Un
tentativo di comparazione (orientata ai temi della sostenibilità
socio-economica ed ambientale) tra i
programmi elettorali presentati dalle principali forze politiche nelle recenti
consultazioni per il rinnovo del Parlamento, nella consapevolezza delle
distanze tra propaganda gridata, testi dei programmi ed intendimenti effettivi
dei partiti, ma anche della importanza di conoscere il ‘patrimonio ideologico’
dei gruppi che si contendono la rappresentanza degli elettori, per l’improba
speranza di far evolvere diversamente il sentire comune.
SOMMARIO:
PREMESSA
EQUITA’
DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, (MIGRAZIONI)
DISARMO,
SPESE MILITARI, ARMI NUCLEARI
AMBIENTE,
CLIMA, ENERGIA
DEFICIT,
DEBITO, EUROPA
DISUGUAGLIANZE,
DISOCCUPAZIONE, FISCO. (FINANZA INTERNAZIONALE)
DIRITTI
(E DOVERI)
CONCLUSIONI
(NECESSARIAMENTE PARZIALI)
PREMESSA
La
recente campagna elettorale si è svolta per lo più (come sempre, d’altronde?) a
colpi di slogan, insulti e delegittimazioni reciproche tra i “capi politici”,
colpi fondati quando possibile sulla più recente attualità della cronaca (spostandosi
però dai muri e dalle piazze, dai giornali e dai bar, verso i tablet e gli
smartphone, e confermando tuttavia un ruolo centrale, ma rinnovato, alle
televisioni1), perché è così che pare si conquistino i voti
potenzialmente indecisi (oppure si nauseano definitivamente alcune fasce di
elettori, accentuando le tendenze all’astensione).
Le
future politiche effettive di Parlamento e Governi saranno influenzate invece,
almeno in parte, anche dal confronto sui programmi: con riferimento non solo ai
programmi esplicitati dai partiti (in
tale denominazione includendo, per praticità, anche il ‘non-partito’ del
M5Stelle), ma anche da quelli avanzati dalle diverse associazioni
‘trasversali’ che esprimono legittimi interessi di diverse fasce sociali e
sensibilità culturali presenti nella società, in parte presentati o
rappresentati attraverso le testate giornalistiche (nonché probabilmente da
istanze privatamente esposte ai leader ed ai candidati locali da altre ‘lobby’
più o meno legittime, che comunque ritengono di poter rappresentare ed influenzare
le preferenze di una parte degli elettori).
Non
intendo sopravvalutare l’importanza di tali programmi sui futuri sviluppi
concreti della società, della politica e dell’economia, sviluppi che saranno
comunque condizionati dall’inerzia e dalle svolte nelle dinamiche
socioeconomiche a scala globale ed a scala nazionale, da fattori esterni, quali
i vincoli europei e gli equilibri/squilibri internazionali, dalle logiche di
potere interne ai singoli gruppi dirigenti e dalle geometrie disegnate dagli
esiti elettorali, nonché dalle contingenze che emergeranno dalla cronaca e dalla
storia; ma neppure sottovalutarli, in quanto rappresentano sia una esplicita
manifestazione delle ideologie (o delle ‘narrazioni’, come si usa dire) prevalenti
nel paese, in quanto proposte dai partiti ed in quanto accolte con più o meno
favore dagli elettori (votanti ed anche non votanti), sia un catalogo dei
problemi e delle soluzioni, possibili (od
impossibili, quando la propaganda prevale sulla ragionevolezza) che il
momento elettorale pone all’attenzione della pubblica opinione: un coacervo di pensieri,
credenze e aspettative con cui comunque si deve confrontare chi auspichi a sua
volta un qualche mutamento sociale (quale
quello verso una società più equa e consapevole dei problemi planetari, come io
ad esempio, nel mio piccolo, oserei auspicare).
Prima
di riferire, a chi ne sia interessato, alcune considerazioni personali sulle
impressioni che mi sono derivate da una paziente lettura di gran parte dei
programmi (sono divenuto però impaziente
con i programmi del centro-destra, in quanto gravemente divergenti da quello
unitario ufficiale, cui pertanto mi sono limitato, e con le singole schede del
MoVimento 5Stelle, in quanto poco leggibili ed anch’esse in parte divergenti
dai ’20 PUNTI’ del candidato premier Di Maio, a cui pertanto anche qui mi sono limitato;
scelte che mi hanno portato a studiare meno chi mi è meno affine e ad un tempo
chi nelle urne poi ha vinto di più: ma avrò tempo di approfondire se e quando
un governo sarà costituito da qualcuno degli schieramenti vincenti), mi
pare interessante osservare i divergenti percorsi seguiti da osservatori
professionali e da associazioni di tendenza nel confrontarsi con i partiti
stessi:
-
da
un lato alcuni soggetti, come l’Osservatorio sui Conti Pubblici del prof.
