domenica 28 gennaio 2024

UTOPIA21 - GENNAIO 2024: I LIVELLI ESSENZIALI DEI DIRITTI ABITATIVI

 


L’INU inserisce nella sua proposta di legge per il governo del territorio un decreto per definire nuovamente una quantità minima di spazi pubblici, in relazione alle imminenti autonomie regionali rafforzate e alla connessa definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali. Le mie perplessità, pensando alle priorità nel campo dei diritti abitativi, diritto alla casa e diritto alla città.

 

L’Istituto Nazionale di Urbanistica, nella stesura del testo della proposta di legge nazionale di principi per il Governo del Territorio (avviata con il Congresso di Bologna del novembre 2022, di cui ho parlato su Utopia21 del gennaio 2023 1), ha recentemente ritenuto opportuno2 introdurre un elemento di rigidità di carattere egualitario, relativo alla quantità minima di spazi pubblici per abitante, da definire con un successivo decreto, in qualche misura sulle tracce del Decreto Ministeriale n° 1444 del 1968 “sugli standard”, tuttora vigente anche se variamente tradotto dalle legislazioni delle singole Regioni.

Tale Decreto del 1968, in attuazione della cosiddetta “Legge Ponte” n° 765 del 1967, tra le altre disposizioni, fissava in 18 metri quadrati per abitante il fabbisogno minimo di spazi pubblici urbani (parcheggi e verde, scuole e altri servizi) nelle nuove zone residenziali “di espansione”, commisurandolo ai volumi edificabili (da 80 a 100 metri cubi per abitante): standard di 18 m2/abitante, che nelle zone già densamente costruite diveniva tendenziale e ridotto alla metà.  [1]

Questa novità nella proposta INU, che diverge dal contesto flessibilista e performativo, si configura soprattutto come un ‘paletto’ rispetto all’incombente disegno legislativo sulle autonomie regionali differenziate, caro alla componente leghista del governo Meloni (cui il partito della Presidente del Consiglio giustappone il progetto del ‘premierato’).

 

Sia la (flebile) proposta INU che la (robusta) iniziativa promossa dalla LegaNord [2] si muovono sul terreno del Titolo V della Costituzione, come modificata nel 2001 riguardo agli aspetti ”federali” della Repubblica, Titolo V ancora largamente non attuato e che prevede specificamente agli artt. 116 e 117, tra altre importanti disposizioni:

-       leggi nazionali di principi sulle materie “concorrenti” tra Stato e Regioni, materie tra le quali ricade il “governo del territorio”,

-       definizione dei “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale: tale definizione è indispensabile per poter procedere al conferimento alle Regioni di ulteriori competenze sulle materie delegabili (tra cui ad esempio energia ed istruzione), al fine di garantire le risorse minime necessarie anche ai territori economicamente svantaggiati; problema che in altri termini (determinazione dei “fabbisogni standard”) ha anche finora impedito l’attuazione del “federalismo fiscale” anche sulle materie già di competenza regionale, come stabilito dalla specifica riforma del 2009, in applicazione dell’art. 119 della Costituzione (sempre nel Titolo V modificato nel 2001).

Mentre mancano totalmente le “leggi di principi”, sul fronte dei “livelli essenziali”, negli anni scorsi significative porzioni sono state tracciate – almeno sulla carta – per la sanità (con il nome di Livelli Essenziali di Assistenza) e per la disabilità; non c’è tuttora comunque un quadro generale.

Spinto dall’urgenza politica delle “autonomie differenziate” il Governo ha inserito nella legge di stabilità ­­­per il 2023 un percorso – che voleva essere accelerato – per la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), avvalendosi di una Commissione Consultiva, presieduta da Sabino Cassese, e senza ripassare dal Parlamento (il che secondo molti commentatori è di dubbia costituzionalità): accelerazione che pare essersi impantanata dopo le dimissioni dalla Commissione dei membri più autorevoli non allineati politicamente al Governo (tra cui Giuliano Amato e Franco Bassanini), nel successivo generale disinteresse dei media.

