, che finora strutturano il TPL; l’esito è quindi ancora largamente inesplorato, anche se si è tentata qualche sperimentazione sul campo (ad esempio a Crema);
3.    Il futuro:- Europa. , oggi: aSostenibilità è lotta al cambiamento climatico ma anche sicurezza stradale. Al cospetto con la permanente gravità dell’incidentalità stradale i rischi, mortali e non mortali, per gli incidenti stradali, e delle inerzie dei legislatori in materia (malgrado i 3500 caduti ogni anno, già solo in Italia), un gruppo europeo di esperti ricercatori ha lanciato un appello per introdurre obbligatoriamente sulle automobili il sistema l’I.S.A.(Intelligent Speed Adaptation ssistance ovvero un "limitatore di velocità intelligente"), cioè un dispositivo che fa interagire il motore del singolo veicolo con la segnaletica stradale rilevata per via satellitare, adeguando automaticamente il regime di giri ai limiti di velocità vigenti. L’appello segue di alcuni anni una serie di studi svolti in Danimarca, Olanda e Gran Bretagna alla fine degli anni ’90 ed una sperimentazione svolta con successo in Svezia (con ripetitori locali)  fra il 1999 ed il 2002 su circa 5000 veicoli. Oggi interattivo, già sperimentato largamente in Svezia all’inizio del secolo (con ripetitori locali) ed oggi quell’esperienza appare  generalizzabile  grazie alla diffusione dei con i navigatori e di una rete la rete satellitare ad alta qualità, in grado di georeferenziare con precisione ed in tempo reale ogni veicolo sulla rete stradale percorsa., che interviene direttamente sul motore (oppure segnalando al guidatore, in una versione più blanda) per trasmettere gli impulsi di riduzione della velocità, adeguandola ai limiti vigenti e/o alle condizioni specifiche momentanee per la sicurezza del traffico. L’appello, cui stanno aderendo Enti Locali e Associazioni di tutti i Paesi UE, già esaminato favorevolmente dal Parlamento Europeo nel 2019;, dopo diversi rinvii, è ancora lungi dal divenire una cogente Direttiva, perché occorre vincere le resistenze culturali  connesse al mito della velocità (irresponsabile) come libertà, che già oggi si manifestano nella diffusa insofferenza verso gli strumenti passivi di mitigazione, del tipo dossi e chicane (invero meno efficaci di quanto sarebbe l’I.S.A.).



Figura 4 – l’incontro con Aldo Ciocia e Andrea Civati allo spazio Coop il 28 novembre


Collegando le tre esperienze, l’architetto Ciocia ha evidenziato che i passi in avanti non sono scontati, ma che ciascun tentativo dimostra di poter lasciare un seme: il passato (in questo caso, di Genova) è diventato presente ed i software di simulazione sono ormai commercializzati ovunque ed utilizzati anche in piccole cittadine; il presente prospettato dalle indagini di mercato sull’utenza (nel citato tentativo piemontese) sta per diventare futuro; il futuro (nel caso dell’appello di ISA) è un nuovo sogno di sostenibilità, da condividere. Per la sostenibilità, in conclusione, serve tenacia, creatività e richiedono memoria del passato, tenacia e generosità di sforzi nel tentare qualcosa di nuovo, senza garanzie di successo. E con la capacità di sfruttare al meglio le potenzialità dell’innovazione tecnologica., e sono possibili solo se si elabora una visione del futuro, discernendo quanto vi è di positivo nelle opzioni delle nuove tecnologie.
Sono queste le componenti Tessendo quindi l’elogio del “pensiero utopico”  che ci è necessario, come è per con l’immagine di un bambino che cerca per la prima volta di camminare, compiendon successivi numerosi tentativi dapprima infruttuosi, ma imparando dalla memoria dei suoi stessi errori, perché insegue il sogno di muoversi liberamente (forse non a caso il sogno, per un “trasportista”, consiste nella “mobilità”; la difficoltà è ora di renderla “sostenibile”, e forse non a caso ho trovato altri “trasportisti”, come Aldo Ciocia, combinare l’utopia con la concretezza del riformismo quotidiano, tra un semaforo ed una rotatoria). 

In connessione con due argomenti affrontati da Aldo Ciocia, il DieselGate e la mortalità per incidenti stradali, ritengo opportuno agganciare di seguito come Appendice una mia riflessione su una serata di divulgazione ambientalista svoltasi a Sesto Calende nello scorso gennaio, sul tema del futuro della mobilità (ma di fatto solo dell’auto elettrica).