Cottarelli (oppure in parallelo le elaborazioni del prof. Perotti su
‘Repubblica’, di Enrico Marro sul ‘Corriere della Sera’, ecc.) hanno esposto al
pubblico il risultato delle loro valutazioni e comparazioni sui programmi
partitici (per lo più sul fronte ‘promesse, deficit e debito’, recependo e
ribadendo anche alle risposte di alcuni partiti),NOTA A
-
d’altro
lato importanti associazioni, come Confindustria ad esempio (silenti invece
CGIL-CISL-UIL) e – nel campo ambientalista – l’ASVIS,2 Salviamo-il-Paesaggio,3
Coalizione-per-il-Clima,4 WWF da solo5 e con LegAmbiente6,
ed infine un po’ tutte insieme (oltre 20 associazioni) riunite nella “Agenda
Ambientalista 2018”7 - si sono limitate per lo più a proporre (al
pubblico, ed in incontri diretti con i partiti) le proprie proposte, senza
evidenziarne gli scostamenti rispetto ai programmi elettorali, né le eventuali
risposte fornite dai partiti stessi NOTA B; spiace quindi non
potersi avvalere di tali riscontri, potenzialmente assai preziosi. NOTA C
Poiché
il compito di riassumere e confrontare i contenuti ambientali dei diversi
programmi partitici è già stato svolto egregiamente da altri osservatori (vedi
i siti Wired8, GreenMe9, LifeGate10,
GreenReport11) mi concentrerò sui nodi che a mio avviso risultano
essenziali per valutare la ‘sostenibilità’ dei programmi in esame.
EQUITA’ DEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, (MIGRAZIONI)
Correttamente
tutti i programmi si rivolgono agli elettori italiani e si occupano di come
l’Italia debba modificare le proprie politiche.
Però,
anche nei programmi più sensibili ai temi sociali ed a quelli ambientali, è del
tutto assente la preoccupazione sulle iniquità post-colonialiste di cui è
permeato il commercio internazionale: pare che le vittime della
‘globalizzazione’ stiano solo nei paesi sviluppati, e che un miglior successo
delle esportazioni italiane sia comunque un bene da perseguire, senza alcuna
considerazione sugli squilibri insiti a mio avviso in tale assioma, ai danni di
altri popoli, anche quando l’export evolve in chiave di ‘smart’ e ‘green
economy’) (come è noto, per i nostri politici e giornalisti è solo la Germania
che ‘esporta troppo’).
Il
PD propone in questo contesto di temperare la globalizzazione frenando il
“dumping sociale e ambientale”, il che potrebbe essere un buon proposito in
favore dei lavoratori dei paesi ‘sottosviluppati’, ma anche un boomerang in
loro danno, se non attentamente gestito.
La
cooperazione internazionale a sostegno dello sviluppo dei paesi poveri è
menzionata in maniera piuttosto generica in tutti i programmi nella varie aree
di centro-sinistra, con uno sforzo maggiore di specificazione da parte del PD,
sia riguardo alla quantificazione della maggior spesa da porre a carico del
bilancio nazionale (arrivare allo 0,3% del PIL nel 2020 e ‘poi’ allo 0,7%
richiesto dall’ONU nel 2015), sia riguardo ad una predilezione per l’Africa,
motivata in termini geo-politici ed in funzione
di prevenzione dei flussi migratori: resta poi da verificare quanto le
politiche di cooperazione riescano ad affrancarsi dalle ipoteche neo-colonialiste
(di cui le opinioni pubbliche delle potenze ex-coloniali usano accusare solo
l’invadenza cinese…).
(Se l’Europa si occupa
giustamente in termini solidali dell’Africa, che è qui di fronte, ma importa
però anche – ad esempio - il caffè dal
Centro-America, gli interessi del campesino che coltiva il caffè di fronte a
Illy o Lavazza od altri, probabilmente meno ‘ecologici’, saranno tutelati solo
da Carlin Petrini e dalle bottegucce equo-solidali?).
Nei
20 punti dei 5Stelle la cooperazione internazionale figura “finalizzata anche
alla stipula di trattati per i rimpatri”, sottotitolo del Capitolo “STOP AL
BUSINESS DELL’IMMIGRAZIONE”
Un
“piano Marshall per l’Africa” è accennato nel programma comune del Centro-Destra,
che è invece ben delineato riguardo a come (mal) trattare profughi e migranti, tema centrale di tale
alleanza per vincere le elezioni.
Il PD, per il (fondato) timore di
perderle su questo tema,
cerca di contemperare a parole “i diritti di chi fugge dalle guerre e dalle
carestie quanto quelli di chi accoglie”, il che poi è difficile da fare,
soprattutto sul fronte libico (ma anche sul ‘fronte interno’), mentre gli altri
soggetti del centro-sinistra, sia alleati (“+Europa” e “Insieme”) sia
concorrenti od antagonisti (“Liberi e uguali” e “Potere al Popolo”), convenendo
sulla ineluttabilità ed anche sull’utilità dei flussi migratori, si profilano
come più aperti ai diritti dei migranti: senza farsi carico fino in fondo,
però, del problema della accettabilità sociale dei flussi in arrivo. NOTA D
(Non
mi soffermo ulteriormente sull’argomento, già da me trattato su UTOPIA21 del
novembre 2017, perché è con ogni evidenza al centro del confronto mediatico).
