PREMESSA ALLA PREMESSA: MENTRE MI ACCINGEVO A LIMARE LE PAROLE DI
QUESTI MIEI CONTRIBUTI, LA CRISI POLITICA PARE PRECIPITARE IN ELEZIONI
ANTICIPATE, IL CHE PROBABILMENTE RENDE INAGIBILE LA “COSTITUENTE DELLE IDEE”.
TUTTAVIA MAGARI QUALCHE SUGGERIMENTO PUO’ SERVIRE, PER MIGLIORARE LA CAMPAGNA
DI OPPOSIZIONE DEL P.D. CHE FINORA (PER QUANTO RIESCE AD EMERGERE NEI
TELEGIORNALI) ARTICOLA IN MODO GENERICO E NON INCISIVO TITOLI PUR VALIDI COME
“SCUOLA” “LAVORO” “FISCO” (OLTRE ALLA LITANIA ”IL GOVERNO GIALLOVERDE LITIGA SU
TUTTO MA SI ACCORDA SULLE POLTRONE”, CHE ERA TAUTOLOGICA, MA NON DEL TUTTO
PRECISA).
Breve premessa politica alla compilazione del questionario “costituente
delle idee” da parte di un elettore critico, non iscritto al PD e talvolta
pesantemente dissenziente.
Come ho partecipato più volte alle primarie per la scelta del leader
del PD (o in precedenza della coalizione dell’Ulivo), ritengo opportuno, e
forse doveroso, contribuire a questa consultazione (di cui per altro non si
conoscono le “regole”, né ritengo sarebbe facile enunciarle: le idee si
contano? Si pesano? Ci si ragiona sopra, con il buon senso? Come si riconducono
ad un quadro coerente? Si raccolgono in “mozioni” differenziate? E poi come si sintetizzano in parole d’ordine
brevi ma non banali? – il tutto evitando i semplicismi con cui ad esempio è
stato assemblato e poi plebiscitato il programma elettorale del
MoVimento5Stelle attraverso la piattaforma Rousseau).
Ritengo che il PD – benché storicamente compromesso con il
neo-liberismo - rimanga in Italia l’unica forza politica consistente nel campo
del centro-sinistra e dell’europeismo ed in questa difficile fase sia l’unica
speranza di alternativa all’incombente ed imperante sovranismo xenofobo
imperniato sulla Lega di Salvini (evocato ed avvallato dallo scellerato
avventurismo del MoVimento5Stelle).
1
Lavoro e Diritti.
Preliminarmente penso sia
ineludibile per il PD riconoscere come errore la cancellazione dell’art. 18 (da
ultimo nella formulazione dell’emendamento “Damiano”, approvato dal Parlamento
ma disatteso dal governo Renzi) ed anzi assumere
nuovamente la tutela dei singoli lavoratori dai licenziamenti arbitrari (tutela
anche giurisdizionale, almeno in estrema istanza) come orizzonte di civiltà, a scala europea, ma comunque anche
ripartendo dall’ambito nazionale, e tenendo conto dei corretti indirizzi della
Corte Costituzionale contro gli automatismi per anzianità nel calcolo di
eventuali indennizzi alternativi al reintegro nel posto di lavoro.
Tale enunciazione, necessaria,
non risolve il problema del precariato, né quello della creazione di buona
occupazione, che richiedono altre politiche: tra queste rientra la detassazione
dei salari, contemplata dalla Vs. griglia (come anche dal confronto in corso
sul “salario minimo”), che però, per essere credibile, dovrebbe essere
correlata ad un ragionamento macro-economico complessivo su fisco, contrasto
all’evasione, finanza pubblica e contenimento del debito pubblico.
Il gruppo dirigente del PD ha
accumulato esperienze di affidabilità riguardo alla tenuta dei conti pubblici,
ma in un quadro di austerità penalizzante per i ceti subalterni (interventi del
governo Monti su età pensionabile e limiti agli ammortizzatori sociali,
corretti poi solo marginalmente da Letta-Renzi-Gentiloni); mi pare che fatichi
ad enunciare una svolta in stile “iberico” (Portogallo e Spagna contengono il
debito ma ridanno fiato ai bisogni popolari) e soprattutto a renderla
comunicabile.
