Il “Festival
dell’Utopia” di Varese, giunto nell’autunno 2018 alla 3^ edizione, si è
sviluppato in parallelo con la vita di “UTOPIA21”, nella reciproca autonomia,
pur avendo in comune la guida di Fulvio Fagiani, la promanazione da
Auser/Universauser ed il medesimo sito informatico. Pur essendo già radicata
una sostanziale transumanza di temi e proposte tra Festival e “rivista”, con
questa rubrica intendiamo rendere maggiormente presenti ai lettori di
“Utopia21” alcuni dibattiti svolti nei mesi precedenti nell’ambito del
Festival, che nel 2018 si è articolato sui seguenti filoni:
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Utopia tra ecologia ed economia
-
Utopia del ’68, utopia del XXI secolo
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Dialoghi sull’Utopia, tra Varese e Ticino.
Sommario:
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L’incontro del 6
novembre 2019 sulla progettazione degli spazi verdi: dalla storia dei grandi
parchi urbani al Movimento Moderno, fino alle problematiche contemporanee
-
L’incontro del 27 novembre
2019 sui corridoi verdi: dalla scala urbana alla scala metropolitana e
regionale, con approfondimento sul progetto Olona.
Il presente rendiconto
costituisce una ricostruzione personale e parziale, omettendo gli interventi
degli altri partecipanti, per i quali si rimanda alla documentazione vocale
disponibile (per il 27-11) sul sito di Universauser (vedi Fonti1),
assieme alle slides di presentazione2, 3
In corsivo i commenti più personali
Appendice: sopralluogo a Castelvegas.
Andreas
Kipar, milanese di origine tedesca, è architetto paesaggista, docente e
“giardiniere”, con vasta esperienza nella riqualificazione urbana “verde” in
Italia, Germania e non solo.
Nell’ambito
del Festival dell’Utopia 2018 ha svolto due interventi, in data 6 e 27
novembre, coordinati con lo S.P.I. (sindacato dei pensionati della CGIL, che
già nel 2017 aveva contribuito alla serata con il team di Renzo Piano sulle
ricuciture urbane) e con l’Ordine degli Architetti di Varese.
Agli
incontri hanno fattivamente partecipato gli Assessori del Comune di Varese più
direttamente interessati (Civati il 6 e De Simone il 27)
L’INCONTRO DEL 6
NOVEMBRE 2019 SULLA PROGETTAZIONE DEGLI SPAZI VERDI
Il
tema del 6 novembre è stato quello più ampio e conosciuto degli “spazi verdi
urbani … isole di biodiversità e luoghi di socialità” “(frequentati da
particolari fasce della popolazione come gli anziani)” “dove diventa preminente
l’intervento di una attenta sensibilità progettuale, nonché la buona gestione e
manutenzione”.
La
comunicazione si è articolata dapprima nella geografia e nella storia dai
grandi parchi urbani di Londra (Hyde Park 1637), Berlino (Grossen Tiergarten
1742), Vienna (Prater 1766), Parigi (Luxembourg 1778 e Bois de Boulogne 1853), New
York (Central Park 1857), e infine Milano (Parco Sempione 1893), secondo i
modelli dei giardini classici e dei giardini romantici, (inizialmente come
elargizione dei sovrani ed apertura al pubblico di spazi in precedenza
esclusivi) attraversando poi i canoni del movimento moderno, per la diffusione (o
dispersione?) del verde nei quartieri residenziali, fino alle problematiche
contemporanee, post-moderne e post-industriali 4:
-
centralità
del verde nella rigenerazione urbana (esempio nel “Parco Culturale” della
Vilette a Parigi),
-
autonomia
della natura (crescita spontanea e biodiversità), in contesti artificiali o
residuali, come nelle teorie e nei progetti di Gilles Clement (parc Citroen,
Défense, “verde verticale” nel museo Branly, poi largamente imitato, vedi Herzog e DeMeuron a Madrid, fino a Stefano
Boeri con il “bosco verticale”),
-
riqualificazione
territoriale di ambiti cementificati ed inquinati, con recupero di funzioni
vitali delle zone umide e alluvionali, ciclo delle acque e per la qualità
dell’aria, nonché per la vivibilità urbana, come negli esempi di Madrid (sponde
rio Manzaneras, tangenziale dismessa, 2011), Sidney (ex-impianto per rifiuti
2015), Santiago del Cile (sponda fiume Mapocho, ex area industriale, 2015), New
York (High Line 2015) e Seoul (“Seoullo 7017”, 2017), questi ultimi manufatti
ferroviari o autostradali conservati come strutture e trasformati invece come
arredo (verde) ed uso (ciclo-pedonale);
-
progettazione
integrata di diverse funzioni come nella riorganizzazione dei Myriad Botanical
Gardens di Oklahoma City (2010), per una migliore utilizzazione urbana, e come
nella Biblioteca degli Alberi, il nuovo parco di connessione tra zona
Garibaldi, quartiere Isola e viale Repubblica a Milano (2018), che include in
un contesto di forti differenziazioni botaniche anche orti, aree ginniche, area
cani, ecc.