DISARMO, SPESE
MILITARI, ARMI NUCLEARI
L’argomento
(come l’intera politica estera ed europea) è assente nei 20 punti M5S, mentre
il programma comune del Centro-Destra dedica la sua attenzione alle forze armate
tutta in ottica interna, contro il terrorismo e l’immigrazione.
Una
esplicita attenzione pacifista, con riduzione delle spese militari, è
variamente presente nel centro sinistra, con importanti differenze, perché il PD
si limita ad auspicare una diminuzione delle spese per effetto delle sinergie
difensive europee già avviate (in contrasto però con la linea Trump/NATO di
elevarle al 2% del PIL), mentre INSIEME precisa gli obiettivi di ridurle
comunque all’1% (ora sono all’1,42%), di congelare l’acquisto degli F35, di
controllare l’export di armi e di sottoscrivere il trattato ONU anti-nucleare (simile,
ma più generico, è il programma di Liberi e Uguali).
La
opzione radicale di “Potere-al-Popolo” contempla un massiccio disarmo
unilaterale, con espulsione di basi americane e armi nucleari dal territorio
nazionale, e riconversione dell’industria bellica, ed include la cancellazione
di tutte le missioni militari all’estero (contestandone in blocco le possibili
finalità pacificatrici).
Diversa
è la radicalità dei radicali di “+Europa”, che propongono anch’essi la
rimozione delle basi militari americane e armi nucleari connesse, ma come
effetto di una rapida formazione di un vero esercito europeo, che dovrebbe
adottare temporaneamente lo scudo nucleare francese (la “force de frappe”
voluta negli anni 60
dal presidente DeGaulle), ma solo in funzione di proficue trattative per
il disarmo nucleare multilaterale.
AMBIENTE, CLIMA,
ENERGIA
Anche
se questa tematica non viene affrontata quasi per nulla nel battibecco
mediatico quotidiano, è invece presente nei testi programmatici.
Persino
il Centro-Destra esibisce una piccola giaculatoria (tra un Rosario e l’altro…), che recita “efficienza energetica;
tutela dell’ambiente; energie rinnovabili” (non
è molto, ma sempre meglio, mi dico per incoraggiarmi, che inneggiare allo
spreco, al petrolio e all’inquinamento…).
Gli
slogan ambientalisti selezionati dal M5S nei 20 punti sono orientati
all’ottimismo tecnologico ed occupazionale (e non certo alla “decrescita
felice”), con particolare affezione verso l’auto elettrica, evocata per ben 3
volte, o almeno 2,5 (non è che poi nella
città a 5Stelle rimarremo ingorgati in un abnorme traffico di automobili
private, ma elettriche?): “SMART NATION: …. Investimenti in nuova
tecnologia, nuove figure professionali, internet delle cose, auto elettriche,
digitalizzazione PA” e “GREEN ECONOMY: ITALIA 100% RINNOVABILE: 200mila posti di lavoro da economia del
riciclo rifiuti; 17mila nuovi posti di
lavoro per ogni miliardo di euro investito nelle rinnovabili e nell’efficienza
energetica; Uscita dal petrolio entro il 2050; Un milione di auto elettriche”;
“INVESTIMENTI PRODUTTIVI: 50 MLD NEI SETTORI STRATEGICI Puntiamo su:
innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al
dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga, mobilità
elettrica”
Nei
programmi di centro-sinistra e sinistra la tematica è affrontata con
ragionamenti più articolati, che mi sembrano ben informati sugli orizzonti del cambiamento
climatico e del processo di de-carbonizzazione e verso una economia circolare, e
sulle connessioni con i temi del suolo/agricoltura/alimentazione, della
rigenerazione urbana, della riqualificazione delle cosiddette ‘aree interne’:
mi pare però che anche qui prevalga un certo ottimismo
tecnologico/macroeconomico, come se la proclamazione di un “Green New Deal” e i
miglioramenti di istruzione e ricerca comportassero automaticamente sia
un incremento del PIL e della occupazione, sia il conseguimento dei difficili
obiettivi climatici ed energetici.
Mi sembra cioè che
manchi la consapevolezza (oppure il coraggio di comunicare agli elettori) che
gli scenari macro-economici non sono univoci, che il contrasto ai cambiamenti
climatici non è una passeggiata in discesa e potrà comportare disagi, sacrifici
e qualche austerità nei consumi, che in attesa di una piena (e difficile)
‘economia circolare’ occorre affrontare i rischi della scarsità tendenziale di
alcune risorse naturali (ed i costi economici ed ambientati per reperirle), che
una vera riconversione ecologica di agricoltura ed industria comporta profondi
mutamenti nell’occupazione e nell’alimentazione, che i massicci investimenti
necessari per una seria politica di bonifiche ambientali, di prevenzione
anti-sismica ed idrogeologica (anche se foriere di benefiche ricadute
occupazionali) richiedono forse contestuali rinunce ad altre priorità ed
abitudini.