Per parte mia avanzo in altra
sezione del questionario alcune proposte su fisco, ambiente e scuola, mentre
sul lavoro vorrei aggiungere che va combattuto frontalmente lo scandalo del lavoro semi-schiavile nella
raccolta degli orto-frutticoli, appena scalfito dalla legge contro il
caporalato: si potrebbe pensare ad una trasparenza di filiera sui prodotti, che
responsabilizzi gli stessi consumatori e ancor prima i gestori della Grande
Distribuzione, tra i cui 10 maggiori almeno due oltretutto sono Cooperative?
Utilizzo invece questa prima
sezione (non saprei sennò dove farlo) per elencare ed illustrare brevemente
alcune tematiche importantissime che vedo ignorate dal questionario:
A – Migrazioni: è opportuno cercare di dettare una propria agenda
di priorità, ma non ci si può nascondere di fronte all’offensiva altrui (il che
vale anche per “Quota 100” e “Reddito di cittadinanza”). Mi pare quindi
inopportuno che il questionario taccia su tale argomento, che ha visto il PD
oscillare – schematizzando - tra il “buonismo” del governo Letta ed il
“cattivismo” di Minniti.
Non ho contributi specifici da
offrire, ma poiché ritengo che occorra mettersi dal punto di vista dell’intera
umanità (e dell’intera biosfera da salvare) e non dei soli “italiani”, penso
che – fatti salvi i necessari riequilibri a scala europea, superando gli
egoismi di Dublino e sfidando i dinieghi di Visegrad – la strada sia quella di
allargare le maglie delle quote per i “migranti economici”, e rendere organici i “corridoi umanitari” per
i “richiedenti asilo”, legalizzandone la presenza anziché “clandestinizzarli”,
ed anzi coinvolgendoli obbligatoriamente in percorsi di formazione e di lavori
socialmente utili: premesse necessarie sia per gestire legittimamente i
necessari rimpatri (per chi non sceglie i canali legali, potendolo fare), sia
per controllare la possibile concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro (che
è maggiore quanto più la “irregolarità” induce a praticare il lavoro in nero).
(Vedi sopra anche la mia nota sulla raccolta di pomodori ed altro)
Una impostazione oggi impopolare,
ma che in realtà a mio avviso fa bene anche ai famosi “italiani”, sia perché
questo non è un mondo dove ci si salva da soli (clima, pace, dazi, ecc.), sia
perché a forza di chiudere le frontiere ad un certo punto gli italiani
scompariranno per crisi demografica (vedi punto B).
B - Denatalità: assunto il coraggio di affermare che i flussi
migratori sono a breve termine il miglior modo di correggere il calo
demografico (sia per la presenza diretta dei migranti tra le forze di lavoro,
sia per la maggior natalità dei nuclei familiari immigrati o misti), resta da
affrontare seriamente il tema del sostegno alla maternità (e paternità) ed
all’infanzia, superando le contrapposizioni ideologiche sulla “famiglia”, e
cogliendo il meglio dalle esperienze di Francia e Scandinavia; ad esempio –
anche se assai costoso - attraverso una diffusione e tendenziale gratuità degli asili-nido (essi
stessi occasioni per una maggior occupazione femminile). E poi con normativa di
tutela delle donne sul posto di lavoro. Con il fisco. Con una politica per la
casa per le giovani coppie (vedi punto C).
