Lungo la mia vita scolastica, dalle elementari al liceo, nelle scuole pubbliche di Borgomanero e poi di Arona (ad un’ora di treno da Milano), il ritmo delle stagioni non era scandito solo dai trimestri con le pagelle, ma dalla Messa di inizio d’anno, dalla Messa di Natale e da quella di Pasqua, quest’ultima con i plotoni di allievi condotti alle Confessioni: mi pare non ci fosse, o l’ho dimenticata, una Messa di fine anno (con Te Deum di Ringraziamento).
Quando eravamo più grandicelli alla fine d’anno aggiungemmo, di nostro, un primo bagno nel Lago, anche l’acqua era ancora fredda.
Fu un bel balzo approdare alla Facoltà di Architettura di Milano (non del tutto impreparato, perché preceduto da sorella e fratello) dove ben altri erano i riti, anch’essi in parte stagionali: l’assemblea e le occupazioni, le mozioni e gli emendamenti, i documenti con le dovute citazioni di De Saussure e di Marx (ma quello giovanile dei Grundrisse); e ancora non era arrivato il 68…
Quelle dunque erano le ”tradizioni”, fondate sulla concezione (totalitaria) di una comunità coesa attorno a comuni valori religiosi (e andando più indietro di qualche secolo non si disdegnava, per tradizione, di abbruciare talora qualche eretico e qualche strega).
Invece già eravamo allora, e a maggior ragione siamo adesso, in una società complessa e pluralista, e lo saremmo anche senza i corposi flussi di immigrazione straniera.
In tutta la polemica sui presepi, anche se ho letto con piacere diversi interventi equilibrati, mi ha colpito la deriva di commentatori come Gramellini e Michele Serra dietro al diffuso pensiero che “è sbagliato per rispettare l’identità degli immigrati mussulmani rinunciare alla nostra identità”, identificando tale identità con i presepi ed i canti natalizi.
Mi pare che si debba capire qual è la nostra identità, distinguendo tra i valori religiosi di una parte di noi (sia pure di una tradizionale rilevante maggioranza) ed i valori comuni a tutti gli italiani (e quindi valori nostri), che sono quelli costituzionali della libertà e pacifica coesistenza di tutte le religioni.
Anche se nella Costituzione è recepito il Concordato con la Chiesa Cattolica, non è più il testo del 1929 (coerente con lo Statuto Albertino, che si limitava a “tollerare” le altre religioni), bensì per l’appunto quello riformato nel 1984, che tra l’altro ha reso facoltativa l’adesione all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.
Questa è a mio avviso l’identità, costruita con fatica e tramite conflitti dentro alla storia dell’Occidente (sintetizzando eredità cristiane e non cristiane) e recepita da pochi decenni nelle istituzioni italiane, cui non si deve rinunciare di fronte agli attacchi terroristici del fondamentalismo jahidista come di fronte alle difficoltà di integrazione di masse di immigrati islamici e di altre religioni; tanto meno per ritornare al fondamentalismo cattolico.
Non è facile però tenere la barra dritta, perché gli attentati di Parigi vanno oltre le usuali ventate che piegano la barca della pubblica opinione di qua e di là (come in senso buonista è stato in agosto scorso con le foto del bimbo siriano affogato sulle sponde dell’isola greca): questa tempesta è in grado di scardinare l’assetto strutturale di tutte le navi dell’intera flotta occidentale, spostandone per lungo tempo il baricentro.
Da un punto di vista evangelico, inoltre, ho apprezzato alcune frange del mondo cattolico che hanno rilevato elementi di blasfemia nel brandire crocefissi e presepi e nell’intonare canti natalizi da parte di personaggi politici che incarnano sostanzialmente programmi di egoismo sociale e di chiusura verso chi soffre (come i profughi ed i migranti); blasfemia che a mio avviso nella nostra società da decenni inoltre circonda il Natale soffocandolo nel peggior consumismo edonistico.
PERVENUTO TRAMITE E-MAIL
RispondiEliminaGrazie di questa lucida analisi. Mi ci ritrovo completamente. Mi manca la.parte università, ma la mia scuola.di laicità, essendo stata.educata nella.religione cattolica ed avendo frequentato solo scuole private delle Suore ---, e' stata il consiglio di fabbrica della -------, il sindacato e i miei compagni operai (io ero impiegata), che sono rimasti i miei veri amici. Lì ho imparato ancora di più (anche se già me lo avevano insegnato i miei genitori) a parlare con tutti e a rispettare coloro che si dicevano atei, ma che hanno sempre.avuto per me, credente, un rispetto infinito.
Per questo mi fanno un po' sorridere tutte queste polemiche su presepio si presepio no. Ognuno nel suo cuore.può credere a quel.che vuole e nessuno glielo può portare via, anche senza simboli esteriori.
I.Z.
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RispondiEliminasiamo tutti vittime del nostro tempo. consiglierei la lettura (o rilettura) dei Vangeli, del Corano, della Bibbia, o di altri testi o tradizioni Sacre
U.C.
PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
RispondiEliminaSONO D'ACCORDO, ANZI DA AGNOSTICO PROPRIO ME NE INFISCHIO DI TUTTI I RITI DI TUTTE LE RELIGIONI.
LE GUERRE DI RELIGIONE PORTANO APPUNTO ALLA GUERRA.
FRATERNI SALUTI
(COSI' CI SALUTIAMO TRA ISCRITTI ALL' A.N.P.I.)
M.T.