Questo
tipo di retorica ambientalista, però intrinsecamente ‘sviluppista’, è presente
non solo nel programma del PD e di “+Europa”, dove non stupisce, ma anche in
quello di “Insieme”, lista che include, con Bonelli, quel che resta dei “Verdi”
ufficiali, ed in quello di “Liberi e Uguali”, ancorché in parte ispirato da
Rossella Muroni, già Presidente nazionale di LegAmbiente.
DEFICIT, DEBITO, EUROPA
I
temi macroeconomici sono stati ampiamente sviscerati nelle ultime settimane da
commentatori specializzati, come Perotti e Cottarelli, e dai media generalisti,
giustamente incuriositi sia sulle risorse necessarie per alimentare la corsa
alle diverse promesse elettorali, sia sulla (opportunistica?) virata,
implicitamente pro-Euro, di gran parte del fronte propagandistico anti-Euro,
così ampio fino a pochi mesi addietro (prima del relativo successo della
moderata espansività monetaria della BCE guidata da Draghi), spaziando dai
5Stelle alla Lega a gran parte del centro-destra e dell’estrema sinistra.
Non
mi addentrerei pertanto nella questione, se non fosse perché ritengo che la
‘sostenibilità economica’ sia intrinsecamente connessa e complementare alla
sostenibilità sociale ed ambientale di qualsivoglia programma; con ciò non
intendo subordinare le speranze di equità e di riscatto degli oppressi, degli
emarginati e del ‘popolo inquinato’ alle regole di Maastricht ed agli equilibri
di mercato, ma vorrei capire in quale
modo si ipotizzi una eventuale transizione a diversi assetti, oppure si
auspichi una positiva evoluzione verso migliori approdi.
Di
risposte coerenti (ma non per questo facilmente fattibili), ne ho individuate
solo due, tra di loro contrapposte:
-
POTERE-AL-POPOLO
esplicita la volontà di “ristrutturare” il debito pubblico (cioè di ripagarlo
in misura parziale), ma solo a carico di quanto detenuto dal grande capitale;
non dice se ciò avverrà in modo indolore (né come distinguere tra i vari
proprietari dei BOT: i fondi pensione canadesi sono ‘grande capitale’? ed il
colonnello in pensione che ne detiene 50.000 € che cos’è?), cosa succederà il
giorno seguente alle banche italiane (che ne posseggono una bella fetta, troppo
– come noto - secondo i banchieri
tedeschi), ed altre cose che francamente forse conviene non esplorare (almeno per chi come me preferisce tutto
sommato l’Italia all’Argentina ed al Venezuela). NOTA E
-
+EUROPA
invece propone una rapida discesa del deficit e del debito, partendo da un
rigoroso blocco del livello complessivo della spesa pubblica, che si avvicina
più alla sig.ra Thatcher che al prof. Mario Monti (anche per altri risvolti
socio-economici del programma), e che potrebbe creare non pochi grattacapi agli
alleati con cui “+Europa” dovesse collaborare, a partire dal PD, abituati a ben
altre logiche di mediazione sociale (senza
le quali, per altro, non si capisce se una linea come quella di “+Europa”
riuscirebbe ad imporsi e ad essere applicata); su questa base l’Italia
dovrebbe affiancarsi da protagonista a Francia e Germania per una ambiziosa
marcia in avanti del federalismo europeo (a due velocità, rispetto ai paesi più
euroscettici).
In tutti gli altri programmi
si riscontra una rimozione o banalizzazione dei problemi del deficit annuale e
del debito accumulato, in nome delle aspettative di sviluppo indotte dalle
politiche economiche proposte, che eleverebbero l’incremento del PIL in misura
tale da ridurre progressivamente il peso del debito, malgrado il conclamato
incremento delle spese previste. In particolare:
-
Il
programma comune del Centro-Destra ignora rigorosamente le parole “debito” e
“deficit”, si contrappone alle “politiche di austerità”, intende rivedere i trattati
europei, anteponendo una pregiudiziale di sovranità nazionale, ed associa ad
abbondanti spese per investimenti, pensioni, sanità, famiglie anche un vigoroso
progetto di abbattimento delle tasse a carico dei più ricchi e dei debiti verso
il fisco. (Il tutto non meriterebbe un
serio commento, tranne per il fatto che questa coalizione ha raggiunto il
massimo relativo dei consensi elettorali, oltre il 35% degli elettori votanti).