In questi giorni la questione è tornata di attualità perché il disegno di legge sulle autonomie differenziate è arrivato all’aula del Senato, con l’ipotesi di una rapida approvazione anche alla Camera (prima delle elezioni europee di giugno), ma – pare – accantonando e differendo alla fase attuativa il nodo dei LEPS: una faccenda che, per garantire il minimo a tutti e lasciare più risorse ai più ricchi, comporta una maggior spesa, secondo i commentatori, dell’ordine di grandezza di 100 miliardi di € annui.

 

I ‘diritti abitativi’, ovvero il “diritto alla città”, e ad un territorio sano, e ancor prima il “diritto alla casa”, che non sono (ancora) esplicitati dalla Costituzione 3,4 (dove dal 2021 al Paesaggio si affianca l’Ambiente), anche se di fatto già tutelati da sentenze costituzionali, non figurano formalmente tra i “diritti civili e sociali” di cui all’art. 117 (2° comma, lettera m) della Costituzione.

Tuttavia mi pare opportuno da parte dell’INU, nel rivendicare una Legge di Principi per il Territorio, il tentativo di allargare anche in questa direzione il concetto dei “livelli essenziali”.

 

Dubito però che l’enunciazione di un rinnovato standard minimo nazionale di spazi pubblici per abitante aiuti ad una effettiva espansione ed universalizzazione dei diritti abitativi.

Si tratta infatti pur sempre e solo di inserire tali spazi nelle previsioni dei piani urbanistici comunali: previsioni che oltre 50 anni dopo la suddetta “Legge Ponte” probabilmente (nelle misure finora vigenti) sono state deliberate una o più volte in quasi tutti i Comuni, fatte salve sia la loro parziale non attuazione sia la decadenza dei vincoli ai fini espropriativi.

Il problema allora, ed invece, è quello – finalmente – di assicurare effettivamente a tutti i cittadini i “diritti abitativi”, al di là del disegno degli spazi pubblici nei piani urbanistici; nella consapevolezza che in buona parte dei Comuni i servizi minimi sono già conseguiti, almeno in termini quantitativi (con dotazioni medie di spazi anche ben superiori a 30 m2 per abitante) e che le criticità si distribuiscono soprattutto:

-       sotto il profilo spaziale

o   nei nuclei antichi e nelle periferie urbane più dense e/o più degradate,

o   nei paesi e borghi semi-abbandonati e dispersi delle cosiddette “aree interne”;

-       sotto il profilo tipologico – oltre ai deficit qualitativi, a partite dall’edilizia scolastica – nei servizi per l’infanzia (asili-nido), per gli anziani, per i disabili, per la salute di prossimità ed ancora, a monte, nelle carenze abitative per le famiglie povere (e molti salariati stanno diventando poveri), per gli immigrati, per le persone marginali oppure per categorie ‘temporanee’ come gli studenti fuori-sede (senza dimenticare le  barriere architettoniche che spesso impediscono l’accessibilità ai servizi esistenti).

Anche se manca un piano nazionale per il diritto alla casa, parte di questi bisogni sono stati individuati in provvedimenti specifici (come il PINQUA [3] oppure la Strategia Nazionale Aree Interne) e nella pianificazione locale, nonché in quel grande affresco dei desideri di riscatto costituito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 5,6.

 

Strumenti di sommaria programmazione che però dimostrano per lo più un notevole divario tra bisogni e risorse, motivo per cui queste vengono distribuite o viziosamente con criteri clientelari oppure virtuosamente tramite “bandi”, il che determina priorità di spese non dettate solo dalla gerarchia dei bisogni, ma anche dalla intraprendenza e abilità dei soggetti richiedenti.[4]

Una seria attenzione alle disuguaglianze territoriali dovrebbe invece comportare, oltre al reperimento di risorse notevolmente maggiori, una concentrazione di forze per colmare i divari dove risultano più acuti, con una vera programmazione territoriale, arrivando quando è il caso anche all’utilizzo di poteri commissariali sostitutivi per le amministrazioni locali inadempienti.