C – Casa: anche se (ancora?) non esplicitato dalla Costituzione tra
i diritti fondamentali, la disponibilità di un alloggio adeguato è elemento
primario per una vita dignitosa, oggi mancante per frange consistenti della
popolazione, quelle più colpite dalla crisi (e pazienza se tra i senza-casa
ritroviamo anche migranti e rifugiati). Mi sembra assurdo regalare il tema al
MoVimento5Stelle, che – pur dimenticandosene nel “Contratto-Di-Governo” –
stanno ora lanciando un progetto di legge “CasaMia”, fondato in parte sul
riciclo di fondi già disponibili e dall’altro sulla riesumazione del
“Contributi Gescal” (dilatando così il ”cuneo fiscale”). Penso invece che la
questione delle abitazioni debba essere un asse portante di una politica di
rigenerazione urbana, con consumo di suolo tendenzialmente a zero e riutilizzo
dei fabbricati inutilizzati, risanamento delle periferie, recupero delle “aree
interne” e contestuale riqualificazione energetica, ecologica ed anti-sismica
del patrimonio edilizio esistente (ben oltre i pur positivi assaggi
metodologici di “Casa-Italia” e la pioggerellina dei bonus fiscali ai pochi
volonterosi), nonché messa in sicurezza idro-geologica del territorio. Un
necessario programma pluriennale per consistenti investimenti, da finanziare in
parte attraverso una coraggiosa riforma fiscale (vedi anche mie proposte alla
voce Fisco del questionario) ed in parte attraverso l’attivazione del risparmio
privato (a partire dai proprietari degli immobili da coinvolgere). Ed anche un
asse portante per una politica industriale compatibile con l’ambiente ed
orientata al mercato interno (su cui far convergere anche le risorse dei
consistenti settori di imprese ancora controllate dalla mano pubblica).
D – Disarmo: la competizione tra USA, Cina e Russia per il dominio sul
mondo rischia di alimentare una corsa al riarmo, in cui l’Europa figura da
spettatore passivo, anzi subordinato agli USA. A mio avviso occorre rilanciare
una battaglia culturale per la pace, il disarmo e la non-violenza e ricostruire
un ruolo diplomatico dell’Europa negli organismi internazionali (fondamentali
gli ulteriori accordi necessari sul fronte climatico ed ambientale) e nelle
crisi locali; in questo quadro progettare la “Difesa Comune Europea” come
deterrente minimo contro le ingerenze esterne (tra le quali classificherei l’espansionismo
pan-russo, il militarismo cinese, il terrorismo jihadista, ma anche le residue basi
USA in Italia ed Europa), nonché come occasione di risparmio di risorse, da
convertire ad usi pacifici, e di europeizzazione e democratizzazione delle
Forze Armate (tornando anche a brevi periodi di servizio militare di leva, in
stile svizzero?).
2
Ambiente.
Ho l’impressione che il PD fatichi ad acquisire credibilità
sul fronte ambientale, non tanto per la bontà o meno delle proposte che di
volta in volta colleziona nelle mozioni e nei programmi, quanto piuttosto per
il retaggio di pesanti scelte industrialiste (vedi di recente il decreto
“sblocca-Italia” ed il conseguente miope irrigidimento sul referendum
“trivelle”) e per la prevalente cultura (e spesso carenza culturale) dei suoi
quadri (tanto da ispirare in questi giorni all’ex-segretario Walter Veltroni
l’ipotesi di una rinuncia/delega in favore di un ipotetico alleato “verde”).
La stessa separazione di questo punto
del questionario da quello della “politica industriale” (formazione, credito,
ricerca, fisco) è forse un sintomo di questa limitata attitudine culturale….
Personalmente non avanzo qui
proposte specifiche (oltre quanto suggerito per casa e territorio, vedi alla
voce Lavoro), perché già ha fatto di meglio a livello semi-istituzionale
l’ASVIS di Giovannini (che ha collaborato anche, con Fabrizio Barca, al
programma europeo dei gruppi socialisti alle recenti elezioni) ; mi permetto
inoltre di rimandare all’inquadramento approfondito su tutto l’arco delle
tematiche ambientali, a livello internazionale, sviluppato da Fulvio Fagiani
sul sito “Utopia21” (con cui collaboro).
Osservo inoltre in generale che –
nel taglio introduttivo del questionario su questo punto, come nei precedenti
programmi del PD - prevale un certo ottimismo tecnologico/macroeconomico, come
se la proclamazione di un ‘Green New Deal’ e i miglioramenti di istruzione e
ricerca comportassero automaticamente sia un incremento del PIL e della
occupazione, sia il conseguimento dei difficili obiettivi climatici ed
energetici.