Figura 1 – New York, High Line
Complessivamente
emergono, nel dibattito contemporaneo sul verde urbano, contraddittorie
esigenze, che la progettazione paesaggistica cerca per quanto possibile di
integrare, tra funzioni eco-sistemiche di riequilibrio delle risorse (aria,
acqua, bio-diversità) e di maggior resilienza del territorio ai mutamenti
climatici, e funzioni di servizio ai vecchi e nuovi bisogni della popolazione e
dei suoi frammenti differenziati (per età e condizioni fisiche, etnia e
culture, abitudini e comportamenti, non sempre facilmente conciliabili).
L’INCONTRO DEL 27
NOVEMBRE 2019 SUI CORRIDOI VERDI
Nella
conferenza del 27 novembre, Andreas Kipar (preceduto da una rapida rassegna di
sue realizzazioni a cura di Anna Mainoli e Alessandra Coppa e seguito dal
naturalista Adriano Martinoli dell’Università dell’Insubria) ha affrontato più
specificamente i temi dei corridoi verdi, sia riguardo ai contenuti
progettuali, alle diverse scale, sia riguardo al difficile processo per la loro
concezione e realizzazione; il tutto riferito in particolare ai territori tra
Miano (Varese) e Canton Ticino ed al tentativo di collegarli lungo il corso
dell’Olona (proseguendo a monte fino a Bellinzona).
I
corridoi verdi sono innanzitutto “raggi verdi” nel tessuto urbano (di Milano, e
similmente di altre città, tra cui con intervento dello studio LAND di
Kipar&C: Essen, Mosca, Pechino) che cercano di connettere in percorsi
sistematici le isole verdi preesistenti (parchi e giardini storici) e di nuova
acquisizione (soprattutto dalla trasformazione delle aree urbane dismesse), con
i grandi polmoni verdi ancora esistenti nella cintura metropolitana (grandi
parchi agricoli, come a Milano il parco Sud o il Parco Ticino e più limitati
spazi sottratti alla conurbazione, come il Parco Nord, il Parco Lambro, il
Parco delle Groane): possono essere costituiti da nuovi marciapiedi alberati,
sottratti alle corsie veicolari, oppure da più consistenti infrastrutture
verdi, con piste ciclo-pedonali, e tendono da un lato a offrire capillarmente
ai cittadini occasioni per raggiungere pedonalmente il sistema del verde
(“balsamo per la vita”, come afferma Kipar nel
suo colorito ed entusiasta eloquio) e contestualmente a favorire, per
quanto possibile la ri-ammagliatura della bio-diversità anche attraverso il
tessuto urbano.
Alla
più vasta scala regionale i “corridoi verdi” si configurano come una vera e
propria “rete ecologica”, dal 2017 parte integrante del Piano Paesaggistico e
Territoriale della Regione Lombardia, ed
in corso di attivazione concreta da parte di Provincie (Parchi) e Comuni,5
anche attraverso “Contratti di Fiume” 6, per superare la
frammentazione degli ambiti agro-naturalistici da parte del pesante reticolo
infrastrutturale che caratterizza il territorio lombardo, come tutti i
territori sviluppati industrialmente.
Andreas
Kipar ha indicato come nella progettazione di questi spazi di connessione si
intreccino i materiali naturali preesistenti con i nuovi inserimenti, nella
preoccupazione che l’insieme si sviluppi come un ambiente vitale per la flora e
la fauna, ed ospitale per l’uomo, nella concretezza della sua vita quotidiana,
con ricerca di equilibri biologici “spontanei” da vigilare però con una attenta
manutenzione.
In
un progetto complesso e articolato, come quello della valle dell’Olona,
caratterizzato da urbanizzazioni invasive e dalla pesante eredità di uno
sfruttamento industriale della valle, con sedimenti di inquinamenti vari,
l’ipotesi di una connessione verde e ciclopedonale lungo tutto il percorso
fluviale si interseca con le problematiche del recupero delle singole aree
dismesse e con la ricucitura delle relazioni alla scala dei singoli comuni: con
la speranza di configurare un nuovo paesaggio ed anche il contesto idoneo per
nuovi orizzonti produttivi, dell’economia sociale ed immateriale.