APPENDICE:
SESTO CALENDE: SERATA SUL FUTURO DELLA MOBILITA’ , 17 GENNAIO 2020: UN COMMENTO
Diversamente dai precedenti incontri promossi dall’Associazione E.T. ed altri e patrocinati dall’Amministrazione Comunale, sempre con la partecipazione di ricercatori connessi al Centro di Ricerca Comunitario di Ispra, la terza serata, dedicata al futuro della mobilità, con Giorgio Martini (specialista della motorizzazione tradizionale) e  Harald Scholz (specialista della motorizzazione elettrica), a mio avviso è rimasta troppo racchiusa nella specificità dei contributi tecnici (all’opposto dei precedenti confronti), e non ha spaziato a sufficienza sulla questione complessiva di una “mobilità sostenibile” .
Pur apprezzando la tenace competenza scientifica dei relatori, e la loro capacità di divulgazione in un campo facile ad essere invaso dalla fake-news e dalla leggende da bar, più o meno metropolitano, mi è sembrato che - malgrado alcuni accenni dell’ing. Scholz ai vantaggi del trasporto pubblico (purché elettrico) ed una clamorosa immagine da lui stesso, presentata, con la congestione del traffico auto-veicolare a New Delhi, e malgrado la statistica (calante, ma tuttora impressionante) sui 25.000 morti annui per incidenti stradali in Europa, richiamata invece dal dott. Martini -  i ragionamenti sostanziali della serata (tranne una timida domanda sul rapporto tra velocità e consumi) si siano svolti nella direzione di un auspicio verso nuove normative  e nuove tecnologie  in grado di rendere la motorizzazione privata compatibile con la qualità dell’aria, dapprima (“Euro 7”), e poi con la riduzione delle emissioni di CO2 (auto elettrica e relative batterie e ricariche).
Come se le auto non avessero:
-          un volume, che – ai nostri elevati livelli di motorizzazione - incide sull’uso e consumo del suolo già quando le auto sono ferme (box, autorimesse, parcheggi), e diviene insostenibile quando molte di esse insieme convergono nelle città alle ore di punta (la foto di New Delhi è pazzesca anche immaginandola composta da vetture tutte quante elettrificate; ma anche Sesto Calende alle 18 del venerdì e sabato non è un bello spettacolo, in specie se nell’attigua CastelVegas sono in campo saldi e cotillons);
-          una superficie, che quando è esposta al sole lo riflette, peggiorando il microclima locale (effetti mitigabili in parte con “carrozzerie fotovoltaiche”, oggi proposte solo da alcuni produttori, o almeno con tettoie fotovoltaiche e/o vegetali sopra i parcheggi);
-          un peso, da una tonnellata (utilitaria) a due tonnellate (SUV), di materiali costosi da reperire, lavorare e smaltire (l’argomento in serata è stato accennato per le sole batterie al litio), e ancora ben lungi dall’essere incluso in una logica di economia circolare (la vita media di un autoveicolo è attorno al decennio, e le sue componenti vengono distrutte per poter essere – solo in parte – riutilizzate): a fronte di un residuo secco del ciclo dei rifiuti urbani medio di 100 kg/anno pro capite (solo pochi comuni virtuosi come Sesto C. &C. sono già scesi sotto i 75 kg), i “rifiuti speciali automobilistici” prodotti da ogni europeo medio risultano circa altrettanto (poco meno di un auto pro-capite per poco più di dieci anni, per più di una tonnellata/auto >= 100 Kg/anno);
-          una velocità, limitata in Italia teoricamente a 50 Km/h in città, 90 fuori città ed a 130 Km/h in autostrada, che – applicata alla suddetta massa tra 1 e 2 tonnellate di ogni veicolo – lo trasforma in un proiettile sempre pericolosamente puntato contro la vita degli altri, pedoni ed automobilisti, nonché verso i conducenti stessi ed i loro passeggeri; pericolosità che aumenta, se non ricordo male, in funzione del quadrato della velocità stessa; mentre resta intatto il sostrato mitologico e pubblicitario della velocità come progresso e come potenza maschilista.
Figura 5 – una autovettura con pannelli fotovoltaici incorporati nella copertura
Mi aspettavo (e mi aspetterei) che, invece, da un lato l’automobile venisse (venga) trattata come un merce più o meno sostenibile in tutti gli aspetti del suo ciclo di vita (come ci ha spiegato nel precedente incontro la dott.ssa Serenella Sala, sempre del CCR di Ispra), e d’altro lato che la mobilità sostenibile fosse (sia) indagata come  un sistema complesso di diverse modalità di trasporto, dalla bici e dal monopattino al jet ed alla nave porta- container, in parte alternative ed in parte complementari,  dove – nella dinamica delle tecnologie e dei prezzi, delle normative e degli incentivi/disincentivi fiscali -  si cerchi di privilegiare – guidati dai pubblici poteri – i mezzi di volta in volta meno inquinanti per ogni specifico tipo e lunghezza del viaggio: ad esempio i piedi, il mono-pattino, la bici o l’auto elettrica (magari a guida automatica e condivisa in “car sharing”) fino alla prima fermata del trasporto pubblico, il treno fino alla fine del continente, l’aereo solo tra un continente e l’altro, ecc. (con le dovute complicazioni per bambini, anziani, disabili; differenziando i movimenti per il lavoro e lo studio da quelli per il tempo libero; verificando gli impatti positivi del tele-lavoro e della telematica in generale; con tutt’un altro ragionamento daccapo per le merci, e così via). Criteri che sono tratteggiati anche nella nuova strategia di riconversione ecologica della Commissione Europea.
Ed è proprio il peso concreto e positivo dell’Europa nel condizionare e al tempo stesso promuovere i “mercati”, come dimostrato nelle analitiche dissertazioni di Martini e Scholz, che mi porta ad auspicare una concretizzazione delle nuove strategie della Commissione UE, anche in materia di mobilità, in direttive e normative efficaci e cogenti, ben aldilà di Euro7 e dell’elettrificazione di tutta la flotta.


