Della tassazione della casa mi
sono già occupato a lungo, per cui rischio di ripetermi; tuttavia mi girano per
la testa alcune ulteriori considerazioni.
1 - La soppressione della tassa
sulla prima casa costituisce ora il fulcro della legge di stabilità impostata
dal governo Renzi e la cosa appare ormai praticamente decisa, perché
l’opposizione annunciata dalla minoranza del PD, rimanendo nelle aule parlamentari,
non potrà avere successo, non godendo di solide sponde esterne all’area
governativa (come invece è stato in parte nel dibattito sulla riforma
costituzionale).
Diverso sarebbe l’esito se la
battaglia fosse condotta dentro la base elettorale del PD (a maggior
ragione se abbinata allo sconcertante
tema della soglia per gli acquisti in contante innalzata a 3.000 €), ma non
certo chiedendo a Renzi un referendum che non verrà concesso, bensì con una
iniziativa autonoma e capillare dal basso, che però mancherà, come mancò sul
cosiddetto “Job act”, e che enuncio
accademicamente, perché con questa sinistra Dem (ma anche con l’attuale
sinistra extra-Dem) è pura fantapolitica.
2 - Sul merito della questione mi
hanno colpito le argomentazioni in difesa del Governo portate non da NCD (cui
basta rammentare che è una scelta di destra, come in effetti è), né dai
Renziani-Doc, che possono anche permettersi di usare alti concetti quali “la
sinistra Dem cerca occasioni di rivincita sul Congresso” (trascurando il fatto
che la mozione di Renzi non scopriva le carte di tali futuri capovolgimenti di
linea, seppur annusabili nelle varie Leopolde), bensì da vari
Renziani-Di-Complemento, che cercano di sollevare la decisione all’ambito
razionale (anche per far dimenticare il diverso orientamento assunto in
passato): tra questi, il vice-ministro Morando, il responsabile economico della
Segreteria Taddei, la vice-presidente del Senato Valeria Fedeli (VEDI DETTAGLIO
IN APPENDICE).
Tutto questo zelo conformista
nella maggioranza PD mi sembra preoccupante: qualunque coniglio Renzi estragga
dal suo cappello a cilindro (e non certo dalle tesi approvate dal congresso)
trova un immediato e bulgaro consenso nell’intero gruppo dirigente,
probabilmente non previamente consultato, ed anche a costo di esporre
argomentazioni contorte, tipiche dei preti-senza-fede, ma ben allineati alla
Chiesa.
Sarebbe più onesto se i
filo-governativi dicessero: con gli 80 € in busta paga del 2014 abbiamo aiutato
lo strato medio-basso dell’elettorato; adesso andiamo a cercare i voti di ceti
medio-alti, perché ci serve il loro consenso (si potrebbe forse nobilitare la
manovra come “politica delle alleanze”). Continuerei a non concordare, ma
almeno non mi sentirei preso in giro da tali grossolane mistificazioni.
3 – Qualcuno degli zelanti
sostenitori si era spinto anche a
difendere la soppressione dell’IMU per grandi ville e castelli,
classificate dal vigente zoppicante Catasto come A1 A8 A9, che poi Renzi
demagogicamente ha invece confermato
(mentre giustamente i proprietari di storiche magioni sono sorretti da
esenzioni fiscali quando restaurano beni vincolati).
La abortita riforma del Catasto
avrebbe forse raddrizzato l’attuale guazzabuglio (che nasconde nella classe A2,
ed anche più in basso, abitazioni in realtà signorili e rustici e casali molto
ben ristrutturati).
In sua assenza, il problema non è
di dare in pasto all’opinione pubblica la permanenza di una tassazione su poche
prime case classificate ufficialmente di lusso, bensì di chi si avvantaggerà
dei quasi 4 miliardi di € di esenzione della restante TASI: non certo i
senza-casa, né gli inquilini, né i proprietari di case modeste (cioè la grande
maggioranza della popolazione, che intanto, malgrado i famosi 80 €, paga la
maggior parte delle tasse sul reddito).
4 – Quasi nessuno parla più
dell’aspetto centralistico della soppressione della TASI, con il conseguente
finanziamento indiretto dei Comuni da parte dello Stato; in particolare sembra
che non ne parlino i Sindaci e l’ANCI, che appaiono soddisfatti della conferma per il prossimo anno dei
trasferimenti dallo Stato senza ulteriori tagli (e senza nessuna garanzia per
il futuro).
