Quale che sarà l’esito del
confronto istituzionale in atto per l’eventuale formazione di un nuovo Governo,
mi sembra il caso di evidenziare la grave carenza di ‘cultura politica’
mostrata in questa fase (ma già da ben prima delle elezioni) da tutte le
principali forze parlamentari.
Per cultura politica intendo qui
specificamente una coerente e razionale
visione (anche, ma non solo, di metodo) del percorso per raggiungere il potere di governo, stante il quadro
costituzionale e legislativo e la concretezza dei rapporti di forza tra i
consensi acquisiti con le elezioni (ma già largamente prevedibili mediante i
precedenti sondaggi), considerando in particolare che la nuova legge
elettorale, di impianto in prevalenza proporzionale, è stata concordata tra gran parte dei
soggetti in campo (e non contrastata, riguardo al suo segno proporzionale, dal
MoVimento5Stellle, che anzi pareva che la volesse proporzionale ancor di più).
A parte l’ubriacatura propagandistica
con cui i 2 leader risultati maggiormente premiati dalla dinamica elettorale
hanno continuato per giorni a proclamare, ciascheduno al vento, “Ho vinto e
quindi devo governare (perché il mio è il primo partito oppure la mia è la
prima coalizione)”, e la simmetrica ubriacatura da sconfitta per cui il PD ha
iniziato a dichiarare “ho perso e perciò devo stare all’opposizione” (anziché
constatare più semplicemente: “ho perso, ma non ha vinto nessuno”), mi pare che
tale incultura sia ancora più radicale, e così articolata:
-
Il Centro-Destra, che da sempre quando si unisce
tende a mascherare vistose contraddizioni interne, di carattere culturale e
programmatico, sotto un mantello propagandistico efficace (un tempo contro i
residui comunisti, poi contro le tasse, ora contro le invasioni di profughi e
migranti), non ha elaborato una valida ipotesi di ulteriori alleanze, perché ne
ingloba 2 divergenti (e annida
al suo interno una terza componente, Fratelli d’Italia, che teorizza il cambio
di alleanze come tradimento, forse ancora nel ricordo della coerenza della
repubblica di Salò salvo che a compierlo siano ex-avversari compiacenti,
eventualmente “acquisiti” dall’ex-Cavaliere Berlusconi, come comprovano gli
atti del processo al senatore de Gregorio):
o
Forza Italia, che auspicherebbe un appoggio da
parte del PD o meglio di parte del PD (perché il numero dei parlamentari da “acquisire”
in termini monetari e non politici sarebbe eccessivo anche per le tasche del
Cavaliere), ricambiando il patto Letta-Letta del 2013,
o
La Lega/Salvini, che non disdegna invece una
convergenza con i 5Stelle;
-
Il MoVimento5Stelle era partito da una compiuta
teoria delle non-alleanze e dell’auto-sufficienza, in quanto non-partito
funzionale al futuro governo diretto dei cittadini-in-rete, confidando che con
l’ostinazione nell’opposizione pregiudiziale e con la conseguente costrizione dei
vecchi partiti agli esecrabili inciuci, il suo consenso avrebbe continuato a
salire linearmente, fino a superare – con leggi elettorali proporzionali – il
fatidico 51% ed oltre, perché in realtà siamo tutti cittadini e prima o poi
dovremmo riconoscerci come tali (in rete), liberandoci definitivamente da quei
mostri dei partiti: un pensiero un po’ totalitario, ma coerente. Non coerente
però con le svolte connesse alla nomina di un solo “capo politico” (uno che
perciò “vale” molto di più dei singoli cittadini-in-rete, i quali continuano a
“valere uno”, o forse meno), che ha prima nominato un suo governo, poi ha
iniziato a teorizzare che – in caso di consensi inferiori al 51% dei seggi - avrebbe presentato il suo programma (ovvero
uno dei suoi programmi) a “tutte le forze parlamentari”; poi ha rilevato che
qualche forza parlamentare è da escludere perché “vecchia” (Berlusconi),
facendo salvi (o Salvini?) i pur longevi sodali e sostenitori di tale
vecchiume; poi ha fatto compilare al professor Della Cananea una bozza di contratto
programmatico di bigamia, valido per sposare la Lega oppure il PD (bozza
fondata sulla elisione e occultamento di gran parte dei problemi del paese,
dall’Euro alle pensioni fino allo stesso
reddito di cittadinanza); sull’eventuale contratto (con il PD) si dovrà
pronunciare “la rete” (cioè un centinaio di migliaia di iscritti a Rousseau),
il che non era stato enunciato per la simmetrica Ipotesi di contratto con
Salvini…..:mi fermo qui in attesa di ulteriori coerenti sviluppi;
-
Il PD ha ancora nel suo statuto una ormai
ridicola “vocazione maggioritaria”, con Segretario designato come premier, ed
ha cercato in queste settimane di trasformarla in una speculare “vocazione
minoritaria”, arrivando recalcitrante ad una possibile convergenza con i
5Stelle, come zig-zagando ed un po’ recalcitrando aveva accettato nel 2013 il
patto con Berlusconi per il governo Letta (poi trasformato in Letta-Alfano
ecc., dopo il coraggioso voto per la decadenza del pregiudicato Berlusconi dalla
carica di Senatore); conserva uno Statuto che prevede il ricorso alle primarie,
con milioni di potenziali elettori anche non iscritti al Partito, per scegliere
il suo leader, ma non contempla organicamente consultazioni di base per
decisioni strategiche quali le possibili alleanze post-elettorali (ed in queste
settimane fatica a riunire gli stessi organi collegiali – Direzione e Assemblea
– per decidere come farsi sballottare dal vento).
Siamo però fortunati, perché in
Parlamento c’è anche LiberiEUguali, i cui fondatori hanno sostenuto il NO al
referendum costituzionale anche in direzione anti-maggioritaria (e prospettando
una legislatura costituente, per farle davvero bene questa volta le riforme
costituzionali…) oltre principalmente all’abbattimento di Renzi (obiettivo raggiunto solo in parte,
perché Renzi a quanto pare rimane abbarbicato a brandelli del suo potere
correntizio: le correnti da rottamare erano forse solo quelle degli altri).
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Mi permetto a questo punto di
rammentare le mie modeste preferenze per un sistema elettorale maggioritario a
doppio turno, appena più decente dell’Italicum (che la Corte costituzionale ha
giustamente censurato ma solo in alcune sue parti): vedi elezioni parlamentari
francesi, oppure elezioni dei sindaci, oppure ex-provincellum.
Potenzialmente in questa tornata gli
elettori avrebbero dovuto scegliere al 2° turno tra DiMaio oppure Salvini
(scelta invero indigesta), ma almeno si escluderebbe di averli tutti e due insieme
al governo, e questo favorirebbe la chiarezza delle responsabilità nelle scelte;
con le coalizioni disomogenee (come sarebbe anche quella tra 5Stelle e PD),
sarà endemico lo scaricabarile sugli errori e sui risultati delle politiche
governative.