-
INSIEME,
pur dichiarandosi europeista (con intendimenti simili a PD e +Europa), trascura
felicemente la questione del debito, scaricandola forse ‘per competenza’ alla
lista principale con cui sono alleati, cioè al PD, ma suggerisce comunque un
bell’allungamento della lista delle spese (sia pure in direzione sociale ed
ambientale);
-
Anche
LIBERI E UGUALI ha licenziato a metà febbraio 2018 un programma ufficiale
(quello da me commentato) totalmente privo di quantificazioni macro-economiche,
rimediando poi con un documento aggiuntivo che giustifica brillanti successi
del PIL in funzione della mole di investimenti pubblici che propone di attivare,
nel solco esplicito di un keynesismo di cui forse oggi mancano le condizioni (soprattutto se a muoversi in tal senso
fosse la sola Italia, con il suo 132% iniziale di rapporto debito/PIL); LEU
auspica un’Europa “più democratica e solidale”, meno intergovernativa e più euro-parlamentare;
-
Il
PD ipotizza un quadro dinamico più ragionevole: 3,5% annuo di incremento del
PIL, costante per alcuni anni, di cui 2% nominale – ovvero inflazione – e 1,5%
effettivo (ma a mio avviso non è corretto
fondare un programma su di un solo scenario, piuttosto ottimistico, a fronte di
un ventaglio di diverse prospettive che la realtà potrebbe riservare); va
dato atto al PD di un approccio gradualistico, cioè di non voler anteporre il
carico da 90 delle sue promesse (assegni familiari, riduzione del “cuneo
fiscale”, aumento del reddito di inclusione e del fondo sanitario, ecc.) agli
equilibri macroeconomici in ambito europeo (attualmente il “fiscal compact”),
che il PD vuole emendare ma non scardinare, nell’ambito di una evoluzione
dell’Europa verso “Unione fiscale, sociale e difesa comune”;
-
Il
M5S dice testualmente “RIDUZIONE DEL RAPPORTO DEBITO PUBBLICO/PIL DI 40 PUNTI
IN 10 ANNI;
Più ricchezza grazie a
maggiori investimenti in deficit, ad alto moltiplicatore e con maggiore
occupazione; Riduzione spese improduttive; Tagli agli sprechi; Lotta alla grande
evasione fiscale” (con un occhio di
riguardo, quindi, verso la ‘piccola’ evasione fiscale?), il tutto a partire
– oltre agli investimenti , tra cui “2 nuovi carceri” da ingenti spese correnti
per il reddito di cittadinanza, gli aiuti alle famiglie (“pannolini” compresi, non si specifica se riciclabili), la sanità,
le pensioni, i centri per l’impiego, ecc. Dopo tanto tuonar, tace ora
su Euro ed Europa.
DISUGUAGLIANZE,
DISOCCUPAZIONE, FISCO. (FINANZA INTERNAZIONALE)
Si
tratta di questioni abbastanza ampliamente dibattute, cui dedico pertanto brevi
cenni (del Centro-Destra ho già detto nel precedente paragrafo), tranne per
quanto riguarda la finanza internazionale, oggetto invero di scarse attenzioni,
malgrado il gran parlare di banche e banchieri negli anni trascorsi:
-
Il
M5S, oltre al reddito di cittadinanza con “flex-security” propone: “Riduzione
delle aliquote Irpef, Niente tasse per
redditi fino a 10mila euro, Manovra choc
per le piccole e medie imprese: riduzione del cuneo fiscale e riduzione
drastica dell’Irap, Abolizione reale
degli studi di settore, dello split payment, dello spesometro e di Equitalia, Inversione dell’onere della prova: il
cittadino è onesto fino a prova contraria”; per la finanza non va oltre il
confine di Chiasso, rivendicando “Risarcimenti ai risparmiatori truffati;
Creazione della Procura nazionale per i reati bancari; Riforma bancaria Glass Steagall act contro le
speculazioni”;
-
Il
PD propone una ampia serie di aggiustamenti all’assetto attuale, di cui
rivendica i progressi ottenuti rispetto agli anni più bui della crisi: aumento
del “reddito di inclusione” e degli assegni familiari, diminuzione del “cuneo
fiscale” in favore del lavoro stabile, “buonuscita compensatoria” al termine
dei contratti temporanei, indennità di disoccupazione a scala europea, salario
minimo per legge per chi è fuori dai contratti nazionali; meno IRES e più aiuti
per la conversione tecnologica delle imprese, con un “fondo unico” per gestire
la trasformazione produttiva;
-
+EUROPA
associa maggiori provvidenze per i disoccupati con una riforma fiscale che
alleggerisca l’IRPEF e l’IRES (persone e imprese), aumentando invece l’IVA e
ripristinando l’IMU sulla prima casa, in un quadro complessivo di ulteriori
privatizzazioni e liberalizzazioni (ad esempio a favore di piattaforme come
UBER); a livello europeo propone una “corporate tax” uniforme e la costituzione
di un vero “Fondo Monetario Europeo” con finalità anti-cicliche;
-
Con
un profilo più solidarista, anche INSIEME affida ai costituendi “Stati Uniti
d’Europa” compiti di ammortizzazione sociale rispetto ai problemi indotti dalla
globalizzazione;
-
LEU
si propone una ambiziosa riforma fiscale, con una nuova imposta patrimoniale
sugli immobili (che riassorba l’IMU, reintroducendola sulla prima casa) e sui
capitali “superiori alla media”,
diminuendo invece l’IRPEF sui redditi bassi (e migliorandone la
progressività) e le tasse di registro, ed auspica a livello europeo una
tassazione uniforme sui profitti, anche
dei colossi del web, e la “Tobin tax” contro i movimenti trasnazionali rapidi di
capitali; punta inoltre sul reddito di inclusione e sugli assegni familiari;
-
POT-POP
analogamente chiede patrimoniale e IRPEF più progressiva, nonché un tetto a
stipendi e premi dei super-manager, contrasto alla elusione fiscale delle
imprese multinazionali, ri-nazionalizzazione di Banca d’Italia e Cassa DDPP e
dei settori privatizzati, “separazione tra banche di risparmio e di affari”;
nonché un reddito minimo garantito (anche per prestazioni intrinsecamente
saltuarie, come nel campo culturale).