Figura 2 – L’ipotesi di corridoio verde Lugano – Olona -
Milano
Per
un comune come Varese il confronto con questo progetto può essere l’occasione
per valorizzare più concretamente la sua fama di “città-giardino”, meritata, ma
non vissuta quotidianamente, dai suoi stessi abitanti; Kipar ha manifestato ad
esempio di ciò il suo stupore per lo scarso afflusso – almeno fino ad un
recente passato – in luoghi preziosi come la villa Panza di Biumo; ed ha
mostrato di apprezzare il “Progetto Stazioni”, rispetto allo squallore
dell’attuale sbarco dal treno negli attuali piazzali soggiogati dal traffico
automobilistico.
Kipar,
che già si era occupato a diverso titolo della progettazione di alcuni spezzoni
attigui al percorso, sia nell’area metropolitana milanese, come al Portello,
sia all’estremo opposto, oltre le sorgenti dello stesso Olona, in Canton Ticino
(lungo al diramazione nel Mendrisiotto verso Cernobbio/Como) e nei paraggi
(rinaturalizzazione dell’affluente Lura) ha suggerito una continuità non solo
fisica, ma anche funzionale, lungo tutto il percorso sia nei tratti urbani che
in quelli extra-urbani.
A mio avviso con una
qualche sottovalutazione dei problemi del cambio di scala, perché – ad
eccezione degli auspicabili ciclo-turisti a “giornata piena” – gli utenti
abituali e quelli occasionali dei percorsi ciclo-pedonali hanno un raggio
d’azione limitato ai propri intorni insediativi, il che rende discontinuo il
presidio umano nei punti “morti” dei tracciati lunghi, con rischio che
diventino dei “retri”, con i conseguenti fenomeni di degrado fisico e sociale;
il che non avviene in luoghi di forte richiamo turistico/paesaggistico, come le
sponde dei laghi).
Andreas
Kipar, con il suo contagioso ottimismo,
ha mostrato anche e soprattutto le virtù che vanno messe in campo dai diversi
soggetti – progettisti, comitati di cittadini, Sindaci e “politici” – per trasformare
in realtà questo tipo di intuizioni, che spesso appaiono utopiche, parlando di
“generosità”, di “lungimiranza”, di “perseveranza”.
Anche
contro gli orientamenti a breve termine della pubblica opinione: vedi il caso
della ri-naturalizzazione della foce del torrente Cassarate a Lugano (concorso
di progettazione vinto da Sophie Agata Ambroise nel 2004) inizialmente
osteggiato da una parte dei luganesi, ed oggi parco di successo
frequentatissimo, tanto che ne è in progetto il proseguimento lungo il corso d’acqua,
verso monte (progettato dallo stesso Kipar&C).
La
componente “volontaristica” infatti si incontra con le esigenze primarie della
vita dei cittadini e per questo riesce ad affermarsi.
Ed
ha indicato come esempi di successo la stessa Milano, in alcune sue parti e
percorsi (ricordando come era corso Garibaldi con quattro corsie di marcia per gli
autoveicoli e sparuti marciapiedi dove non transitava una coppia con un
passeggino – come lo stesso Kipar e signora, allora giovani genitori) e –
all’estremo nord della Valle e del Cantone del Ticino – il progetto di
rimodellazione del fondo-valle ad Airolo – oggi svincolo e parcheggio
autostradale all’ingresso del traforo del Gottardo -, dove si prevede di
sfruttare (nell’arco di venti anni) le rilevanti quantità di materiale di scavo
derivante dal nuovo traforo ferroviario di base, ed un congruo contributo da
parte della stessa società che realizza il traforo, a titolo di indennizzo
ambientale, per ricoprire artificialmente quasi tutte le attuali aree
autostradali (anche con qualche demolizione di rami di svincoli), ricostruendo
al di sopra una nuova “natura artificiale”.
Invero
l’artificializzazione non spaventa Kipar, che intende riconnettere nel suo
sentiero verde da Lugano a Milano anche la piastra dell’Expo, lungo il suo asse
decumano (mi sia consentito però di osservare che senza Expo, ovvero con una
Expo decentrata su aree dismesse da riqualificare, l’area della Cascina Merlata
offriva un polmone verde di 1 milione di m2, anziché un faticoso canale
bronchiale, verde sì ma semi-artificiale).