Oppure ancor meglio intervenire a monte e ripensare l’architettura delle autonomie locali, decentrando i poteri nelle metropoli e superando definitivamente la frammentazione dei piccoli Comuni (come ho già argomentato in altre occasioni 1).

 

Quanto sopra, salvo qualche differenza di accenti, è evidentemente ben noto nell’ambito dell’INU (da cui per altro traggo parte delle mie conoscenze [5]).

Per questo a maggior ragione trovo insoddisfacente l’ipotesi di un Decreto sulle quantità minime di spazi pubblici.

Standard significa “misura normale” ma anche “stendardo, bandiera”.

Se nell’ambito di una nuova legislazione per il territorio si intende sollevare uno stendardo, ed imporre delle garanzie minime di diritti per i cittadini a mio avviso bisogna andare oltre e cioè da un lato partire dal diritto ad una casa per tutti (e non solo generici impegni per un po’ di housing sociale) e dall’altro estendere il concetto di spazi minimi alla effettiva realizzazione dei servizi primari (e non solo alla previsione dei vincoli urbanistici a ciò finalizzati).

 

aldovecchi@hotmail.it

 

 

Fonti:

1.    Aldo Vecchi – RIFORMARE L’URBANISTICA? – su Utopia21, gennaio 2023 https://drive.google.com/file/d/1-hRvpegM2DZGt55SJpfIACeqUuX07z63/view?usp=share_link

2.    Carlo Alberto Barbieri e Paolo Galuzzi – FINALITA’ E PUNTI CARDINALI PER UNA LEGGE DI PRINCIPI FONDAMENTALI PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO E LA PIANIFICAZIONE – su Urbanistica Informazioni n° 311 – settembre-ottobre 2023, http://www.urbanisticainformazioni.it/_Barbieri_.html

nonché DIBATTITO PRESSO URBANPROMO 2023 https://www.youtube.com/watch?v=a_kUw8oNCH0

3.    Aldo Vecchi - L’UTOPIA (ITALIANA) DI UNA CASA, PER TUTTI – su Utopia21, luglio 2018 - https://drive.google.com/file/d/1Uzz_gkXHQdEy91sUiA_j2hlfobRsbv0m/view?usp=sharing

4.    Aldo Vecchi - RILANCIARE LE POLITICHE PUBBLICHE PER L’ABITARE? – su Utopia21, novembre 2022 - https://drive.google.com/file/d/1rPQBG8MZLR2pbpmSzAr5e-nqnaXX436n/view?usp=share_link

5.    Aldo Vecchi e Fulvio Fagiani – P.N.R.R.: CONSIDERAZIONI GENERALI – su Utopia21, gennaio 2021 https://drive.google.com/file/d/1NdnwcSjgfWo6u0W_sXvx_O7Y4311M5Gj/view?usp=sharing

6.    Aldo Vecchi – P.N.R.R.: L’EDILIZIA E IL TERRITORIO su Utopia21, gennaio 2021 - https://drive.google.com/file/d/1rkd1VOGaaMCXdo2gfELzGzqnswIPKufD/view?usp=sharing

7.    Isaia Sales – PNRR, IL PARADOSSO DEL SUD – su La Repubblica del 7 dicembre 2023 - https://www.repubblica.it/commenti/2023/12/07/news/sud_pnrr_paradosso_risorse-421592109/



[1] Inoltre per le città determinava ulteriori 16,5 m2 per abitante per servizi superiori e parchi urbani, per le attività produttive un minimo di spazi pubblici pari al 10% delle superfici di tali zone e per le attività terziarie m2 80 ogni 100 m2 di fabbricato.

[2] Più precisamente “Lega Nord per Salvini Presidente”

[3] PINQUA: Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare

[4] Come è rilevato, tra gli altri, da Isaia Sales su “La Repubblica” 7 e dall’ASviS, nell’ambito del Rapporto Territori 2023 (vedi mio articolo su questo numero di Utopia21), dove critica l’abbandono della metodologia place-based per l’allocazione dei fondi della Strategia Nazionale Aree Interne

[5] Non sto a citare specifiche fonti, tanto è vasta la pubblicistica INU sull’argomento, su cui addirittura su svolge a Roma da tempo la Biennale degli Spazi Pubblici, giunta nel 2023 all’ottava edizione.

