Questo punto di vista, però, pur assumendo come sfondo la crisi
economica, sociale e culturale, sembra
di fatto spaziare solo tra i diversi modelli di gestione dello Stato (socialdemocratico,
arcaico-clientelare e minimo-liberista), individuando da qui la necessità di nuovi
partiti e soprattutto, a sinistra, di un “partito nuovo”, non abbarbicato alla
gestione dello Stato ed alle relative carriere, e invece capace di sviluppare
democraticamente lo “sperimentalismo cognitivo” necessario per una effettiva
governabilità “dal basso”, in un epoca in cui non possono esistere modelli
universali.
Le riforme postulate da Barca per una evoluzione positiva della forma-partito
sono in generale molto condivisibili: astinenza da incarichi pubblici,
finanziamento diretto volontario, partecipazione politica disinteressata, ruolo
dei giovani e degli operai, dialogo con interlocutori e associazioni indipendenti,
rispettandone l’autonomia, ecc.
Quello che non convince di tutto
il discorso non è se un siffatto partito sia necessario, bensì se sia possibile,
alla luce della natura sociale della crisi (società liquida, atomizzazione
individuale dai contratti di lavoro alle esperienze di vita e cultura, ecc.,
ben oltre la specifica questione dello “Stato” ) e delle ragioni storiche della
attuale “degenerazione” degli stessi partiti.
Anche perché Barca cita ampiamente “Finale di partito” di Marco Revelli
nelle note bibliografiche, ma in realtà non fa i conti con le “scientifiche”
dimostrazioni di Revelli sulla sostanziale impossibilità di ricostruire in
questa società i partiti di massa.
Non so se Revelli ha ragione (a giorni pubblicherò sul Blog la mia
recensione sul suo brillante saggio), ma certo Barca non si scomoda a smentirlo, e si impegna invece a descrivere
come dovrà essere il “partito nuovo”, senza spiegare come sarà possibile
costruirlo in tal modo (con quali soggetti, quali strategie, quali alleanze,
oltre alla sua buona volontà di girare per i vari circoli del PD).
L’affermazione di ciò che “deve essere” non è sufficiente a dimostrare
che “potrà essere”.
Inoltre Barca pare manifestare una identità esplicitamente di sinistra
solo con “l’addendum” finale, ancorato alla Costituzione, ma ristretto ad una
visione euro-centrica e “sviluppista”, perché privo a mio avviso di una sensibilità
planetaria dei problemi, sotto i seguenti profili strategici:
-
la dimensione extra-nazionale del “finanz-capitalismo”- i bisogni di tutti gli umani (e anche degli altri esseri viventi)
- la limitatezza delle risorse naturali.
Concordo con la necessità di costruire il nuovo sapere dialogando senza
modelli pre-costituiti, ma occorre a mio avviso porre nel dialogo tutte le domande
importanti, sennò rimarranno obbligatoriamente senza risposta.