Mi sembra cioè che manchi la
consapevolezza (oppure il coraggio di comunicare agli elettori) che gli scenari
macro-economici non sono univoci, che il contrasto ai cambiamenti climatici non
è una passeggiata in discesa e potrà comportare disagi, sacrifici e qualche
austerità nei consumi, che in attesa di una piena (e difficile) ‘economia
circolare’ occorre affrontare i rischi della scarsità tendenziale di alcune
risorse naturali (ed i costi economici ed ambientati per reperirle), che una
vera riconversione ecologica di agricoltura ed industria comporta profondi
mutamenti nell’occupazione e nell’alimentazione, che i massicci investimenti
necessari per una seria politica di bonifiche ambientali, di prevenzione
anti-sismica ed idrogeologica (anche se foriere di benefiche ricadute
occupazionali) richiedono forse contestuali rinunce ad altre priorità ed
abitudini.
3
Scuola.
Mentre la propaganda sintetica
recente del PD evidenzia la proposta della gratuità dell’istruzione, la griglia
del questionario suggerisce altri 3 aspetti: l’abbandono scolastico, i costi
dell’istruzione, la sicurezza delle scuole e ruolo/stipendi degli insegnanti.
A mio avviso la “scuola per
tutti” è veramente centrale in un programma di riequilibrio sociale e di
rinascita dell’intero Paese: in questa direzione la gratuità è necessaria ma
insufficiente ed il grande tema dell’abbandono scolastico va allargato da un
lato al contrasto alla inefficienza dell’insegnamento per vaste fasce di
allievi, anche se ”assolvono all’obbligo” (vedi recenti test INVALSI),
dall’altro all’obiettivo dimenticato di estendere l’obbligo scolastico fino ai
18 anni, veramente per tutti, ripensando adeguatamente all’assetto dei cicli
scolastici ed agli indirizzi delle scuole superiori, agli orari di apertura
delle scuole (e di palestre e laboratori), cogliendo il meglio dalle esperienze
dell’alternanza scuola-lavoro, ma anche dei “maestri di strada” e del servizio
civile (da rendere obbligatorio?).
Debellare il fenomeno dei
giovani-che-non-studiano-e-non-lavorano dovrebbe essere una priorità nazionale,
per esempio attraverso un pre-salario-di-cittadinanza che coinvolga tutti i
giovani (a partire dai minorenni ed in relazione al reddito famigliare), in
percorsi adeguati di formazione e di responsabilizzazione con prestazioni di
lavoro socialmente utile.
La mozione Renzi del congresso
2013 prometteva una consultazione sulla scuola svolta dal PD, che invece poi fu
sostituita dalla consultazione formale/informatica condotta (male?) dal
Ministero sul progetto della Buona-Scuola: ora la presente consultazione
individua come tema (ed interlocutore?) “la centralità del corpo docente”, e
probabilmente è un passaggio necessario, per proporre una riforma condivisa
dagli operatori.
Ma non si può viceversa fare una
riforma solo su misura degli insegnanti.
Ad esempio ritengo che un aumento
degli stipendi degli insegnanti abbia validità solo a precise condizioni:
-
di conformarlo comunque agli stipendi di
analoghe qualifiche degli altri rami del pubblico impiego, funzionari diplomati
e laureati che assumono spesso compiti delicati e grosse responsabilità, con un
orario di 36 ore a settimana, un solo mese di ferie e nessun avanzamento
automatico per anzianità (privilegio che gli insegnanti di ruolo condividono
con magistrati e militari),
-
di subordinarlo alla disponibilità a lavorare a
tempo pieno negli istituti scolastici (non necessariamente in cattedra per più
di 18 ore) per favorirne l’apertura con orari prolungati e attività
differenziate, ed accettando periodi di “comando” nelle scuole difficili di
periferia, dove è prioritario abbassare il numero di allievi per classe e dove
è assurdo che siano invece paracadutati gli ultimi precari privi di esperienza.
Per finire, “sicurezza delle
scuole” mi sembra un’espressione riduttiva, anche se purtroppo riguarda ancora
una quota consistente del patrimonio edilizio scolastico; l’obiettivo dovrebbe
essere una più ampia qualità di tutte le scuole pubbliche, anche in funzione
del ruolo di riscatto sociale che potrebbero assumere in molte realtà
territoriali.
4
Fisco.
Ben vengano proposte di revisione
di aliquote e scaglioni a favore dei redditi bassi (cioè l’opposto della flat
tax) e la promessa di ridistribuire, quando conseguiti, i proventi del
contrasto all’evasione, come accenna la griglia del questionario (sbagliato
invece venderne in anticipo i mirabolanti risultati, perché a priori non ci
crede più nessuno).