UTOPIA21 - GENNAIO 2024: NON SI FERMA IL CONSUMO DI SUOLO

 



Il rapporto ISPRA/SNPA conferma le tendenze al consumo di suolo in Italia, variamente differenziato nei territori. Mentre si affina la tecnica di misurazione, le leggi regionali di contenimento mostrano scarsa efficacia e latita tuttora di fatto la politica nazionale, malgrado gli impegni a livello europeo.

 

Sommario:

-       prosegue il consumo di suolo…

-       l’atlante del consumo di suolo

-       il contenimento avviato dalle Regioni:

o   Toscana

o   Lombardia

o   Emilia Romagna

-       le iniziative legislative in Parlamento

 

Nota: questo articolo non esplicita le premesse storiche e culturali dei problemi affrontati, appoggiandosi sui miei precedenti testi, man mano di seguito richiamati, ed in parte raccolti nei “Quaderni di Utopia 21” n° 3 e 5 del settembre 2018 1,2 e n° 22 del settembre 2020 3)

 

 

PROSEGUE IL CONSUMO DI SUOLO…

 

La pubblicazione, nel recente mese di ottobre, dell’annuale rapporto sul consumo di suolo da parte dell’I.S.P.R.A. 4 per conto dell’intero Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (S.N.P.A., costituito dall’I.S.P.R.A. e dalle Agenzie Ambientali “ARPA” delle Regioni e Provincie Autonome), non ha suscitato particolare attenzione nell’opinione pubblica e sui media generalisti, malgrado l’evidente connessione tra questi fenomeni insediativi e le problematiche idro-geologiche drammaticamente evidenziata nei mesi precedenti dall’alluvione in Romagna (e in altri territori) e puntualmente ribadita poche settimane dopo in Toscana.

A ridosso dell’alluvione a Prato e dintorni, in novembre, si è svolto proprio a Firenze l’annuale convegno di UrbanPromo, che nella sezione “Green” ha annoverato un dibattito dal titolo “GOVERNO DEL TERRITORIO E SOSTENIBILITÀ” 5, in cui il tema del consumo di suolo è stato affrontato nei suoi termini “giuridici” (aree edificabili nei piani comunali) e “fattuali” (aree effettivamente trasformate), con attenzione soprattutto alla realtà toscana, ma anche con il confronto con Lombardia ed Emilia-Romagna e con la partecipazione del responsabile delle ricerche I.S.P.R.A. sul suolo, Michele Munafò.

 

L’intervento del dott. Munafò costituisce un agile riassunto del rapporto S.N.P.A., il cui messaggio sintetico è che il consumo di suolo complessivo nazionale, dopo una breve flessione nel periodo pandemico, ha ripreso a svilupparsi ai ritmi precedenti, mostrando quindi una tendenza divergente dai propositi virtuosi espressi a livello europeo ed anche nazionale [A]  di anticipare di fatto dal 2050 al 2030 l’obiettivo del “consumo zero”.

 

   

 

Attingendo direttamente alla Sintesi del Rapporto SNPA/ISPRA, sempre interessante è l’articolazione territoriale dei dati relativi al suolo consumato, sia riferiti agli ultimi anni, sia al risultato complessivo totalizzato:

 

-       LIVELLO REGIONALE

“In 15 regioni il suolo consumato stimato al 2022 supera il 5% (Tabella 4), con i valori percentuali più elevati in Lombardia (12,16%), Veneto (11,88%) e Campania (10,52%). La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti, con oltre 290mila ettari di territorio artificializzati (il 13,5% del suolo consumato in Italia è in questa regione).

Gli incrementi maggiori, in termini di consumo di suolo netto avvenuto nell’ultimo anno, riguardano Lombardia (con 908 ettari in più), Veneto (+739 ettari), Puglia (+718 ettari), Emilia-Romagna (+635), Piemonte (+617).”