UNA PROPOSTA FINALE (anticiclica e auspicabilmente post-pandemica)

Se alla scala locale l’approccio riformista alla mobilità sostenibile, anche quando ispirato a visioni utopiche, non può essere altro che graduale, per tenere conto della vischiosità delle abitudini e della necessità di guadagnare consenso con piccoli passi, ritengo che alle scala delle decisioni di competenza nazionale ed europea siano invece possibili e necessari alcuni decisivi “balzi in avanti”, quali la drastica limitazione delle velocità massime degli autoveicoli (sulla scia di quanto esposto da Aldo Ciocia) e parte di quelli annunciati dalla Commissione Europea (i cui progetti dovranno ora essere esplicitati, ma in correlazione con le problematiche della sopravvivenza socio-economica alla Pandemia da Coronavirus).

Proprio anche in funzione anticiclica, mi piacerebbe immaginare, ad esempio, che – in una situazione di inquinamento atmosferico “strutturale” come quella delle città italiane, in particolare nel bacino padano, ma anche in casi geografici di “catino locale”, come Frosinone – venissero radicalmente accelerati i programmi di sostituzione degli autobus diesel con autobus elettrici (che Milano – pur all’avanguardia in Italia - prevede di ultimare solo entro il 2030, mentre Roma ritiene di poter iniziare solo dal 2025), ivi compresa l’ipotesi di “riadattamento elettrico” (retrofit) degli stessi veicoli, quando recenti e validi.

Si potrebbe e dovrebbe così pilotare anche – tramite una domanda pubblica così massiccia – una adeguata politica industriale per l’offerta di tali prodotti (mentre al momento le aziende italiane del settore sono pressoché agonizzanti).

Ipotizzo nel contempo, sempre nell’ipotesi di un uso dinamico della spesa pubblica in funzione anti-ciclica, una contestuale accentuazione dell’offerta di trasporto pubblico – urbano e locale – da finanziare almeno in parte con un incremento mirato dei pedaggi a carico delle autovetture private (in particolare se con singolo passeggero), non solo sulle autostrade (possibilmente non a beneficio dei concessionari…), ma anche nell’accesso alle città, sul modello della zona C di Milano, oppure anche tramite la modulazione delle tariffe  dei parcheggi, dalla gratuità di quelli periferici di interscambio al maggior scaglione per quelli centrali (come in parte già avviato dal Comune di Varese, ed illustrato dall’Assessore Civati – vedi sopra -).[A]

Il trasporto pubblico su gomma è solo un tassello delle diverse politiche da orchestrare per promuovere complessivamente la sostenibilità della mobilità (mobilità la cui compressione forzata stiamo tutti mal-sopportando in questo periodo di resistenza alla pandemia): come sopra accennato, si tratta di politiche che vanno dal tele-lavoro alla logistica intercontinentale, dall’integrazione aereo/treno e navi/TIR, alla riorganizzazione dei percorsi urbani, dalla riconversione dell’industria automobilistica alla disciplina di taxi ed autonoleggi, dalla “guida autonoma” al car-sharing (senza dimenticare bici e monopattini…).  
Ma in questo contesto mi pare che una maxi-offerta di autobus elettrici sia il tassello più adatto per una rapida accelerazione, anche simbolica, e capace di coniugare benessere ambientale, vivibilità urbana e rilancio occupazionale, senza attendere i tempi lunghi delle pur necessarie opere infrastrutturali – dalle ciclabili alle ferrovie – e delle complesse operazioni di rigenerazione urbana.

