ROSATELLUM 1 - INSIEME
Non è facile dire bene della
nuova legge elettorale, e tanto meno del metodo con cui è stata approvata a
colpi di fiducia, come autorevolmente denunciato anche dall’ex Presidente
Giorgio Napolitano.
(A posteriori, tanto valeva
mettere la fiducia sul precedente “Tedeschellum”, che a me non piaceva
altrettanto, ma che invece aveva il pregio di non dispiacere ad un arco
maggiore di gruppi parlamentari).
Del “Rosatellum” il pregio
principale è di essere abbastanza coerente, e soprattutto di superare il cumulo
di detriti derivanti dalla demolizione parziale, ad opera della Corte
Costituzionale, del Porcellum per il Senato e dell’Italicum per la Camera.
Il difetto principale invece, a
mio avviso, è quello di non facilitare l’emergere di una chiara maggioranza
parlamentare, come invece faceva in qualche misura il Mattarellum (con il 75% -
e cioè il doppio – di collegi uninominali) e avrebbe potuto fare l’Italicum se
opportunamente corretto (ad esempio con l’introduzione di piccoli collegi, e
soprattutto delle coalizioni al secondo turno, come è per i Sindaci; nonché,
per quanto possibile, con idonea estensione al Senato, che il referendum
costituzionale ha tenuto in vita immutato).
Berlusconi (cui la nuova legge
tatticamente più che ad altri conviene; per il PD c’è aria di autogol) ha
affermato che soluzioni maggioritarie sarebbero inadatte con rivalità tra 3 poli
anziché 2: sono convinto del contrario, come dimostrano sia le esperienze
inglesi (da un secolo Tory, Lib e Lab) e francesi
(centro-destra/centro-sinistra/terzi incomodi), sia lo stesso esordio
vittorioso di Forza Italia&alleati nel 1994 (allora i Popolari di Segni
correvano separati dai Progressisti); tutti casi in cui la scelta su chi far
governare risulta esercitata dagli elettori, con uno oppure due turni di
votazione.
ROSATELLUM 2 - DETTAGLI
Con riferimento ad altre critiche
di merito alla nuova legge elettorale, condivido quelle sul “Capo Politico”
(che cos’è?), per giunta riferito solo alle singole liste e non alle coalizioni
(così pure per i programmi: su cosa ci si coalizza?), mentre apprezzo la
limitazione degli effetti negative delle pluri-candidature ovvero candidature
di uno stessa persona in più collegi (attraverso l’automatismo dei subentranti
in base ai voti ricevuti e non più per opzione del pluri-eletto); infine NON mi
accodo a chi avrebbe voluto il ritorno alle “preferenze”, contro “il Parlamento
dei nominati”.
Mi pare infatti che il
suggerimento delle “liste corte”, emerso dalla Corte Costituzionale, vada in
parte incontro alle esigenze di trasparenza su chi si sta eleggendo, e rammento
i buoni motivi per cui nel 1991 si votò il referendum CONTRO le preferenze
(grossa fonte di corruzione e di connubi opportunistici tra candidati e tra
candidati e clientele); ma soprattutto vorrei considerare che COMUNQUE le liste
elettorali, su cui si vorrebbero esercitare le preferenze, le compilano le
Segreterie Nazionali dei Partiti e Movimenti (fatta salva l’autonoma volontà di
esercitare selezioni tramite “primarie”): pertanto è sempre una scelta tra
“nominati”.
La vera garanzia, per le
minoranze interne alle singole forze politiche (che rischiano di non esprimere
candidati in posizioni utili nelle liste), nonché per gli elettori, è che
risulti praticabile l’accesso di nuove forze nel Parlamento, soprattutto a
scala locale (ad esempio con la formazione di liste di dissidenti in risposta a
dispotiche esclusioni partitiche): il che è comunque più possibile con piccoli
collegi (come è nel Rosatellum), rispetto alle grandi circoscrizioni del
Porcellum e della vecchia legge proporzionale della “prima Repubblica” (leggi
che per altro non hanno fermato l’irruzione di nuovi soggetti, come la Lega
negli anni ’90 e il M5Stelle negli ultimi anni)
Sulla possibilità di “nuovi
ingressi” pesano anche meccanismi di dettaglio, quali il numero di firme da
raccogliere per ogni singola circoscrizione e le soglie di sbarramento (nella
nuova legge pari 3% nazionale per le singole liste e 10% per le coalizioni); ma
per l’elezione nei collegi uninominali vince comunque chi arriva primo, senza
verifica di soglie nazionali di lista, il che dovrebbe scoraggiare la candidatura
di “impresentabili”.
(In questo senso poteva essere
positiva anche l’ipotesi di “voto disgiunto”, che più in generale mi lascia
perplesso, perché può combinarsi con scambi clientelari e giochetti di potere
interne/esterne ai partiti).
(Questa mia attenzione ai “nuovi
ingressi” non è in contraddizione con le mie preferenze persistemi eletorali
maggioritari a doppio turno, perché da un lato mi interessa che i “nuovi
ingressi” siano sempre potenzialmente praticabili, più che non siano
effettivamente praticati, d’altro lato perché i conti per l alleanze si fanno
in quel caso soprattutto dopo il primo turno, e i numeri li decidono gli elettori e non i
sondaggi; alcune opposizioni, soprattutto a sinistra, forse dovrebbero cessare
di coltivare una insistente “vocazione minoritaria”, che difficilmente porta a
divenire maggioranza).
ROSATELLUM 3 – IL
MOVIMENTO 5 STELLE
Dall’opposizione frontale e
propagandistica del M5Stelle (pur in apparenza sfavorito da collegi uninominali
e coalizioni), emerge a mio avviso tutta l’inconsistenza strategica di tale
MoVimento, che aveva invece buttato, con il No al referendum, l’occasione per convergere
sull’Italicum: a prescindere dalla varie proposte avanzate dallo stesso
M5stelle, un sistema maggioritario a doppio turno – sulla carta – poteva invece
favorirli, come favorevole hanno spesso trovato la legge elettorale per i
Sindaci.
La vulgata originaria del
MoVimento (ai tempi ormai remoti del “uno vale uno” e della totale trasparenza
in “streaming” delle riunioni politiche, nonché delle “scatole di tonno” da
svelare agli italiani), era quella della imminente morte dei partiti e
contestuale liberazione dei cittadini, che presto sarebbero convenuti a votare M5S e conseguente crescita di una democrazia
diretta e digitale (una concezione che mi sembra squisitamente e letteralmente
“totalitaria”).
Poiché, malgrado gli indubbi
successi locali e nazionali (meglio tacere sulla collocazione al Parlamento
Europeo), al momento l’orizzonte più ottimistico per il M5Stelle è quello di
profilarsi alle elezioni come “primo partito”, mi pare manchi una organica
teoria per la transizione al “potere dei cittadini”, fermo restando (ad oggi)
il loro principio di non-alleanza con altre (ed immonde) forze politiche.
Ripetizione delle elezioni fino
allo sfinimento (con il triste precedente della repubblica di Weimar)?
Convergenza post elettorale di
parlamentari eletti in altre liste, ma improvvisamente perdonati dal loro
passato partitario (come ha accennato il candidato alla presidenza della Sicilia
Cancelleri, in un contesto tradizionalmente trasformista, dal Milazzismo” degli
anni ’50 alle maggioranze variabili di
Crocetta)?
Richiesta di benevoli astensioni ed
“appoggi esterni” in nome del diritto a governare del “primo (non)partito” (come
negato in streaming dallo stesso M5S a Bersani nel 2013)?.