 

-        LIVELLO PROVINCIALE

“Monza e Brianza si conferma la provincia con la percentuale di suolo artificiale più alta al 2022, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale e un ulteriore incremento di 48 ettari, dopo i quasi 11 dello scorso anno. Sopra il 30% troviamo anche le province di Napoli (35%) e Milano (32%), e sopra al 20% ci sono Trieste (21%) e Varese (21%) e, poco al di sotto, Padova (19%) e Treviso (17%). …

La provincia di Foggia è anche tra quelle con il maggiore aumento di consumo di suolo netto nell’ultimo anno (+313 ettari), insieme a Verona (+296 ettari) e Roma (+236 ettari), mentre i valori più bassi si registrano nelle province di Pistoia, Genova e Vibo Valentia, dove il consumo di suolo si attesta al di sotto dei cinque ettari.”

 

-       LIVELLO COMUNALE

“Roma Capitale è il comune con il consumo di suolo più elevato anche nel 2022 …, attestandosi a 124 ettari di nuovo consumo di suolo netto ...[B] Dopo Roma, compaiono Uta (in provincia di Cagliari) e Casalpusterlengo (Lodi), con, rispettivamente, 98 e 63 ettari di nuovo consumo di suolo netto nell’ultimo anno. Uta deve la quasi totalità delle sue trasformazioni a un grande impianto fotovoltaico di circa 80 ettari …, mentre a Casalpusterlengo circa 50 ettari di territorio comunale sono stati interessati dai cantieri della

S.P.141…”

 

                

 

Il problema dell’incidenza sull’occupazione di suolo dei nuovi impianti fotovoltaici, esemplificato dal suddetto caso del Comune di Uta, viene approfondito dal rapporto ISPRA/SNPA 2023 stimando – in alternativa alla posa sul terreno – la quantità che potrebbe essere installata sulle coperture esistenti e su pertinenze tipo i parcheggi, con le opportune esclusioni (centri storici, ostacoli tecnici, ecc.): “I risultati mostrano che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km2, ….” con “ una potenza installabile … compresa fra 70 e 92 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile complessiva previsto dal PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima) al 2030.”

(Ciò conferma in termini più scientifici quanto grossolanamente stimato, nel nostro piccolo, su Utopia21 nel 2021, già utilizzando dati e indicazioni di ISPRA e di Munafò).

Il rapporto vede con favore anche soluzioni intermedie, quali il cosiddetto agri-fotovoltaico, che lascia permanere le colture, solo parzialmente ombreggiate da “filari” radi di pannelli, riproducendo in termini tecnologici l’antico abbinamento del “seminativo arborato”.

 

 

La sensibilità dell’I.S.P.R.A. a tematiche specifiche di questo tipo (come anche per la logistica) è connessa al perfezionamento delle tecnologie e delle procedure con sui si produce il rapporto che contemplano, a valle del trattamento “automatico” dei rilievi satellitari, una interazione con Regioni e Comuni per meglio interpretare i dati grezzi, mentre le “categorie” di classificazione dei suoli, in armonia con le direttive europee, si sono affinate, sia riguardo alle occupazioni permanenti, sia riguardo a quelle “reversibili” ed alle coperture che non si considerano “consumo”, come da seguente elenco:

 

            

 

Le altre parti del Rapporto riguardano cause ed effetti del consumo di suolo e – come negli anni precedenti – l’intersezione tra i dati sul consumo e quelli sulle connotazioni qualitative del suolo: paesaggio, idro-geologia, colture.

Quanto sopra concorre a far riconoscere il sistema di monitoraggio italiano, che fa capo ad I.S.P.R.A., come uno dei migliori a livello europeo, primato che ci manca invece riguardo all’oggetto dell’indagine, cioè la quantità di suolo consumata.

 

 

L’ATLANTE DEL CONSUMO DI SUOLO       

 

Il rapporto è affiancato da un Atlante d’Italia in scala 1:250.000 8, da cui riportiamo un estratto concernente l’area “tra-i-laghi”, con l’avvertenza che la legenda attribuisce il nero al suolo consumato prima del 2022 ed il rosso all’ultimo anno, rosso che risulta quasi assente nell’area qui ritagliata.