Mi sembra però che – assumendo
come asse politico-culturale la riduzione delle crescenti disuguaglianze (vedi
Piketty, Barca, ecc.) - ci sia da lavorare in altre 3 direzioni (oltre che
verso una opportuna patrimoniale, che però pare un tabù non pronunciabile in
area PD), anche perché molte ricchezze esulano comunque dal concetto di
“reddito”:
-
il contrasto internazionale ai paradisi fiscali
(compresi quelli interni all’Unione Europea, che inducono uan corsa al ribasso
nella tassazione dei profitti), la cosiddetta “web-tax” e la dimenticata
“Tobin-tax” (contro le speculazioni finanziarie a breve termine): tutti temi
ampliamente studiati e dibattuti, su cui ci vorrebbe però un bel po’ di energia
in più, soprattutto in Europa (in parallelo con l’opposizione allo strapotere
monopolistico dei giganti del web e connessa battaglia per la privacy contro
l’abuso della profilazione dei dati personali);
-
la riforma della tassazione dell’intero settore
immobiliare, in funzione del “diritto alla casa”, mediante:
o
riforma del catasto, come già pronta da
approvare ed abbandonata dal governo Renzi, per adeguare le tassazioni ai
valori effettivi;
o
ritorno della tassazione sulla prima casa, al di
sopra di uno standard di “minimo vitale” (la legislazione italiana contempla i
Livelli Essenziali di Assistenza in campo sanitario: ben può definire i Livelli
Essenziali Abitativi);
o
detrazione dal reddito delle spese per l’affitto
(fino al suddetto “minimo vitale”), con effetto anche di contrasto all’evasione
fiscale sui canoni d’affitto percepiti dai proprietari;
o
sostegno al reddito per il pagamento degli
affitti, per chi ne ha bisogno;
o
tassazione progressiva nel tempo per tutti i
fabbricati non utilizzati (ad esclusione delle cosiddette “aree interne” in via
di spopolamento) per spingerne alla locazione o vendita;
o
soppressione o quasi della tassa di registro,
che penalizza le compravendite in quanto tali, e tassazione invece delle
plusvalenze immobiliari, sia sui fabbricati che sui terreni;
o
aumento notevole degli “oneri di urbanizzazione”
per i suoli agricoli trasformati (in attesa di arrivare al “consumo di suolo
zero”), da conferire non ai comuni bensì alle ex-provincie (per consentire
ragionevoli scelte di localizzazione in “area vasta” e scoraggiare la
concorrenza al ribasso tra i singoli comuni), e forte riduzione dei suddetti
oneri per gli interventi di trasformazione delle aree già edificate;
o
monetizzazione dei diritti di proprietà, in
tutti i casi in cui frammentazioni, contrapposizioni, liti, fallimenti
impediscano un rapido reimpiego dei fabbricati per varie ragioni inutilizzati
(con un fondo di rotazione per acquisizioni temporanee alla mano pubblica, e
successive cessioni sul mercato stesso).
-
la riforma dell’IVA in senso ecologico (come accennato anche
nella mozione Zingaretti al recente congresso PD), per riqualificare produzione
e consumi, generalizzando una logica da “carbon tax”.
Si tratterebbe
ad esempio di introdurre una quarta aliquota, nettamente superiore, verso il
30% o 33% (e rivedendo nel contempo con i medesimi criteri la ripartizione
degli altri prodotti nelle 3 aliquote inferiori, magari riportando al 20%
l’aliquota ordinaria) per i prodotti di lusso e/o particolarmente superflui (od
inutilmente esotici), e per tutti quelli che presentino negativi risvolti
ambientali, sia nelle fasi di produzione e commercializzazione, sia nelle fasi
di utilizzo e smaltimento finale, riguardo a:
o
consumo di suolo agricolo (fabbricati, impianti
produttivi ed energetici)
o
consumo di energia (veicoli ed elettrodomestici,
ed anche fabbricati, con consumi elevati; merci con eccessivi consumi
energetici per i trasporti)
o
emissioni di inquinanti (liquidi, aeriformi,
acustici, luminosi)
o
produzione di imballaggi e di rifiuti residuali.