Questa proposta di accelerazione, specificamente mirata al rinnovo dei mezzi pubblici su gomma, può beni inserirsi negli sforzi di programmazione in atto, in materia di Mobilità Sostenibile (e più seri di altri programmi settoriali avviati in Italia), definiti dalla legge 232 del 2016 (Piano Strategico Nazionale) ed in corso di elaborazione da parte delle Città Metropolitane e di altre città, per lo più superiori a 100.000 abitanti, coordinate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 8: il cui bilancio pluriennale è però a mio avviso largamente insufficiente rispetto alle necessità ecologiche e sociali di una vera svolta progressista (le scadenze per i bus elettrici previste da Milano e Roma, cui sopra ho accennato, sono indicative di questo divario).

Inoltre, nel breve periodo (auspicando cioè che dalla pandemia Coronavirus si esca in tempi brevi), una maggior offerta in termini di numero di corse dei mezzi pubblici (per quanto possibile con l’attuale parco-macchine e con il personale disponibile) potrebbe divenire necessaria per consentirne di nuovo un uso di massa, ma in condizioni di sicurezza anti-contagio (come già si sta facendo in queste prime settimane di ripresa,ad esempio con solo con i posti contingentati, ed estendendo – a mio avviso - l’obbligo di prenotazione, per non accrescere gli assembramenti alle fermate)a sedere, dimezzati e prenotati): a pena, altrimenti, di un “ritorno alla normalità” con un traffico autoveicolare privato ancora più anomalo ed insostenibile per i nostri poveri bronchi e polmoni, appena scampati al terribile virus coronato.



Figura 6 – un autobus trasformato a trazione elettrica

La proposta di un intervento massiccio di spesa pubblica mirata al trasporto pubblico fa il paio con quella di affrontare sul serio, in ottica pluri-decennale, ma - da subito (cioè subito dopo la pandemia) - con una cospicua accelerazione rispetto agli investimenti finora programmati, i bisogni sociali arretrati di casa, di città e di “territorio risanato” (rispetto alle problematiche sismica, idrogeologica ed ambientale, e quindi anche ed ancora trasportistica), di cui su Utopia21 ci siamo già più volte occupati (ad esempio nell’editoriale di luglio 2018, anche riguardo alle risorse da reperire 98), e ci occupiamo in altri articoli di questo numero.
In tale ambito di “rigenerazione urbana” rientrano pienamente gli “avanzi” vivi-sezionati da Luciano Crespi (con maggiore o minore importanza, mi permetta però Luciano, per la sua “estetica del non-finito”).

Fonti:
1.    Autori Vari - LA RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI -  registrazione vocale dell’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese https://drive.google.com/file/d/155EHwnnnNUOV_F7Fq8jHKB_B8HmMMQmw/view?usp=sharing
2.    Luciano Crespi - LA RIGENERAZIONE DEGLI AVANZI URBANI -  slides di presentazione per l’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese
3.    Luciano Crespi – DESIGN DEL NON FINITO -  testo elaborato per l’incontro del 17 ottobre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese https://drive.google.com/file/d/1Za_MWWD7kXHcl5WgwW49pDrcw7DILvzu/view?usp=sharing
4.    Aldo Vecchi - LUCIANO CRESPI ED IL MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – su UTOPIA21 del luglio 2019 - https://drive.google.com/file/d/1O3mfaTWoPW10LIo5ixipqZHcePTorMie/view.
5.    Luciano Crespi - MANIFESTO DEL DESIGN DEL NON-FINITO – Postmedia Books, Milano 2018
6.    Autori Vari – LE UTOPIE DI MOBILITA’ URBANA -  registrazione vocale dell’incontro del 28 novembre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese
7.    Aldo Ciocia - LE UTOPIE DI MOBILITA’ URBANA -  testo della comunicazione all’incontro del 28 novembre 2019 al Festival dell’Utopia di Varese
https://drive.google.com/file/d/1EWaSUTwKgh9DTYy8aad2PZZ8GzN-eZxp/view?usp=sharing
8.    Autori Vari, a cura di Ilario Abate Daga – MOBILITA’ SOSTENIBILE NELLE CITTA’ CONTEMPORANEE: PUMS METROPOLITANI – su “Urbanistica Informazioni n° 286 del “luglio-agosto 2019”, pubblicata in aprile 2020
9.    Aldo Vecchi - L’UTOPIA (ITALIANA) DEL DIRITTO  A UNA CASA, PER TUTTI – su UTOPIA21 del luglio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1BX9Vb9D-20iw3gvlhLkN9jU1yTVWg5UR/view.



[A] Su Varese rileverei però, come utente, che l’offerta attuale di parcheggi di interscambio mi sembra limitata: arrivando da Sesto Calende finisco (finivo?) facilmente a parcheggiare sotto la centralissima piazza Repubblica (autosilo), perché di parcheggi di interscambio non se ne incontrano, né salendo da Mornago-Azzate (via Gasparotto/viale Europa), né da Cassinetta-Cazzago Brabbia (via Corridoni/viale Pietro Chiara).