Mentre siamo in ansia per le
elezioni presidenziali francesi, comincio a preoccuparmi anche per quelle
italiane...
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In vena di perder tempo, mi sono
riletto i miei commenti sulla fase congresso-primarie 2013 del PD, quando avevo
finito per non partecipare alle primarie, pensando che la dispersione tra le
deboli alternative di Cuperlo e di Civati portasse alla fin fine a far
interpretare un forte afflusso ai gazebo (che ci fu, molto superiore alle mie
previsioni) come sostanziale consenso a Renzi.
L’attuale dispersione tra le
deboli alternative di Orlando e di Emiliano potrebbe portare al medesimo
ragionamento (visti anche gli esiti numerici del congresso), ma – in un
contesto internazionale ancora più inferocito (anche se il 2013 era già da
brividi, tra crisi greca e Stato Islamico crescente) – mi pare vadano
considerate le seguenti peculiarità:
-
Il drastico indebolimento di Renzi dopo la
sconfitta referendaria, che lo renderà più condizionabile, anche se vincesse le
primarie (come direbbero i sondaggi), sia dentro il suo correntone che nel
restante partito
-
L’incongrua fuori-uscita dei d’alemian-bersaniani,
che ha indebolito l’ipotesi di alternative interne al PD e di ricostruzione di
un qualche centro-sinistra, ma al tempo stesso ha in parte emendato Orlando
dall’impronta deteriore di “conservatore del vecchio apparato PCI” (che
purtroppo connotava Cuperlo, al di là delle sue intenzioni)
-
L’insopportabile prosopopea dell’establishment
del M5Stelle che ormai si propone come l’imminente governo di questo
controverso Paese.
Ferme restando le mie ampie
divergenze programmatiche, e pur nel dubbio che un eventuale Orlando Segretario
faccia perdere al PD più voti di quanti Renzi ne ha già persi (recuperando
forse, ma con molti forse, potenziali alleati a sinistra), penso pertanto che
andrò alle primarie per votare Orlando, almeno come testimonianza che – prima
del primo governo Di Maio (oppure Renzi-Brunetta o, non sia mai,
Salvini-Meloni) – era ancora possibile in Italia una speranza nella
ragionevolezza della politica.
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Dopo il recente sconcertante
flirt tra Grillo e il Direttore de “L’Avvenire”, che ha scoperto una elevata
assonanza programmatica tra Chiesa e M5Stelle - mi ha fatto piacere che la
cauta presa di distanze da parte del Segretario della Conferenza Episcopale
Italiana, mons. Galantino abbia battuto non sui tasti bio-etici e “parrocchiali”
(unioni civili, fine-vita, ecc.), ma su quello sociale dei profughi e migranti,
su cui il M5Stelle è da sempre quanto meno ambiguo.
Tuttavia il nodo su cui mi pare
più indigesto il M5Stelle, come rilevato da autorevoli commentatori, ma pare
purtroppo non dalla C.E.I. (né da milioni di elettori, in parte evasi dalla
sinistra), è la concezione dei rapporti tra cittadini/movimento/Stato (e
strettamente connessa la distribuzione del potere interno al non-partito),
sotto la propaganda della “democrazia diretta”, ma con sostanziale confisca di un vero controllo democratico sui
vertici del M5S (e un domani potenzialmente sui vertici dello Stato).
Né è tragica prova – a mio avviso
– il modo stesso con cui il M5S sta costruendo “in pillole” il suo nuovo
programma elettorale nazionale, con una consultazione aperta a circa 130.000
attivisti autorizzati ad accedere alla piattaforma “Rousseau” (pare su una più
ampia platea di catecumeni in attesa di benedizione, attorno a 500.000
account), tra cui però partecipano di fatto solo 20-25.000 cliccatori, in
rappresentanza di oltre 10milioni di elettori potenziali (senza che nessuno
apra un dibattito su tali divari quantitativi); le preferenze dei cliccatori
sui singoli temi (nel cui mucchio eclettico compaiono anche alcune istanze
apprezzabili, tipo ridiscutere le basi americane oppure la diminuzione degli
orari di lavoro) si combinano in un mosaico apparentemente
casuale (ma forse da qualcuno ben pilotato), senza che vi sia alcun verifica di
coerenza interna tra le scelte preferite dalla base, né di compatibilità dei
risultati con il mondo circostante (tipo bilancio dello stato e suo debito
accumulato).
Insomma non “volete burro o
cannoni?” (come chiedeva il Duce), ma “burro E cannoni”, perché così “vuole la
base”.
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Non credo che il metodo delle
“mozioni” (che pochi leggono) e del cammellaggio dei clienti delle diverse
cordate ai congressi (meno asfittico alle primarie, se circola molto popolo)
sia il non-plus-ultra della democrazia, e ritengo che il PD e le formazioni
alla sua sinistra abbiano molto da imparare (o re-imparare: esistevano anche i
congressi “a tesi”) riguardo alla democrazia interna effettiva ed alle
consultazioni tematiche di iscritti e simpatizzanti, anche tramite Internet.
Ma il metodo delle mozioni
alternative, come confronto di idee e programmi complessivi (potenzialmente
coerenti), e come selezione su queste idee e programmi dei gruppi dirigenti,
resta a mio avviso comunque ad oggi incomparabilmente preferibile alla
marmellata falsamente unanimistica del M5Stelle, dove non ci sono deleghe, non
sono autorizzate le ”correnti”, “uno vale uno”, ma chi decide sono comunque
Grillo e Casaleggio.
E mi preoccupa molto se tra
qualche mese quel ristretto e opaco gruppo di potere deciderà non solo per il
loro non-partito, ma anche per me.