 

 

IL CONTENIMENTO AVVIATO DALLE REGIONI:

-       TOSCANA

 

Con gli interventi di alcuni dirigenti ed un saluto (non solo rituale) dell’Assessore Regionale, la Regione Toscana – con qualche senso di colpa per la recentissima alluvione, attenuato però dal rimando a cause pregresse – ha esposto lo stato di attuazione dell’apparato normativo regionale, avviato con la legge n° 5 del 1995 (prossima al “modello INU” del congresso di Bologna di quell’anno, con la tripartizione tra le componenti strutturali, operative e regolamentari del piano comunale, che in Toscana assumono diverse denominazioni) e ad oggi costituito dalla L.R. 65/2014 e dal Piano Paesaggistico Regionale, puntando l’attenzione soprattutto sulla perimetrazione del “tessuto urbanizzato” e sul sistema di monitoraggio (nella parte finale del seminario sono stati illustrati casi specifici di rigenerazione urbana in progetto):

-       il procedimento di co-pianificazione tra Comuni, Province e Regione (cui spetta “l’ultima parola”), una volta definite le “invarianti” paesistiche e ambientali, individua nel riconoscimento dei confini del “tessuto urbanizzato” il passaggio fondamentale per contenere e ricompattare le espansioni urbane, premessa sia per il controllo sul consumo di suolo che per la riorganizzazione degli abitati;

-       all’esterno dei “tessuti urbanizzati” sono ammesse limitate previsioni insediative solo per infrastrutture e altri interventi di interesse pubblico, attentamente monitorate dalla Regione (che sulla base delle risultanze sta infatti meditando sull’opportunità di ulteriori restrizioni in materia);

-       tutte le previsioni di trasformazione, anche all’interno dei “tessuti”, vengono contabilizzate dal sistema informativo regionale, con criteri di calcolo che mirano a quantificarne anche la conseguente perdita (o guadagno) di “risorse ambientali” (che potrebbero corrispondere ai “servizi eco-sistemici” variamente resi dai suoli), cercando quindi di conferire omogeneità e concretezza alle “Valutazioni Ambientali Strategiche”;

-       nel contempo l’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali regionale svolge una sorta di ‘controprova’ per escludere che - attraverso la strumentazione comunale - l’attuazione del Piano Paesaggistico Regionale provochi danni allo sviluppo economico.

Dalle considerazioni degli stessi attori regionali emerge che tale raffinata elaborazione delle procedure di governo del territorio toscano riduce ma non esclude il consumo di suolo (sia all’interno che all’esterno dei “tessuti urbanizzati”); i discreti risultati raggiunti sono d’altronde attestati dai dati ISPRA di cui sopra; nel dibattito ad UrbanPromo però l’attenzione era (giustamente?) rivolta alle carenze delle risorse finanziarie pubbliche che sarebbero necessarie per rendere appetibili ed attuabili – anche nei piccoli centri e nelle “aree interne” – quegli interventi di rigenerazione urbana sul patrimonio edilizio vetusto e/o dismesso che costituirebbero valida e concreta alternativa al consumo di suolo libero: argomento particolarmente sostenuto dall’Assessore Stefano Baccelli (il quale per altro, in un dibattito nella giornata successiva di UrbanPromo, ha affermato di essere rimasto colpito da parole e dati dell’intervento di Munafò, riguardo al residuo aumento di consumo di suolo, anche all’interno dei tessuti urbanizzati).

 

 

-       LOMBARDIA

 

Per la Lombardia, il dirigente Roberto Laffi ha premesso una rilettura sulle graduatorie del consumo di suolo, che vede tra le regioni la Lombardia con il più alto valore assoluto e percentuale, rilevando invece i più virtuosi valori per consumo di suolo pro-capite (in effetti le situazioni peggiori, secondo SNPA/ISPRA, si hanno con urbanizzazioni rade, come in Molise, Basilicata e Val d’Aosta) e per consumo di suolo rispetto al Prodotto Interno Lordo.