A me invece la abolizione dei più consistenti tributi propri in favore
degli enti locali pare una grave regressione rispetto ai modesti livelli di
“federalismo fiscale” (e conseguente responsabilizzazione di bilancio per i
Sindaci) che si erano raggiunti dopo decenni di retorica sul decentramento dei
poteri, retorica non solo leghista (penso alla quasi omonima “Lega delle
autonomie locali” che univa ed unisce comuni e provincie di sinistra dai tempi
della Prima Repubblica).
Appendice: ARGOMENTI PRO E CONTRO
LA TASI
Senza ripercorrere le singole
esposizioni della maggioranza PD, rilevo la presenza ricorrente di alcuni argomenti
ed affianco di seguito le mie risposte, che mi sembra sgorghino con facilità (e che
assomigliano molto ai concetti espressi da
molti commentatori indipendenti e non anti-governativi, ad esempio su La
Repubblica e su La Stampa):
A - Quanto poco pesano i 4
miliardi di € della TASI rispetto all’intero ciclo delle leggi di stabilità
Renziane, dal passato (con i gloriosi 80 € in busta-paga) alle promesse per il futuro
A - mi sembra che discutendo la stabilità per il 2016, i suddetti 4 miliardi siano il piatto forte, da cui non si scappa
B - Quanto i suddetti 4 miliardi
siano contornati da tutta una serie di misure, per i poveri, per le case
popolari, per le imprese, ecc. ecc.,
ognuna delle quali è quotata per meno di mezzo miliardo
B - quindi a mio avviso non contiene nessun segnale forte in alternativa (personalmente avrei apprezzato, invece del taglio ad alcune tasse, un grande intervento per il risanamento idrogeologico del paese)
C - Quanto poco sia affidabile il catasto, su cui
si fonda la graduazione della TASI, per cui è meglio non farla pagare a nessuno
C - argomento irricevibile da parte di un governo che ha appena affossato (senza pubbliche motivazioni né indicazioni alternative) la riforma del catasto, decreto delegato a cui i governi hanno lavorato per anni e che era pronto per essere applicato (portando un po’ di equità anche nelle seconde e terze case)
D - Quanto sarebbe erroneo
mischiare criteri di reddito, in una ipotetica conservazione e riforma di una
TASI più equa, perché i furbi che evadono/eludono l’IRPEF ne sarebbero avvantaggiati
D - sopprimendo del tutto la TASI (e non riformando il catasto) sono comunque ancor piu’ avvantaggiati
E - Quanto sia estesa la
proprietà della casa, per cui diffusi saranno i benefici ed i conseguenti
aumenti dei consumi, volti a compensare il probabile calo della domanda estera
E - ma la TASI pesava in modo progressivo in funzione al valore delle case, per cui la sua soppressione libera risorse soprattutto per i ceti medio-alti, la cui propensione ai consumi è frammista al risparmio e alla speculazione finanziaria (come si è già visto con le precedenti sospensioni berlusconiane dell’IMU)
F - Quanto i benefici siano
estesi anche agli inquilini, per la loro piccola quota di TASI
F - si trascura il fatto che la spesa per gli affitti non è detraibile dall’IRPEF (come invece sono i costi dei mutui)
G - Per finire, sull’Unità del 24 ottobre, un
trafiletto anonimo riporta in modo parziale alcuni dati statistici elaborati
dalla (solita) CGIA di Mestre, evidenziando che la maggioranza dei proprietari
di casa sono “pensionati-operai-impiegati” ma omettendo quanto la CGIA espone
riguardo alla quota parte di proprietari tra i ceti medio-alti (prossima al
100%) e la minor quota tra i suddetti “pensionati-operai-impiegati” (tra i
quali molti di più sono gli inquilini)
G - si veda la stessa fonte CGIA come riportata da Repubblica; e
soprattutto si rammenti che l’attuale esenzione TASI già raggiunge buona parte
dei ceti medio-bassi, per cui il premio della soppressione del tributo va quasi
totalmente in tasca ai medio-alti, che ovviamente hanno case di maggior valore