(A margine di questa
breve carrellata, rilevo una generale disattenzione all’emersione del lavoro in
nero, salvo che nella proposta del PD per il voucher-badanti – presente anche
nel programma M5S - ; noto inoltre, a fronte di
una probabile -e talora auspicata- ripresa di una inflazione
controllata, la mancanza in tutti programmi di automatismi per l’adeguamento
degli scaglioni IRPEF all’incremento nominale dei redditi, anche se è stato in
gran parte il “fiscal drag” dei decenni trascorsi, corretto sempre poco, tardi
e male, a spostare gran parte del peso
fiscale sui redditi dei ceti medio-bassi).
Più in generale il tema
delle disuguaglianze (su cui mi pare ben opportuna la recente nascita di un apposito FORUM NOTA
F) è presente nei termini di provvidenze in favore delle fasce deboli, in
parte come diffusione di strumenti
formativi, ed in piccola parte come riequilibrio fiscale a carico dei
più ricchi (solo LEU e POT-POL), ma quasi mai (solo in POT-POL) come problema
di per sé, perché altera consumi e investimenti che i redditi alti indirizzano
a consumi ostentativi (trainando così per imitazione tutti gli altri) e
investimenti finanziari (che vagano per il mondo e alimentano la spirale
perversa del denaro che crea denaro) e perché polarizza il potere politico tra
chi decide la vita degli altri e chi può solo subire le decisioni altrui.
DIRITTI (E DOVERI)
Prima
di concludere questa sintetica rassegna (sarebbe
ciclopico per me - e illeggibile per i pur pazienti lettori - esaminare tutti
gli argomenti presenti nei vari programmi) mi sembra interessante guardare
come i programmi partitici trattano i diritti soggettivi delle persone, perché
anche di questo è in realtà intessuta la sostenibilità complessiva delle
proposte in campo.
Il
M5Stelle non assume i diritti come trama del suo programma, però si occupa
delle condizioni materiali di disoccupati, pensionandi, pensionati-al-minimo e
mamme, e si preoccupa inoltre di difendere le partite IVA dalla burocrazia
fiscale.
Anche
il Centro-Destra si dedica soprattutto alle condizioni materiali di poveri,
pensionandi, pensionati e famiglie, nonché ampliamente dei diritti degli
imputati (purché italiani), della libertà di uso del contante, e della libertà di
scelta di scuole e sanità, anche private.
Il
campo tradizionale dei diritti civili è quindi appannaggio delle liste di centro e
centro-sinistra, a partire dal cosiddetto ‘ius soli’ (cittadinanza in favore
dei giovani immigrati scolarizzati) e con diverse accentuazioni, in parte
scontate (il PD più cauto su fine vita e adozioni da parte di coppie unisex, e tuttora
contrario a riesaminare il cosiddetto ‘art. 18’ cioè il reintegro in azienda
dei dipendenti irregolarmente licenziati) ed in parte invece degne di specifica
annotazione:
-
POTERE-AL-POPOLO
intende superare, oltre all’ergastolo, anche il regime carcerario “41 bis” (trattando più umanamente i boss mafiosi, ma
consentendo forse loro più capacità di comando anche dal carcere);
-
LIBERI
E UGUALI punta molto sui diritti all’istruzione, arrivando alla gratuità
generalizzata delle tasse universitarie (che
molti hanno criticato, perché nell’attuale stratificazione sociale favorisce
maggiormente le famiglie ricche, con qualche analogia alla abolizione dell’IMU,
giustamente vituperata a sinistra) NOTA G
-
Il
PD introdurrebbe un interessante diritto alla formazione permanente, da far
valere in vari momenti della vita lavorativa (similmente anche il M5S
garantisce “formazione continua a chi perde l’occupazione”) ed un insieme di
diritti e provvidenze per i non-autosufficienti (presente anche in LEU);
-
POT-POP,
LEU e INSIEME affermano anche il diritto alla casa, da soddisfare mettendo
mano, in varie forme, al patrimonio edilizio sfitto e inutilizzato.
Quasi
nessuno invece dice nulla sui “doveri”: il PD prevede per i giovani un esiguo
servizio civile universale di un mese, che INSIEME eleverebbe a 6 mesi.
CONCLUSIONI
(NECESSARIAMENTE PARZIALI)
Trarre
conclusioni da queste comparazioni è difficile, sia per la parzialità delle mie
letture (parziale perché non esaustiva e parziale perchè inevitabilmente “di
parte”) , sia per la prevalente natura propagandistica dei programmi stessi,
sia infine per lo schiacciante peso che gli esiti delle stesse elezioni sovrappongono
ai testi pre-elettorali (ed in particolare sull’arco dei partiti di
centro-sinistra e sinistra, cui io più ho dato spazio, per l’articolazione dei
programmi stessi e per il mio interesse sui loro temi e su tale campo, ma uscito
nettamente sconfitto dal voto popolare).