Nell’insieme,
Kipar propone la progettazione del verde pubblico nelle aree interstiziali dei
tessuti urbani e la riqualificazione ambientale delle aree industriali e
tecnologiche dismesse come strategia vincente, ambedue connesse ai nuovi
significati ed usi da conferire alle aree agricole e forestali, come strategia
vincente per risolvere i problemi dei territori metropolitani (dalla Ruhr alla
Lombardia): “il paesaggio come elemento strutturale per la definizione
dell’identità urbana”.
Forse
però con un eccesso di ottimismo positivista, perché i problemi strutturali e
sociali delle regioni metropolitane si pongono anche ad altri livelli (produzione,
mobilità, occupazione, integrazione multietnica) e perché le soluzioni imposte
dalle forze economiche dominanti (ad esempio: grandi infrastrutture; grandi
centri commerciali; de-strutturazione del lavoro) travalicano le buone pratiche
progettuali di architetti e paesaggisti, oppure se ne servono per un mero
“maquillage” esteriore di una realtà territoriale comunque discutibile.
Come
avvenuto non lontano da dove abito, coinvolgendo lo stesso Kipar, come racconto
in questo “sopralluogo” del 2014 (da questo blog “relativamente, sì”)
APPENDICE
SOPRALLUOGO:
CASTELVEGAS
E’ stato inaugurato da alcuni giorni
il “nuovo centro commerciale” di Castelletto sopra Ticino, in sostanza il
completamento sul fronte nord della “strada mercato” del Sempione, nell’unico
segmento significativo finora rimasto “verde” lungo l’asta della Strada Statale
33 dal Ponte sul Ticino fino ad Arona (circa 8 chilometri, nei comuni di
Castelletto e Dormelletto: fa eccezione ormai solo la villa Tesio).
L’operazione ha comportato un notevole
consumo di suolo già agricolo e boschivo, per una estensione di circa 10 ettari
(100 mila metri quadrati), mentre lungo l’asse del Sempione e nei dintorni non
mancano edifici abbandonati, non solo industriali, perché nella realtà ormai
avanza già anche il “commerciale dismesso” (vedi ad esempio a Dormelletto le
aree Liolà ed ex-coin/carrefour ecc.), segnali di crisi non solo congiunturale
di un modello consumistico forse non più “sostenibile”.
Tuttavia questa scelta, fortemente
voluta dalle Giunte di “sinistra” che governano il Comune di Castelletto negli
ultimi 2 decenni, ed accettata con qualche torcicollo dalla Regione (ove destra
e sinistra si sono alternate), risulta conforme:
-
alla lettera, più volte riscritta in
peggio, della Legge Regionale varata dal prof. Astengo nel 1977 (ma non certo
conforme allo spirito iniziale della legge e allo spirito del povero Astengo,
che avevano ben chiaro già allora l’obiettivo della “tutela del suolo” e
soprattutto di quello agro-forestale)
-
al Piano Territoriale Provinciale, che
ha facilitato gli insediamenti vagamente “produttivi” e più largamente
commerciali in prossimità dei caselli autostradali, con disastrosi esiti
paesaggistici (oltre a Castelletto e Arona/Paruzzaro, Borgomanero-sud,
Biandrate, Agognate e Galliate: il meno peggio è forse l’outlet di Vicolungo,
malgrado gli immensi parcheggi solo a raso), senza per questo riuscire a
risparmiare da analogo scempio altri assi stradali, come la SS 32 a
Pombia/Varallo Pombia, oppure la SS 629 a Caltignaga)
-
al Piano Regolatore comunale, a tal
fine appositamente modificato dagli anni ’90 in questa specifica area, già
destinata in precedenza come “zona F” ad un mai precisato progetto di parco di
rilievo sovracomunale, e orientato in favore della “strada mercato” a partire
dagli anni ’70, con indubbi successi sotto il profilo occupazionale (degli esordi della vicenda sono stato personalmente testimone ed anche
attore-non-protagonista, o forse vittima di effetti collaterali) .
Premesso quanto sopra circa il
“peccato originale” dell’intervento, è interessante osservare che il Comune ed
i Promotori si vantano dei contenuti ecologici del nuovo “parco commerciale”,
evidenziando:
-
le coperture ricche di pannelli
foto-voltaici (su cui non ho nulla da ridire, visto che in questo caso almeno
si evita di spalmare i pannelli sul suolo coltivabile)
-
il sistema del verde, progettato
niente meno che da Andreas Kipar, con la piantumazione di numerosi alberi ed
arbusti (non si menziona invece il numero di piante preesistenti abbattute …),
confezionando anche in mezzo agli empori un mini-bosco in memoria del vero
bosco che qui prima tranquillamente abitava (sembra un po’ la gabbia del panda
allo zoo, con la implicita didascalia “habitat in via di estinzione, XXI
secolo”).
