In questa campagna elettorale di
evidente squallore (mi riferisco a quanto
gridato in TV e sulle prime pagine; sfogliando i programmi c’ è anche qualcosa
di leggibile, che mi riservo di commentare ‘sul serio’), sono riuscite
comunque a stupirmi le risposte a “Repubblica” (16 febbraio, pag. 6) di un
certo Ivan Della Valle, parlamentare uscente e – a quanto pare – recordman dei
mancati rimborsi dello stipendio parlamentare, con 270.000 €:
“Ho iniziato a
restituire molto meno di quanto dichiaravo quando è nato il direttorio e il M5S
ha smesso di essere quello per cui mi battevo dal 2008”
“… Non ho avuto il
coraggio di dimettermi”
“Fai sacrifici quando
credi in qualcosa. Quando non ci credi più diventa difficile”
I tormenti spirituali del
parlamentare uscente e cripto-dissidente mi ricordano, vagamente, quelli
narrati da Bertolt Brecht in “Vita di Galileo” (Einaudi, Torino 1963), quando
evidenzia i dilemmi dello scienziato prima e dopo l’abiura delle proprie teorie
cosmologiche davanti al Sant’Uffizio, accettando di ‘dissimulare il proprio
dissenso’ dal pensiero dominante, per evitare di finire abbruciato come
Giordano Bruno (e molti altri).
Storie simili sono accadute sotto
altre spietate tirannie e dittature, antiche e moderne.
Però devo essermi perso qualche
dettaglio nella storia contemporanea: i dissidenti del MoVimento5Stelle
rischiano la tortura e la vita (e allora il totalitarismo grillino si è sviluppato
davvero parecchio), oppure solo poltrona e stipendio (e allora viviamo ancora
in una democrazia pluralista, però frequentata da una bella fetta di opportunisti,
sotto diverse bandiere)?