Tuttavia mi sembra
importante rilevare che manca in generale una prospettiva di lungo termine, che
è invece indispensabile per affrontare con il dovuto respiro ed accumulo di
investimenti le problematiche ambientali di scala planetaria e le peculiarità
nazionali in materia, e la contestuale crisi del lavoro, come abbiamo cercato
di indicare con molti articoli di UTOPIA2, ed in particolare nei cicli di
Fulvio Fagiani ed interlocutori su cambio climatico, sostenibilità della
crescita e riorganizzazione del lavoro e nei miei interventi su suolo,
prevenzione sismica e rigenerazione
urbana.
In correlazione a tale
scarsa assunzione di responsabilità strategiche, emerge una palese difficoltà
ad esplicitare agli elettori i possibili costi che le necessarie correzioni al
’modello di sviluppo’ potranno e dovranno comportare anche nel ‘modello dei
consumi’.
E se simile leggerezza
connota, qual più e qual meno, i programmi di centro-sinistra (ed anche di
sinistra), maggiore è la mia preoccupazione a fronte delle tendenze emergenti
dalle forze politiche che hanno prevalso in queste elezioni (pur non essendo forze facilmente componibili
in una maggioranza organica):
-
il MoVimento 5Stelle
che – pur partendo nella sua breve storia da diffuse istanze ambientaliste -
stinge tali origini nella vaghezza dei suoi 20 punti “né di destra né di
sinistra” e non affronta i nodi sostanziali del modello di crescita e della
re-distribuzione delle risorse, pensando di reperire tutto quanto occorre negli
“sprechi della casta”;
-
il Centro-Destra
(oramai invero Destra-Centro) che parte da tutt’altre priorità, sovraniste,
xenofobe, sviluppiste ed anti-egualitarie, condite da demagogiche promesse su
pensioni e povertà, attorno a cui il verde giardinetto dell’ambiente dovrebbe
germogliare incontaminato (salvo colpirlo con una raffica di condoni edilizi, ed
anche fiscali, minando così le risorse finanziarie pubbliche necessarie, già
falcidiate dalla “flat tax”).
Un esito elettorale,
che - oltre a
preoccupare tutti i soggetti interessati alla ‘stabilità’ italiana, nonché la
residua opinione pubblica di centro-sinistra e sinistra, - preoccupa doppiamente
chi abbia a cuore la sostenibilità ambientale e sociale del Paese e del
Pianeta, sostenibilità che esce provata già dal difficoltoso assemblaggio dei
programmi degli schieramenti ‘progressisti’ sconfitti.
Si profila un cammino
in salita e contro-corrente, per il quale diventa decisivo non solo riflettere
sui contenuti, ma approfondire le problematiche, divenute esplosivamente
centrali nella sequenza degli esiti elettorali nelle principali democrazie
occidentali (Brexit, USA, Francia, ma anche Catalunya, Germania, Austria, area
di Visegrad’), del rapporto tra comunicazione e consenso, tra informazione e
formazione, tra marketing politico a breve termine e strategie politiche, tra ‘populismo’
e democrazia, su cui anche UTOPIA21 dovrà ritornare.
NOTE:
A
- Così anche Alessandro Rosina su www.neodemos.info e su GreenReport per il tema dei giovani e del lavoro
B
– in sostanza, questi organismi si
comportano in po’ come i Re Magi: non tornano da Erode, il sovrano elettore,
che finisce così per fare strage di ‘programmi innocenti’, non essendogli
rivelato quali sono i programmi ‘più colpevoli’
C
- solo la Coalizione-per-il-Clima ha riferito di un generico interessamento ed
assenso dei partiti coinvolti, evidenziando però “Dai partiti di destra e centro
destra finora nessun cenno di risposta”12, mentre
Salviamo-il-Paesaggio, che ha incalzato i partiti con il suo disegno di legge
solo a
partire da febbraio, in data 25-02 ha reso note alcune risposte parziali,13
promettendo per il 1° marzo una conferenza stampa conclusiva, il cui esito però
non è tuttora riscontrabile sul sito dell’organizzazione.
D
– in una lettera a ‘Repubblica’ dopo i fattacci di Macerata, Emma Bonino, nel
rivendicare la bontà in generale delle sue proposte sull’immigrazione, con
ingressi regolati attraverso canali umanitari e permessi provvisori e la
ricerca di lavoro, imputava alla scarsa convinzione del contrasto ideologico da
parte della sinistra il dilagare delle opinioni xenofobe e razziste, portando
come prova la loro diffusione “sproporziona le” rispetto ai flussi effettivi
dei migranti. In effetti è vero che le paure verso i diversi sono maggiori
“nelle campagne e nelle valli” che non nelle città e nelle metropoli, ma mi sembra
miope non vedere che tutta questa reazione anti-migranti, pur irrazionale ed
irrazionalmente distribuita, nasce comunque da problemi oggettivi nella
capacità di integrazione che l’Italia ha finora dimostrato, con esiti migliori
forse solo nei “programmi SPRAR”, non a caso però accettati e svolti solo da un
quarto dei Comuni italiani. Forse le energie dei “progressisti” vanno
concentrati più qui che non nella capacità di contro-propaganda.