Figura 3 – una immagine del centro
commerciale di Castelletto sopra Ticino
Indubbiamente la presenza di un po’di
verde (probabilmente i primi parcheggi alberati su 8 chilometri di
strada-mercato) e dei pannelli foto-voltaici, nonché la progettazione organica
dell’insieme dei 10 ettari rappresentano qualche passo avanti rispetto a gran
parte dei precedenti episodi di insediamento commerciale sul Sempione
(guardando anche ai pessimi precedenti lungo lo stesso asse in Lombardia, da
Vergiate a Somma Lombardo/Arsago/Casorate e poi peggiorando da Gallarate a
Milano).
Ma, come diceva Lenin in altra
occasione, è opportuno misurare con i passi avanti anche i passi indietro
(oltre al suddetto peccato originale); ad esempio, anche rispetto al recente
intervento di Esselunga, BriKo &C alle “Tre Strade” (innesto tra S33 e SS
32):
-
il marciapiede antistante agli
ingressi dei vari negozi poteva essere un “boulevard” (senza andare lontano, si
guardi al notevole calibro stradale della parte pedonale di viale Repubblica ad
Arona, progettato a metà Ottocento), invece è assai più stretto di quello di
Esselunga-Briko&C, e come quello privo di alberature o porticati o altra
ombreggiatura e/o riparo dalla pioggia (che qui da noi è frequente e
fastidiosa, ora anche d’estate),
-
tale percorso è interrotto sia da rami
di viabilità forse non indispensabili, sia dagli accessi ai pochi parcheggi
interrati (che sono separati e non connessi a sistema, come avrebbe potuto
essere se avessero avuto accesso da Nord, sfruttando il naturale dislivello che
avrebbe reso superflue le rampe),
-
gli snodi viabilistici di accesso e
deflusso risultano di rango decisamente inferiore a quelli imposti a suo tempo
a Esselunga&C (ed anche a Bennet); soprattutto risulta incomprensibile lo
scarico di una delle uscite sulla preesistente via Cicognola, che ha un calibro
del tutto inadeguato per una circolazione a doppio senso con i nuovi carichi di
traffico derivanti dal nuovo “parco” commerciale.
Inoltre l’immagine complessiva
dell’insediamento, sia pure più ordinata del caos dilagante lungo l’asse del
Sempione (e peggio ancora, volendo vedere, a Ghemme/Romagnano e tra Oleggio
Castello e Borgomanero), non va oltre l’assembramento casuale di banali
capannoni pre-fabbricati, dipinti con i colori dei vari marchi aziendali.
Fonti:
1.
Registrazione vocale dell’Intervento di Andreas
Kipar al Festival dell’Utopia di Varese, 27 novembre 2018 – https://drive.google.com/file/d/1O1wuc2x7LWbzp5aGMqavraFadIdMtc5q/view?usp=sharing
2.
Slide della presentazione di Andreas Kipar al
Festival dell’Utopia di Varese, 27 novembre 2018 - https://drive.google.com/file/d/1OXruW7f4WGUY3Z7suEy6uuIsmPKIJ-ET/view?usp=sharing
3.
Slide della presentazione di Andreas Kipar al
Festival dell’Utopia di Varese, 6 novembre 2018 - https://drive.google.com/file/d/1txAa5NqrGVUFEK7dFXdoeA5O0Z049NRL/view?usp=sharing
4.
Aldo Vecchi “PROBLEMATICHE DELLA
SOSTENIBILITA’, DAL FABBRICATO AL TERRITORIO – parte 4^: VERSO UN PAESAGGIO
SOSTENIBILE?” – Quaderno n° 5 di Utopia21, settembre 1918
5.
Fulvio Fagiani “CONVERSAZIONE-INTERVISTA CON
SARA BARBIERI E MASSIMO SOLDARINI SUL PROGETTO LIFE-TIB – UN CORRIDOIO
ECOLOGICO TRA PIANURA PADANA E ALPI” – su Utopia21, novembre 2018 –
Conversazione-intervista con Sara Barbieri e Massimo Soldarini - https://drive.google.com/file/d/1Q0A9Laf389EEwmU2fohxXofnFJQkQThl/view.
6.
Giovann
De Bernardi e Roberto Signorelli – UN CONTRATTO DI LAGO PER IL CUSIO –
Pubblicato su UTOPIA21 nel marzo 2019 -
https://drive.google.com/file/d/1wyn5BRF4RRAcXDwbVR1h-fvN_dxvr-EQ/view.