Ha confermato tuttavia le preoccupazioni della Regione per il fenomeno, non abbastanza ostacolato dalle previsioni per i Piani comunali di Governo del Territorio, formati a seguito della legge regionale n° 12 del 2005 (che prevedeva blandi controlli da parte della Regione), gli effetti di tale pianificazione è stata monitorata alcuni anni dopo, constatando l’ipertrofia di molti Piani nella individuazione degli “Ambiti di Trasformazione” (in taluni casi fino al raddoppio della capacità insediativa comunale).

Ne sono seguite le leggi regionali n° 31 del 2014 sul consumo di suolo e n°18 del 2019 sulla rigenerazione urbana (da parte mia già illustrate e commentate su Utopia21 nel 2020) 9, di cui lo stesso Direttore Laffi ha evidenziato la lentezza di attuazione, con solo il 20% dei Comuni (pari però al 40% della popolazione regionale) che si sono già adeguati al necessario taglio degli “Ambiti di Trasformazione” su suolo libero.

Anche il dirigente lombardo ha convenuto sul differente comportamento del mercato rispetto alle potenzialità degli interventi di rigenerazione, che non richiedono incentivi a Milano od in altre aree urbane, mentre languono nei piccoli comuni e nelle aree periferiche della Regione, dalla montagna alle pianure agricole.

 

 

-       EMILIA ROMAGNA

 

Per la Regione Emilia-Romagna è intervenuto il dirigente Marcello Capucci, illustrando il punto di svolta nella attuazione della legge regionale n° 24/17 (anch’essa già da me riassunta e commentata su Utopia21 nel 2020, vedi Quaderno n° 22) 3 svolta determinata dalla imminente scadenza, a fine 2023, di tutte le possibilità edificatorie – esterne ai tessuti urbanizzati – previste dai piani comunali pre-vigenti, salvo quelle che a fine 2023 siano arrivate al compiuto convenzionamento, con versamento di oneri e assunzione di garanzie: scadenza che ha innescato una corsa a mettere in salvo tali diritti edificatori, probabilmente al di sopra delle effettive necessità e capacità di investimento.

Nei nuovi piani comunali, in parte già avviati od approvati (a partire dal comune di Bologna), e non più direttamente “conformativi” delle aspettative di trasformazione edilizia (conformazione rinviata agli “accordi” attuativi, quando conformi alle condizioni strategiche ed ambientali definite dai piani), risulta decisivo anche in Emilia-Romagna il tracciamento del confine dei “tessuti urbanizzati” (anche sulla scorta del “manuale” edito dalla Regione). Perché al di fuori di tali tessuti sarà possibile, di qui al 2050, trasformare solo un massimo del 3% del territorio libero, per comprovati motivi di interesse pubblico, al netto però delle infrastrutture e degli ampiamenti di impianti produttivi (“ampliamenti” su cui si sta giocando un braccio di ferro interpretativo tra privati, comuni e Regione).

L’effettivo contenimento del consumo di suolo è pertanto ancora assai problematico in Emilia-Romagna (come confermano i dati SNPA/ISPRA), Regione che – come evidenziato dallo stesso Capucci –, non avendo ancora un sistema di monitoraggio raffinato sui piani comunali, ha stimato sommariamente l’estensione dei “tessuti già urbanizzati” in 180/200 km2 per l’intero territorio regionale, e che però sta facendo i conti – vedi sopra – con una quantità analoga di previsioni dei vecchi piani, nel tentativo di sradicare la mala pianta della rendita sui diritti edificatori.

Inoltre il dirigente Capucci ha portato all’attenzione la recente esperienza del bando regionale per gli interventi di rigenerazione urbana nei piccoli comuni, con interventi spesso limitati ad un singolo fabbricato significativo, bando che ha rilevato in generale l’assenza di convergenti investimenti privati e quindi il solo sostegno dei fondi pubblici.