E
– Occorre però rammentare che il programma di Potere-al-Popolo, obiettivamente
minoritario, non mira ad una immediata gestione dello Stato, ma a far crescere
il “controllo popolare”, ovvero “una palestra dove le classi popolari si
abituano a esercitare il potere di decidere, autogovernarsi e autodeterminarsi,
mettendo in discussione le istituzioni e i meccanismi che le governano.” Cioè
le premesse per una marcia antagonistica piuttosto lunga (e a mio avviso
rispettabile per la sua chiarezza, ma non per la usa concreta attuabilità, che
mi pare manchi oggi nella società italiana, fuori da una ristretta cerchia di
“avanguardie”). Da qui “un’altra Europa”.
F
– il Forum Disuguaglianze e Diversità è stato di recente formato da 8 organizzazioni
(Fondazione Lelio Basso, ActionAid, Caritas italiana, Cittadinanzattiva, Dedalus
cooperativa sociale, Fondazione di comunità di Messina, Legambiente e Uisp) e
un gruppo di studiosi, tra cui Fabrizio
Barca, Enrico Giovannini e Flavia Terribile dell'ASviS:
“Il
divario tra ricchi e meno abbienti è in crescita dagli anni ’70. Bisogna
smettere di pensare che l'aumento delle disuguaglianze sia l'effetto
inevitabile di cambiamenti fuori del nostro controllo. Piuttosto è il risultato
di scelte politiche, culturali ed economiche.”
G
- Non ha rilevanza generale, ma mi ha particolarmente colpito per il suo
carattere corporativo, la rivendicazione di LEU in favore di stipendi di
livello europeo per la sola categoria degli insegnanti: e i metalmeccanici?
Oppure gli altri laureati nella pubblica amministrazione?
Fonti:
1 – Massimiliano Panarari “LA
TELEVISIONE TORNATA PROTAGONISTA” su “La Stampa”
2 - asvis.it/.../elezioni-asvis-ai-politici-lo-sviluppo-sostenibile-entri-nei-programmi-elettorali
4 - coalizioneclima.it/politiche-2018-coalizione-clima/
7 - https://www.greenme.it ›
Informarsi › Ambiente
9 - https://www.greenme.it ›
Vivere › Costume & Società
13 - www.salviamoilpaesaggio.it/.../2018/.../conferenza-stampa-del-forum-nazionale-salviamo-il-paesaggio
PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
RispondiEliminaDirei un'analisi seria, anche se parziale, delle varie voci di programma espresse dai partiti maggiori. Come specificato in calce a questa analisi, si tratta di: deficit, debito ed Europa. Sento anche la necessità di non dividere dagli aspetti economici, anche quelli inerenti ad altri capisaldi della vita: sanità e welfare, scuola e lavoro, pensioni e tempo libero, risparmio energetico e ambiente, università e ricerca, diritti (e doveri) e immigrazione. Molti di questi temi sono affrontati in vari programmi elettorali in modo del tutto insufficiente, perché? Semplice, a mio modo di vedere, non si ha idea di come si possa affrontarli e governarli seriamente senza incappare in bislacche considerazioni, e scrivere nei programmi parole senza senso, cosa che riesce molto bene ai nuovi parvenu della politica. Quando sarà passata la sbornia della propaganda un tanto al chilo, chi sarà chiamato a governare un Paese così difficile come il nostro, sarà anche su questi problemi che misurerà la sua capacita di reggere il timone. Mi si dirà: ma se sapranno governare e gestire al meglio i tre punti economici qui indicati, tutto sarebbe conseguente. Non lo credo affatto, perché, ammesso che si ponga attenzione al quadro macro economico, sarà ancora una volta la capacità di governo e la conoscenza acquisita nel tempo, anche quello storico, a fare la differenza. Altro che lusinghe di riduzione immediata delle tasse (ovviamente avvantaggiando solo i più ricchi), pensioni minime portate a mille euro, reddito di cittadinanza generalizzato, oppure, asili nido gratis per tutti e via dicendo scemenze senza senso. Il Paese del bengodi e delle cicale, è sulla scena teatrale e pochi si scandalizzano per queste palesemente false e rovinose promesse. Sembra che solo a pochi interessi la fotografia del prossimo futuro, abbagliato da mirabolanti promesse assolutamente irrealizzabili, con incrementi abnormi della spesa pubblica, il popolo italiano sembra consegnarsi al banditore o al venditore di intrugli miracolosi tipo far west. Non avendo molto tempo a disposizione (visto la mia età) per cercare di porre rimedio a cotanta incapacità di cogliere i pericoli che si profilano, mi siederò sulla riva del fiume e attenderò di veder transitare il cadavere di un popolo che non ha saputo scegliere il male minore. Non ho detto il meglio, ma il male minore sì!
M.C.