 

 

 

LE INIZIATIVE LEGISLATIVE IN PARLAMENTO

 

Mentre i temi del territorio e dell’ambiente – al di là degli atti strettamente dovuti per gli accordi internazionali – restano largamente lontani dall’attenzione del Governo, come dimostra la Legge di Stabilità, in Parlamento qualcosa si muove[AM1] ,     con un accordo procedurale tra Camera e Senato per l’esame nelle Commissioni dei disegni di legge, in parte recuperati dalla precedente legislatura, relativi alla “rigenerazione urbana” e al “risparmio del consumo di suolo”, senza per ora un calendario stringente.

Isolata risulta per ora l’iniziativa dell’onorevole Morassut (PD) per una legge generale sul Governo del Territorio, materia su cui sta maturando anche la proposta dell’INU, recentemente formalizzata (su cui mi riservo di tornare).

Nell’ambito del convegno UrbanPromo le Regioni hanno unanimemente espresso l’auspicio che il Parlamento pervenga ad una legge di programmazione pluriennale per i fondi necessari per la rigenerazione urbana ed alla rimozione degli ostacoli a livello giuridico e fiscale, ed il timore che il legislatore nazionale intervenga invece direttamente ed impropriamente sulle procedure della pianificazione e sugli indici di edificabilità (premi di cubatura per i recuperi), senza una logica territoriale.

 

aldovecchi@hotmail.it

 

Fonti:

1.    Aldo Vecchi – IL CONSUMO DI SUOLO – Quaderno n° 3 di “UTOPIA21”, settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-3-il-consumo-di-suolo.html

2.    Aldo Vecchi – SOSTENIBILITA’, DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – Quaderno n° 5 di “UTOPIA21”, settembre 2018 https://universauser.it/i-quaderni/quaderno-5-sostenibilita-dal-fabbricato-al-territorio.html

3.    Aldo Vecchi – IL DIBATTITO SULL’URBANISTICA (PRIMA E DOPO LA PANDEMIA) – Quaderno n° 22 di “UTOPIA21”, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1h6JNx1bSWyh69mTCshFCdCRSJtwVtPTs/view?usp=sharing

4.    I.S.P.R.A. - CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI. EDIZIONE 2023 -

https://www.isprambiente.gov.it/it/events/presentazione-rapporto-201cconsumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici201d

5.    URBANPROMO GREEN 2023 – GOVERNO DEL TERRITORIO E SOSTENIBILITA’ – Firenze, 7 novembre 2023 https://urbanpromo.it/2023/eventi/il-governo-del-territorio/

6.    Fulvio Fagiani e Aldo Vecchi - RINNOVABILI E PAESAGGIO: UN POTENZIALE CONFLITTO DA SCIOGLIERE CON TRASPARENZA – su Utopia21, settembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1gV7-_XuulCFPVRlLoAAeV2qlCN2i4PUz/view?usp=sharing

7.    Fulvio Fagiani - DOVE METTERE I PANNELLI FOTOVOLTAICI - su Utopia21, novembre 2021 https://drive.google.com/file/d/1ZAcSXcFvBf_DNt0LohsInSIznUkwMERf/view?usp=sharing

8.    https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/pubblicazioni-di-pregio/atlante-nazionale-del-consumo-di-suolo-edizione-2023

9.    Aldo Vecchi - LO STRABISMO DEL LEGISLATORE LOMBARDO SU SUOLO ED EDILIZIA – su Utopia21, gennaio 2020 https://drive.google.com/file/d/1SbIqx6XEtn5MepZNqsYeSvSf9cHOwB9U/view?usp=sharing

 

 

 

 

 



[A] L’anticipazione al 2030, già implicita nelle strategie europee, che prevedevano per tale data “l’allineamento del consumo alla crescita demografica” (e pertanto per l’Italia e diversi altri paesi europei in calo demografico passare ad una diminuzione del suolo consumato), è stata anche esplicitata nel “Piano di Transizione Ecologica” varato nel giugno 2022 dal Governo Draghi, e non smentita dalla versione 2023 della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.

[B] Il dato di Roma indica la permanente criticità delle previsioni insediative del Piano Regolatore dell’Urbe approvato all’inizio del secolo, in parte ereditate ancora dal Piano ipertrofico del 1962


 [AM1]